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  1. #241
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    Otto per mille e pedofilia. Poretti: I soldi di tutti i contribuenti italiani per i danni civili in Usa?

    29 giugno 2010



    -->

    Intervento della senatrice Donatella Poretti, Radicali/Pd
    Via libera della Corte Suprema Usa ai processi civili contro i preti accusati di pedofilia, col Vaticano che puo' essere considerato civilmente responsabile di queste azioni dei propri preti. Sono quindi ipotizzabili versamenti milionari per le vittime... e dove saranno presi i soldi? Sicuramente dal patrimonio del Vaticano, patrimonio che si compone di gigantesche proprietà immobiliari ma che e' anche alimentato dagli introiti italiani dell'Otto per mille, attualmente quasi un miliardo di euro all'anno.
    Ad ogni contribuente la scelta di decidere se e come.
    Ma c'e' un problema che fa si' che la scelta del contribuente non possa essere scevra di comunque contribuire al patrimonio del Vaticano. La legge in vigore consente che anche chi non decide di devolvere il proprio Otto per mille ad una confessione religiosa o allo Stato, si vede comunque detrarre questo importo che viene poi distribuito in base alle percentuali di quei contribuenti che hanno espresso una scelta.
    Per questo ho presentato un ordine del giorno alla manovra economica (1) perche' le scelte non espresse, che rappresentano piu' di mezzo miliardo di euro all'anno, non vengano distribuite ma restino patrimonio dell'Erario e diano cosi' il proprio contributo alla crisi finanziaria nazionale, europea e mondiale.
    Se questo ordine del giorno non sara' preso in considerazione, ecco come i soldi dei contribuenti italiani potrebbero finire per finanziare i risarcimenti civili in Usa:
    Chi indica una scelta diversa dalla Chiesa cattolica (dati 2009 relativi al 2006) e' solo il 13,95% e l'86,05 indica la Chiesa romana (2). Queste percentuali, pero', sono relative al 43,43% dei contribuenti, mentre il 56,57% -la maggioranza- non ha dato indicazioni e vedra' il proprio otto per mille comunque dato all'86,05% al patrimonio della Chiesa di Ratzinger. Sicuramente l'Oltre Tevere ci dira' che i soldi dell'otto per mille sono destinati per cose diverse, ma e' innegabile che facciano parte di un patrimonio di un'organizzazione che dovra' fare questi risarcimenti; come il patrimonio di una famiglia che decide di destinare una entrata a questo e un'altra entrata a quest'altro, ma la famiglia si regge comunque sul patrimonio complessivo.

    (1) Manovra economica: rivedere il meccanismo dell’8 per mille alle confessioni religiose. Nuove entrate per lo Stato. Odg | SEN. DONATELLA PORETTI
    (2) Qui un approfondimento con tutti i numeri.
    ADUC - Avvertenze - La pulce nell'orecchio - Otto per mille alle confessioni religiose: aggiornamento per il 2009

  2. #242
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    "La Stampa", 29 Giugno 2010, pag. 2

    L’avvocato che segue il caso: «Abbiamo fatto cadere le porte d’acciaio di Roma»

    La Corte Suprema Usa nega l’immunità al Papa

    CHIESA SOTTO ASSEDIO



    MAURIZIO MOLINARI
    CORRISPONDENTE DA NEW YORK


    La Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto la richiesta di riconoscere al Vaticano l’immunità legale nel processo per pedofilia a carico di un prete in Oregon, consentendo alla causa iniziata nel 2002 di continuare il proprio corso. Per l’avvocato Jeff Anderson, che rappresenta la vittima, si tratta del «maggior passo avanti finora compiuto dal movimento che si batte per tutelare i diritti di chi ha subito abusi».
    «È una sentenza davvero molto rilevante - ha aggiunto Anderson -: siamo riusciti a far cadere le porte d’acciaio dietro le quali per anni il Vaticano si è nascosto». Da qui l’assalto di Anderson ai vertici della Santa Sede: «Non inizierò chiedendo la testimonianza di Papa Benedetto XVI, arriverò a lui partendo dal basso perché questa sentenza ci consente di chiamare a deporre sotto giuramento chiunque dentro il Vaticano abbia conoscenza degli eventi trattati».
    Il nome di Joseph Ratzinger è legato al fatto che prima di diventare Papa era titolare della Congregazione per la Dottrina della Fede, responsabile dell’adozione di misure disciplinari contro i preti responsabili di azioni inappropriate. Proprio per evitare un simile coinvolgimento dei vertici stata la Santa Sede a chiedere un pronunciamento della Corte Suprema sulla sentenza della Corte d’Appello dell’Oregon che ammetteva la causa.
    La vicenda si origina a metà degli anni Sessanta quando un prete cattolico di nome Andrew Ronan si rende responsabile di molteplici abusi sessuali ai danni di un adolescente che oggi ha 49 anni. La vittima resta tutelata dall’anonimato - firmando i documenti legali con lo pseudonimo John Doe - e secondo la tesi dell’accusa non fu un caso isolato perché Ronan aveva molestato dei ragazzi sin dalla metà degli anni Cinquanta in Irlanda e poi a Chicago, prima ancora di arrivare nella diocesi di Portland, in Oregon. L’accusa avanza il «ragionevole sospetto» che i vertici della Santa Sede abbiano saputo - e protetto - padre Ronan, diventando dunque co-responsabili degli abusi in Oregon. La tesi di Anderson è che spostando Ronen dall’Irlanda a Chicago e poi a Portland il Vaticano si rese co-responsabile degli abusi perché, conoscendo le accuse che pesavano su di lui, avrebbe dovuto metterlo alla porta. Da qui l’ipotesi di far deporre i vertici della Santa Sede, dal nunzio a Washington fino al Segretario di Stato e a Benedetto XVI.
    A quest’offensiva la Santa Sede aveva risposto chiedendo alla Corte Suprema di attestare l’immunità del Vaticano sulla base del «Foreign Sovereign Immunities Act» del 1976 che consente agli Stati sovrani di non essere processati in tribunale. Ma la legge del 1976 contiene specifiche eccezioni e la Corte d’Appello dell’Oregon vi si richiamò considerando padre Ronan un «dipendente» del Vaticano «impegnato ad agire per suo conto secondo la legge dell’Oregon». L’avvocato della Santa Sede, Jeffrey Lena, presentando le proprie motivazioni alla Corte Suprema di Washington aveva negato l’esistenza di un «rapporto di dipendenza» fra Vaticano e preti parlando piuttosto di «cooperazione religiosa».
    L’amministrazione Obama, attraverso l’avvocatura dello Stato, aveva dato il proprio sostegno alla tesi del Vaticano, affermando che il tribunale dell’Oregon aveva sbagliato a considerare il caso di padre Ronan nel novero delle eccezioni previste dalla legge del 1976. Ma il tentativo di spingere la Corte Suprema a bloccare la causa in Oregon sembra fallito e Jeff Anderson, specializzato nella difesa delle vittime di pedofilia, prevede che «ora ne arriveranno di simili da altri Stati», a cominciare dal Kentucky. «Il Vaticano non può più sfuggire alla giustizia», afferma l’avvocato di St Paul.

  3. #243
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    "La Stampa", 29 Giugno 2010, pag. 5

    “I nostri giudici non rispondono al Vaticano”

    Il ministro degli Esteri belga: “La magistratura è indipendente”



    MARCO ZATTERIN
    INVIATO A LA HULPE

    Ministro, capisce un po’ la nostra lingua? Steven Vanackere scuote la testa mentre osserva i giornali italiani ordinati sul tavolo di metallo che gli sta davanti, le prime pagine che raccontano l’attacco della Santa Sede ai giudici di Bruxelles dopo le perquisizioni di giovedì all’Arcidiocesi di Malines. «No, mi spiace - risponde il capo della diplomazia belga -, però è facile comprendere il senso dei titoli». Sono parole dure che non sembrano impressionare il cristiano democratico fiammingo, oltretutto pronto ad ammettere che non gli risulta alcuna perquisizione «deplorevole» come denunciato da Roma. Comunque sia, aggiunge, «se anche il comportamento degli inquirenti non fosse stato appropriato, sarebbe un caso per il sistema politico e giudiziario belga. Certo, non per il Vaticano».
    Succede nel salone del Castello della Hulpe, alle porte di Bruxelles, lo stesso dove 99 anni fa il barone Solvay convocò il «Consiglio della Fisica» con Albert Einstein, Madame Curie e Max Plancke. Il governo belga incontra nel meno formale dei modi la stampa internazionale per illustrare il semestre dei presidenza Ue che si apre giovedì. Vanackere, 46 anni, ministro degli Esteri e vicepremier dell’esecutivo di transizione, accetta di parlare del fuori programma: il dossier dei preti pedofili che rischia di far saltare la Chiesa belga e non solo.
    Ministro, Benedetto XVI ha «deplorato» il comportamento della magistratura a Malines. Come reagisce?
    «Ci sono due cose da sottolineare. La prima è il principio della separazione dei poteri di uno stato. È un elemento cruciale, anche come presidente Ue è mio dovere garantire che il potere esecutivo non abbia influenza su quello giudiziario, che si conformi alla realtà che emerge dalle indagini dei magistrati».
    La seconda cosa?
    «È che un’eventuale azione non adeguata degli inquirenti sarebbe un problema per il Belgio, non per il Vaticano».
    Il cardinale Bertone ha detto che i giudici si sono comportati come «comunisti».
    «È una affermazione di cui posso solo prendere atto. In questi frangenti, è importante reagire con tutto l’equilibrio possibile. L’arcivescovo Léonard, primate del Belgio, lo ha fatto. Ha accolto la logica secondo cui, se c’è un’inchiesta in corso, la Chiesa deve assolutamente accettarla. Per il resto, ha solo espresso l’auspicio che l’azione fosse proporzionata allo scopo».
    Crede che lo sia stata?
    «Non esprimo un giudizio, perché riguarda il potere giudiziario e perché non sono il ministro della Giustizia. Ritengo solo che l’accaduto non meriti un’eccessiva reazione diplomatica».
    Teme una crisi nelle relazioni fra Belgio e Santa Sede?
    «No. È normale che nei rapporti diplomatici vengano chieste delle spiegazioni. Il Vaticano ci ha domandato se è vero che i vescovi sono stati trattenuti, che non hanno avuto cibo o acqua, cosa che noi riteniamo non sia successa. Tutto ciò va bene, ma sempre tenendo chiaro in mente il dogma elementare dei poteri separati e consentendo ai giudici di compiere il loro lavoro. È il cardine di ogni stato democratico».
    Alcuni commentatori hanno lasciato intendere che l’inchiesta è un passaggio dell’offensiva della massoneria anticlericale per minare la chiesa cattolica. Che effetto fa?
    «Speculazioni e interpretazioni non aiutano a trovare una soluzione efficace per rispondere alle esigenze dei cittadini ragionevoli. Nel momento in cui la Chiesa ha riconosciuto che nel passato - e forse nel presente - sono successe alcune cose che non dovevano succedere, e che ci sono delle vittime che hanno dei diritti che dovrebbero essere oggetto di un verdetto di tribunale, la gente vuole che la Chiesa sia trattata con rispetto senza essere però essere immune dal giudizio».
    Questo vuol dire condurre indagini molto delicate...
    «Succede. Non si può essere sicuri di ottenere i risultati che si cercano sino a che non si è avviata l’inchiesta. Per questo tutti dovrebbero tornare ad un atteggiamento più equilibrato. È naturale che un’indagine abbia un impatto su chi ne è l’oggetto. Così some è naturale che chi ne è l’oggetto debba accettarlo nel nome del rispetto dello Stato di diritto».

  4. #244
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    "La Repubblica", MARTEDÌ, 29 GIUGNO 2010
    Pagina 2 - Esteri

    Testimone
    Per Jeff Anderson la decisione dei giudici di Washington è "un´enorme vittoria legale"
    "Porterò Benedetto XVI in tribunale": esulta l´avvocato delle vittime americane
    Non penso che sarà possibile processare il pontefice, ma cercherò di ottenere la sua deposizione

    DAL NOSTRO INVIATO
    NEW YORK - L´aveva promesso e lo farà: «Porterò il Papa in tribunale». Ma nel giorno in cui raccoglie la vittoria - «E´ caduto un nuovo muro di Berlino» - Jeff Anderson, 62 anni, l´avvocato delle vittime dei preti negli Stati Uniti, l´uomo che scoprì che anche sua figlia fu abusata da un ex sacerdote, pensa per prima cosa alla prossima mossa: una «missione in Italia» per raccogliere le deposizioni dei cardinali Angelo Sodano e Tarcisio Bertone, che lui ritiene responsabile del cover up, della copertura, dell´insabbiatura dello scandalo pedofilia.
    Avvocato, la Corte Suprema non accoglie l´appello del Vaticano. Il suo processo più andare avanti.
    «E´ una grande vittoria, una vittoria enorme. Per la storia degli abusi sessuali dei preti è la caduta del muro di Berlino, la caduta della separazione tra la Germania Est e la Germania Ovest, tra l´Est e l´Occidente... «.
    Ma che cosa vuol dire in concreto?
    «E´ una enorme vittoria legale. Per le vittime di questi crimini è una straordinaria opportunità di avere finalmente giustizia. E di far sì che il Vaticano venga ritenuto responsabile per la sua negligenza: per la sua criminale negligenza. E per il suo ruolo nella copertura dei crimini dei preti».
    Eppure non c´è stata sentenza. La Corte si è limitata a non accogliere l´appello del Vaticano.
    «Ma è una vittoria enorme che la Corte ci abbia dato il semaforo verde, finalmente il via libera: dopo otto anni di impedimenti sollevati dall´inizio della causa, nel 2002, dopo otto anni di ostacoli».
    Davvero a questo punto pensa di portare, come ha annunciato, Papa Ratzinger alla sbarra?
    «Sì, questa à una delle cose che faremo. Ma prima cominceremo dal cardinale Sodano e dal cardinale Bertone. Al Papa ci arriveremo. Non voglio certo cominciare da lì: voglio prima raccogliere le loro deposizioni in particolare. Perché loro - uno come segretario di Stato, l´altro come Capo del collegio cardinalizio, sono stati i top guys, i personaggi chiave».
    Perché proprio loro?
    «Perché nelle loro posizioni sono stati al centro delle coperture per un lungo periodo. Così come lo fu il cardinale Joseph Ratzinger, l´attuale Papa Benedetto, quando aveva responsabilità nella Curia. Lui adesso è il capo supremo e non partirò nell´inchiesta da lui: ma ci arriverò».
    Come farà a raccogliere queste deposizioni? Pensa di organizzare degli interrogatori in Italia?
    «Sì, dovremo andare in Vaticano, organizzeremo le deposizioni, organizzeremo una missione».
    Primo passo, lei dice, Bertone e Sodano. Per arrivare a portare sotto processo il Papa?
    «Guardi, cercheremo come ho detto di avere la deposizione anche del Papa. Io non penso che sarà possibile processare il Papa in quanto Papa: ma il Vaticano sì. Per la prima volta avremo la possibilità di fare un processo, qui negli Usa, in cui il Vaticano può essere considerato responsabile nella copertura di quei crimini che sono gli abusi dei preti. E´ soltanto una decisione che riguarda un caso ma apre la porta ad altri casi e soprattutto al principio di responsabilità. E questa è la cosa più importante».
    Come si è sentito appena avuta la notizia della decisione della Corte Suprema?
    «Estasiato...».
    (a. aq.)

  5. #245
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    "La Repubblica", MARTEDÌ, 29 GIUGNO 2010
    Pagina 4 - Cronaca

    L´Aquila, gli affari immobiliari del vescovo: "Una srl della Curia per ricostruire"
    Monsignor D´Ercole: "Ma ora lascio la presidenza, non voglio grane"
    Al lavoro una task force di ingegneri, e architetti. "Basta piangersi addosso, i soldi ci sono"
    La nota dopo la bufera giudiziaria Ristrutturazione in vista per evitare nuovi scandali

    ANTONELLO CAPORALE
    DAL NOSTRO INVIATO
    L´AQUILA - «Aspettano i soldi, ma se non c´è il seme...». Il seme. Un´idea, un piano di rinascita, un progetto di ricostruzione. La classe politica aquilana non ce l´ha, la Chiesa sì. Idee chiare, cioè un master plan, e strumenti innovativi per un vescovo: una società privata, una srl, con il compito di costruire e vendere, chiedere finanziamenti e concederne. Lottizzare, espropriare, partecipare ad affari con altre società, ricevere naturalmente contributi statali, anche utilizzando l´istituto della concessione, e - insomma - erogare servizi di "global service".
    Nata tre giorni prima di Natale dell´anno scorso "Aquilakalo´s srl" ha un capitale sociale di diecimila euro, la sede presso la Curia arcivescovile e un presidente del consiglio di amministrazione che è il vescovo ausiliare della città: Giovanni D´Ercole. Nel consiglio un giovane sacerdote e un imprenditore locale. D´Ercole è il rappresentante del Vaticano inviato a L´Aquila per garantire alla Chiesa la presenza attiva nella ricostruzione della città, opera che non è stata ritenuta alla portata dell´arcivescovo titolare, l´anziano Giuseppe Molinari.
    E D´Ercole ci sta riuscendo. Ogni giorno i suoi uffici sfornano progetti e piani di investimento. Indicano aree su cui costruire, terreni da preservare. È un vescovo del fare: «Ho ancora tredici milioni da spendere, sono soldi della Caritas, e il municipio non mi spiega, non indica dove, non mi dà la possibilità di investirli per il bene della comunità. Ho dato un ultimatum: entro giugno devono darmi le autorizzazioni, altrimenti li rimando via». Nel master plan che la Curia sotto la sua direzione ha prodotto (Piano strategico di restauro e rifunzionalizzazione del centro storico) le idee fondanti della rinascita sono stese attorno ad assi strategici e gli interessi ecclesiastici delineati con chiarezza. «Quasi tutto il patrimonio artistico è nostro». Chiese e monumenti, ma anche negozi, e case, e terreni. Dunque e perciò: lottizzazioni e investimenti.
    D´Ercole è giovane, a suo agio con la tv (ha condotto per anni in Rai un programma religioso) e le pubbliche relazioni. Ora il grande passo: l´attività immobiliare complessiva, un´attività quasi commissariale in una città ancora stordita. Le carriole a testimoniare la protesta dei residenti per l´inerzia della classe politica, i puntellamenti a fotografare uno stallo incomprensibile. È questo il clima che consiglia alla Curia di far da sola, avanzare anziché attendere. Una srl con cui prendere le misure dei progetti e tenerli nelle proprie mani. La società del vescovo. «Non è così, mi sono dimesso». Dimesso? Dalla visura camerale non risulta, fino a tre giorni fa era lei il presidente. «Da domani non lo sarò più». Domani vedremo. «Solo tre mesi sono stato alla guida (sei, secondo le visure, ndr) e non ho intenzione di ritrovarmi impelagato tra due o tre anni in qualche cosa».
    La Curia adesso ha sede in un´area industriale, come una linda fabbrichetta della periferia abruzzese. Al pian terreno si opera per il bene comune. È un open space: «Venga, le mostro il nostro grande ufficio tecnico». Geometri, ingegneri, architetti. Sviluppo edilizio, piani di recupero, restauri, ma anche valorizzazioni fondiarie, piani urbanistici. Preghiere e mattoni. Al primo piano c´è lui, D´Ercole: «Sa quanta gente è passata in questa stanza offrendomi sponsorizzazioni?». Si riferisce a imprenditori che si proponevano alla chiesa per prendersi cura, gratuitamente, dei suoi edifici di culto? «Uno scambio: io ti offro questo e tu un domani mi dai quest´altro. Ma non si può fare. Ci sono le gare d´appalto, massima legalità e trasparenza. Così ci siamo dotati di questa società di servizi, consigliati da persone competenti. Anche altre diocesi lo fanno». Non s´era mai visto un vescovo a presiedere una srl. «Io mi dimetto, lascio». Lascia a chi? «A un sacerdote. È chiaro che il controllo resta qui dentro. Adesso ci stiamo specializzando nella diagnostica ingegneristica».
    Idee avanzate. «Tre miliardi e mezzo, ed è una cifra sottostimata, la valutazione dei nostri beni da ricostruire. È una bella cifra a cui noi dobbiamo rispondere con efficienza e puntualità». Profilo da imprenditore: «Oggi L´Aquila è una città conosciuta in tutto il mondo. È un´occasione pubblica che dovremmo raccogliere al volo invece di piangerci addosso. Stiamo divenendo antipatici con la richiesta quotidiana di aiuti, i soldi ci sono ma servono prima le idee".
    I semi della Curia sono raccolti in cento pagine. E il sindaco dell´Aquila? «Fa troppe cose: la maggioranza e l´opposizione. L´uno e il suo doppio. Dovrà scegliere: o di là o di qua». Fin troppo chiaro. La Chiesa corre, il vescovo prega e promette opere di bene. Si prenderà cura delle anime e anche del resto. Per l´appunto, un global service.

  6. #246
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    "La Stampa", 30 Giugno 2010, pag. 12

    “Il male è nella Chiesa, dobbiamo purificarci”


    GIACOMO GALEAZZI
    CITTÀ DEL VATICANO


    «Egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro. Il male è nella Chiesa». Duro monito di Benedetto XVI contro gli scandali sessuali e finanziari in Curia e negli episcopati nazionali: «Il pericolo peggiore non sono le persecuzioni, ma il peccato». Nel Sacro Collegio si moltiplicano contrapposizioni e rivalità fra gerarchie ecclesiastiche o vecchia e nuova gestione dei dicasteri pontifici (Schoenborn contro Sodano,l'arcivescovo indagato per corruzione Sepe contro la Segreteria di Stato guidata da Bertone) e, per lanciare il più autorevole degli «altolà», Joseph Ratzinger trasforma la celebrazione di Pietro e Paolo nell'occasione solenne per cercare di neutralizzare le polemiche nei Sacri Palazzi.
    «Una Chiesa fiaccata dalle sue colpe diventa un bersaglio agevole per i suoi nemici, quindi la purificazione è l'unica via d'uscita dalle odierne situazioni di crisi», si spiega nella cerchia più vicina del Pontefice. Mentre l'avvocato della Santa Sede, Lena assicura, su Radio Vaticana, che «siamo nel giusto» nei casi dei preti pedofili negli Usa, il Papa chiarisce che per la Chiesa l'infedeltà dei suoi membri costituisce un'insidia maggiore degli attacchi che la comunità dei fedeli subisce su vari fronti.
    Il nemico più insidioso è all'interno, quindi solo un autentico rinnovamento spirituale può traghettare la Chiesa al riparo dalle bufere attuali. «In due millenni di storia non sono mai mancate per i cristiani le prove, che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni- sottolinea il Pontefice - Queste però, malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa». Il «danno maggiore», avverte il Papa, «la Chiesa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità». I peccati e le colpe dei sacerdoti (e dei vescovi che insabbiano i loro reati) intaccano «l'integrità del Corpo mistico», indeboliscono «la capacità di profezia e di testimonianza della Chiesa, appannando la bellezza del suo volto».
    Citando San Paolo, Benedetto XVI denuncia «alcuni problemi di divisioni, incoerenze, infedeltà al Vangelo che minacciano seriamente la Chiesa» e anche gli «atteggiamenti negativi che appartengono al mondo e che possono contagiare la comunità cristiana: egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro». Con toni netti il Papa invoca per la Chiesa «piena libertà sia dai lacci materiali che cercano di impedirne o coartarne la missione, sia dai mali spirituali e morali, che possono intaccarne l'autenticità e la credibilità». Per dare concretezza all'operazione-trasparenza e al risanamento della Curia in settimana Benedetto XVI rafforzerà la squadra di governo nominando ministri due suoi fedelissimi (il canadese Marc Ouellet al posto di Re al dicastero dei vescovi e Fisichella al nuovo organismo per l'Evangelizzazione dell'Occidente). Nel nuovo corso ratzingeriano il requisito fondamentale per le promozioni è diventata la capacità di gestire l'emergenza-abusi. Il cardinale australiano George Pell è stato scartato per la guida della congregazione dei Vescovi proprio a causa del suo coinvolgimento in un vicenda di preti pedofili. All'opposto è in forte crescita l'arcivescovo di Boston, Patrick O'Malley al quale viene riconosciuto il merito di aver risollevato una diocesi finita sul lastrico per le cause milionarie legate agli scandali sessuali insabbiati dal suo predecessore Law. «Non coprire la pedofilia è il minimo titolo richiesto per salire di grado e sarà fondamentale anche nel prossimo concistoro», garantiscono in Curia.

  7. #247
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    "La Repubblica", MERCOLEDÌ, 30 GIUGNO 2010
    Pagina 16 - Esteri

    Il Papa: "Un male interno inquina la Chiesa"
    Fra i nuovi vescovi anche il belga Léonard, che critica le indagini sulla pedofilia
    Ratzinger non ha mai direttamente citato gli scandali né le divergenze fra i cardinali

    MARCO ANSALDO
    CITTÀ DEL VATICANO - Il «pericolo più grave» per la Chiesa non viene dalle «persecuzioni» esterne, ma dal male che la «inquina» dall´interno. E´ la mattina dopo la notizia che la Corte Suprema americana vuole processare il Vaticano. E nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a Roma, gremita di arcivescovi, notabili e fedeli, c´è chi si aspetta che Joseph Ratzinger possa dire qualcosa su quello che rischia di prefigurarsi come un caso spinoso per la Santa Sede.
    Il Papa non cita lo scandalo pedofilia, né le inchieste su Propaganda Fide o le divisioni tra cardinali, tutti argomenti che hanno tenuto banco il giorno prima. Ma nell´omelia per la messa dei santi Pietro e Paolo, rammenta però che l´istituzione da lui guidata può essere danneggiata più dalle proprie carenze che da persecuzioni cui è abituata da millenni. «Problemi di divisioni - scandisce - di incoerenze, di infedeltà al Vangelo minacciano seriamente la Chiesa». Sono i «pericoli degli "ultimi tempi"» di cui parla la Scrittura - continua - e cioè «atteggiamenti negativi che appartengono al mondo e possono contagiare la comunità cristiana: egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro».
    E´ un Ratzinger che sferza i suoi ministri, ricordando il primato dell´autorità papale e del ministero petrino, «garanzia di libertà nel senso della piena adesione alla verità». E tuttavia - conclude - «gli uomini che operano il male non andranno molto lontano». Perché «la parola di Cristo è chiara: "Non praevalebunt - non prevarranno"».
    Benedetto XVI nella lunga funzione impone il "pallio", cioè una stola di lana bianca su cui spiccano sei croci di seta nera, simbolo della potestà vescovile, a 38 nuovi arcivescovi metropoliti, fra cui quattro italiani: i monsignori Gualtiero Bassetti a Perugia-Città della Pieve, Andrea Bruno Mazzocato a Udine, Antonio Lanfranchi a Modena-Nonantola, e Luigi Moretti ex vicegerente del Vicariato di Roma e ora nuovo arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno.
    Gli occhi di molti seguono però il primate del Belgio, monsignor André-Joseph Léonard, negli ultimi giorni al centro delle cronache dopo il blitz di magistrati e polizia nella sede dell´Arcivescovado di Bruxelles per lo scandalo pedofilia.
    Il presule che il Pontefice ha da poco messo al posto di Godfried Danneels, suo predecessore accusato di aver nascosto alla giustizia diversi casi di pedofilia, è ancora piuttosto contrariato per i modi con cui si è svolta l´inchiesta. La sua agendina personale è tuttora nelle mani dei giudici. E´ stato lui la settimana scorsa, quando i magistrati scoperchiarono le tombe dei primati Suenens e Van Roey, a sbottare parlando di «roba da Codice da Vinci», di «zelo forse eccessivo» e di «sequestro tra virgolette» dei vescovi. Fermo restando, ha spiegato, che «la giustizia fa il suo lavoro e ha il diritto di fare delle perquisizioni». Il Papa, il giorno dopo, gli ha inviato una lettera di solidarietà, indirizzata al «venerato fratello», criticando proprio le modalità con cui si stava svolgendo l´indagine.
    Come sempre durante la festa degli apostoli Pietro e Paolo, era presente alla messa una delegazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Forte l´abbraccio fra Ratzinger e il metropolita Gennadios. Oggi, forse, un´altra giornata campale per la Chiesa, con il ricorso dell´Italia alla Corte di Strasburgo contro l´abolizione del crocifisso nelle aule scolastiche.

  8. #248
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    "La Repubblica", MERCOLEDÌ, 30 GIUGNO 2010
    Pagina 16 - Esteri

    Costrette dai tribunali a versare indennizzi rischiano di finire in bancarotta
    Le diocesi Usa chiedono offerte per pagare le vittime degli abusi
    L´avvocato Anderson è sicuro che il Vaticano nasconda dossier sulle violenze

    ANGELO AQUARO
    DAL NOSTRO INVIATO
    NEW YORK - L´ultima volta che la Chiesa dell´Oregon dovette pagare per gli abusi dei suoi preti fu un disastro: alla vergogna di riconoscere quei crimini si unì l´obbligo del risarcimento miliardario. Il prete sotto accusa di chiamava Maurice Grammond: quaranta ex bambini puntarono il dito contro di lui. Era il 2000 e quattro anni dopo la diocesi fu costretta alla bancarotta: dovette sborsare 50 milioni di dollari per ripagare 175 persone e venti milioni furono messi da parte per i reclami futuri.
    Oggi il vescovo Richard Malone, impegnato a cancellare la vergogna, annuncia che la diocesi è riuscita a raccogliere 42 milioni di aiuti dai fedeli. Ma la sua gioia stata turbata dalla decisione della Suprema Corte che ha rilanciato il caso di pedofilia che la Santa Sede voleva bloccare: quello intentato da una vittima anonima di Andrew Ronan, un prete che proprio a Portland fu responsabile negli anni 60 di una serie di abusi «compiuti in diversi posti, compresi il monastero e arie adiacenti». Ora toccherà proprio al tribunale di Portland, Oregon, dire la parola definitiva su uno scandalo che, questa volta, non si colora soltanto del verde dei dollari ma anche della porpora del Vaticano.
    Jeff Anderson, il difensore delle vittime, l´avvocato che nel caso "John Doe contro la Santa Sede" sostiene che il Vaticano è il responsabile ultimo di ogni abuso, perché responsabile dello spostamento dei sacerdoti da una diocesi all´altra, ieri ha rilanciato quello che lui stesso e il suo associato Mike Finnegan avevano anticipato a Repubblica: il team che presto organizzerà una trasferta a Roma punta a raccogliere i "Secret Files" del Vaticano, i fascicoli segreti in cui sarebbero custoditi i nomi dei preti pedofili che la Chiesa conosce e nasconde. Anche per questo Jefferson vuole raccogliere la deposizione dei cardinali Angelo Sodano e Tarcisio Bertone.
    Naturalmente la battaglia è aperta. La Santa Sede sostiene di poter godere dell´immunità di stato sovrano e per questo si era appellata davanti alla Suprema Corte contro la sentenza della Corte d´Appello dell´Oregon che aveva già accolto la tesi di Jefferson: i preti sono dipendenti del Vaticano e quindi bisogna applicare alla Chiesa l´eccezione che la legge sulla sovranità prevede per le multinazionali. Jeffrey Lena, l´avvocato della Santa Sede, non ci sta: la Corte non ha rigettato il ricorso ma ha rimandato tutto al tribunale davanti al quale si potrà dimostrare che «il Vaticano non è un´azienda e non stipendia i suoi preti».
    Il riconoscimento della responsabilità della Santa Sede avrebbe naturalmente come conseguenza anche l´apertura del cordone della borsa del Vaticano. A pagare, insomma, non sarebbero, come ora, soltanto le "succursali", cioè le diocesi. Proprio ieri un altro giudice ha stabilito che la diocesi di Willington, Delaware, deve aprire alle vittime dei preti pedofili il suo fondo di investimento da 120 milioni di dollari. Ma le cause aperte sono decine e decine. E cosa succederà se la Corte d´Appello del Nono Circuito, quella di Portland, confermerà la sentenza che ha già pronunciato?

  9. #249
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    "La Repubblica", MERCOLEDÌ, 30 GIUGNO 2010
    Pagina 1 - Prima Pagina

    La polemica
    Preti pedofili perché il Papa difende Sodano?

    VITO MANCUSO

    Ieri il papa ha sottolineato che il pericolo più grande per la Chiesa viene dal fronte interno: "Il danno maggiore lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità". Ma allora perché, due giorni fa, ha pubblicamente umiliato il cardinale Christoph Schönborn, finora il più coraggioso degli uomini di Chiesa nel lottare contro il terribile inquinamento interno che è la pedofilia del clero? Io quasi non volevo crederci, non poteva essere vero che Benedetto XVI, dopo aver più volte affermato di voler fare tutto il possibile per stabilire la verità e perseguire la giustizia nello scandalo pedofilia, avesse costretto l´arcivescovo di Vienna a una specie di Canossa vaticana. Eppure era vero. Benedetto XVI aveva costretto il presule, nonché stimato teologo di orientamento conservatore a lui molto vicino, a una conciliazione forzata con il cardinal Sodano. La logica del potere romano è la forza che ancora domina la Chiesa cattolica.
    Quello che però a mente fredda colpisce di più è il disinteresse mostrato dal papa per il merito delle accuse mosse pubblicamente da Schönborn il 28 aprile scorso contro il cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato sotto Giovanni Paolo II, accusandolo di aver insabbiato il caso Groer.


    Hans Hermann Groer (1919-2003), monaco benedettino, arcivescovo di Vienna e cardinale, fu costretto a dimettersi nel 1995 per aver molestato un seminarista minorenne (in seguito a suo carico emersero molti altri casi). Immediato successore di Groer nella diocesi di Vienna, Schönborn quando accusava Sodano parlava di cose che conosce molto bene. Ma diceva la verità oppure mentiva? È vero o non è vero che Sodano da Roma ostacolò le indagini di Vienna? Il papa semplicemente non se ne è curato, non è entrato nel merito, alla verità ha preferito la forma ricordando che solo a lui è concesso accusare un cardinale. Così il comunicato ufficiale: "Nella Chiesa, quando si tratta di accuse contro un cardinale, la competenza spetta unicamente al papa". Ma se è così, allora il papa è tenuto ad andare fino in fondo verificando se le accuse di Schönborn a Sodano sono fondate o sono solo calunnie. Lo farà? Non lo farà, per il motivo che dirò alla fine di questo articolo.
    Nella predica a conclusione dell´Anno sacerdotale a piazza San Pietro l´11 giugno Benedetto XVI aveva detto di "voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più". Alla luce del trattamento riservato a Schönborn queste parole appaiono molto sfuocate, mera retorica di stato. Di che cosa stiamo parlando, infatti? Stiamo parlando (occorre ricordarlo sempre!) di migliaia e migliaia di giovani vittime. Oltre all´Austria scandali sono emersi ovunque. Negli Stati Uniti finora sono stati pagati indennizzi per 1.269 miliardi di dollari, con il conseguente fallimento di non poche diocesi. In Irlanda nel 2009 sono usciti documenti come il Rapporto Murphy e il Rapporto Ryan, quest´ultimo sugli abusi del clero dagli anni ´30 agli anni ´70 (notare: anni ´30, altro che responsabilità della rivoluzione sessuale del postconcilio come scrive Benedetto XVI nella "Lettera ai cattolici irlandesi"): il risultato è che la Chiesa irlandese deve versare 2.100 milioni di euro di risarcimenti. Poi c´è la Germania del papa: abbazia benedettina di Ettal in Alta Baviera, coro di Ratisbona, dimissioni di mons. Mixa vescovo di Augusta per molestie sessuali su minori, collegio Canisius dei gesuiti a Berlino… C´è il Belgio con le dimissioni del vescovo di Bruges per i medesimi tristi motivi e le perquisizioni delle tombe nella cattedrale di Malines con le conseguenti deplorazioni pontificie. Ci sono Polonia, Svizzera, Olanda, Danimarca, Norvegia, Inghilterra, Australia… Don Ferdinando Di Noto, il prete da anni in prima linea contro la pedofilia, simbolo della rettitudine della gran parte dei preti, dichiarava il 18 febbraio scorso che in Italia i casi accertati sarebbero un´ottantina. Da allora, vista la frequenza delle notizie sui giornali, temo che la cifra sia aumentata non poco.
    Di fronte a questi dati due cose sono sicure. Primo: se non fosse stato per la forza dei giornali e delle tv tutto sarebbe rimasto sconosciuto e insabbiato; se la Chiesa riuscirà un giorno a fare pulizia al proprio interno lo dovrà alla forza delle scomode verità fatte emergere dalla libera informazione. Secondo: fino a poco tempo fa la linea tenuta dal cardinal Sodano sul caso Groer era la prassi abituale, come appare anche dalla Epistula de delictis gravioribus inviata il 18 maggio 2001 dall´allora cardinal Ratzinger ai vescovi di tutto il mondo che imponeva il secretum Pontificium per tutte le gravi trasgressioni del clero (notare: il caso Groer risale a sei anni prima!). È proprio questa la peculiarità dello scandalo, non tanto la pedofilia di preti e vescovi, quanto l´insabbiamento da parte delle gerarchie, il fatto incredibile che i vertici ecclesiastici sapevano di questi crimini e, per non indebolire il potere politico della Chiesa, tacevano e insabbiavano. Per anni e anni. Per interi decenni è stata preferita l´onorabilità della struttura politica della Chiesa rispetto alla giustizia verso le vittime, e quindi verso Dio. Le dichiarazioni del cardinal Sodano che riduceva a "chiacchiericcio" le accuse erano esattamente in linea con questa politica dell´insabbiare, e l´umiliazione inferta dal papa al cardinale Schönborn per averlo criticato è una conferma che questa politica non è terminata. La subdola peculiarità di questo scandalo mondiale è purtroppo ancora in vita.
    Salvare la Chiesa prima di tutto. Prima dei bambini e della loro vita psichica e affettiva. Prima dei genitori e del loro inestirpabile dolore. Prima del senso di giustizia di tutta una società. Prima della giustizia di cui rendere conto davanti a Dio. Prima di tutto, la Chiesa e la sua immagine, e il conseguente potere che ne deriva. Per questo l´ordine era (anzi è, perché altrimenti non si sarebbe salvata l´onorabilità del potente cardinal Sodano) coprire, insabbiare, dissimulare, mentire, negare, comprare. Tra l´ottantina di cardinali della Chiesa solo uno aveva avuto il coraggio e l´onestà di puntare il dito contro il vertice della nomenclatura. Il papa l´ha messo a tacere, l´ha fatto rientrare tra le fila, imponendogli una bella dichiarazione di facciata.
    Ma com´è possibile che nella Chiesa tanti crimini siano stati occultati e che all´interesse delle vittime sia stato preferito quello dei loro aguzzini? La risposta a mio avviso consiste nella teologia elaborata lungo i secoli che ha condotto a una vera e propria idolatria della struttura politica della Chiesa, a una sorta di sequestro dell´intelligenza da parte della struttura per affermare se stessa sopra ogni cosa, il cui inizio si può emblematicamente collocare, come già intuito da Dante, nella stesura del falso documento conosciuto come "Donazione di Costantino" da parte della cancelleria papale (documento svelato come falso da Lorenzo Valla nel 1440). Questa teologia ecclesiastica ha condotto a fare dell´obbedienza alla Chiesa gerarchica il segno distintivo dell´essere cattolico: il cattolico è anzitutto colui che obbedisce al papa e ai vescovi. Se non obbedisci, non sei cattolico. Dante non lo sarebbe più, neppure san Paolo, che ebbe l´ardire di opporsi pubblicamente a Pietro, non potrebbe far parte di questa Chiesa cattolica. Al termine degli Esercizi spirituali così Ignazio di Loyola illustrava il rapporto con la verità che deve avere il cattolico: "Quello che io vedo bianco, lo credo nero se lo stabilisce la Chiesa gerarchica".
    Da tempo immemorabile la bilancia è il simbolo della giustizia. Su un piatto della bilancia ci sono le vite di migliaia di bambini, ragazzi e giovani irrimediabilmente deturpate da uomini di Chiesa. Sull´altro, che cosa mette la Chiesa? Oggi è costretta a mettere i nomi dei colpevoli, e tantissimi soldi. Ma si ferma qui, e non basta. Essa infatti deve aggiungere se stessa, la struttura di potere che l´ha fatta precipitare in questo abisso. Solo a questa condizione i due piatti possono tornare in equilibrio e generare la vera giustizia, quella che Gesù diceva di cercare sopra ogni altra cosa.

  10. #250
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    Predefinito Rif: «No al crocefisso nelle aule scolastiche»

    "La Stampa", 01 Luglio 2010, pag. 12

    RELIGIONE IN AULA

    IL DIBATTITO SULLA LAICITA’

    Alla guerra del crocifisso l’Italia gioca le sue carte
    Gli avvocati di Roma: «Senza quel simbolo il nostro Paese non sarebbe più lo stesso»

    MARCO ZATTERIN
    CORRISPONDENTE DA BRUXELLES


    «Entri la Corte». Tre minuti dopo le nove il cancelliere della «Grande Camera» chiama i 20 giudici e questi sfilano nell’affollata sala della Corte europea dei diritti dell’uomo. Si rialza così il sipario su una delle vicende più controverse della storia della tribunale continentale, «Lautsi versus Italy» o, più comunemente, il caso del crocifisso esposto nelle scuole pubbliche. In novembre, i magistrati di Strasburgo hanno stabilito che l’obbligo di esporre l’immagine viola la Convenzione dei diritti dell’uomo, in tema di istruzione e di libertà di pensiero, coscienza e religione. L’Italia ha presentato ricorso dopo un acceso dibattito che ha varcato i confini nazionali. Ora si attende un nuovo pronunciamento. Ci vorranno almeno sei mesi per un verdetto che potrebbe non bastare a chiudere la polemica.
    Lo si capisce dal pubblico delle grande occasioni e dal numero di parti coinvolte. Dieci Paesi si sono schierati con l’Italia come parti terze, fra questi Armenia, Russia, Bulgaria, Romania, Malta e San Marino. In extremis se ne sono aggiunti altre quattro: Serbia, Moldavia, Ucraina e Albania. Schierate con Roma, anche alcune organizzazioni non governative e 33 europarlamentari, guidati dal capogruppo Pdl Mario Mauro e dal leghista Mario Borghezio, unico presente in Alsazia. Sul fronte dei contrari un folto gruppo di associazioni per la difesa dei diritti umani, compatte nel chiedere una conferma del pronunciamento.
    L’udienza è durata poco più di due ore, aperta da Nicolò Paoletti, avvocato di Soile Lautsi, la donna che ha presentato il ricorso originale, perché la scuola di Abano Terme frequentata dai due figli si era rifiutata di togliere il crocifisso dalle aule. Quindi è stata la volta del legale del governo Nicola Lettieri e del giurista americano Joseph Weiler, ebreo ortodosso con tanto di kippah, a nome di otto dei 14 Stati pro Italia, un Paese che, a sentir loro, senza il crocifisso «non sarebbe più lo stesso».
    Paoletti ha puntato sulla laicità dello Stato italiano come ragione per bandire l’esposizione obbligatoria del crocifisso, stabilita fra l’altro da un decreto fascista. «Se uno Stato intrattiene un rapporto privilegiato con una religione - gli ha replicato Lettieri - non è contrario alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo. L’unico limite da non varcare è l’indottrinamento o il proselitismo». Il che non vale per il crocifisso, ha precisato, che è «espressione di un sentimento popolare alla base dell’identità nazionale».
    Basterà? E’ ottimista il ministro degli Esteri Frattini: «Abbiamo le carte per un risultato positivo». Con lui il titolare delle Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi, per il quale «è significativo che l’Italia abbia ricevuto il sostegno di 10 Stati del Consiglio d’Europa». In effetti il lavoro di preparazione della controsentenza è stato immenso, il problema è che i pesi massimi di Strasburgo non si pronunciano. Preoccupa soprattutto l’ostracismo promesso dietro le quinte da francesi. La Grande Camera ha tre possibilità: riconfermare la sentenza; cancellarla; promuoverla con nuove motivazioni. Per sapere come va a finire occorrerà aspettare un anno, anche se la signora Soile e Massimo, il marito medico, non hanno fretta. La prima denuncia è del 2002: i figli sono grandi. Vogliono solo sapere come andrà a finire.

 

 
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