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  1. #291
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    Citazione Originariamente Scritto da kouros Visualizza Messaggio
    ha dato un sostanziale ed indispensabile apporto.Se fosse stato un drogato inebetito non sarebbe stato in grado di prendere decisioni fondamentali al momento giusto.Poi mi sembra che qui si parli di droga e di drogati ebeti o no?Io l'ho solo citato come esempio di bevitore e fumatore,ma con tutti i neuroni al proprio posto,e ciò non lo si può certo dire di un drogato!iaociao:
    guarda che l'organizzazione mondiale della sanità classifica l'alcool come droga.....

  2. #292
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    CIUDAD JUAREZ - L'ultimo l'hanno ammazzato poche ore fa, chissà dove. La sua testa è stata ritrovata ieri mattina, appesa ad un lampione. Aveva gli occhi bendati, il che può significare che l'uomo aveva visto troppo o che era a sua volta un killer o ancora che stava per tradire: a Ciudad Juarez, grigia città alla frontiera con il Texas, il linguaggio dei cadaveri vanta un'infinità di sfumature a seconda della parte del corpo che viene restituita per la sepoltura o della messinscena dell'esecuzione. Tre giorni fa, vicino ad Acapulco, di corpi la polizia ne ha rinvenuti ventisette, ammonticchiati in un canale. I narcos non li avevano neanche seppelliti. La settimana scorsa, invece, a Urapan, nello stato del Michoacán, un'intera famiglia è stata sterminata durante una festa di compleanno.

    E' raccapricciante il bollettino della guerra dichiarata quattro anni fa ai trafficanti di droga dal presidente messicano Felipe Calderon. Sono cifre da battaglie di trincea, da offensive tra eserciti regolari. Se nel 2009 ci sono stati 17 omicidi al giorno legati al narcotraffico, nei primi nove mesi di quest'anno i morti quotidiani sono saliti a 38. Dall'inizio del 2010, notizia riferita due giorni fa, i narcos hanno ucciso 10.043 volte. Ogni tre quarti d'ora, c'è qualcuno che viene massacrato di botte o torturato o amputato, e infine ucciso.

    Eppure, a Tijuana o Acapulco, Morelia o Ciudad Juarez, il dispiegamento delle forze dell'ordine è massiccio. Nelle strade di questi luoghi operano 50mila
    militari e 25mila agenti federali, incapaci però di fermare le violenze. Anzi, il numero dei morti continua ad aumentare, probabilmente perché, come spiega il giornalista Sergio Gonzalez Rodriguez, "dietro ogni gruppo criminale si nascondono rappresentanti del potere economico e politico". Calderon è perciò con le spalle al muro. E la sua guerra sembra averla già perduta da un pezzo.

    L'emblema della sconfitta è Ciudad Juarez, capitale mondiale del crimine. Dopo l'eccidio di sedici ragazzi compiuto nella notte tra il 30 e il 31 da un gruppo di sicari del cartello "los Zetas", questo borgo di frontiera cresciuto troppo in fretta è diventato la città più pericolosa del pianeta. Qui si contano 192 omicidi al mese per centomila abitanti: un dato da primato che lo pone molto avanti a San Pedro Sula, in Honduras, dove si ammazza 119 volte al giorno. Ciudad Juarez è assediata da soldati e poliziotti: li vedi ovunque, molti con il passamontagna calato sul viso, altri ai posti di blocco nascosti dietro a pesanti mitragliatrici, altri ancora a bordo di carri armati. Ma il narcotraffico continua a prosperare, e il capo del potente cartello della città, Vicente Carrillo Fuentes, detto "El Viceroy", è sempre ricercato, pur vivendo probabilmente a poche centinaia di metri da una caserma di militari.

    Salvo i poliziotti, a Ciudad Juarez in molti hanno voglia di parlare. Tutti però chiedono di non scrivere il loro nome. Neanche su un giornale italiano. L'eccezione si chiama Francisco Campos, ingegnere, con un passato di assessore municipale. Secondo Campos, l'impennata di morti e di violenza è destinata a proseguire, se non a peggiorare, perché la posta in gioco è sempre più alta: "Il problema del Messico è la sua vicinanza con gli Stati Uniti, dove c'è il più grande mercato della droga del mondo, il cui fatturato supera i 25 miliardi di dollari l'anno. Da noi, invece, dove la maggior parte della popolazione ha meno di 16 anni, il tasso di disoccupazione è uno dei più alti del pianeta. Come stupirsi quindi se dal 2006 i morti per mano dei narcos sono stati 26mila".

    Un imprenditore che chiede di restare anonimo racconta che per la prima volta, il 16 luglio scorso, come fossero a Kabul o Bagdad, i narcos hanno fatto esplodere un'autobomba nel centro di Ciudad Juarez: "Poco prima avevano lanciato una granata in una piazza di Morelia, e bloccato tutte le vie di accesso a Monterrey. Negli ultimi cinque mesi sono stati uccisi 9 sindaci. Ormai si comportano come i guerriglieri di Al Qaeda. Non sbaglia chi parla di narcoterrorismo". In un bar del centro, un ragazzo ci mostra su Internet le immagini agghiaccianti che diffondono i clan rivali per minacciare altri trafficanti o, magari, un politico locale. Anche qui salta agli occhi l'analogia con i terroristi islamici, poiché "los malosos", i cattivi, appaiono sempre incappucciati e con un mitra in mano. L'orrore è documentato, fotografato, filmato fino all'ultimo spasimo delle loro vittime. Il sito su cui appaiono queste barbarie, racconta il ragazzo, ha già avuto più di 450mila contatti.
    Un'infermiera dell'ospedale principale, che chiameremo Esmeralda, è costretta per mestiere a frequentare i morti ammazzati di Ciudad Juarez. Dice: "Quando c'è una sparatoria con feriti, la grande difficoltà consiste a portarli fino a qui. La maggior parte di essi è connessa al narcotraffico. E' perciò quasi impossibile che l'ambulanza arrivi senza problemi". Perché? Perché c'è sempre qualcuno che la ferma per giustiziare il ferito.
    Sulla frontiera dei narcos il morto numero 10mila - Repubblica.it


    Questo succede perchè il mercato delle droghe è stato completamente lasciato nelle mani della malavita.

    Il proibizionismo ha fallito e fallirà per un semplice motivo: non si riesce mai a proibire alle persone di fare quello che ritengono opportuno.

    Un mercato da 25 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti.
    E noi lo lasciamo nelle mani dei narcos. E in più spendiamo una marea di denaro per tentare di arrestare questo traffico. Fallendo comunque miseramente.

  3. #293
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    Citazione Originariamente Scritto da nicolaj198vi Visualizza Messaggio
    Sulla frontiera dei narcos il morto numero 10mila - Repubblica.it


    Questo succede perchè il mercato delle droghe è stato completamente lasciato nelle mani della malavita.

    Il proibizionismo ha fallito e fallirà per un semplice motivo: non si riesce mai a proibire alle persone di fare quello che ritengono opportuno.

    Un mercato da 25 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti.
    E noi lo lasciamo nelle mani dei narcos. E in più spendiamo una marea di denaro per tentare di arrestare questo traffico. Fallendo comunque miseramente.
    è inutile, è come quando copernico cercava di far capire ai cristiani che il sistema tolemaico era una emerita cazzata

  4. #294
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    i drogati di alcol, proibizionisti su tutte le droghe tranne l'alcol, schiumano di rabbia


    ITALIA - Alcool peggio delle droghe? Non tutti d'accordo
    11 novembre 2010 11:47


    Le conclusioni di uno studio di David Nutt, ex capo della commissione governativa inglese sulle droghe, secondo il quale, l'alcol sembra essere molto piu' dannoso di qualsiasi droga in circolazione, non convincono gli esperti italiani. "Un'assurdita' - e' il commento corale allo studio pubblicato su The Lancet - non c'e' nessun riferimento alle dosi. Considerare l'alcol peggio dell'eroina rappresenterebbe uno choc da cui e' difficile riprendersi, ma lo e' ancora di piu' - spiega una nota dell'Universita' Cattolica del Sacro Cuore - centro ricerche Formazione ad Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche di Campobasso - resistere alla tentazione di sbatterlo in prima pagina, sapendo di avere in mano una vera e propria bomba ad orologeria. Le vittime in questo caso sono le migliaia di persone che al risveglio si sono sentite dare del tossicodipendente. Si',perche' se l'alcol e' peggio dell'eroina o del crack vuol dire che chi lo consuma abitualmente e' a conti fatti un tossicomane. Secondo Giovanni de Gaetano, direttore dei Laboratori di Ricerca dell'Universita', "apprendere dai media che i due bicchieri di vino o la birretta che uno si concede serenamente in famiglia o con gli amici gli costeranno una dipendenza che paghera' e fara' pagare a caro prezzo non e' certo una bella notizia. Ma purtroppo e' in questi termini che l'opinione di David Nutt sta arrivando nelle case della gente e sulle scrivanie degli addetti ai lavori. La classificazione delle sostanze 'pericolose' e' stata fatta tenendo conto soltanto dei danni potenziali derivanti da ogni sostanza. E' come se classificassimo i farmaci antitumorali solo sulla base dei loro effetti collaterali, senza tener conto dei loro effetti benefici. E' da notare poi - aggiunge de Gaetano - che lo scopo dichiarato dell'esercizio di Nutt e colleghi e' stato quello di valutare i danni causati dal cattivo uso (misuse) di sostanze farmacologiche (drugs). In medicina le valutazioni si fanno sempre sul rapporto benefici/rischi, mai sugli uni o gli altri separatamente".
    "Il controverso neuropsicofarmacologo inglese - spiega la nota- parla senza filtri e probabilmente senza preoccuparsi troppo delle conseguenze delle sue affermazioni. Il suo, nonostante sia stato ospitato sulle gloriose colonne di The Lancet, non e' propriamente uno studio scientifico sugli effetti dell'alcol, bensi' un rimpasto sociologico di informazioni. In pratica, l'ex esponente della commissione scientifica indipendente sulle droghe ha attribuito un punteggio a ciascun elemento potenzialmente dannoso per la salute e per la societa'. Nel calderone sono finiti indistintamente, tabacco, droghe di ogni ordine e grado, alcol, acido idrossi-butirrico e funghi. Ma l'alcol di cui parla Nutt e' lontano anni luce da quello che la scienza considera un valido aiuto per la salute". Per Fulvio Ursini, professore Ordinario di Biochimica all'Universita' di Padova, "L'alcolismo e' cosa ben diversa dal bere moderatamente un bicchiere di vino ai pasti o sorseggiare una birra in compagnia. E' come dire che bere l'acqua fa male considerando il numero di annegati per poi giungere alla conclusione che l'acqua andrebbe bandita. O analogamente considerare le automobili piu' pericolose delle armi da fuoco perche' causano piu' decessi. Ignorare, come fa Nutt, il ruolo della dose e la numerosita' del campione significa letteralmente 'dare i numeri. Stupisce che una seria rivista scientifica abbia offerto le sue pagine a uno studio simile". Francesco Orlandi, professore ordinario di Gastroenterologia nell'Universita' degli Studi di Ancona, riprende una riflessione di Curtis Ellison, professore alla Harvard University di Boston: "Nella nostra societa' l'uso degli automezzi provoca perdite umane molto superiori all'uso delle armi da fuoco, ma non si puo' mettere nel piatto della stessa bilancia la vettura di famiglia ed un mitra costruito per uccidere. Il comitato inglese ha commesso un grossolano errore di metodo, indicato come"floating denominator problem" nella nomenclatura epidemiologica e traducibile nel popolaresco ma efficace "confondere le mele con le pere". Demonizzare l'oggetto e' facile ma deviante, ed e' socialmente pericoloso perche' una considerazione sbagliata getta discredito su dieci raccomandazioni giuste. La promozione della temperanza e' la vera sfida per i nostri ragazzi, circondati da continui stimoli a comportamenti compulsivi, dalle calorie alla musica assordante fino all'happy hour e alle notti bianche". "L'alcol, bevuto moderatamente, si e' rivelato un ottimo alleato per la salute delle persone, mostrando effetti benefici sul fronte cardiovascolare non solo in termini di prevenzione primaria, ma anche dopo un evento cardiovascolare" spiega ancora de Gaetano. "Ci siamo a lungo interrogati se fosse il caso di suggerire ai colleghi clinici di avvisare i loro pazienti cardiovascolari circa le proprieta' benefiche del bere moderato- concludono i tre scienziati italiani - Siamo ancora di questa opinione. Ma a giudicare dai tempi che corrono, rischiamo di finire tra gli spacciatori di droga ".


    ADUC - Droghe - Notizia - ITALIA - Alcool peggio delle droghe? Non tutti d'accordo

  5. #295
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis
    Stasera va buttata la bottiglia di Jack Daniel's e Pampero.
    Narghilé carico di maria e qualche pippata di eroina al momento del down della cocaina.
    Chi trova un amico, trova un lavoro...

  6. #296
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    Non se ne parla.
    Da giovane provai qualche canna ma smisi quasi subito, il grappino invece è sacro ed inviolabile.

  7. #297
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    I “danni da droga”: quanto è scientifico questo concetto?

    Nel novembre 2010, il farmacologo David Nutt ha pubblicato una scala del danno delle droghe che vede l’alcol in cima. Ma – si chiede il sociologo Peter Cohen- è valido il metro del “danno” con cui si misurano e si classificano le droghe?


    Recentemente David Nutt, Leslie King e Lawrence Philips hanno pubblicato su The Lancet[1] un articolo sulla possibilità di classificare, per ognuno dei venti tipi di droga disponibili nel Regno Unito, i danni derivati. Il processo di classificazione descritto nell’articolo si fonda sul giudizio fornito da un numero imprecisato di esperti in materia di droga, che utilizzano sedici criteri di valutazione, impostati su una scala di valori da zero a cento. In base a tale valutazione, la sostanza più pericolosa è l’alcol con un punteggio di 72 (su cento), seguita da eroina (punteggio di 55), crack cocaina (punteggio di 54) e metanfetamine (punteggio di 33). In questa classifica una droga, come l’estasi, che vent’anni fa veniva percepita come estremamente pericolosa e persino neurotossica riceve una valutazione di non più di 9 punti.



    fonte: the lancet

    L’assunto che le droghe causino danni è dato talmente per scontato che in pochi arrivano a pensare di interrogarsi da dove proviene questa conoscenza. Infatti, non è facile dirlo, visto che molti consumatori delle droghe classificate non sono in effetti destinati a patire alcun danno. È come frequentare il traffico urbano più congestionato: alcuni ne usciranno feriti o persino uccisi, ma la maggior parte dei guidatori non soffrirà alcun danno o conseguenza negativa.

    Vorrei qui fare delle osservazioni sulla classificazione dei rischi derivanti dalle droghe che è proposta in Nutt et al., sulla scorta di una particolare valutazione operata da esperti. La questione è naturalmente se i danni possano essere valutati e classificati in modo efficace da esperti, senza che sia stata precedentemente data una definizione precisa e quantificabile di danno o degli indici di rischio. La mia risposta a questa domanda è “no” e quanto segue illustrerà perché.

    Per cominciare, desidero dire che il tentativo fatto da parte di Nutt et al. di mettere in discussione le classificazioni attuali, così come sono espresse nella legislazione, è utile e lodevole. Siamo lontani dal dimenticare le ragioni per cui, ad un certo punto, la cannabis e l’oppio sono stati dichiarati illegali. I rischi che si attribuiscono a queste sostanze sono diversi, in paesi diversi, così come è varia la severità delle conseguenze legali derivanti dall’essere colti a farne uso. A complicare le cose ulteriormente, c’è il fatto che le opinioni sui danni e le conseguenze pratiche sono destinati a cambiare nel tempo[2]. Tuttavia sia cannabis che oppio sono proibite a livello globale dalle Convenzioni sulle Droghe delle Nazioni Unite e dalla maggior parte delle legislazioni nazionali, elaborate sulla scia di queste Convenzioni. È legittimo mettere in discussione, come si fa in Nutt et al., i danni ipotizzati e la varietà di conseguenze legali per il consumo di droga, visto che sono basati su una definizione di danni della droga lontana da ogni rigore scientifico e, in effetti, da ogni razionalità. Perciò le mie osservazioni qui non mirano a mettere in discussione le classificazioni esistenti, ma piuttosto a “migliorarle” per mezzo di un sistema di classificazione a questionario, analogo a quello proposto in Nutt et al..

    Nutt è di professione uno psicofarmacologo e, come altri del suo campo, tende ad attribuire danni intrinseci ai composti di droga quando sono impiegati per il consumo. L’autore del presente articolo è invece un sociologo e, nel valutare i possibili rischi legati al consumo di droga, è, per definizione, portato a considerare l’interazione tra il consumatore di droga, la composizione chimica di essa e il contesto culturale di consumo. Le droghe, a differenza dei veleni, sono consumate dalle persone anche senza alcuna conseguenza dannosa. La questione è in quali circostanze individuali o sociali e a quali dosaggi le droghe possano diventare socialmente pericolose, fisicamente dannose e persino letali, come lo sono i veleni.

    Una questione diversa, ma connessa a questa, è poi come si possa riconoscere se un particolare danno è causato da una droga. Una guidatrice che ha una concentrazione di 1,2 per mille di alcol nel sangue e non è capace di guidare un’auto in sicurezza verrà definita pericolosa a causa del proprio consumo di alcol. In un caso come questo non c’è ragione di mettere in discussione la validità di tale conclusione. Il consumo di alti dosaggi di alcol è non solo direttamente associato ad un particolare comportamento di guida, ma il livello di alcol nel sangue può anche essere quantificato con precisi strumenti di misurazione. Ciascun guidatore può essere osservato, misurato ed inserito in un database. Test a campione nel traffico dimostreranno che molti guidatori hanno un quantitativo di alcol nel sangue pari a zero. In piani di indagine sul traffico ben strutturati e ripetuti un numero sufficiente di volte, è possibile stabilire un indice di probabilità di guida in stato di ubriachezza e del livello di tasso alcolico a seconda della particolare area e del particolare giorno della settimana (per esempio nell’area urbana di Londra il sabato sera).

    Effettuare le stesse misurazioni a Liverpool, o nella frisone Heerenveen o nella toscana Volterra potrebbe dare risultati molto diversi e non solo per il sabato sera. Quindi, persino nel caso di un rischio quantificabile con precisione e indiscutibile, l’interazione tra guida in stato d’ebbrezza e circostanze locali, giorno della settimana e particolare cultura di consumo renderà impossibili generalizzazioni sovralocali sui “danni derivanti dalla guida in stato d’ebbrezza”. Questo significa che un certo danno non può mai essere attribuito esclusivamente ad una droga, ma al massimo ad una droga entro un certo contesto e non entro un altro.

    In Nutt et al. si impiega un criterio chiamato “letalità specifica di una droga”. Non si propone però come questo criterio si debba definire o misurare. Probabilmente servirebbero un sacco di dati estremamente precisi per fare una stima di tale criterio. Come sappiamo, nel caso delle morti legate alla droga (uno degli indicatori usati dall’ EMCDDA di Lisbona), la misurazione è difficile e, ancora di più, fare paragoni tra un paese e l’altro. In Nutt et al., tra i criteri proposti per valutare i danni, si menziona una serie di danni come “la debilitazione delle funzioni indotta dalla droga” o “la perdita di relazioni”. Tali danni devono essere stimati, ancora e ancora in ogni caso in cui si suppone che il danno esista, ma spesso non si può contare su una chiara quantificazione o su strumenti di misura. Perciò sono molti difficili le stime di danni che siano generalizzabili per un vasto numero di consumatori – anzi sono perfino, oserei dire, impossibili.
    Non passerò in rassegna tutti i criteri proposti da Nutt et al. nella loro pubblicazione sul Lancet. Tuttavia, una volta chiarite le difficoltà circa i “criteri” e la loro misurazione, osserviamo come Nutt et al. hanno cercato di superarle. Essi hanno scavalcato tutte le difficoltà pratiche di quantificazione e hanno semplicemente chiesto ad un numero di esperti di dare un punteggio alle droghe in base ai sedici criteri impiegati nel progetto. La procedura di punteggio, la sua preparazione e la successiva elaborazione dei punteggi danno luogo, in Nutt et al., ad una “scala percentuale” calcolata per danno e per droga. Questo metodo suscita in me molte perplessità, ma non è questo il dubbio principale che ho circa questo sistema di punteggio. Se quello che ho osservato qui sulle difficoltà di definire e misurare “i danni della droga” è anche minimamente corretto, come ci si può aspettare che un gruppo di esperti siano capaci di assegnare punteggi a questi danni? È sufficiente affidarci alle loro conoscenze ed esperienze, sempre limitate, che questi hanno sulle droghe e sui danni associati?

    Otterremmo forse gli stessi punteggi se interrogassimo esperti altamente qualificati di un centro Cristiano d’assistenza per la droga di Dordrecht vicino a Rotterdam e quelli degli istituti pubblici operanti sul territorio urbano di Amsterdam o Madrid? Otterremmo un punteggio attendibile, mischiando insieme i giudizi di esperti provenienti da ideologie ed esperienze diverse? Dovremmo includere esperti provenienti dall’estero o quelli che lavorano con gli studenti universitari? O piuttosto i detenuti? Come costruire un panel di esperti che possa valutare i danni di una droga su una scala da uno a cento in maniera all’incirca simile a un altro panel?

    In breve, anche se ci avvaliamo di un panel di dieci o quindici esperti, come potremmo essere sicuri che i loro punteggi calcolati e combinati siano indicativi del vero danno di una droga, in mancanza di alcuna misura quantitativa del danno da droga come validazione?

    E’ pensabile che se chiedessimo ad un panel di esperti di dare punteggi sulla base di criteri ben definiti al fine di classificare questi danni, potremmo ottenere risultati differenti ogni volta che organizziamo un panel? E anche nel caso in cui ottenessimo punteggi e classifiche simili nei vari panel, cosa ci assicurerebbe che tali classificazioni siano basate su “conoscenze” valide? Non potrebbe forse darsi che pericoli associati con i tipi di consumatore e i modelli di consumo più evidenti produrrebbero classifiche condivise da panel diversi? Ma, se esaminassimo queste associazioni di danni in altri gruppi di consumatori ed per altri modelli di consumo, i danni sparirebbero o cambierebbero? [3]

    In apparenza è possibile interrogare la gente e gli esperti e ottenere la loro percezione sui danni della droga al meglio delle loro conoscenze. Ma il risultato sarebbe solo l’esito di un panel e nulla di più.
    Lo stesso naturalmente vale anche per altri danni. Milioni di persone praticano l’immersione subacquea e esistono esperti in questo campo. Ma le loro conoscenze su rischi e danni dell’immersione rimangono limitati. Solo attraverso campioni ampi e ben costruiti di persone che praticano l’immersione subacquea e una precisa misurazione di un ben definito danno si potrebbero avere stime sicure dei rischi dell’immersione e della loro prevalenza.

    Che fare allora?
    A mio avviso la percezione dei danni legati alle droghe è affetta da così tante limitazioni di affidabilità e validità, che è impossibile al presente avere una stima seria del danno per ogni droga. A parer mio non è nemmeno valido associare i danni alle droghe soltanto. Le droghe sono consumate da essere umani, in condizioni individuali sociali e legali varie, a livelli di purezza e dosaggio vari. Qualsiasi siano gli “effetti” delle droghe, dannosi o meno, essi non possono essere valutati e nemmeno discussi, senza unire la droga ad un particolare consumatore o cultura del consumatore.

    Le droghe di per sé non esistono nel loro pieno significato.
    Senza un accordo preliminare su un insieme di variabili circa le caratteristiche del consumatore, il contesto culturale e la purezza e il dosaggio della droga, perfino una misura, di “danno della droga” minimamente standardizzato, non può essere stabilita. Senza questo accordo preliminare, una valutazione seria del danno da droga è un’illusione. Analogamente, se così non fosse, perché allora l’OECD avrebbe discusso per anni su come creare una misurazione standardizzata della “disoccupazione” e su come quantificare le sue componenti?. Molto probabilmente la scala del danno elaborata da Nutt et al., che vede la sostanza più largamente diffusa (l’alcol) al primo posto, seguita da quella meno diffusa (l’eroina) al secondo, è il riflesso di percezioni diffuse tra gli esperti. Ma le percezioni diffuse cambiano continuamente nel corso del tempo. Nemmeno l’uso delle più sofisticate tecniche statistiche per elaborare le percezioni combinate degli esperti potrà superare il fatto che queste sono niente di più che percezioni.

    Note.

    [1] The Lancet online, November 1: David Nutt, Leslie A King, Lawrence D.Philips, “Drug harms in the UK: a multicriteria decision analysis.” Vai alla presentazione su fuoriluogo.it.

    [2] Cohen, Peter (2008), The culture of the ban on cannabis: Is it political laziness and lack of interest that keep this farcical blunder afloat?, Relazione presentata al Convegno “Cannabis-growing in the Low Countries”, University of Ghent, 3 e 4 Dicembre 2007. http://www.cedro-uva.org/lib/cohen.c...sverbod.en.htm

    [3] Una rassegna, recente e decisamente spettacolare, sulla qualità delle percezioni sulla droga (o sarebbe meglio dire sui preconcetti) da parte degli esperti, si trova nei primi due capitoli di Craig Reinarman e Harry Levine (ed.) (1997), Crack in America. Demon Drugs and Social Justice, University of California Press.

    (Traduzione di Ornella Rossi)


    I “danni da droga”: quanto è scientifico questo concetto? | il Blog di Fuoriluogo.it

  8. #298
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    Citazione Originariamente Scritto da Kaouthia Visualizza Messaggio
    Non se ne parla.
    Da giovane provai qualche canna ma smisi quasi subito, il grappino invece è sacro ed inviolabile.
    se il grappino non diventa per te una abitudine pericolosa , è abbastanza probabile che non saresti diventato dipendente nenche della cannabis ( che comporta dipendenza inferiore al tabacco) .
    Purtroppo vi sono persone per le quali è più facile diventar dipendenti di qualche sostanza ; ed altre per le quali ,fortunatamente per loro, la cosa è più difficile.
    Personalmente non vedo l'antiproibizionismo come un insieme di affermazioni di verità scientifiche su cosa sia più o meno dannoso ; ma un metodo politico per limitare gli interessi finanziari alla riproduzione del fenomeno dipendenza, limitare i danni sociali delle dipendenze e per togliere al problema quel contorno di condanna sociale che finisce col recare più danni che rimedi.
    "E' decretato che ogni uomo il quale s'accosta alla setta dei moderati debba smarrire a un tratto senso morale e dignità di coscienza?" G. Mazzini

    http://www.novefebbraio.it/

  9. #299
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    Predefinito Rif: GB: alcool molto più dannoso di eroina, crack e cannabis

    Ma poi scusate vendono Sigarette e Alcool e la marijuana è illegale !? ncav:
    Capisco le droghe pesanti ma dai la maria si dovrebbe legalizzare, perchè è molto peggio ubriacarsi e mettersi alla guida che farsi un sano spinello a casa :giagia:

 

 
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