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  1. #51
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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    Citazione Originariamente Scritto da libertando Visualizza Messaggio
    Nel PdL è centrale la leadership e occorre parlarne anche al futuro
    Inserito il 01 febbraio 2010
    Nel PdL è centrale la leadership e occorre parlarne anche al futuro|Libertiamo.it
    Nel PdL è centrale la leadership e occorre parlarne anche al futuro

    Penso che Sandro Bondi, nel suo intervento pubblicato mercoledì scorso sul Giornale, abbia detto una cosa sacrosanta: è necessario legare il futuro del Pdl ad una leadership forte, valorizzando il contributo e la forza di novità che Berlusconi ha portato nella politica italiana.

    Condivido con Bondi la convinzione che il successo della nostra scommessa dipenda dalla capacità di consolidare il quadro bipolare: il solo che consenta e di fatto imponga, nei due versanti del sistema politico, l’esistenza di grandi country party animati dall’ambizione di rappresentare, in modo inclusivo, il complesso della società italiana e non invece, in modo divisivo, specifiche “nicchie di interesse” culturale, economico e civile. La debolezza del Pd e lo smottamento elettorale democratico verso le posizioni “resistenziali” suggerite dall’alleato dipietrista assegnano, da questo punto di vista, al PdL una responsabilità ancora più forte.

    Rispetto al problema della leadership, l’alternativa che il Pdl ha dinanzi non è quella tra il berlusconismo e l’anti-berlusconismo, ma tra i diversi modelli di “funzionamento” che dovranno supportare la vita politica del partito nel futuro post-berlusconiano del Paese. La scommessa del PdL, come hanno sottolineato da tempo numerosi analisti, non è dissimile da quella che vide impegnata la Francia gollista in vista del dopo-De Gaulle. Dopo avere vissuto la straordinarietà di una leadership fondativa, il PdL deve organizzare il passaggio alla normalità, che non significa affatto il “ritorno al passato”. Da partito “prodotto” da una leadership eccezionale, deve divenire partito capace di “produrre” una leadership riconoscibile e riconosciuta da parte di un popolo che, nei suoi caratteri politici di fondo, continuerà ad esistere ben oltre il termine di questa legislatura.

    Da questo punto di vista, il PdL sarà destinato a divenire un partito più simile alle grandi forze politiche del PPE, ma non per questo più scialbo e incolore di oggi. Il modello dovrà essere quello della CDU della Merkel, e dell’UMP di Sarkozy (o, per altro verso, dei Conservatori inglesi di Cameron), leader vincenti prodotti da partiti vitali, capaci di grandi scontri e di grandi compromessi, di grande senso della tradizione e di forte capacità di innovazione.

    Questo sforzo comporterà un cambiamento delle modalità di funzionamento e del profilo ideale e politico del PdL? E’ probabile e anche auspicabile. La scommessa del PdL si può perdere nel giro di poco tempo (la vicenda del Pd, da questo punto di vista, è un monito da tenere a mente). Ma si potrà vincere solo nel giro di qualche lustro, ed è questo l’orizzonte a cui la sua classe dirigente deve guardare.

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    Inserito da:

    Benedetto Della Vedova -
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  2. #52
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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    Il voto si conquista con le idee, non con la fede

    • da Il Giornale del 5 febbraio 2010

    di Benedetto Della Vedova

    Il bell`articolo di Giordano Bruno Guerri di mercoledì scorso ha aperto una discussione sul «voto
    cattolico» particolarmente salutare per il centrodestra, come testimonia la risposta di Eugenia Roccella, che vorrebbe affidare la vittoria di Renata Polverini nel Lazio all`idiosincrasia
    cattolica contro la radicale Emma Bonino.
    Ammetto di trovare surreale il tentativo di imporre nell`Italia del 2010 uno scontro elettorale giocato
    sulla fede, anzi, di più, sull`ortodossia dottrinaria. Ma al di là di questo, il fatto è che -comprensibilmente - i cattolici da tempo, se non da sempre, distribuiscono il loro voto su tutto lo
    spettro politico, grosso modo come gli altri elettori. Secondo l`indagine condotta dall`Ipsos per le Acli
    sulle ultime lezioni europee, ad esempio, i cattolici praticanti (circa un terzo dell`elettorato) hanno
    votato al 50,4% le forze centrodestra, contro un dato generale del 45,5%. Secondo le rilevazioni di
    «Termometro Politico» lo scarto sarebbe anche significativamente inferiore. Dovrebbe bastare questo
    a spostare, in Italia come nel resto dell`Europa cristiana, il centro della discussione politica su altri
    temi. Ma, come evidenzia la riflessione proposta da Eugenia Roccella, non basta.
    L`equivoco sta nel pensare che la passione che animala discussione bioetica segni il perimetro degli
    schieramenti politici. Il che, oltre a non essere giusto, non è neppure vero, visto che esistono milioni di elettori berlusconiani, cattolici e non cattolici, che non pensano che Eluana sia stata «uccisa» o che la diagnosi pre-impianto sia una un`aberrazione eugenetica. Il pensiero cattolico impregnala
    cultura della sussidiarietà e dell`auto-organizzazione sociale che è uno dei contenuti più solidi e moderni della proposta politica del Pdl. Ma non si può usare la dottrina morale della Chiesa come un
    prontuario legislativo, fingendo di non vedere che su ogni tema sensibile le divisioni che attraversano la società dividono anche il mondo cattolico. Se Possenti, che non è certo un cattolico «del dissenso»,
    scrive, come ha fatto di recente su «Paradoxa», «reputo importante che lo Stato non diventi un monopolista etico su questioni di fine vita che attengono alla sfera gelosa della propria vita» una qualche lampadina dovrebbe accendersi anche nella testa di chi vuole farsi banditore dell`ideale cattolico. Ma davvero crediamo a milioni di credenti pronti a votare il Pdl perché fa la faccia feroce contro le coppie di fatto etero e omosessuali e la loro famiglia «innaturale»? Alle elezioni regionali la famiglia si difenderà contro le coppie gay o facendo una proposta innovativa e intelligente sul welfare domiciliare per minori, anziani e disabili? Io sono cresciuto alla scuola dell`anticlericalismo
    «religioso» di Pannella, ma come altri radicali ho avvertito e denunciato i limiti di un ideale anticlericale dal sapore ottocentesco. Anzi, proprio per questo, sono stato considerato un radicale atipico. Altri hanno vissuto un anticlericalismo militante animato dalla convinzione che la
    Chiesa fosse un potere secolare, votato a un progetto di dominio sui credenti e sui non credenti.
    Ora, divenuti paladini del cattolicesimo, sembra che abbiano semplicemente cambiato campo, ma
    non l`idea che avevano della Chiesa. Renata Polverini, da cattolica qual è, non vincerà nel Lazio scommettendo su un referendum laici cattolici, ma dimostrando di essere la leader giusta per un centrodestra innovativo e un governo europeo e pragmatico della Regione, che ospita il cuore della cattolicità, ma da tempo è aperta a una felice convivenza tra culture diverse.

  3. #53
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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    Ma Della Vedova annuncia sorprese in Aula

    • da La Discussione del 9 febbraio 2010

    di Paola Alagia

    Va avanti in commissione Affari sociali della Camera l`esame del ddl Calabrò (oggi si discuterà
    l`emendamento presentato dal relatore Domenico Virgilio che ammette la sospensione eccezionale
    di alimentazione e idratazione artificiali qualora i pazienti non riescano più ad assorbirle, ndr), a un anno esatto dalla morte di Eluana Englaro. I lavori procedono al punto che Maurizio Sacconi,, ieri, prospettava anche una conclusione dei lavori «entro l`estate». Non solo, ma il ministro dei Welfare si è detto fiducioso pure riguardo a una convergenza sul testo da parte dell`opposizione:
    «Ci sono i presupposti»; ha affermato non senza nascondere la sua speranza in un ricorso al voto segreto: «Io so che ogni volta che su questo argomento si vota segretamente, c`è un consenso
    ancora più ampio, c`è qualcosa in più della maggioranza parlamentare». A sentire Benedetto Della
    Vedova, il quadro non è proprio quello prospettato dal ministro. Già nei mesi scorsi, il deputato del Pdl proveniente dal Partito radicale, aveva rivelato al nostro giornale (numero dell`8 luglio scorso, ndr) che almeno 50-60 deputati del Popolo della libertà non erano disposti a votare il testo Calabrò. E il suo parere a riguardo non è cambiato: «Continuo a sostenere che gli equilibri in Aula saranno diversi rispetto a quelli della Commissione. Il mio emendamento, per esempio dice alla Discussione - aveva raccolto 50 firme Pdl. Di queste 15 c`erano, ma sono state ritirate, però 35 sono rimaste. Il partito di maggioranza si troverà, a mio avviso, a dover prendere atto che al suo interno
    esiste una posizione diversa». Anche se alla fine decidesse «di andare avanti fino in fondo con questo testo, voto segreto o no, sono convinto che in Aula, comunque, prevarrà una posizione meno statalista di quella prospettata nel testo e più attenta alle esigenze di medici e famiglie dei pazienti». Da parte dell`opposizione, invece, sia l`Unione di centro (che conta 38 deputati) che quello di Alleanza per l`Italia (alla Camera sono in otto) vedono con favore il testo Calabrò. «Non
    ho ancora fatto una verifica puntuale nel gruppo dichiara al telefono Enzo Carra, deputato dell`Udc - ma non penso che ci saranno grosse difficoltà. Da parte mia, continuo a regolarmi sulla linea su
    cui si è mossa la parte minoritaria del Partito democratico, quella, per esempio, seguita da Lusetti e Binetti. Ritengo, insomma, che sommariamente il testo, comunque migliorato al Senato e con le integrazioni alla Camera, non dovrebbe incontrare ostacoli. A meno che non ci sia un totale ribaltamento, quindi, solo una cattiva volontà potrebbe portare a non varare il provvedímento
    Neanche nel gruppo parlamentare che fa capo a Francesco Rutelli «c`è stato ancora un dibattito
    specifico in merito al ddl sul testamento biologico», come sottolinea Pino Pisicchio, deputato dell`Api.
    Ma se da un lato è vero che non è avvenuta una vera e propria conta dall`altro è altrettanto chiaro
    «che esistono - ha affermato Pisicchio sensibilità che si muovono nella logica espressa chiaramente da alcuni di noi già durante il dibattito sul caso di Eluana Englaro: A cominciare dalla posizione
    enunciatasia da me alla Camera che da Rutelli al Senato sul ruolo importante del medico rispetto a
    una questione così delicata come il testamento biologico». Il parlamen- tare dell`Alleanza per l`Italia spiega, quindi, come l`attenzione al testo Calabrò non sia «di pregiudizialità ideologica, nè sia ammantata di posizioni apodittiche». Proprio la complessità della materia fa dire a Pisicchio, a proposito dell`emendamento del relatore Di Virgilio che «è necessario ragionare e confrontarsi.
    Non c`è né un apriori radicale, né uno di tipo clericale. Il tema è così terribile - ha concluso Pisicchio - che alla fine, e penso che anche i colleghi del mio gruppo condividano quanto sto per dire, non sia possibile affrontarlo in maniera tranciante. Come se una legge possa rappresentare una sorta di righello che divida buono e cattivo, giusto e sbagliato». Ecco perché secondo Pisicchio «l`assistenza medica diventa un ausilio importante, insieme alla coscienza». Tra coloro
    che voteranno a favore del provvedimento, ora all`esame della commissione Affari sociali della Camera, c`è anche Paola Binetti, a tutti gli effetti deputata del Pd, come ha evidenziato lei stessa tacciando le voci su un suo presunto abbandono del partito come «deduzione indebita».
    La deputata democratica, però, in un colloquio con la Discussione spiega anche il perché del
    suo "sì" al ddl Calabrò: «Lo voterò per principio: questo testo, infatti, è fortemente ispirato a quello che io stessa avevo presentato». Sui suoi colleghi di partito, poi, la parlamentare teodem non ha molti dubbi: «Non credo che nel Pd molte persone voteranno il provvedimento.
    E questo perché la maggioranza ha sistematicamente respinto ogni emendamento presentato dall`opposizione, senza dimostrare quel fair play istituzionale neanche di fronte a un`analogia di proposta». Secondo Binetti, insomma «la chiusura della maggioranza , ha stroncato ogni possibilità di varare una legge dell`intero Parlamento. E questo mi addolora molto soprattutto perché ha concluso - credo che il provvedimento poteva essere ancora migliorato».

  4. #54
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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    Citazione Originariamente Scritto da Burton Morris Visualizza Messaggio
    Ciao amico, grazie per il tuo voto hefico:
    Non c'è di che.

  5. #55
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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    Fiat, esiste l’alternativa agli incentivi
    Inserito il 06 febbraio 2010
    Fiat, esiste l’alternativa agli incentivi – con AUDIO|Libertiamo.it

    - da Il Secolo d’Italia del 6 febbraio 2010 -

    Lo ammetto, non ho mai amato gli incentivi alla rottamazione delle auto, fin da quando, nel lontano 1997 la misura venne adottata dal Governo Prodi. Mi si scuserà l’autocitazione da un comunicato di allora:

    “Gli incentivi al consumo drogano e distorcono pesantemente i mercati. Creano discriminazioni tra consumatori e imprese penalizzandone alcuni e favorendone altri attraverso l’utilizzo di risorse – cioè imposte – di tutta la collettività. Gli effetti degli incentivi, a partire da quelli per l’auto non possono che essere perniciosi e deleteri per l’economia italiana”.

    Non ho ragione di cambiare idea, neppure di fronte al fatto che altri paesi abbiano nel tempo seguito la medesima strada, aggravando il problema.

    Io penso che l’unica ragione per cui, in Italia come altrove, si sono concessi incentivi – cioè si è messo a carico di tutti i contribuenti una parte del costo delle auto pagato da ciascun acquirente – risieda nella capacità di pressione del settore, sia dal fronte sindacale che da quello padronale. Non c’è altra ragione economicamente razionale. Le risorse pubbliche messe sul settore dell’auto, deve essere chiaro, sono state sottratte ad altri settori o all’intera economia, foss’anche solo attraverso la pressione fiscale o il costo del debito pubblico. Con buona approssimazione, si può sostenere che ogni posto di lavoro mantenuto artificialmente nel settore automobilistico sottrae risorse e quindi posti ad altri settori, magari con più prospettive.

    Inoltre, gli incentivi distorcono anche il rapporto tra istituzioni, principalmente il Governo, e le aziende produttrici come la Fiat. Montezemolo ha ragione nel dire che tecnicamente i soldi degli incentivi vanno ai consumatori, ma le istituzioni ritengono con buone ragioni che quelle risorse pubbliche abbiano favorito la Fiat e quindi la Fiat debba rispondere socialmente delle sue decisioni produttive. Fiat risponde in modo inappuntabile che le decisioni sulle localizzazioni degli investimenti e degli impianti non possono che derivare da considerazioni industriali, altrimenti si mette a rischio non uno stabilimento, ma l’intera azienda; le forze politiche e sindacali si sentono così defraudate e si riparte.

    Credo sia ora di dire “stop” e di fermare la giostra. Basta incentivi e ognuno torni a fare il proprio mestiere: la Fiat a produrre automobili che il mercato premi più di quelle dei concorrenti e il Governo ad occuparsi non di questo o quell’imprenditore, di questo o quel settore, ma di creare le condizioni migliori perché in Italia si investa e si crei occupazione vera, non sussidiata dai contribuenti (almeno nel settore privato). Come? Lavorando per avere un fisco più equilibrato e competitivo, un mercato del lavoro moderno, un sistema di welfare efficiente, un sistema di infrastrutture dignitoso, una burocrazia che agevoli e non ostacoli le imprese, un sistema di formazione e ricerca adeguato… insomma, le solite cose che tutti conosciamo.

    Qualcuno dirà che così l’avrebbero vinta Marchionne e Montezemolo; sarà anche così, ma dobbiamo rassegnarci al fatto che alla fine l’ultima parola sarà comunque del Lingotto, visto che la Fiat è una società privata e quotata in Borsa (casomai, se fossi un piccolo azionista della Fiat, mi interrogherei sulla logica di un’azienda che distribuisce dividendi in presenza di un bilancio consolidato negativo).

    Quanto a Termini Imerese, io non credo che si possa obbligare Fiat a rimanere a tutti i costi, se non mettendo pesantemente mano al bilancio dello Stato. Il Governo dovrebbe lasciare che la Fiat prenda la sua decisione e poi fare tutto il possibile perché non vi sia una desertificazione industriale dell’area (magari con riconversioni immobiliari), grazie all’arrivo di altri investitori anche di altri paesi, magari dello stesso settore automobilistico. Questo potrebbe non fare piacere al Lingotto, naturalmente, ma ad ognuno le sue responsabilità. I lavoratori andranno aiutati con strumenti di welfare intelligenti volti alla riqualificazione e alla ricollocazione professionale.

    Su Il Giornale di ieri il Prof. Francesco Forte rilanciava, proprio ragionando su Termini Imerese, una proposta su cui io penso si debba riflettere anche su scala più ampia: una “no tax area” per le imprese private che investano nei territori di addensamento della crisi economica. Una volta impediti comportamenti opportunistici e fraudolenti, per trarre beneficio dalle esenzioni fiscali bisogna creare valore ed occupazione, il che rende la rinuncia ad introiti fiscali, anche per periodi significativi, assai più ragionevole che il sistema perverso degli incentivi diretti, comunque congegnati.

  6. #56
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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    A un anno dalla morte di Eluana, disarmiamo la contesa
    Inserito il 08 febbraio 2010
    A un anno dalla morte di Eluana, disarmiamo la contesa|Libertiamo.it
    A un anno dalla morte di Eluana, disarmiamo la contesa

    - Ad un anno dalla morte di Eluana Englaro, penso che occorra rendere merito ai suoi genitori di avere condotto, in sua vece, una battaglia aperta, con gli strumenti e in nome del diritto, senza sotterfugi e ipocrisie. A loro, a cui Eluana manca certo di più che a chiunque altro, va un pensiero affettuoso e riconoscente.

    Il ricordo del suo caso drammatico dovrebbe consigliare di disarmare la contesa, di non coltivare quest’idea grottesca della rivincita di un “partito della vita” contro un fantomatico “partito della morte”, e di riconoscere che il fine vita di chiunque appartiene alla sfera più intima degli affetti personali e familiari.

    Su questi temi, la legge migliore sarebbe quella più condivisa, che consentisse a ciascuno di riconoscersi e di non venire “giudicato” per come sceglie di affrontare o di rifiutare le cure. Le stesse divisioni che attraversano sempre più pesantemente il mondo cattolico, contro una legge che fa dello Stato un “monopolista etico”, consigliano di abbandonare il testo Calabrò e di andare verso una soft law, che riconsegni tutta la materia al rapporto tra medico e paziente, in base a quanto già previsto dal codice di deontologia medica.

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    Benedetto Della Vedova

  8. #58
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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    Ma lasciamo che Eluana viva nel ricordo dei suoi cari
    Inserito il 09 febbraio 2010
    Ma lasciamo che Eluana viva nel ricordo dei suoi cari |Libertiamo.it
    Ma lasciamo che Eluana viva nel ricordo dei suoi cari
    Ma lasciamo che Eluana viva nel ricordo dei suoi cari
    Forse sarebbe bene che la memoria di Eluana fosse lasciata vivere nel ricordo intimo di quanti l’hanno amata e accudita per tanti anni e a cui lei ora manca come a nessun altro: la sua mamma e il suo papà. Forse questo, però, non è (ancora) possibile.
    Silvio Berlusconi ha espresso oggi il suo rammarico per non aver potuto evitare la morte di Eluana. Ma non era questo in gioco un anno fa! Il decreto, con cui l’esecutivo voleva impedire una decisione assunta nel rispetto della legge e della Costituzione, avrebbe stabilito il potere ultimo e assoluto dello Stato (del Governo) sulla vita delle persone.
    La decisione della famiglia – quella di sospendere i trattamenti di alimentazione e idratazione forzata – ha certamente diviso l’opinione pubblica e spaccato il paese. Ma ben pochi dei contrari divennero “colpevolisti”, al punto di accusare il padre di avere “ammazzato” Eluana. Era controverso, nell’opinione dei più, come sarebbe stato giusto che la famiglia decidesse. Ma non che toccasse ad essa, e non al Governo o al Parlamento, decidere. Questa diffidenza contro le eccessive pretese dello Stato nel dettare le scelte di cura dei cittadini continuano a essere confermate in tutte le rilevazioni demoscopiche e costituiscono un fattore di profonda e salutare unità culturale del paese.
    Anche per questo, sarebbe un errore grave, a mio avviso, pensare di consumare ora, per via legislativa, una “rivincita” della politica su quei giudici, su quella mamma e su quel papà.
    La vicenda di Eluana, con il suo carico drammatico di interrogativi, dovrebbe invece insegnarci, come ha scritto di recente il cattolico Vittorio Possenti, che «non tutti gli imperativi morali debbano essere tradotti in norme giuridiche vincolanti» e «lo Stato non può esigere un diritto assoluto di continuare ad esistere».
    Non credo che il Pdl risponderebbe alla sua missione di libertà, di partito europeo dei liberali e dei moderati che si rivolge a tutti gli italiani, facendosi paladino di una visione “monoetica”, politicamente massimalista e giuridicamente fragile sul fine vita.
    Del resto, a meno di due mesi dalla morte di Eluana, il presidente Berlusconi ebbe a dire di non ritenere che l’esecutivo dovesse farsi carico del “caso Englaro”. Poi le cose cambiarono e anche il premier venne trascinato in una lotta senza speranza e ragionevolezza, di cui purtroppo la legge sul fine vita attualmente in discussione alla Camera conserva tracce profonde e indelebili. Noi preferiamo ancorarci a quelle parole, che sono assai più sagge di quel che ne è seguito.

    - di Benedetto Della Vedova, da Ffwebmagazine.it -

    Forse sarebbe bene che la memoria di Eluana fosse lasciata vivere nel ricordo intimo di quanti l’hanno amata e accudita per tanti anni e a cui lei ora manca come a nessun altro: la sua mamma e il suo papà. Forse questo, però, non è (ancora) possibile.

    Silvio Berlusconi ha espresso oggi il suo rammarico per non aver potuto evitare la morte di Eluana. Ma non era questo in gioco un anno fa! Il decreto, con cui l’esecutivo voleva impedire una decisione assunta nel rispetto della legge e della Costituzione, avrebbe stabilito il potere ultimo e assoluto dello Stato (del Governo) sulla vita delle persone.

    La decisione della famiglia – quella di sospendere i trattamenti di alimentazione e idratazione forzata – ha certamente diviso l’opinione pubblica e spaccato il paese. Ma ben pochi dei contrari divennero “colpevolisti”, al punto di accusare il padre di avere “ammazzato” Eluana. Era controverso, nell’opinione dei più, come sarebbe stato giusto che la famiglia decidesse. Ma non che toccasse ad essa, e non al Governo o al Parlamento, decidere. Questa diffidenza contro le eccessive pretese dello Stato nel dettare le scelte di cura dei cittadini continuano a essere confermate in tutte le rilevazioni demoscopiche e costituiscono un fattore di profonda e salutare unità culturale del paese.

    Anche per questo, sarebbe un errore grave, a mio avviso, pensare di consumare ora, per via legislativa, una “rivincita” della politica su quei giudici, su quella mamma e su quel papà.

    La vicenda di Eluana, con il suo carico drammatico di interrogativi, dovrebbe invece insegnarci, come ha scritto di recente il cattolico Vittorio Possenti, che «non tutti gli imperativi morali debbano essere tradotti in norme giuridiche vincolanti» e «lo Stato non può esigere un diritto assoluto di continuare ad esistere».

    Non credo che il Pdl risponderebbe alla sua missione di libertà, di partito europeo dei liberali e dei moderati che si rivolge a tutti gli italiani, facendosi paladino di una visione “monoetica”, politicamente massimalista e giuridicamente fragile sul fine vita.

    Del resto, a meno di due mesi dalla morte di Eluana, il presidente Berlusconi ebbe a dire di non ritenere che l’esecutivo dovesse farsi carico del “caso Englaro”. Poi le cose cambiarono e anche il premier venne trascinato in una lotta senza speranza e ragionevolezza, di cui purtroppo la legge sul fine vita attualmente in discussione alla Camera conserva tracce profonde e indelebili. Noi preferiamo ancorarci a quelle parole, che sono assai più sagge di quel che ne è seguito.

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    Benedetto Della Vedova

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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    01.02.10
    OGM: Della Vedova, No all’accanimento ideologico contro ricerca e sperimentazione

    Dichiarazione di Benedetto Della Vedova, deputato del PdL :

    L’emendamento al decreto mille proroghe – con cui il Pd chiede una moratoria della ricerca e della coltivazione ogm in Italia fino all’approvazione dei piani di coesistenza delle Regioni – è in contrasto con la normativa comunitaria.

    La sentenza del Consiglio di Stato – che ha autorizzato la coltivazione nel nostro paese di una varietà di mais ogm accettata dall’Unione Europea e già coltivata in Spagna, Portogallo, Polonia e Romania – ha aperto le porte ad una possibilità in più, non ad un obbligo per gli agricoltori italiani. Diverse centinaia di aziende agricole italiane sono da anni in attesa di un provvedimento che consenta loro di sperimentare ed utilizzare le tecniche agricole più produttive.

    Auspico che il Governo non permetta all’opposizione di strumentalizzare una questione importante e delicata: il no ideologico e preconcetto agli ogm – e il divieto perfino di portare avanti la ricerca – rischia di penalizzare pesantemente la nostra agricoltura negli anni a venire”.
    Posted by Benedetto Della Vedova at 01.02.10 12:20

  10. #60
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    Predefinito Rif: Benedetto Della Vedova, n.1 dei liberali italiani

    05.02.10
    Nucleare: Della Vedova, Da Zaia colpo a strategia governo, serve responsabilità nazionale

    Dichiarazione di Benedetto Della Vedova, deputato Pdl

    Ritengo profondamente sbagliato che Zaia oggi schieri il Veneto sulla trincea anti-nucleare, come se la strategia energetica del Paese e le stesse esigenze di sicurezza degli impianti potessero rispettare i confini amministrativi delle Regioni.

    Nessuna infrastruttura e nessun impianto nucleare soddisfa solo gli interessi di una comunità locale, e serve un senso di responsabilità nazionale, sia da parte del governo centrale, che di quelli locali, nella ripartizione dei costi e delle compensazioni tra le popolazioni coinvolte.Se un Ministro del governo che ha deciso il ritorno al nucleare si fa capofila del “partito Nimby” (Not in my back yard – non nel mio cortile) rischia di essere perduta in anticipo una delle scommesse più significative della legislatura. Infatti il vero problema del governo non sta nel vincere la resistenza ideologica degli ambientalisti ideologici, ma le resistenze di quanti ritengono che il nucleare vada fatto “altrove”.
    Posted by Benedetto Della Vedova at 05.02.10 12:25

 

 
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