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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    Cittadini e integrati: perché e come serve che gli stranieri diventino italiani
    Inserito il 08 ottobre 2009

    Cittadini e integrati: perché e come serve che gli stranieri diventino italiani|Libertiamo.it

    Cittadini e integrati: perché e come serve che gli stranieri diventino italiani

    - “Una comunità politica sempre più ‘sbilanciata’ (…) in cui milioni di individui che non hanno mai visitato questo paese sono inseriti nel circuito democratico, mentre centinaia di migliaia di altri, che in questo paese vivono da anni, lavorando e pagando le tasse, ne sono esclusi”. È l’opinione espressa nel 2002 da Ferruccio Pastore, direttore del Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione (FIERI), in merito ai criteri di attribuzione del diritto alla cittadinanza nell’Italia post-unitaria.

    Sette anni dopo, tale analisi è più che mai attuale. La legge italiana sulla cittadinanza oggi in vigore – legge 5 febbraio 1992, n. 91 – favorisce infatti la conservazione della cittadinanza per gli italiani emigrati all’estero e la concessione della stessa ai loro discendenti. Allo stesso tempo, si dimostra alquanto rigorosa nei confronti dei migranti, che continuano a essere considerati una realtà transitoria nonostante da decenni contribuiscano all’economia e al rinnovamento socio-culturale del nostro paese.
    In altre parole, la legge n. 91/92 è fortemente sbilanciata a favore della tutela dello jus sanguinis: lo straniero di origine italiana può con estrema facilità rivendicare la propria cittadinanza, ed è relativamente facile diventare cittadino attraverso il matrimonio (jus connubii). Al contrario, non esistono tempi abbreviati per chi è cresciuto in territorio italiano fin da piccolo, nè per quanti in Italia sono nati da genitori stranieri, dato che il nostro jus soli si applica esclusivamente a partire dal raggiungimento della maggiore età e a patto che il soggiorno sia stato regolare e continuativo (il che implica che persino una vacanza nel paese d’origine possa impedire l’acquisizione della cittadinanza). Per di più, l’Italia si contraddistingue nel panorama europeo (insieme a un’altra eccezione di rilievo – l‘Austria) per il lunghissimo tempo di residenza regolare richiesto prima che uno straniero non comunitario possa fare domanda di cittadinanza sulla base dello jus domicili: 10 anni (mentre la media europea è 5 anni). E ciò senza considerare che la legge n. 91/92, prevede un provvedimento di tipo concessorio che esclude un intervento attivo dell’interessato per l’acquisizione della cittadinanza.

    Nel corso dell’ultima decade tale peculiarità italiana – e lo squilibrio che la caratterizza – è stata affrontata dal sistema politico nazionale con crescente difficoltà e polarizzazione, come dimostrano i ripetuti fallimenti dei progetti di riforma della legge sulla cittadinanza registrati durante le precedenti legislature. In tale contesto la recente introduzione di una proposta di riforma legislativa (p.d.l. n. 2670-C) per una cittadinanza più flessibile e più inclusiva è da considerarsi simbolo di rottura col passato data la sua natura intrinsecamente bipartisan. Promossa dal Capogruppo del Popolo della Libertà in Commissione Cultura della Camera, Fabio Granata, e dal deputato del Partito Democratico Andrea Sarubbi, la proposta e’ stata firmata da 50 deputati appartenenti a tutti gli schieramenti politici ad eccezione della Lega Nord.

    La proposta di legge prevede il rafforzamento dello jus soli ponendo condizioni più favorevoli – e tempi più brevi – per l’acquisizione della cittadinanza per i minori nati o formati in Italia, cioè le c.d. seconde e terze generazioni di immigrati. A tale obiettivo chiave se ne aggiunge un secondo: l’acquisizione della cittadinanza in 5 anzichè 10 anni per gli stranieri non appartenenti all’Unione Europea sulla base dello jus domicili, a patto che vengano soddisfatti dei criteri qualitativi per valutare la reale integrazione (sociale e linguistica) dello straniero, così come l’effettiva volontà di diventare cittadino italiano (è previsto infatti un “giuramento di osservanza della Costituzione e di rispetto dei suoi valori fondamentali”) .

    Senza entrare nei dettagli tecnici delle innovazioni previste, occorre soffermarsi sullo spirito che ha inspirato questa proposta, che – correggendo l’eccentricità italiana e riportandola all’interno del quadro europeo – costituisce una drastica rottura col passato. Difatti, mentre la nostra Repubblica rafforza un’interpretazione della cittadinanza come famiglia – cui si appartiene per discendenza (jus sanguinis) o matrimonio (jus connubii) – il resto d’Europa converge su una posizione che integra e/o limita tale criterio, scoraggiando i matrimoni di comodo e facilitando l’acquisizione della cittadinanza da parte degli stranieri non comunitari stabilmente residenti (jus domicilii) e quelli nati sul territorio (jus soli).

    Analogamente, l’introduzione di un filtro di natura “culturale” – basato non solo sulla conoscenza della lingua del nostro paese, ma anche sull’accettazione dei valori e principi costituzionali sancita mediante un giuramento solenne – si inserisce in una più ampia tendenza europea: basti pensare al citizenship test introdotto in Gran Bretagna, al contrat d’accueil et intégration francese o al test di lingua e cultura olandesi adottato dai Paesi Bassi. Ciascuna di queste controverse iniziative, seppur in misura diversa e per vie differenti, rimanda a una comune logica di stampo assimilazionista, che enfatizza la necessità – da parte di chi viene accolto – di riconoscere e assumere come propri alcuni tratti e valori fondamentali della società ospitante.

    La proposta Granata-Sarubbi insiste sulla disponibilità ad apprendere gli strumenti culturali necessari per interagire con la società in cui si risiede e dove si intende vivere e ciò senza pretendere un’ assimilazione culturale a tappe forzate. Conseguentemente l’iniziativa si presenta come un progetto equilibrato: l’introduzione del criterio della conoscenza linguistica e dell’elemento della condivisione dei valori nazionali è infatti controbilanciata dalla facilitazione dell’acquisizione della cittadinanza per jus soli e dalla riduzione dei termini di residenza da 10 a 5 anni. In una tale ottica, la cittadinanza – come espresso nella redazione introduttiva del progetto legislativo, ancora una volta in sintonia con la generale tendenza europea – diviene “il punto di arrivo di un percorso di integrazione sociale, civile e culturale”. In altre parole, la cittadinanza costituisce il premio per un’integrazione in buona parte già avvenuta, alla quale non resta che l’ufficializzazione da parte dello stato italiano. Piuttosto che incentivo all’integrazione, perciò, l’attribuzione della cittadinanza è interpretata come punto di arrivo per quegli stranieri che si siano già in buona misura integrati – socialmente e linguisticamente – nella società di accoglienza.

    Eppure, nonostante l’enfasi posta dai proponenti sul nesso causale tra livello di integrazione raggiunto e acquisizione della cittadinanza, nei fatti la relazione tra questi due concetti appare problematica. Da una parte, è innegabile che una cittadinanza più flessibile e inclusiva sia potenzialmente foriera di una maggiore possibilità di integrazione, pur non essendone una condizione necessaria né sufficiente. Dall’altra, sebbene secondo la proposta Granata-Sarubbi l’integrazione sociale e linguistica costituisca un pre-requisito necessario all’acquisizione della cittadinanza, non è chiaro come si arrivi nella pratica a soddisfare tale criterio. Un conto sono le politiche e i test di integrazione sulla carta, che mettono a disposizione diritti – quali l’accesso all’educazione e alla salute, nonchè l’accesso alla cittadinanza – e valutano il presunto livello di integrazione del singolo individuo. Altro la loro attuazione nel paese reale, e i comportamenti della società che accompagnano tale processo.

    Per tali ragioni, nonostante l’indubbio ruolo che la proposta di legge n. 2670 C potrebbe svolgere nel colmare la sfasatura storica tra la realtà dei processi migratori e la politica della cittadinanza in Italia, resta da precisare ulteriormente come si possa concretamente incentivare un’integrazione effettiva, che non rimanga sulla carta. Secondo i proponenti, “la cittadinanza deve diventare per lo straniero adulto un processo certo, ricercato e formativo; il punto di arrivo di un percorso di integrazione sociale, civile e culturale e il punto di partenza per il suo continuo approfondimento”. Proprio per essere tale, però, l’integrazione necessita di politiche concrete, capaci di coniugare, ad esempio, la tutela della sicurezza nazionale e il rispetto dei diritti umani e delle minoranze, e di assicurare il rispetto delle religioni all’interno di uno stato fermamente laico e garante dell’uguaglianza tra i sessi. Più banalmente, se si vuole che la conoscenza della nostra lingua e dei nostri valori civici costituiscano dei pre-requisiti per l’acquisizione della cittadinanza, è necessario assicurare la disponibiità di corsi a tale fine che siano ampiamente distribuiti sul territorio nazionale e compatibili con gli orari di lavoro.
    Sono questioni, queste, che, accanto ad una necessaria revisione legislativa, dovranno subito essere affrontate affinché le “buone” intenzioni producano anche “buoni risultati”.

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    Giovanna Lauro -

  2. #12
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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    a proposito degli infortuni sul lavoro ---> estratto da Infortuni sul lavoro, perché tante morti bianche? - LASTAMPA.it


    Le statistiche considerano proprio tutti gli incidenti?

    No. Per quanto riguarda gli infortuni, soprattutto nei settori dove c’è molto lavoro nero e molto lavoro d’immigrati, in media uno su tre non viene denunciato.

    Sono colpiti di più i lavoratori stranieri?
    Non c’è dubbio, anche perché molto presenti nell’edilizia. In pratica migranti e stranieri, che rappresentano l’8% della popolazione residente in Italia, pesano per circa il 16% sul totale delle morti (176) e degli infortuni (143.561). Una quota maggiore rispetto alla loro presenza nel mondo del lavoro.

    La tendenza migliora o peggiora?
    Peggiora: se nel complesso morti e infortuni diminuiscono, per gli immigrati aumentano del 2 per cento.

    Perché l’edilizia resta il settore killer?
    In parte per ragioni oggettive. Ma anche perché il prevalente modello del subappalto consente la sistematica violazione delle regole di sicurezza che pure esistono, e che sono considerate di buon livello e comparabili agli standard europei.
    Ultima modifica di hidetoshi777; 12-10-09 alle 13:16

  3. #13
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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    13-10-09
    IMMIGRATI: NAPOLITANO, LI SI TRATTI SEMPRE NEL RISPETTO DIRITTI UMANI



    (ASCA) - Roma, 13 ott - I ''delicati'' aspetti ''spesso controversi'' delle azioni da condurre per contrastare l'immmigrazione clandestina debbono sempre avvenire ''nel rispetto dei diritti umani e in particolare del diritto all'asilo''. Il richiamo e' venuto stamane dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale ha preso la parola nel corso della cerimonia di apertura della 1* conferenza dei prefetti.

    Napolitano ha quindi auspicato un'azione volta a ''favorire nel modo piu' conseguente l'integrazione degli immigrati regolari.

  4. #14
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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    Asilo politico, il business degli avvocati
    Record di domande a Bari. E c´è chi fugge dal villaggio invaso dalle scimmie
    di Giuliano Foschini


    Più che a Milano, secondi in Italia soltanto a Roma. Bari è tra le città italiane preferite dagli extracomunitari che richiedono asilo politico. Lo dimostrano i dati del ministero dell´Interno, aggiornati a settembre: dall´inizio dell´anno, infatti, a Bari sono arrivate 1.666 richieste contro le 1.279 torinesi o le 1.122 milanesi. La percentuale di accoglimento delle richieste è però bassa, anche sotto quel 40 per cento di media nazionale. Ancora più basse sono le percentuali degli accoglimenti - da parte dei tribunali civili e amministrativi - dei ricorsi contro i dinieghi.
    Nonostante questo, però, i ricorsi presentati sono centinaia e centinaia: come hanno denunciato ormai da tempo le stesse associazioni che tutelano i diritti degli immigrati, esiste una fitta rete creata da alcuni legali che, anche in mancanza di requisiti seri, illudono gli immigrati presentando ricorso. In questa maniera intascano la parcella (da qui, secondo molti, l´incremento dei mendicanti stranieri per strada) oppure accedono al fondo destinato alle spese di ufficio.

    Spesso i ricorsi sono assolutamente insensati da un punto di visto giuridico. E non solo. Emblematico è il ricorso presentato il 15 dicembre del 2008 da un cittadino ganese, rappresentato dall´avvocato Costantino Nardella. Così come ricostruisce il giudice Achille Bianchi nella sentenza depositata nei giorni scorsi, l´extracomunitario e il suo legale hanno messo per iscritto una storia incredibile per motivare la presunta insensatezza del diniego. «L´uomo ha narrato - scrive il giudice - in sede di audizione che viveva nella città di Sunyani, invasa dalle scimmie». Sì, scimmie. «Un giorno - giura l´uomo - il padre aveva ucciso una scimmia arrampicatasi su un albero vicino alla loro casa. Qualche giorno dopo, poi, vi è stata un´invasione di circa 1.500 scimmie, che avevano distrutto l´abitazione e ucciso la madre, in quel momento sola».


    Il racconto sull´invasione delle scimmie assassine, però, non finisce qua. Il ragazzo ha raccontato che "tornato dal lavoro e trovata la madre dissanguata e senza vita, aveva lasciato il paese, il 2 agosto del 2007. E dopo essere passato in Libia nel luglio del 2008 era arrivato in Italia". Da qui, la richiesta sull´asilo: «Temo di rientrare in patria - ha dichiarato l´uomo, tramite il suo legale - perché ho paura delle scimmie che vivono nella mia città e da anni vanno in giro come uomini».

    Il racconto, fantascientifico, non ha però convinto il giudice. «La storia - è scritto nella sentenza - suscita perplessità sotto il profilo della verosimiglianza: l´assunto secondo cui nella città di origine non esisterebbero le condizioni minime di sicurezza a causa dell´insediamento delle scimmie non appare credibile». Niente permesso, quindi. Al massimo c´è materiale per un bel film.

    Asilo politico, il business degli avvocati | Bari la Repubblica.it
    Ultima modifica di hidetoshi777; 14-10-09 alle 13:57

  5. #15
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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    Omofobia e immigrazione: l'Onu critica l'Italia - Il Sole 24 ORE

    Il responsabile dell'Alto commissariato per i Diritti umani, Navi Pillay, contesta la bocciatura alla Camera della legge anti omofobia: «È un passo indietro». Sotto osservazione anche la libertà di stampa



    Le Nazioni Unite aprono a Bruxelles un nuovo ufficio dell'Alto commissario ai Diritti umani e il responsabile dell'istituzione Onu, Navi Pillay, critica l'Italia per la bocciatura alla Camera della legge anti omofobia, definita «un passo indietro». Secondo Pillay «è necessaria una piena protezione» per gli omosessuali: «In alcuni paesi l'omosessualità è addirittura criminalizzata, ma non possiamo ignorare che in altri le minoranze omosessuali sono soggette non solo a violenze, ma anche a discriminazioni in vari aspetti della loro vita», ha osservato l'Alto commissario Onu. Pillay ha detto, inoltre, che sta seguendo con attenzione la situazione della libertà d'informazione in Italia: «Stiamo sorvegliando ("watching" il termine inglese, ndr) la situazione in Italia, come in ogni altro paese in cui la libertà d'informazione è minacciata», ha detto l'Alto commissario Onu. Contestata anche l'aggravante di reato prevista dal "pacchetto sicurezza" italiano per gli immigrati clandestini che commettano un crimine: l'Alto commissariato ai Diritti umani non ha escluso l'invio di una richiesta all'Italia di modificare la legge. Pillay ha osservato infatti che l'aggravante di reato per i clandestini «è una discriminazione», delle persone non di nazionalità italiana o dell'Unione europea. «Per gli immigrati irregolari - ha sottolineato l'Alto commissario Onu - non ci può essere una sospensione dei diritti umani. Per punire lo stesso reato, dovrebbero esserci le stesse regole per chiunque». Pillay ha annunciato infine che parlerà della questione durante i contatti con la presidenza di turno svedese dell'Ue.
    14 ottobre 2009
    Ultima modifica di hidetoshi777; 15-10-09 alle 11:46

  6. #16
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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    Welfare Fvg, i sindacati:
    «Legge xenofoba. Andremo nelle piazze e faremo ricorso»

    Sonia Sicco

    TRIESTE. I sindacati di Cgil, Cisl e Uil scenderanno in piazza per protestare contro la legge regionale voluta dalla Lega Nord che limita l'accesso ai servizi di welfare per i cittadini residenti da pochi anni in Friuli Venezia Giulia. «Difficile - ha affermato il segretario regionale della Cgil, Franco Belci - non definire xenofoba questa legge». La chiamata è per il 27 ottobre, a Trieste, davanti il Consiglio regionale. L'obiettivo? «Sensibilizzare la comunità regionale su quanto sta accadendo». I sindacati hanno anche preannunciato approfondimenti legali per porre il quesito di anticostituzionalità della legge. «Mentre l'obiettivo di tutti è la lotta all'immigrazione clandestina - ha osservato Belci - in Friuli Venezia Giulia si penalizzano gli immigrati regolari che lavorano e pagano le tasse, impedendo loro l'accesso al welfare a cui hanno diritto». Non solo.
    Secondo Belci si crea anche «un paradosso». Per colpire gli immigrati, ha sottolineato, «si penalizzano anche i cittadini cosiddetti normali, come quelli residenti in altre Regioni». Ecco allora che le tre sigle, insieme alle associazioni di immigrati e a quelle simpatizzanti, inviteranno tutti «a scendere in piazza per protestare contro una legge approvata da una maggioranza di centrodestra ostaggio della Lega Nord».
    L'immigrazione, infatti, pesa economicamente sul bilancio del Friuli Venezia Giulia. Secondo i numeri diffusi da Belci, la componente immigrata residente conta per il 10% del Pil (circa 3,2 miliardi di euro). «Si chiede loro di adempiere a tutti gli obblighi - ha commentato - ma si negano loro i servizi che contribuiscono a garantire con il pagamento delle tasse». Ma critiche sono giunte anche per le modalità seguite. «Una leggina di cinque articoli - secondo il segretario regionale della Uil, LucaVisentini - che non ha velleità di riforma o di razionalizzazione, ma solo di esclusione di alcune persone. Consideriamo questa legge anticostituzionale - ha aggiunto - e ci muoveremo affinchè questo venga riconosciuto». Per il sindacalista «dietro questa legge c'è la volontà politica della Lega, di cui la maggioranza è succube. Una maggioranza che finora si è mossa in modo strabico e inefficace. Si parla molto ma non si da corso alle intenzioni. Servirebbe una riforma del sistema sanitario, del sistema ospedaliero, dell'assistenza. Invece si fanno discriminazioni e tagli».
    «Aspettiamo di vedere come verrà confezionata la legge Finanziaria - ha detto Visentini - che sconta un ammanco di 200 milioni di euro. Vogliamo conoscere come verranno ugualmente mantenuti gli attuali livelli di welfare. Speriamo che il Presidente della Regione, Renzo Tondo, ci convochi per illustrarcela». Non fa onore alla Regione, secondo il segretario regionale della Cisl, Giovanni Fania, una legge che «ha scritto una brutta pagina. Credo che sia più italiano chi paga le tasse - ha concluso - rispetto a chi le evade. Questo è un provvedimento speculativo dal punto di vista politico: tutti ammettono che i risparmi saranno limitatissimi. Si mercifica sui valori di civilità».

    http://espresso.repubblica.it/dettag...%C2%BB/2112259
    Ultima modifica di hidetoshi777; 15-10-09 alle 11:46

  7. #17
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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    Oltre lo stop della Consulta. «Ecco perché è incostituzionale»


    CLANDESTINITA' La Corte non entra nel merito, ma respinge le eccezioni avanzate dai magistrati sulla norma che aggrava le pene. Il caso di Torino attende la pronuncia sul reato di ingresso e soggiorno. Nelle carte indicate tutte le contraddizioni.

    Intanto blocco poi ci penso. Potremmo sintetizzare così la decisione della Corte costituzionale su parte dei ricorsi avanzati negli ultimi mesi sulla introduzione nel nostro codice dell’aggravante di clandestinità. In breve, la Corte non ha deciso sul “merito costituzionale” per quanto riguarda la norma stessa, ma ha respinto al mittente i ricorsi di varie procure. Ha giudicato inammissibile, perché mal formulato, il ricorso sollevato dal Tribunale di Livorno, mentre ha optato per la restituzione degli atti ai giudici di Ferrara e Latina perché la questione deve essere analizzata nell’ambito della costituzionalità del più grave reato di clandestinità.

    Mentre la maggioranza di governo, in testa il ministro Maroni e la Lega, già si sfrega le mani in attesa di un verdetto che alla luce del primo pronunciamento sull’aggravante sembrerebbe scontato, la Consulta non si è ancora pronunciata invece sul ricorso di Torino, fra i primi a sollevare l’eccezione per la verifica della costituzionalità dell’articolo 10 bis del decreto sicurezza. Inviato alla Consulta dal giudice di pace Alberto Polotti di Zumaglia, il documento avanza dubbi sulla “ragionevolezza” e sulla corrispondenza della norma con la Costituzione, in particolare con l’articolo 3. Abbiamo raggiunto il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, responsabile della richiesta di legittimità avanzata dal pm e accolta dal giudice nel suo ricorso in relazione al caso del giardiniere egiziano irregolare, con un figlio nato in Italia, da cui è scaturito il provvedimento di richiesta di parere alla Corte costituzionale.

    Caselli, non volendo in questo momento rilasciare dichiarazioni sui primi responsi della Consulta, ci ha invitato comunque a rifarci alle carte, e quindi ai documenti sia del giudice che dei pm. E allora, andiamo a vederle queste carte. «L’art. 3 (...) appare violato sotto un altro specifico profilo, concernente l’irragionevole disparità di trattamento tra la nuova fattispecie» e quella precedente, si legge nella richiesta della procura, «che prevede la punibilità dello straniero inottemperante all’ordine di allontanamento del questore solo quando lo stesso si trattenga nel territorio dello Stato oltre il termine stabilito e “senza giustificato motivo”».

    Secondo la procura si inserisce quindi nel codice una vera e propria forma di discriminazione sociale assolutamente contrastante con la Carta, quando ciò che si «sanziona è solo apparentemente una condotta (l’azione dell’ingresso e l’omissione del mancato allontanamento) (...) mentre il vero oggetto della incriminazione è la mera condizione personale dello straniero, costituita dal mancato possesso di un titolo abilitativo all’ingresso e alla successiva permanenza nel territorio dello Stato, che è, poi, la condizione tipica del migrante economico e, dunque, anche una condizione sociale, cioè propria di una categoria di persone».

    Non solo. La norma «pregiudica indirettamente anche alcuni diritti inviolabili dell’uomo». Inoltre, sia il giudice che la procura segnalano anche alcune lacune e contraddi-zioni della legge che in alcuni casi punisce con maggiore durezza chi perde il diritto (anche per un “gap” burocratico) al permesso di soggiorno e chi, invece, entra clandestinamente nel nostro Paese, e «non espulso manu militari, ma intimato di lasciare il territorio dello Stato, possa ivi legittimamente trattenersi perché sorretto da un “giustificato motivo”». La conclusione, quindi, è dettata dalla logica: «Il nuovo reato di immigrazione clandestina non appare conforme alla Costituzione (...) proprio perché punisce indiscriminatamente ed automaticamente tutti (...) senza tenere conto dell’eventuale esistenza di situazioni legittimanti tale presenza ». Ma questa è, esclusivamente, una questione di merito.

    http://www.terranews.it/news/2009/10...uzionale%C2%BB
    Ultima modifica di hidetoshi777; 15-10-09 alle 11:51

  8. #18
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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    IMMIGRATI : DA ASOLO LE PROPOSTE DI 'FAREFUTURO' E 'ITALIANIEUROPEI' (2)
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    (Adnkronos) - Presentando il paper di Farefuturo, il Segretario generale della fondazione Adolfo Urso ha suggerito di ''dare cittadinanza a chi nasce in Italia alla fine delle scuole elementari, oppure dopo cinque anni di residenza regolare a chi dimostra di conoscere la lingua italiana e di condividere i valori e i diritti costituzionalmente garantiti''. Ribadendo la sua contrarieta' alle scuole coraniche, in quanto ''fonte di ghettizzazione e di contrasto'' e al ''velo negli edifici pubblici, nelle scuole e nelle universita''' ha, invece, espresso favore per ''l'introduzione dell'ora di religione islamica facoltativa nelle scuole pubbliche''.

    ''Il governo - ha poi affermato - ha operato bene nel contrasto all'immigrazione clandestina ma nei respingimenti occorre garantire il rispetto dei diritti dei rifugiati, di quello comunitario e di quello internazionale. Occorre - ha detto - distinguere l'illegalita' di accesso dall'illegalita' di permanenza: un conto e' infatti definire illegale chi entra nei confini di uno Stato in aperta violazione delle norme nazionali. Altro e' la condivisione di chi, venuto in possesso dei requisiti legali, abbia perso lo status di legalita' per motivazioni spesso a lui non imputabili''.

    Per Marcella Lucidi, responsabile Gruppo Immigrazione di Italianieuropei, che ha concluso la prima sessione del workshop, ''l'immigrazione non e' un'emergenza, ma un fatto epocale. Non siamo sotto assedio ed e' dimostrato che gli immigrati non tolgono lavoro agli italiani. Anzi, per entrambi e' 'doppio affare'. L'immigrazione - ha spiegato- e' un tema straordinario e difficile e pertanto bisogna diffidare delle risposte semplici, quelle determinate da una politica ambigua che produce scelte contraddittorie alternando ideologia e pragmatismo e per le quali gli immigrati irregolari oggi sono criminalizzati e domani regolarizzati''.

  9. #19
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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    IMMIGRATI: PISANU, SI' ALLA LEGGE SULLA CITTADINANZA

    (AGI) - Roma, 16 ott - "Considero la legge sulla cittadinanza un'iniziativa positiva perche' muove verso l'inserimento degli immigrati. Il problema essenziale non e' tanto il numero degli anni di residenza quanto quello dell'idoneita' complessiva dell'immigrato a ricevere la cittadinanza". E' quanto ha dichiarato oggi Giuseppe Pisanu, presidente della commissione Antimafia, intervistato da Lucia Annunziata nel corso del convegno 'Le nuove politiche per l'immigrazione. Sfide e opportunita'', secondo appuntamento dei Dialoghi Asolani, momento di incontro bipartisan organizzato ad Asolo dalle fondazioni Farefuturo e Italianieuropei. "Una persona che paga le tasse, conosce la lingua italiana e rispetta i nostri ordinamenti e le nostre leggi - ha affermato Pisanu - non deve aspettare 10 anni per ottenere la cittadinanza. Se pensiamo poi che gli immigrati sono il 6,5% della popolazione italiana ma producono il 10-13% del Pil possiamo ben capire come la prosperita' futura del nostro paese dipenda dalla nostra capacita' di integrare lavoratori stranieri. Senza di loro saremmo certamente piu' poveri. L'Italia - ha poi dichiarato Pisanu - continua a guardare all'immigrazione come ad una patologia, ad una minaccia, senza nessun approccio realistico.
    Dovremmo invece seguire le indicazioni dell'Europa che ci invita a guardare al fenomeno dell'immigrazione come ad una risorsa piu' che ad un pericolo. L'immigrazione clandestina e' la patologia di un fenomeno positivo e come tale va contrastato. Data la complessita' del fenomeno - ha concluso - e' quanto meno assurdo che l'immigrazione sia competenza esclusiva del ministero degli Interni. Dovrebbe invece essere materia di un ministero ad hoc".

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    Predefinito Rif: contro thread sull'immigrazione

    Pubblichiamo il documento realizzato dalla Fondazione Farefuturo in occasione del workshop di Asolo dedicato all'immigrazione organizzato insieme alla Fondazione ItalianiEuropei. Di seguito, l'introduzione del direttore Mario Ciampi. In fondo, il link al paper.

    Il documento “Immigrazione integrata e cittadinanza di qualità” della Fondazione Farefuturo parte da una semplice osservazione dei fenomeni globali e della loro influenza sui flussi migratori. Per comprendere l’entità di questi ultimi e la natura strutturale del fenomeno migratorio nelle società globalizzate, basta leggere le proiezioni che riguardano il nostro paese: nel 2050, gli extracomunitari potrebbero rappresentare dal 17% al 20% della popolazione residente e, se l’aumento percentuale dovesse restare costante, le nascite di bambini stranieri potrebbero addirittura superare quelle di bambini italiani. L’altro punto di partenza è una semplice constatazione complementare alla prima: la globalizzazione non ha creato un’unica civiltà, un mondo cosmopolita, né ha generato una particolare egemonia di una cultura sulle altre. Semmai, ha complicato il quadro, ha scompaginato gli assetti precostituiti, ha imposto una sovrapposizione di culture e la conseguente necessità di farle convivere all’interno degli Stati nazionali.

    Queste tendenze hanno un certo carattere di ineluttabilità che le toglie in qualche modo alla disponibilità dei singoli Stati e delle loro scelte. Con questo, non si vogliono negare le difficoltà: le società non tendono spontaneamente all’inclusività, soprattutto se sono caratterizzate da un alto livello di unità. In queste società, è tale il sentimento comunitario radicato nella lingua e nella storia, che molti provano un certo disagio nel confrontarsi con consistenti gruppi di nuovi cittadini con origini diverse. Talvolta, dal disagio si passa a forme più o meno esplicite di esclusione, che spesso trovano conferma nelle legislazioni in materia di cittadinanza.

    La cosa non deve sorprendere. La democrazia è per definizione il regime politico più inclusivo, ma non è immune da sentimenti di esclusione: del resto, una democrazia funziona meglio quando i legami tra i cittadini sono più forti, e più forte è la fiducia e il sentimento di solidarietà che li unisce. Ma bisogna essere realisti: l’inclusione di insiemi di immigrati rappresenta una sfida – e dunque una questione da risolvere – per qualsiasi paese. Si tratta però di una prova cruciale per le sorti delle democrazie contemporanee, che proprio sul sentimento comunitario della fiducia e, talvolta sulla sua ricostruzione, devono investire le loro migliori energie.



    IL DOCUMENTO:

    http://www.ffwebmagazine.it/document...DEFINITIVO.pdf

 

 
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