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    Predefinito 3 novembre 2014: 147° Anniversario della vittoria pontificia a Mentana

    4 novembre 2008

    XXXVII Conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell'Università Cattolica

    “La vittoria di Mentana nella nona crociata: 3 novembre 1867”

    Piergiorgio Seveso ha parlato lungamente dei conati di invasione delle bande garibaldesche ("briganti cosmopoliti" per usare un'espressione del Salzillo) nello Stato pontificio nell'ottobre 1867 con annessi atti terroristici in Roma (tra cui l'attentato alla caserma Serristori operato dai terroristi Monti e Tognetti e le sedizioni del Lanificio Ajani), soffermandosi su alcune figure di soldati e ufficiali caduti in difesa della libertà dello Stato pontificio. Sul tavolo erano infatti ben visibili i ritratti dei fratelli Dufournel, del conte Bernardini di Lucca, di Arthur Guillermin, del visconte De Quelen e del conte D'Alcantara. Dopo essersi soffermato sui fatti eroici di Montelibretti, Viterbo, Bagnorea e Monterotondo, è stata fatta una vasta descrizione della Battaglia di Mentana nelle sue fasi salienti e sui festeggiamenti seguiti a quella storica vittoria delle armi pontificie, coadiuvate dalle francesi. Sono state segnalate le gravissime responsabilità del Gabinetto Rattazzi in questo grave attentato alla sovranità dello Stato della Chiesa, vero anticipatore delle guerre "filantropiche e democratizzatrici" oggi molto in voga. A conclusione della conferenza è stato proiettato un apprezzato filmato in onore dei vincitori di Mentana.

    Ultima modifica di Luca; 19-04-09 alle 19:13

  2. #2
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    Predefinito Riferimento: La vittoria di Mentana nella Nona Crociata: 3 novembre 1867

    Ultima modifica di Luca; 19-08-12 alle 20:03

  3. #3
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    Predefinito Riferimento: La vittoria di Mentana nella Nona Crociata: 3 novembre 1867

    Ultima modifica di Luca; 19-08-12 alle 19:59

  4. #4
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    Predefinito Riferimento: La vittoria di Mentana nella Nona Crociata: 3 novembre 1867

    -GIURO A DIO ONNIPOTENTE DI ESSERE OBBEDIENTE E FEDELE AL MIO SOVRANO, IL ROMANO PONTEFICE, IL NOSTRO SANTO PADRE PAPA PIO IX, E AI SUOI LEGITTIMI SUCCESSORI.

    -GIURO DI SERVIRLO CON ONORE E FEDELTA', E DI SACRIFICARE LA MIA STESSA VITA PER LA DIFESA DELLA SUA AUGUSTA E SACRA PERSONA, PER IL SOSTEGNO DELLA SUA SOVRANITA' E PER IL MANTENIMENTO DEI SUOI DIRITTI.

    -GIURO DI NON APPARTENERE A NESSUNA SETTA NE' CIVILE NE' RELIGIOSA, A NESSUNA SOCIETA' SEGRETA O CORPORAZIONE, QUALUNQUE SIA, CHE ABBIA COME SCOPO, DIRETTO O INDIRETTO, QUELLO DI OFFENDERE LA RELIGIONE CATTOLICA E DI CORROMPERE LA SOCIETA'.

    -GIURO DI NON ISCRIVERMI IN NESSUNA SETTA O SOCIETA' CONDANNATA DAI DECRETI DEI ROMANI PONTEFICI.

    -GIURO ANCHE A DIO BUONISSIMO E GRANDISSIMO DI NON AVER ALCUN CONTATTO, DIRETTO O INDIRETTO, CON I NEMICI, CHIUNQUE SIANO, DELLA RELIGIONE E DEI ROMANI PONTEFICI.

    -GIURO DI NON ABBANDONARE MAI LE INSEGNE DEL SOMMO PONTEFICE E IL POSTO CHE MI VERRA' AFFIDATO DAI MIEI SUPERIORI.

    -GIURO DI UBBIDIRE A TUTTI I MIEI LEGITTIMI SUPERIORI, DI ONORARLI, DI DIFENDERLI E DI ESEGUIRE AI LORO ORDINI TUTTO CIO' CHE RIGUARDA L'OSSERVANZA DELLA RELIGIONE E IL FEDELE SERVIZIO DELLA SANTA SEDE.

    -GIURO DI OSSERVARE ESATTAMENTE LE CONDIZIONI DEL MIO IMPEGNO, DI SOTTOMETTERMI A TUTTI GLI ARTICOLI E A TUTTE LE CLAUSOLE DELLE LEGGI DELLO STATO PONTIFICIO E DEI REGOLAMENTI MILITARI, E DI COMPORTARMI SEMPRE COME VALOROSO E FEDELE SOLDATO NEL COMPIMENTO DEI MIEI DOVERI. CHE DIO E IL SUO SANTO VANGELO MI VENGANO IN AIUTO, PER GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE. COSI' SIA.





    Tratto da: J.Guenel "La derniere guerre du Pape" Presses Universitaires de Rennes 1998, pagg 53-54
    Ultima modifica di Luca; 19-09-10 alle 02:24

  5. #5
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    Predefinito Riferimento: Thread in onore dei soldati del Papa Re

    Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
    Comunicato n. 87/07 del 20 settembre 2007, Sant’Eustachio


    20 settembre: viva il Papa-Re!

    Ricordiamo l’eroismo dei 15.000 volontari di Pio IX, soldati dell’onore cattolico e della fedeltà papale, con un discorso del generale de Charette rivolto ai reduci francesi del reggimento degli Zuavi.

    Nell’archivio dei comunicati stampa (n. 83 del 2006) è scaricabile un testo con numerose informazioni sulla difesa papalina di Roma:
    http://www.centrostudifederici.org/stampa/stampa.htm


    Un discorso del generale de Charette

    … io dichiaro che noi siamo pronti a combattere ed a morire se occorre, per il Papa-Re, per il Potere Temporale, doppio simbolo di ogni legittimità….

    La Domenica del 3 luglio anno corrente (1892) celebravasi a Parigi, nella Cappella dei Circoli Operai di Montparnasse, una Messa commemorativa per il centenario della nascita di Pio IX. Il panegirico dell’immortale Pontefice fu pronunziato dal Rev. Padre de Pascal. Dopo la cerimonia religiosa, si tenne un banchetto sotto la presidenza del generale de Charette, già tenente colonnello, comandante in 2.° il glorioso reggimento dei Zuavi Pontificii, l’eroe di Castelfidardo, di Nerola e di Mentana. Alle frutta, il generale barone Atanasio De Charette fece il seguente bellissimo discorso, grandemente ammirato da quanti ebbero la sorte di udirlo:
    “Mio Rev. Padre, signori e cari camerati:
    è un pericoloso onore quello che mi fate, chiedendomi di parlarvi anch’io dell’amatissimo Pio IX, del Grande Pontefice che ha lasciato nei nostri cuori sì care memorie.
    Una parola più eloquente della mia ha ritracciato stamane col più nobile ed elevato linguaggio le grandi linee di quel memorando Pontificato, ed io intendo qui limitarmi a reminiscenze personali, onde comprenderete agevolmente quanto sincero fosse l’affetto ch’egli aveva saputo ispirare a noi tutti e quanto sia viva tuttora la nostra gratitudine.
    E voi, signori, che avete la compiacenza di accoglierci fra voi, in questo Circolo di Montparnasse , il quale conta già tanti e sì gloriosi anni di esistenza, permettetemi di trattarvi come Zuavi Pontificii e di entrare nell’argomento senza altri preamboli.
    Io lasciai Roma nel settembre del 1870 e non vi ritornai che dopo la morte di Pio IX.
    Come narrarvi le mie impressioni nel rientrare nell’antico Patrimonio di S. Pietro, per Passo Cerose, nel rivedere Monterotondo, Porta Pia, S. Giovanni in Laterano, S. Lorenzo.
    Ciascuno di questi luoghi mi ricordava qualche fatte d’arme, qualche compagno gloriosamente caduto, e nei giorni felici taluna di quelle feste che lasciano in cuore indelebile rimembranza.
    Ma di tutte queste impressioni la più forte fu quella che provai nel passare presso il cimitero di S. Lorenzo, ove riposano nelle Catacombe tanti esseri carissimi.
    Pio IX, sdegnando la sontuosa tomba di Maria Maggiore, ch’eragli destinata, volle essere sepolto in quelle stesse Catacombe, in mezzo ai suoi Zuavi, come per dare loro una ultima arra di amore e di speranza.
    La mia prima visita fu per S. Pietro. Era di sera: io m’incamminai verso un lumicino, tremolante come quelli che si pongono dinanzi alle Madonne. Quale scossa non sentii nell’animo, leggendo sul monumento in cui riposano tutti Papi prima di ricevere la lo loro sepoltura definitiva, queste parole Pius IX Pontifex Maximus! Caddi in ginocchio, pregai e piansi. Ma il Papa non muore ed era appunto venuto il momento di andare ad offrire a Leone XIII l’inalterabile devozione degli Zuavi Pontificii.
    Voi sentite, non è vero? signori, ciò che avveniva allora nel mio cuore tutto pieno della memoria di Pio IX, e come non potessi senza indicibile commozione andare a prostrarmi ai piedi del suo Successore.
    Quando si è consacrato tutto il proprio cuore ad un Sovrano come quello dì cui celebriamo oggi il centenario, si ha l’anima invasa da una specie di angoscia. Proverò io gli stessi sentimenti per Colui che occupa ora quel medesimo treno, dinanzi al quale m’inchinava con tanto amore?
    Ma, dopo essere stato introdotto in quella stanza ov’ero stato sì spesso ricevuto da Pio IX, quando risollevai il capo, dopo le tre genuflessioni d’uso, e vidi il Vegliardo dalla bianca sottana assiso sul trono presso il quale io mi era tante volte inginocchiato, compresi come il Papato non muoia mai, ed offrii la mia persona, il mio cuore e la mia vita al Successore di Pio IX.
    Il Sovrano Pontefice mi colmò di onori, e donò a quanti avevano degnamente portato la tunica dello Zuavo sotto Pio IX la medaglia Benemerenti, massimo onore che ci fosse date di ambire.
    Non dimenticherò mai Leone XIII nell’atto di stringersi al cuore il mio unico figlio, o di fargli fare la prima Comunione.
    Alla prima udienza ch’io ebbi il bene di ottenere da Pio IX, egli ci diresse queste memorande parole: «Andate a testa alta, non temete; perché servite al diritto, alla giustizia, alla verità.» E noi andammo giubilanti a Castelfidardo.
    Formavamo appena una compagnia, quando Mons. De Merode ci mandò a scortare il Papa in una visita a S. Agnese. Ciascuno di noi ne ebbe una medaglia ed una Benedizione.
    Vi sovviene, cari camerati, del campo di Porto d’Anzio, nell’aprile 1862? Noi avemmo la felicità di restare per un mese colle truppe pontificie a formare una guardia d’onore al Santo Padre, sotto gli ordini del generale Kanzler. Rammentate la bella festa della distribuzione delle bandiere?
    La bandiera consegnataci in quel giorno ha vedute molte battaglie, e quando, il 22 settembre 1870, il reggimento fu disciolto e rimpatriato secondo le diverse nazionalità, ciascuno ne portò seco un brandellino, come memoria del passato e più ancora come pegno dell’avvenire.
    Non vi fu mai uomo più seducente di Pio IX: il suo cuore, prescindendo anche dal carattere sacerdotale, raggiava di bontà e carità. Il suo aspetto fisico stesso aumentava il fascino che da vicino o da lontano subivano tutti coloro che lo hanno conosciuto: maestà impareggiabile, nata da ineffabile semplicità; grande intelligenza, che non escludeva una grande finezza; eloquenza notevole, soavissima all’anima; facili scatti di carattere vivace ed impetuoso, corrotti subito da sentimenti di bontà sgorganti dal cuore.
    Ho detto che Pio lX aveva notevole eloquenza; ma non basta: era un grande oratore. Possedeva tutto: la prestanza, il gesto, la voce - a Roma non eravene altra più bella - il tatto, l’argutezza, l’amplitudine, la fiamma. Ammaliava, soggiogava, trasportava l’uditorio. Il Cardinale Place, che aveva avuto l’onore di essere consacrato da Pio IX, dal quale era particolarmente e da gran tempo conosciuto, mi raccontava, or non ha molto, come un protestante, ministro a Ginevra, uomo ragguardevole ed intelligentissimo, il quale aveva passato molti anni in Italia ed a Roma, gli dicesse un giorno dopo un discorso di Pio IX a S. Andrea della Valle: Ho udito i principali predicatori ed oratori dell’Italia e di Roma (il P. Ventura era allora all’apice della sua fama): quanto Ventura mi è sembrato superiore agli altri oratori, altrettanto Pio IX è superiore a Ventura.»
    Si poteva riassumere in una parola l’impressione ch’egli produceva a prima vista e che andava crescendo dì mano in mano che lo si conosceva meglio: era un grande affascinatore; affascinava tutti coloro che lo avvicinavano.
    Amava il suo reggimento di un amore sconfinato. Noi gli avevamo mandato nel 1877, per il giorno della sua festa - l’ultima, ahimè! - una statuetta d’argento, rappresentante un Zuavo che porta la bandiera del Sacro Cuore. Egli disse ad un Zuavo presente quanto fosse felice di possedere quella statuetta, che teneva sempre sulla sua scrivania. «E’ bella!» osservò, e, rigirando l’occhio al Zuavo, aggiunse con quel sorriso sì buono, sì penetrante, si espressivo, che tutti conosciamo: «Tutti gli Zuavi sono belli, o almeno quasi tutti.» Lo Zuavo, che mi raccontava questo aneddoto, diceva poi: «Non cambierei questa divisa con tutti i titoli di nobiltà del mondo».
    Bisognerebbe scrivere volumi per narrare la vita dì questo grande e santo Pontefice; ma lasciatemi terminare col racconto dello spettacolo più grandioso ch’io abbia veduto in vita mia.
    Era il 19 settembre 1870. Le truppe italiane avevano completato l’investimento della città eterna, e l’ultimo atto del dramma cominciato nel 1859 stava per recitarsi; il sacrifizio stava per consumarsi. Sempre fedeli alla nostra divisa, noi speravamo contro ogni speranza, domandavamo a Dio un miracolo! Io aveva ricevuto il comando alla porta di S. Giovanni in Laterano, quando fui avvertito che il Santo Padre entrava alla Scala Santa.
    Non esagero: sembravami che intorno alla fronte del nostro augusto Pontefice risplendesse l’aureola dei Santi e dei Martiri. Ognuno aveva coscienza che stesse per compiersi alcun che di straordinario. Giunto all’ultimo gradino dopo essersi curvato a baciare la Croce che segna la traccia del Sangue del Salvatore, il Santo Padre, levando le braccia come Mosè alla vista della terra di Canaan, rivolse questa preghiera al Dio degli eserciti:
    «O tu, gran Dio, mio Salvatore, tu di cui io sono il servo dei servi, tu di cui io sono l’umile rappresentante, tu supplico, per questo prezioso Sangue, caduto al tuo divin Figlio in questi luoghi stessi, e del quale io sono il supremo dispensatore; ti supplico, pei tormenti, pel supplizio del tuo divin Figlio che salì volontariamente questa scala di obbrobrio, per offrirsi in olocausto dinanzi a Cesare, dinanzi a quel popolo che lo insultava e pel quale andava a morire sopra una croce infame , oh! ti prego, abbi pietà del tuo popolo e della tua Chiesa, tua diletta figlia. Sospendi il tuo corruccio, la tua giusta ira. Non permettere a mani infami di venire a contaminare la tua dimora. Perdona al mio popolo, che è tuo, che ha fatta rossa del suo sangue questa terra benedetta. E se una vittima si richiede, o mio Dio! prendi il tuo indegno servo, il tuo indegno rappresentante!
    Pietà, mio Dio! pietà, te ne prego; mi checché avvenga, sia fatta la tua santa volontà!»
    Noi tutti piangevamo. Mai più non assisterò ad una scena tanto sublime e straziante ad un tempo. Aspettai il Santo Padre sulla porta, e, avendo fatto schierare i miei in ordine di battaglia, pregai il Pontefice di benedirci... Le donne del popolo gli afferravano le mani, sì avvinghiavano alla sua sottana, gridando: «Coraggio, Santo Padre coraggio!»
    Il 20 settembre, mentre noi sfilavamo per un’ultima volta sulla piazza di S. Pietro col cuore infiammato d’ira e coll’anima in lutto, ma serbando sempre una suprema speranza, quando il nostro ultimo grido di Viva Pio IX, Papa e Re! andò a spirare ai suoi piedi, Pio IX svenne fra le braccia dei suoi camerieri.
    Ah! credetemi, ad una parola di tal uomo giubilando incontro alla morte!
    In nome di tutti i miei camerati, io dichiaro che noi siamo pronti a combattere ed a morire se occorre, per il Papa-Re, per il Potere Temporale, doppio simbolo di ogni legittimità; locché non ci ha impedito e non impedirà di fare, all’uopo, il nostro dovere di patrioti e di Francesi”.

    (Da: Pio IX ad Imola e Roma. Memorie inedite di Francesco Minocchieri, pubblicate ed illustrate a cura di Antomaria Bonetti, Napoli 1892, Stab. Tip. Librario di A. & Salv. Festa, pagg.178-185)

    ___________________________

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    http://www.centrostudifederici.org/
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  6. #6
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    Predefinito Riferimento: Thread in onore dei soldati del Papa Re

    Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
    Comunicato n. 83/07 dell’8 settembre 2006, festa della Natività della B.V. Maria


    20 settembre: cattolici o brecciaioli?

    Ricordiamo gli eroi pontifici caduti il 20 settembre 1870 per difendere Roma e il Papa Re Pio IX
    Ci avviciniamo alla data del 20 settembre, anniversario dell’occupazione di Roma da parte delle truppe rivoluzionarie. Ogni anno a Roma il Grande Oriente d’Italia, il Partito Radicale e altri gruppi anticlericali celebrano pubblicamente la presa di Porta Pia: sono gli eredi dei “brecciaioli”, come venivano chiamati dai Romani, in modo ironico e dispregiativo, i cd. liberatori.
    Da parte nostra invitiamo le associazioni e le singole persone a impegnarsi per ricordare pubblicamente, nelle diverse città, i caduti pontifici, attraverso comunicati stampa, lettere ai giornali, eventuali interventi in ambito istituzionale (comuni, province, regioni) da parte di consiglieri amici, deposizioni di corone, incontri pubblici, ecc.
    Riteniamo sia importante mantenere viva la memoria storica relativa ai 15.000 giovani volontari dell’esercito di Pio IX, accorsi da tutta Europa, e persino dagli altri continenti, per difendere la Chiesa dall’assalto massonico; i soldati del Papa Re, che si distinsero sui campi di battaglia per il valore e il coraggio, furono poi infamati dalla propaganda risorgimentale con l’epiteto di mercenari e dimenticati dalla storiografia ufficiale.

    Per documentarsi sull’argomento, in commercio è possibile trovare i seguenti testi:
    - Piero Raggi, La Nona Crociata. I volontari di Pio IX in difesa di Roma (1860-1870), II edizione, Libreria Tonini, Ravenna 2002, pagg. X-240, euro 40,00. Contiene numerose fotografie d’epoca e documenti.
    - Lorenzo Innocenti, Per il Papa Re. Il Risorgimento italiano visto attraverso la storia del reggimento degli Zuavi Pontefici - 1860/1870, Casa Editrice Esperia, pagg. 140, euro 45,00. Anche questo libro contiene molte fotografie, oltre a delle tavole con uniformi e mappe delle battaglie.
    - Keyes O'Clery Patrick, La rivoluzione italiana. Come fu fatta l'unità della nazione, Edizioni Ares, Milano 2000, pagg. 780, euro 24,79. E’ il diario di un universitario irlandese che si arruolò negli Zuavi; partecipò alla battaglia di Mentana e alla difesa di Roma.
    - Ch. Edmond Rouleau, Gli Zuavi Pontifici, Centro culturale San Giorgio, Ferrara 2005, pagg. 54, euro 5,00. Opuscolo divulgativo.
    - Attilio Vigevano, La fine dell’esercito pontificio, ristampa anastatica, Albertelli Editore, Parma 1994, pagg. 868. L’autore era un colonnello del R. Esercito italiano e quindi l’impostazione dell’opera è risorgimentale, tuttavia il libro è interessante per la numerosa documentazione raccolta e per le tavole a colori con tutte le uniformi dell’esercito pontificio.

    Breve documentazione sull’esercito pontificio di Pio IX e sul 20 settembre 1870


    1) I caduti papalini del 20 settembre 1870
    Prima della resa imposta da Pio IX, il 20 settembre 1870, durante la difesa di Roma, i pontifici recarono numerose perdite all’esercito invasore: tra gli ufficiali 4 morti e 9 feriti, tra la truppa 45 morti e 132 feriti.
    I papalini, invece, registrarono 19 morti, deceduti il 20 settembre 1870 e nei giorni successivi in seguito alle ferite, e 68 feriti. Ecco l’elenco dei caduti secondo il Vigevano (altri autori, come Keyes O'Clery, riportano un numero minore di caduti, perché non calcolano alcuni decessi avvenuti negli ospedali dopo il 20 settembre) :
    Zuavi:
    Sergente Duchet Emilio, francese, di anni 24, deceduto il 1 ottobre.
    Sergente Lasserre Gustavo, francese, di anni 25, deceduto il 5 ottobre.
    Soldato de l’Estourbeillon, di anni 28, deceduto il 23 settembre.
    Soldato Iorand Giovanni Battista, deceduto il 20 settembre.
    Soldato Burel Andrea, francese di Marsiglia, di anni 25, deceduto il deceduto il 27 settembre.
    Soldato Soenens Enrico, belga, di anni 34, deceduto il 2 ottobre.
    Soldato Yorg Giovanni, olandese, di anni 18, deceduto il 27 settembre.
    Soldato De Giry (non si hanno altri dati).
    altri tre soldati non identificati, deceduti il 20 settembre.
    Carabinieri:
    Soldato Natele Giovanni, svizzero, di anni 30, deceduto il 15 ottobre.
    Soldato Wolf Giorgio, bavarese, di anni 27, deceduto il 28 ottobre.
    Dragoni:
    Tenente Piccadori Alessandro, di Rieti, di anni 23, deceduto il 20 ottobre.
    Artiglieria:
    Maresciallo Caporilli Enrico, italiano, deceduto il 20 ottobre.
    Soldato Betti, italiano, deceduto il 20 settembre.
    Soldato Curtini Nazzareno, italiano, deceduto il 20 settembre.
    Soldato Taliani Mariano, di Cingoli, di anni 29, deceduto il 20 settembre.
    Soldato Valenti Giuseppe, di Ferentino, di anni 22, deceduto il 3 ottobre.
    (Attilio Vigevano, La fine dell’esercito pontificio, ristampa anastatica, Albertelli Editore, Parma 1994, pagg. 672-673; nel testo del Vigevano i nomi di battesimo sono stati italianizzati).

    2) Paesi d’origine degli ufficiali e della truppa nel primo semestre del 1870
    … Metà all’incirca di questa forza era italiana, l’altra metà era formata da individui di diverse nazionalità: la Francia vi figurava con circa 3000 uomini, il Belgio con 700 uomini, l’Olanda con circa 900, la Germania e l’Austria con 1200, la Svizzera con 1000, il Canada con 300; vi erano poi inglesi, russi, spagnoli, portoghesi, americani del nord; si aggiunsero infine le così dette rarità rappresentate da 3 turchi, 4 tunisini, 3 siriaci, un marocchino, 2 brasiliani, un peruviano, un messicano; l’estremo artico della terra v’era raffigurato da 2 svedesi del capo nord e l’estremo sud da un nativo della Nuova Zelanda (tutti di fede cattolica).
    (A. Vigevano, op.cit., pag, 123)

    3) Paesi d’origine relativo al solo Corpo degli Zuavi Pontifici nel secondo semestre 1870
    … Quando il 21 Settembre 1870 il reggimento si trovò per l’ultima volta riunito a piazza San Pietro, nei suoi ranghi militavano: 1.172 olandesi, 760 francesi, 563 belgi, 297 tra canadesi – inglesi irlandesi, 242 italiani, 86 prussiani, 37 spagnoli, 19 svizzeri, 15 austriaci, 13 bavaresi, 7 russi e polacchi, 5 provenienti dal Baden, 5 degli Stati Uniti, 4 portoghesi, 3 essinai, 3 sassoni, 3 wuttemburghesi, 2 brasiliani, 2 equadoregni, 1 peruviano, 1 greco, 1 monegasco, 1 cileno, 1 ottomano, 1 cinese.
    (Lorenzo Innocenti, Per il Papa Re. Il Risorgimento italiano visto attraverso la storia del Reggimento degli Zuavi Pontifici – 1860/1870, Esperia Editrice, Perugia 2004, pag. 27).

    4) L’esercito pontificio in gran parte italiano. I romani a difesa di Pio IX
    In più luoghi del citato libro del generale Cadorna si dice che il Papa era schiavo della volontà dei capi delle sue truppe estere. Ebbene: chi comandava la zona militare di Trastevere e della Città Leonina? Il colonnello Azzanesi, romano. Chi comandava il forte S. Angelo? Il tenente colonnello Pagliucchi dello stato maggiore di piazza, romano. Chi comandava la sotto zona da Porta Portese a Porta S. Pancrazio (Trastevere)? Il tenente colonnello dei Cacciatori cav. Sparagana, frosinonese. Chi comandava la sotto zona da porta S. Pancrazio a Porta Angelica? (in questo perimetro è compreso il Vaticano) Il tenente colonnello di linea cav. Zanetti, bolognese. Quali truppe guernivono la zona Azzanesi?
    I difensori della zona era presidiato dai sedentari (veterani) quasi tutti italiani; il Vaticano e la persona stessa del Sommo Pontefice erano tutelati da una sezione d’artigliera nei giardini, dai Volontari di riserva e dalle Guardie Palatine, cioè da tutti romani, più la Guardia Nobile e Svizzera. Ecco la pretesa schiavitù di Pio IX durante l’assedio del 1870! Ma ecco, a maggior rincalzo, la situazione ufficiale dell’esercito pontificio in data 18 settembre 1870:
    Gendarmi 1.863 tutti italiani, molti romagnoli.
    Artiglieria 996 tutti italiani, eccettuati ben pochi.
    Genio 157 tutti italiani, non pochi romani.
    Cacciatori 1.174 tutti italiani, moltissimi romani.
    Linea 1.691 tutti italiani, molti romani.
    Zuavi 3.040 esteri, con un buon numero d’italiani, fra cui non pochi romani.
    Legione Romana o d’Antibo 1089 con molti italiani, specialmente di Corsica e Nizza, e molti savoiardi.
    Carabinieri esteri 1.195 con un certo numero di italiani.
    Dragoni 567 quasi tutti italiani, non pochi romani.
    Treno 166 tutti italiani, non pochi romani.
    Sedentari (Veterani) 544 in maggioranza italiani.
    Infermieri 119 italiani, meno pochi esteri.
    Squadriglieri 1.023 tutti italiani, e, nella maggior parte della provincia romana.
    Totale 13.624. Gli italiani superavano di circa quattromila gli esteri.
    A questo quadro dell’esercito, dirò così, di linea, sono da aggiungersi anche i seguenti Corpi, i quali, quantunque addetti a servizi speciali, avrebbero concorso (e concorsero difatti in più incontri) all’azione militare attività:
    a) Guardia Nobile di Sua Santità, tutta formata di gentiluomini dello Stato Pontificio; in circa 70 uomini, comandati dai due Principi romani, un Barberini ed un Altieri.
    b) La Guardia Palatina d’onore, circa 500 uomini, reclutata in tutte le classi della borghesia romana e tra i proprietari, i negozianti e capi d’arte.
    c) I Volontari Pontifici di riserva, tutti italiani, anzi quasi tutti romani; circa 400 uomini tra cui molti patrizi, e poi negozianti, impiegati e professionisti. Era un battaglione formato da 4 compagnie, comandato dal capitano Fischietti del 1. linea. I quattro capitani erano i principi di Sarzina e Lancellotti, il Duca Salviati e il Marchese Giovanni Naro Patrizi Montoro, Vessillifero ereditario (tenente generale) di Santa Chiesa.
    d) La Guardia Svizzera (120 uomini, circa).
    e) Gl’Invalidi, con quartiere ad Anagni.
    f) La compagnia di disciplina, che, ottenute dal comandante Papi le armi, si battè eroicamente insieme ai zuavi, gendarmi e finanzieri nel fiero attacco dato dal Cadorna a Civitacastellana.
    La Guardia di polizia, la piccola marina, il corpo di finanza e quello degli ufficiali di amministrazione, composti tutti d’italiani. E questi quattro corpi presero attivissima parte alle campagne del 1867 e 1870, e gli ultimi due anche campagne e fatti d’armi del 1859 e 1860.
    (Antonmaria Bonetti, Venticinque anni di Roma capitale d’Italia e i suoi precedenti, Libreria della Vera Roma, Roma 1895, parte II, pagg. 42-45).

    5) Le violenze, i furti e gli omicidi commessi dai “liberatori” a Roma dopo il 20 settembre 1870
    Numerose bande di malfattori percorrevano le vie di Roma, armati di bastoni, di pistole e fucili, tolti ai militari prigionieri; e assalivano i soldati pontifici che trovavano isolati, li insultavano, li ferivano, e alcuni ne uccisero, dividendosi dopo tra loro le spoglie. Due cappellani militari, che, scortati dai soldati italiani, accompagnavano in una vettura un zuavo moribondo, furono assaliti e percossi insieme allo zuavo stesso presso la fontana di Trevi. Altri sacerdoti furono nello stesso modo assaliti e percossi, malgrado la croce di Ginevra che portavano sul braccio, e che, per le leggi di guerra, dovevano renderli intangibili. Un zuavo tedesco fu preso, e quei cannibali gli cavarono gli occhi (episodio confermato dalla Voix du Tyrol del 17 ottobre 1870). Lo zuavo Delva, che fu trovato malato di vaiolo nella caserma di S. Marta, fu lasciato per 48 ore su un pagliericcio con pane e acqua, poi fu mandato all’ospedale, e per strada, le bande dei “patrioti” lo assalirono, lo percossero barbaramente e gli bruciarono il viso con dei sigari accesi.
    La mattina del 21 una commissione, incaricata dai nuovi venuti, si presentò alle carceri per aprire le porte ai detenuti politici. Moltissimi ladri e assassini condannati ai lavori forzati afferrarono questa occasione, e dandosi il pomposo nome di detenuti politici, poterono tornare a vedere le stelle. Quel giorno quindi Roma aveva un nuovo spettacolo; aveva i galeotti vestiti ancora degli abiti dell’infamia, che passeggiavano le vie, portati in trionfo dalle bande dei “patrioti”, dei quali venivano ad ingrossare le file.
    Si è detto anche che il giorno 21 una suora di carità fu gettata nel Tevere, insieme con due feriti che accompagnava e che un gesuita fu ucciso insieme con zuavo ferito; ma questi fatti non sono abbastanza provati, e noi non li diamo come certi. Certo è che in via dell’Umiltà, in Piazza della Rotonda e altrove furono uccisi varii soldati trovati isolati.
    Un prigioniero fu tolto di mano ai soldati italiani e fu ucciso. Uno squadrigliere, inseguito dai “patrioti”, fu ucciso da un bersagliere con una fucilata. Un tale Alessandrini impiegato delle carceri, fu lapidato. Due squadriglieri furono gettati nel Tevere e annegati. Vari cadaveri di zuavi furono insultati e mutilati; ad uno furono tagliate le braccia; nel sangue di altri furono inzuppati dei fazzoletti che poi portavano trionfalmente attaccati a dei bastoni per le vie di Roma. Un’orda di “patrioti” portava in processione un’asta coperta con gli abiti di un zuavo e sormontata da una testa tagliata ad un cadavere sulla breccia di Porta Pia. (…) Gli ebrei del Ghetto che si presentavano gentilmente a far da guida ai “patrioti”, rubarono quanto poterono, e poi compravano dagli altri ladri la roba rubata all’uno per cento del valore reale. (…)
    Nelle botteghe sul Corso furono spezzati i ritratti di Pio IX. Nel tempo stesso i “patrioti”, portando dei fasci di bandiere tricolori, si presentavano alle case col pugnale in mano, e ordinavano di metterle fuori dalle finestre. Quindi facevano sapere, che la sera si doveva fare l’illuminazione. E se alcuno tentava di mostrarsi indipendente, ne riceveva insulti, minacce e sassate nelle finestre. (…)
    Un prete tedesco fu minacciato e insultato. Un mascalzone gli sputò in viso, dicendo: “questo è per te, maledetto prete!”. Un cappellano, l’abate Fischer, fu salvato dai soldati mentre era sul punto di essere gettato nel Tevere. (…) E non basta ancora. Quelle bande di “patrioti” percorrevano le vie di Roma gridando: “Viva Garibaldi! Viva Mazzini! Viva la Repubblica! Viva l’Italia una! Abbasso il Papa! Morte ai preti! Morte a Gesù Cristo!”. Fa orrore, ma pure è necessario che la storia registri anche questi fatti, affinché i posteri sappiano chi erano i nemici del potere temporale. (…)
    I Romani, dal canto loro mostravano ben poco entusiasmo pei liberatori; però vi fu qualcuno, anche a Roma, che si mostrò contento dell’invasione; vi furono, se non altro, gli ebrei, che mandarono una deputazione a ringraziare il generale Cadorna, che aveva distrutto il potere temporale del Papa.
    (A.Bonetti, op. cit., parte seconda, pagg. 146-155).

    6) Venti settembre 1870
    … In città i cappellani furono impegnati tutta la notte a confessare gli uomini che si preparavano serenamente a una morte che credevano pressochè inevitabile, poiché tutti prevedevano una resistenza a oltranza contro nemici sei volte superiori, in una lotta che sarebbe iniziata sulle mura e proseguita casa per casa. (…) Nel corso delle prime Messe, celebrate prima dell’alba in vari punti sotto le mura, ufficiali e soldati ricevettero la santa Comunione. (…)
    La bandiera bianca non fu rispettata dagli Italiani, né sulla breccia, né a Porta Pia. Sulla breccia il nemico avanzò, sparando su uomini indifesi, che avevano deposto le armi. (…) Anche a Porta Pia gli Italiani avanzarono sparando e, appena entrati, uccisero due Zuavi, che, come tutti gli altri, erano appoggiati ai propri Remington. Un ufficiale dei bersaglieri fece fuoco contro il tenente Van der Kerckhove, ferendolo al collo di striscio. Un altro ufficiale, pistola in mano, aggredì il capitano de Coussin e gli strappò le medaglie di Castefidardo e Mentana dal petto. I soldati, seguendo l’esempio degli ufficiali, inveirono contro i prigionieri (…)
    Mentre la resistenza cessava a Porta Pia, la bandiera bianca veniva issata su tutta la linea del fronte. Essa fu rispettata da Ferrero e Angioletti, ma per un’altra mezz’ora, dopo che la bandiera bianca era stata issata sulle mura di Trastevere, e tutti cannoni nemici tacevano, Bixio continuò il bombardamento. Non c’era nulla di nuovo in questa prassi dell’esercito italiano, giacché ad Ancona, nel 1860, Cialdini e Fanti avevano continuato a sparare molte ore sulla bandiera bianca. (…)
    Secondo le leggi di guerra, durante i negoziati della resa, entrambe le parti erano obbligate a mantenere le posizioni raggiunte; le truppe italiane, però, infischiandosene di ogni legge o regolamento, entrarono in città, nonostante le rimostranze degli ufficiali degli Zuavi. Le compagnie egli Zuavi al Pincio, a Porta Salaria, alla breccia e a Porta Pia, furono circondate, fatte prigioniere disarmate. (…). Gli Italiani penetrarono in città da diverse posizioni, ovunque accompagnati da una torma di teppisti, accorsa da tutte le parti d’Italia per irridere e maltrattare i prigionieri, nonché approfittare dei disordini che sicuramente sarebbero seguiti alla presa di Roma. Il comportamento dei Romani nei confronti degli Zuavi prigionieri fu molto diverso da quello degli invasori e dei loro seguaci. (…) Non si udì una sola parola di offesa o di disprezzo, ma, al contrario, si udirono parole di simpatia e di incoraggiamento (…). Per completare “l’unità d’Italia” restava solo la farsa dell’ennesimo plebiscito.
    Con le truppe italiane erano entrati in città quattro o cinquemila civili, tra uomini e donne, che, autoproclamandosi “esuli romani”, avevano seguito la marcia degl’invasori. (…).“Roma”, scriveva La Nazione, giornale liberale di Firenze, “è stata consegnata res nullius a tutti i promotori di disordini e di agitazioni, a tutti gli approfittatori politici di professione, a coloro che amano pescare nel torbido, ai bighelloni di cento città italiane”. “Si potrebbe pensare”, aggiungeva il giornale, “che il governo voglia fare di Roma il ricettacolo della feccia di tutta Italia”. A questa schiera di indesiderati immigrati si unì il gruppetto di ultrà liberali che si trovava a Roma, e la massa vilipese le truppe pontificie a Porta Pia, al Pincio, a Piazza Colonna, assalì i preti e insultò i soldati, ferendone diversi, e addirittura uccise tre squadriglieri. I Romani si tenevano lontano da questa marmaglia, e non presero parte alcuna alle loro gesta.
    (I caduti pontifici furono) in tutto 16 morti e 53 feriti. In questa somma non sono compresi i soldati isolati che furono assassinati dalla teppa garibaldina le sere del 20 e 21 settembre (…).“Modesti e coraggiosi” scriveva il 26 settembre la Soluzione, un giornale liberale di Napoli, “fecero brillare il proprio dovere da eroi. La difesa di Roma fu coraggiosa e brillante. Erano decisi a morire fino all’ultimo uomo in difesa delle mura, se il Santo Padre non avesse ordinato loro di arrendersi”; e aggiungeva che, da questo, “la gente giudicherà la barbarie, l’infamia e la viltà di coloro che li inseguirono dopo l’ingresso delle nostre truppe, dando loro la caccia come a dei lupi”.
    (Patrick Keyes O’Clery, La Rivoluzione italiana. Come fu fatta l’unità della nazione, ed. Ares, Milano 2000, pagg. 707-716).

    7) L’ultimo saluto dei soldati pontifici al Papa Re Pio IX, a piazza san Pietro il 21 settembre 1870
    … Era già suonata l’assemblea e stavamo in sulle righe, quando alcune voci dal centro della piazza gridarono: il Papa, il Papa. In un momento cavalieri e pedoni, ufficiai e soldati, rompono le file corrono verso l’obelisco, prorompendo in un grido turbinoso ed immenso di Viva Pio IX, Viva il Papa Re! misto a singhiozzi, gemiti e sospiri. Quando poi il venerato Pontefice, alzatele mani al Cielo, ci benedisse, e riabbassatele, facendo cenno un gesto come di stringersi tutti al suo cuore paterno, e quindi, sciogliendosi in lacrime dirotte, si fuggì da quel balcone per non potere più sostenere la nostra vista, allora si che veruno più potè far altro che ferire le stelle con urla, con fremiti ed esecrazioni contro coloro che erano stati causa di un tanto cordoglio all’anima di un si buon padre e sovrano …
    (A.Bonetti, op. cit., seconda parte, pagg. 74-75)

    8) Le due Rome
    … Vi ha la Roma vecchia e la Roma nuova. Vi ha la Roma dei Papi e la Roma dei framassoni. Vi ha la Roma che prega e quella che bestemmia; la Roma dei martiri e quella dei tiranni; la Roma benedetta e quella maledetta. Vi ha la Roma di granito e la Roma di cartapesta; la Roma eterna e quella che, nata ieri, non è certa di vedere il domani. Vi ha la Roma di Cristo e la Roma dell’Anticristo.
    (Gaetano Zocchi, sj, Le due Rome. Dieci anni dopo la Breccia, Tip. Giachetti, Figlio e C., Prato 1881, pag. 8).

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    30 aprile 2008

    XXII Conferenza di formazione militante a cura della Comunità Antagonista Padana dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

    “Gli zuavi pontifici: una milizia internazionale contro
    l'unificazione italiana”

    Luca Fumagalli ha tracciato una breve storia delle spoliazioni territoriali subite dallo Stato Pontificiio dal 1860 al 1870, insieme ad una breve storia diplomatico-militare del periodo. Si è poi concentrato sul corpo militare degli zuavi e sulle principali battaglie e scontri contro piemontesi o garibaldini che lo videro protagonista: dagli albori di Castelfidardo, passando per Bagnorea, Montelibretti, Monterotondo, Parioli, Mentana ed infine l'assedio di Roma del settembre 1870.






    http://www.cinghialecorazzato.info/2...ione-italiana/
    Ultima modifica di Luca; 19-08-12 alle 20:01

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    Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
    www.centrostudifederici.org

    Segnalazioni – Mentana 3.11.1867: viva gli Zouaven olandesi!

    Segnaliamo dei link riferiti al contributo dato dai cattolici olandesi alla crociata dell’Esercito pontificio (1860-1870). Il sacerdote Willem Hellemons animò l’arruolamento dei giovani olandesi e nella città di Oudenbosch, dove convergevano i volontari, costruì una chiesa a imitazione di San Pietro. Davanti alla chiesa si trova tuttora un monumento agli Zuavi e adiacente vi è il Museo degli Zuavi olandesi. Dopo il congedo i reduci si organizzarono in un’associazione e militarono nel movimento cattolico olandese. Nei campionati di calcio olandesi vi è tuttora la squadra Zouaven, che ha come stemma le Chiavi di San Pietro. Tra le migliaia di olandesi presenti nell’Esercito pontificio (nel Corpo degli Zuavi gli olandesi rappresentarono la nazionalità più numerosa), si segnalò lo zuavo Pieter Jong, l’eroe di Monte Libretti.
    Viva gli Zouaven olandesi!

    http://www.basiliekoudenbosch.nl/

    http://www.zouavenmuseum.nl/

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    Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
    Comunicato n. 78/08 del 19 settembre 2008, San Gennaro

    20 settembre? Viva il Papa-Re!

    I caduti pontifici
    Pubblichiamo l’elenco dei diciannove caduti dell’Esercito Pontificio deceduti il 20 settembre 1870 e nei giorni successivi in seguito alle ferite:
    Zuavi
    Sergente Duchet Emilio, francese, di anni 24, deceduto il 1 ottobre.

    Sergente Lasserre Gustavo, francese, di anni 25, deceduto il 5 ottobre.

    Soldato de l’Estourbeillon, di anni 28, deceduto il 23 settembre.

    Soldato Iorand Giovanni Battista, deceduto il 20 settembre.

    Soldato Burel Andrea, francese di Marsiglia, di anni 25, deceduto il 27 settembre.

    Soldato Soenens Enrico, belga, di anni 34, deceduto il 2 ottobre.

    Soldato Yorg Giovanni, olandese, di anni 18, deceduto il 27 settembre.

    Soldato De Giry (non si hanno altri dati).

    altri tre soldati non identificati, deceduti il 20 settembre.

    Carabinieri:
    Soldato Natele Giovanni, svizzero, di anni 30, deceduto il 15 ottobre.

    Soldato Wolf Giorgio, bavarese, di anni 27, deceduto il 28 ottobre.

    Dragoni:
    Tenente Piccadori Alessandro, di Rieti, di anni 23, deceduto il 20 ottobre.

    Artiglieria:
    Maresciallo Caporilli Enrico, italiano, deceduto il 20 ottobre.

    Soldato Betti, italiano, deceduto il 20 settembre.

    Soldato Curtini Nazzareno, italiano, deceduto il 20 settembre.

    Soldato Taliani Mariano, di Cingoli, di anni 29, deceduto il 20 settembre.

    Soldato Valenti Giuseppe, di Ferentino, di anni 22, deceduto il 3 ottobre.

    L’erosimo di Alessandro Piccadori, tenente dei Dragoni Pontifici
    … Alessandro Piccadori, reatino di 24 anni, aveva ricevuto pochi minuti fa l’ordine di recarsi da Porta San Giovanni, dove si trovava a difendere le postazioni pontificie, al vicino convento di padri passionisti presso la Scala Santa per telegrafare al ministero delle Armi le ultime novità della battaglia. Giunto davanti all’edificio, il dragone ha trovato una piccola folla composta di impiegati e religiosi che erano scesi in strada per cercare un posto dove ripararsi: da qualche minuto infatti la batteria italiana ha preso di mira la zona tra il palazzo Lateranense e la scala Santa. Sconsigliato dai passionisti e dai militari a entrare nel palazzo, il giovane è salito di corsa nella sala della biblioteca dove si trova il telegrafo quasi inseguito da due frati, padre Angelino e fratel Paolo Giacinto: i quali, di fronte a tanto ardimento, non se la sono evidentemente sentita di lasciare solo il valoroso dragone. Ma, appena il tenente è entrato nella biblioteca e ha raggiunto l’apparecchio trasmittente, una granata è piombata nella stanza e scoppiando una scheggia lo ha colpito al capo uccidendolo all’istante, un frammento ha ferito al braccio con una profonda lesione anche fratel Paolo Giacinto. Padre Angelino, rimasto incolume, pur terrorizzato nella stanza piena di fumo e imbrattata di sangue, mentre il correligioso chiudeva aiuto torcendosi dal dolore, ha potuto impartire l’estrema unzione all’ufficiale pontificio.
    (Antonio Di Pierro, L’ultimo giorno del Papa Re, pagg. 133-134, Mondadori 2007)

    Un fiore sulle tombe dei caduti pontifici
    I corpi degli ufficiali e dei soldati pontifici caduti durante le diverse battaglie (Castelfidardo 1860, Agro Romano 1867, difesa di Roma 1870) furono sepolti nelle città e nelle nazioni di provenienza, tranne alcune eccezioni che segnaliamo. I dati sono stati raccolti da L’Avant-Garde, bollettino dei Discendenti degli Zuavi Pontifici, nn. dal 1997 al 2002.

    Il gen. Hermann Kanzler (del Baden-Württemberg, 28/3/1822 - Roma 5/1/1888), Comandante in capo delle truppe pontificie e Pro-Ministro delle Armi, dopo il 20 settembre volle rimanere a Roma. E’ sepolto in una cappella al Cimitero del Verano (la prima della fila sotto la Rupe Caracciolo, dietro la chiesa del cimitero), insieme alla moglie Laura dei Conti Vannutelli e al figlio, Rodolfo, importante archeologo. Accanto vi è una cappella con la tomba di Madame de Charette, moglie di Athanase de Charette, comandante degli Zuavi.
    Nelle immediate vicinanze vi sono delle tombe di alcuni militari (tutti francesi):

    - Paul Saucet, sergente degli Zuavi, nato il 16/11/1842, morì di malattia a Roma il 22/11/1861; partecipò alla battaglia di Castelfidardo, dove salvò la vita al suo capitano, Athanase de Charette.

    - Zuavo Achille de Bligny, nato 11/6/1826, si arruolò il 21/2/1861, morì all’ospedale militare di Marino il 27/8/1861; una magnifica scultura raffigurante uno zuavo sovrasta la sua tomba.

    - Zuavo Henri Foucault des Bigottières, 9/4/1827, si arruolò il 30/9/1867, fu assassinato un mese dopo a pugnalate da un sicario garibaldino il 25/10/1867 a Trastevere.

    - Adéodat e Emmanuel Dufournel. Adèodat, nato il 18/8/1838, si arruolò nel 1860. Capitano degli Zuavi, partecipò alla battaglia di Castelfidardo e alla campagna militare del 1867. Morì il 5/11/1867 in seguito alle ferite riportate. Emmanuel, nato il 22/2/1840, si arruolò col fratello nel 1860. Sottotenente degli Zuavi, morì il 20/10/1867 a Valentino, in seguito alle ferite riportate il giorno precedente nella battaglia di Farnese.

    Tutte queste tombe si trovano nel più totale abbandono, vergognosamente dimenticate dal Vaticano. L’anno scorso, per il 140° anniversario della vittoria di Mentana, sono state – per quanto possibile – ripulite da alcuni fedeli romani dell’Istituto Mater Boni Consilii.

    Delle tombe di soldati papalini si trovano anche in altre cittadine laziali, dove si svolsero le battaglie del 1867. Pubblichiamo (senza possibilità di verifica) l’elenco riportato da L’Avant-Garde:
    Agnani: nella chiesa di Sant’Antonio.
    Albano: nel cimitero.
    Ceprano: nella chiesa cattedrale.
    Frascati: nella cattedrale e nel cimitero.
    Marino: nella cripta della cattedrale.
    Monterotondo: al cimitero. Il Comune a fine ‘800 ha posto una lapide con la scritta: “i mercenari del Papa”. L’anno scorso la direzione del cimitero ha rifiutato un nostro progetto per cambiare la lapide (mercenari della democrazia?).
    Palombara: nella chiesa dei Cappuccini.
    Piverno: nel cimitero.
    Prossedi: nella chiesa collegiata di sant’Agata.
    Sezze: nel convento (di san Francesco?).
    Subiaco: nel cimitero.
    Velletri: nella chiesa di santa Lucia.
    Veroli: nella chiesa santa Maria Salomè.
    Viterbo: nel cimitero di san Lazzaro.

    Invitiamo a portare un fiore sulle tombe di coloro che morirono per difendere Pio IX e la Santa Sede dall’aggressione voluta e realizzata dalla setta massonica. Una delegazione del Centro studi Federici domenica 21 settembre 2008 porterà un omaggio floreale alla tomba del gen. Kanzler e al monumento ai soldati papalini voluto da Pio IX al Verano (al Pincetto).

    La vecchia Roma dei Papi
    Lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius, che per quasi vent’anni visse a Roma, seppur razionalista e protestante e autore di opere dove espresse molte critiche al papato, dopo il 20 settembre scrisse:
    “Roma è diventata una tomba imbiancata. Vengono ricoperte di bianco le case, persino i dignitosi palazzi antichi, si gratta via la ruggine dei secoli.
    I conventi vengono tramutati in uffici. Dopo secoli il sole e l’aria penetrano di nuovo in queste clausure di frati e di monache. I frati che ancora vi risiedono ne vengono stanati come i tassi. Fa pena vederli vagare, come spiriti, nelle loro camerette, nei chiostri e nei corridoi.
    La vecchia Roma sta tramontando. Vi sarà qui un mondo nuovo. Io però sono felice di essere vissuto per tanto tempo nella vecchia Roma”.
    (Antonio Di Pierro, L’ultimo giorno del Papa Re, pag. 292, Mondadori 2007)

    VIVA PIO IX! VIVA IL PAPA-RE!

    _______________________________

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