Vorrei cercare in questa discussione, di riflettere, pacatamente e serenamente, senza farsi prendere da ansie varie, su questi argomenti.
ovviamente la discussione è aperta a tutti, ma chiedo uno sforzo particolare a cuordileone e popolare, di farmi conoscere il loro commento.
grazie.
ah, invito a leggere le risposte del vescovo in modo unitario.
Intervistatore: In che cosa muta la concezione della libertà religiosa di cui si parla oggi?
Vescovo Fellay: Quando si dice, come fa la dichiarazione conciliare Dignitatis humanae, che "la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa", non si considerano situazioni concrete, anche se molto frequenti, che consiglierebbero la permissione e la tolleranza, come abbiamo visto dal testo del Papa Pio XII.
Al contrario, si prescinde dai fatti concreti e si stabilisce come principio che ogni uomo ha il diritto di permanere nell'errore secondo la propria coscienza, sia in privato sia nella vita pubblica.
Ora, la dottrina cattolica tradizionale circa il dovere morale degli uomini e delle società in rapporto alla Chiesa Cattolica ha sempre insegnato che la vera religione deve essere favorita e sostenuta dallo Stato.
Non cosi per quanto riguarda le altre religioni, anche se possono, come abbiamo visto, essere tollerate in considerazione di determinate circostanze concrete. E questo la dottrina cattolica lo ha sempre insegnato come un dovere morale, nel senso esatto del termine. E' qualcosa che le società, come creature di Dio, devono in modo assoluto alla religione vera. In altre parole, altro è tollerare l'errore e altro è assegnargli per principio la stessa dignità che ha la verità.
Ancora una volta, la deviazione dalla dottrina è dovuta all'influenza della filosofia personalista. Del resto, gran parte dei problemi teologici contemporanei hanno origine filosofica, più che strettamente teologica. E' chiaro che, se si suppone che la dignità dell'uomo si fonda sulla libertà assoluta della persona, si arriverà a sostenere che la persona può abbracciare indifferentemente l'errore o la verità. Di più: si sosterrà che la sua realizzazione si avrà proprio nel fatto stesso di scegliere. Ma San Tommaso insegna che la dignità della persona si fonda sull'adesione al vero. Dunque la libertà è solo uno strumento per arrivare alla verità, quindi usarla bene o male non è la stessa cosa.
Intervistatore: Per ribattere ad argomentazioni come la sua, oggi, a partire dalla quasi totalità del mondo cattolico, si usa l'evangelico: "Date a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio". Dal che si ricaverebbe che lo Stato è assolutamente indipendente dal fine ultimo , la sua salvezza.
Vescovo Fellay: Si usa una frase giusta per sostenere un argomento sbagliato. Perché è lo stesso Vangelo che ci mostra come la distinzione tra ordine politico e ordine religioso non significhi affatto indipendenza del primo dal secondo. Ci spiega infatti che ogni autorità viene da Dio. Quindi anche Cesare deve rispondere a Dio, in quanto individuo e pure in quanto reggitore di uno Stato. Nostro Signore ci insegna che esiste una distinzione tra ordine civile e ordine religioso, ma non afferma the siano indipendenti.
E' evidente the esistono due tipi di società: una temporale, lo Stato, the nasce con la creazione della natura umana e ha per fine il bene comune dei cittadini al fine di permettere una vita virtuosa, e una spirituale, la Chiesa cattolica, fondata da Gesù Cristo per un fine soprannaturale, cioè la gloria di Dio tramite la salvezza delle anime. Queste due societa sono dette , "perfette", cioè hanno tutti i mezzi necessari per ottenere il loro fine. Ma la loro distinzione non implica ne indipendenza, ne uguaglianza: la società spirituale è superiore a quella temporale.
Intervistatore:Vorremmo continuare a parlare delta libertà, un tema molto caro all'uomo moderno, ma anche molto travisato. Oggi si pensa che libertà significhi assenza di limiti, ma coloro che cercano di mettere in pratica questa idea vanno incontro a dei fallimenti. Si illudono di trovare la felicità e finiscono irrimediabilmente per fare l'esperienza del nulla.
Vescovo Fellay: Il problema nasce perché in questo modo la libertà viene eretta a fine dell'uomo. Ma ciò significa travisare ciò che da sempre e scritto nella natura umana. L'uomo può anche decidere di non tenere conto della propria natura, ma non riuscirà mai a cambiarla. Per questo finisce per andare incontro al fallimento se non tiene conto delle leggi eterne stabilite da colui che lo ha creato.
In altre parole, la libertà non può essere esercitata nella scelta del fine, ma nella scelta dei mezzi per raggiungere il fine. Ed è qui che si decide il destino dell'uomo perche l'atto libero comporta una responsabilità: se è buono sarà ricompensato, se è cattivo sarà castigato. Questo è il corollario diretto della libertà, la quale non è un assoluto, ma si inscrive dentro un quadro che non è modificabile da parte dell'uomo. Può essere usata per fare il bene o per fare il male e, dunque, il suo uso sarà giudicato. C'è una libertà che conduce al libertinismo e una libertà the conduce alla santità. E' un fatto che piace poco o nulla alla modernità, ma non per questo cessa di essere un fatto.
Intervistatore: Visto che ci siamo incamminati lungo una strada poco praticata dall'uomo moderno, arriviamo in fondo e spieghiamo che cosa sia il fine ultimo al quale l'uomo deve subordinare l esercizio della propria libertà.
Vescovo Fellay: Il pensiero classico, e specialmente San Tommaso d'Aquino, lo spiega molto bene. Il fine ultimo dell'uomo, come insegna Aristotele, e la felicità, cioè la beatitudine. Aristotele parla del « bene » e San Tommaso va oltre spiegando che e il "Sommo Bene" è ciò che realizza al massimo grado la natura umana. Siccome l'uomo è caratterizzato dalla ragione, l'unica "azione" possibile per raggiungere la beatitudine sarà la contemplazione intellettuale, il cui oggetto primo e ultimo è Dio. La beatitudine è infatti la visione dell'essenza di Dio, cioe l'operazione più nobile e piu alta dell'uomo. Se l'uomo non si sforza di soddisfare tale desiderio andando oltre il mondo fisico, rimarrà in eterno insoddisfatto. Dal che si deduce che la condanna eterna consiste nell'esser privati della visione di Dio.
Se solo si riuscisse a comprendere questo fatto che per secoli è stato evidente anche alle persone meno colte, credo che avremmo risolto buona parte dei drammi dell'uomo d'oggi.
Intervistatore: Il tema della libertà ha fatto da sfondo alla contrapposizione tra due sistemi politici che si sono affrontati lungo il Novecento, quello liberale e quello comunista. Dopo la caduta dei regimi ispirati al marxismo, qualcuno ipotizzava nel liberalismo trionfante l'avvento di un'epoca felice. In realtà, dall'economia alle relazioni internazionali, non sembra andare cosi. Che cosa non ha funzionato?
Vescovo Fellay: Il comunismo nasce come reazione al liberalismo, ma ha gli stessi principi. Storicamente, c'è un'opposizione tra i due sistemi, ma la radice non muta. Entrambi nascono dall'affermazione della libertà umana come assoluto. Entrambi partono dalla concezione dell'uomo come essere che non deve guardare in alto, elevano l'uomo a signore assoluto della vita e della storia. Entrambi negano Dio.
Possono farlo con l'ateismo di Stato come nei regimi comunisti o imprigionando l'idea di Dio dentro le singole coscienze impedendo che abbia una rilevanza sociale come nelle società liberali, ma la sostanza è sempre la stessa, quella auspicata da Nietzsche: la morte di Dio. Si tratta solo di decidere se rendere schiavi gli uomini attraverso i gulag o i centri commerciali.
Anche in questo caso bisogna dire che i Pontefici avevano visto molto lontano, a partire da Gregorio XVI nel XIX secolo. E come dimenticare l'enciclica Quadragesimo anno di Pio XI?
Tratto da: "Tradizione - il vero volto". A. Gnocchi, M. Palmaro. (pagg. 124-129)