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  1. #71
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    Citazione Originariamente Scritto da GNU-GPL Visualizza Messaggio
    Il 27 settembre è un giorno memorabile per la borsa: la congiuntura di Saturno, Venere e Mercurio è un qualcosa che capita raramente.

    "I milionari non usano gli astrologi, ma i miliardari sì" J. P. Morgan

    cosa mi consigli di comprare ? :mmm:

    venduto ho già venduto tutto quello che potevo :giagia:

  2. #72
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    Citazione Originariamente Scritto da Amalie Visualizza Messaggio
    quindi? quanto consideri attendibile quest'agenzia che assegna bollini?
    Qanto attendibile Sono valutazioni che fanno gli esperti del settore economico finanziario, non i comuni cittadini, questa agenzia lavora per operatori del settore ed è nel suo esclusivo interesse non diffondere balle se vuol continuare a rimanerci. Le balle le diffonde di critica S&P per alcuni valori di valutazione commessi facendoli passare come manovratori politici che vogliono far cadere governi.. idiozia totale.

  3. #73
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    Citazione Originariamente Scritto da Tigher Visualizza Messaggio
    Qanto attendibile Sono valutazioni che fanno gli esperti del settore economico finanziario, non i comuni cittadini, questa agenzia lavora per operatori del settore ed è nel suo esclusivo interesse non diffondere balle se vuol continuare a rimanerci. Le balle le diffonde di critica S&P per alcuni valori di valutazione commessi facendoli passare come manovratori politici che vogliono far cadere governi.. idiozia totale.
    di balle mi pare ne abbia già diffuso a suo tempo cmq


    Parmalat, condannata Standard & Poor's

    La replica dell'aagenzia: «Noi vittime di informazioni false».

    Il marchio Parmalat

    Alla fine qualcuno ha valutato anche Standard & Poor's. Il tribunale di Milano ha condannato l'agenzia di rating a restituire a Parmalat le parcelle percepite per il rating 'investment grade' costantemente attribuito al gruppo dal novembre 2000 fino a poco prima del dissesto del 2003, per 784 mila euro e alla rifusione delle spese legali.
    I giudici del capoluogo lombardo, con sentenza depositata il primo luglio scorso, hanno invece respinto la connessa richiesta di risarcimento del danno presentata dal gruppo guidato fino a una settimana fa da Enrico Bondi e le conseguenti domande riconvenzionali formulate da 'The MCGraw - Hill Companies' (Standard & Poor's). Parmalat, è scritto nella nota, valuterà le prossime azioni quando saranno note le motivazioni della decisione.
    S&P: «NOI VITTIME DI FRODE». Ma la faccenda non è chiusa nemmeno per l'agenzia di rating che ha sottolineato come Parmalat si sia vista respingere la richiesta di risarcimento danni da 4 miliardi di euro presentata contro S&P. In un reciproco scambio di accuse Standard & Poor's ha denunciato di essere stata vittima di una frode.
    «Ribadiamo» ha comunicato l'agenzia «che Standard & Poor's, come molti altri analisti e autorità regolamentari che si sono occupati di Parmalat, è stata vittima di una frode massiccia e sistematica fino ad oggi evidenziata da condanne penali di diversi ex-dirigenti della società. Gli autori di questo inganno e non Standard & Poor's sono stati responsabili di eventuali perdite subite dagli investitori e Parmalat».
    Con riguardo alla sentenza, l'agenzia ha precisato che la sta ancora «analizzando» ma «notiamo che il tribunale di Milano ha respinto nella sua interezza la richiesta principale di risarcimento danni promossa da Parmalat e di importo pari a oltre 4 miliardi di euro».
    FORNITE INFORMAZIONI FALSE.«Prendiamo atto della decisione del tribunale di Milano in merito alla minore richiesta di Parmalat relativa alle commissioni pagate a fronte del servizio di attribuzione del nostro rating», hanno concluso gli analisti «ma non siamo d'accordo con le sue conclusioni e ribadiamo che Parmalat abbia ripetutamente fornito informazioni false e fuorvianti a Standard & Poor's durante l'intero periodo in cui Standard & Poor's ha emesso il suo rating secondo il contratto in essere tra le parti».
    Martedì, 05 Luglio 2011
    beh se si avvalgono esclusivamente delle informazioni fornite non so davvero quanto possano essere credibili le loro alutazioni!
    Ultima modifica di Amalie; 22-09-11 alle 00:35

  4. #74
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    PAUL KRUGMAN: NON CREDETE AL RATING


    10/08/2011 00:48 | ECONOMIA - INTERNAZIONALE

    Per comprendere la collera divampata dopo la decisione dell´agenzia di rating Standard & Poor´s di declassare il debito pubblico statunitense, si devono tener presenti due concetti all´apparenza simili, ma che di fatto non lo sono. Il primo è che l´America non è più il Paese stabile e affidabile di un tempo. Il secondo è che la stessa S&P ha minore credibilità, ed è l´ultimo degli istituti ai quali rivolgersi per ottenere un parere sulle prospettive della nostra nazione.
    Iniziamo proprio dalla mancanza di credibilità di S&P: se mai esistesse un´unica parola per descrivere al meglio il provvedimento dell´agenzia di rating di declassare l´America sarebbe "chutzpah", sfacciataggine, esemplificata al meglio dal caso del giovanotto che uccide i suoi genitori per poi appellarsi alla clemenza altrui perché è orfano.
    L´enorme deficit di bilancio dell´America è prima di ogni altra cosa il prodotto della recessione economica che ha fatto seguito alla crisi finanziaria del 2008. Con le sue consorelle – le altre agenzie di rating – S&P ha rivestito un ruolo determinante nell´innescare tale crisi, assegnando un rating AAA ad asset garantiti da mutui ipotecari rivelatisi in seguito tossica spazzatura.
    Ma le sue valutazioni errate non si fermano qui. È notorio che S&P dette un rating A a Lehman Brothers – il cui fallimento innescò il panico a livello globale – fino al mese stesso del suo tracollo. E come reagì l´agenzia di rating quando fallì questa società alla quale aveva assegnato il rating A? Rilasciando una dichiarazione ufficiale con la quale smentiva di aver commesso alcunché di sbagliato. Sono queste dunque le persone che ora si pronunciano in merito all´affidabilità creditizia degli Stati Uniti d´America?
    Aspettate: c´è anche dell´altro. Prima di declassare il debito pubblico statunitense, S&P ha inviato una bozza preliminare del proprio comunicato stampa al Tesoro degli Stati Uniti. I funzionari di quest´ultimo hanno immediatamente scoperto nei calcoli di S&P un errore di ben duemila miliardi di dollari. Un qualsiasi esperto di bilanci avrebbe dovuto azzeccare quel calcolo, senza commettere errori di questo tipo. Dopo qualche polemica, S&P ha ammesso di aver sbagliato, ma ha declassato ugualmente l´America, limitandosi soltanto a stralciare dal proprio rapporto parte delle analisi economiche errate.

    Come spiegherò tra un minuto, a queste previsioni di bilancio non si dovrebbe dare molto peso in ogni caso, ma senza dubbio questo episodio ispira scarsa fiducia nelle capacità di giudizio di S&P.
    Più in generale, le agenzie di rating non ci hanno mai offerto motivo per prendere sul serio i loro giudizi sulla solvibilità di una nazione. È vero che in genere le nazioni inadempienti prima di fallire erano declassate, ma in questi casi le agenzie di rating si limitavano soltanto a seguire i mercati, che avevano già rivolto la loro attenzione verso questi problematici debitori.
    Nei rari casi in cui le agenzie di rating hanno declassato paesi che, al pari dell´America oggi, godevano ancora della fiducia degli investitori, hanno sistematicamente sbagliato. Si consideri, in particolare, il caso del Giappone che nel 2002 S&P aveva declassato. Beh, a distanza di nove anni il Giappone è tuttora in grado di contrarre prestiti liberamente e con bassi interessi. Venerdì scorso, per esempio, il tasso di interesse sui bond decennali giapponesi era appena l´1 per cento.
    Da quanto detto consegue che non c´è ragione alcuna per prendere sul serio il downgrade dell´America di venerdì scorso. Queste sono le ultime persone sul cui giudizio fare affidamento.
    Malgrado ciò, l´America ha effettivamente grossi problemi. Si tratta di problemi che hanno a che vedere molto poco con valutazioni precise di bilancio a breve o anche medio termine. Il governo degli Stati Uniti non sta incontrando problemi nel prendere capitali in prestito per coprire il suo deficit odierno. È pur vero che stiamo continuando a ingigantire il nostro debito pubblico, sul quale alla fine dovremo pagare gli interessi; ma se facessimo calcoli esatti invece di declamare grosse cifre con la miglior voce alla Dottor Evil possibile, scopriremmo che nel corso dei prossimi anni deficit anche mastodontici avranno un impatto soltanto minimo sulla sostenibilità fiscale degli Stati Uniti.
    No, a far apparire inaffidabile l´America non sono le cifre di bilancio, ma la politica. Per favore, cerchiamo di stare alla larga dalle usuali dichiarazioni secondo cui entrambe le parti
    (dello schieramento politico, ndt) sbagliano. I nostri problemi sono provocati pressoché del tutto da un´unica parte. Nello specifico, sono il risultato di una destra estremista, maggiormente propensa a creare crisi a ripetizione che a cedere di un solo millimetro nelle proprie richieste.
    La verità è che per ciò che concerne l´economia vera e propria, i problemi fiscali americani di lungo termine non dovrebbero essere così difficili da risolvere. Se da un lato è vero che, vigenti le attuali politiche, una fetta sempre più ampia della popolazione in fase di invecchiamento e i crescenti costi dell´assistenza sanitaria faranno inevitabilmente lievitare le spese rispetto alle entrate, d´altro lato gli Stati Uniti hanno spese per l´assistenza sanitaria decisamente più alte di qualsiasi altro paese avanzato e un regime fiscale assolutamente più basso rispetto agli standard internazionali. Se su entrambi questi fronti riuscissimo davvero ad allinearci maggiormente con gli standard internazionali, i nostri problemi di budget sarebbero risolti.
    Perché non riusciamo a farlo? Perché in questo paese abbiamo un movimento politico potente che a fronte dei modesti sforzi volti a utilizzare più efficacemente i fondi Medicare, per esempio, ha strillato ai "Death Panels" (letteralmente "le commissioni della morte", ndt), e che ha preferito rischiare la catastrofe finanziaria piuttosto che acconsentire a un aumento di un solo penny delle tasse.
    La vera questione con la quale è alle prese l´America, in termini prettamente fiscali, non è pertanto se dovremo tagliare qualche migliaio di miliardi di dollari qui o lì dal deficit, bensì se gli estremisti che ostacolano qualsiasi tipo di politica responsabile potranno essere piegati e resi inoffensivi.

    © 2011 New York Times News Service
    Traduzione di Anna Bissanti

    FONTE: La Repubblica, MARTEDÌ, 09 AGOSTO 2011
    Ultima modifica di Amalie; 22-09-11 alle 00:42

  5. #75
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    Tutta colpa di Venere e Mercurio.

    La Stella Fiammeggiante produce sempre scompiglio.


  6. #76
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    A proposito del keynesiano Krugman.

    Articolo pubblicato in tempi non sospetti:

    La Barbarie Keynesiana

    Tra le varie forme di governo economico possibile, a partire dal "non governo" del laissez faire, oramai estinto da oltre un secolo, e passando attraverso gradi diversi di interventismo istituzionale fino al socialismo puro, il keynesianesimo si pone giusto un passo prima del socialismo. Ne rappresenta l'anticamera.

    Propugnato da economisti "illuminati", mancati o falliti ingegneri meccanici, il loro sogno è sempre stato quello di poter dirigere l’azione umana come grandiosi burattinai che mai dimenticano di far pagare un salatissimo biglietto ai loro beneamati pupazzetti. Che non si tocchi il pubblico non pagante in sala. Gli spettatori di supporto chiamati a godersi lo spettacolo sono infatti rappresentati dalle lobby che essi generalmente difendono o rappresentano e da cui sono lautamente ingaggiati.

    Decaduti con la crisi degli anni settanta dal trono dirigista, sul quale per anni avevano elargito consigli economici fino al disastro stagflazionista da loro stessi causato, adesso stan tornando di moda, guidati dal nuovo paladino premio Nobel Krugman, e han cominciato a strillare da tutte le cattedre. Quelle non gli sono mai mancate, neanche qua, per non dire soprattutto, nel nostro paese.

    Approfittano in maniera quasi indegna della crisi per riproporre le loro ricette di sempre, fallite ad ogni ricorrenza storica nel peggiore dei disastri e destinate a fallire ancora nel prossimo grande disastro che probabilmente gli arriverà dritto in fronte come la crisi degli anni Settanta. E come allora si ritroveranno a grattarsi il capo senza spiegazioni plausibili.

    Il keynesianesimo quindi impazza, e i keynesiani impazziscono al nuovo sogno di salvare l’economia dalla barbarie e spingere la civiltà verso nuove vette di meraviglioso progresso economico. Quello consegnatoci dallo stesso Keynes, assassino ufficiale del liberismo e del laissez faire, autore del più grande salto nel vuoto nella storia della teoria economica.

    Dietro tante chiacchiere costruttiviste, cercano solo di difendere le posizioni di vecchi parassiti o di aprirne di nuove, favorendo il sorgere di nuove e ben più solide oligarchie (possibilmente statali).

    Il loro mezzo è semplice: la fallacia economica populista mirata a castrare il processo competitivo del libero mercato e con esso la capacità di distribuire (e in taluni casi anche di togliere) la ricchezza secondo l'unico processo che sia possibile definire "giusto": quello che sotto norme di condotta uguali per tutti premia particolarmente l'abilità (e la fortuna) dei migliori e che nel complesso è di beneficio per l'intera collettività, perchè i risultati dei molteplici processi di scoperta imprenditoriale presto o tardi apportano benefici per tutti quanti, anche i più deboli, incapaci, e sfortunati.

    I keynesiani non sono capaci di andare oltre la tecnica. Sono incapaci di vedere, comprendere apprezzare, l’azione umana. Persino il premio Nobel Krugman non riesce a capire la teoria del capitale e quindi la struttura del capitale. Per i keynesiani l’economia è rappresentata da un mondo piatto con quattro modelli e qualche curva, tiri su qua e tiri giù là e tutto torna nel magico equilibrio del mondo che non esiste.

    Se i calcoli fatti non tornano basta spostare qualche altra curva, imporre dei prezzi, razionare il cibo, e in men che non si dica, finalmente tutto funzionerà nuovamente. Saremo infatti magicamente approdati a una nuova forma di socialismo, quella che ancora non sono mai riusciti a raggiungere! Quella di un equilibrio di qualcosa che è morto e neanche si muove più.

    I keynesiani sono non a caso pericolosi consiglieri per potenziali e ancora più pericolose dittature. D’altronde lo stesso Keynes ammetteva esplicitamente come la sua teoria potesse essere funzionale a un regime totalitario più che a un sistema di libero mercato. Neokeynesianesimo per neodittature, appunto.

    Qualcuno pare cogliere nel nostro modo di diffondere le idee della scuola austriaca di economia una certa supponenza. Di certo i toni non sarebbero gli stessi se quelle idee avessero il supporto minimo della propaganda di regime tra le masse, totalmente ignare che l'economia austriaca è l'unica che si pone a difesa dei loro risparmi, del loro "diritto" alla deflazione dei prezzi, e del loro capitale sudato ma costantemente depredato.

    In ogni caso prima di emettere un qualsiasi giudizio in merito sui nostri modi di diffondere idee di libertà, da recepire più come segno di protesta verso il qualunquismo economico spaventoso che caratterizza i nostri tempi, dovreste fare prima due chiacchiere con un keynesiano. Al confronto un ingegnere che si è messo in testa di costruire un ponte per collegare il Portogallo direttamente con New York, sembrerebbe un umile e quasi credibile essere raziocinante, ben degno di essere ascoltato.

    Perlomeno l’economista austriaco non ha la supponenza di imporre ricette, di tirare i fili, di spostare le curve, di prendersi in mano il destino dell’economia e delle interazioni individuali, abilmente manipolate. Egli guarda prima di tutto alla libertà, alla difesa dall’aggressione istituzionale verso il proprio reddito, verso il proprio risparmio, verso il proprio lavoro, qualunque esso sia, in senso lato verso la propria azione imprenditoriale quotidiana, sempre disattesa quando non costituita in lobby colluse con il potere istituzionale e protette dallo stesso.

    L'austriaco come Socrate sa solo una cosa: di non sapere. Il processo di libero mercato, di cui è fautore, in un contesto di norme di condotta uguali e chiare per tutti, è infatti sempre imprevedibile. Il keynesiano invece si propone come l’illuminato che tutto sa. Sa come aumentare la domanda, come diminuire l'offerta, come elasticizzare un prezzo, come ottimizzare il saggio di profitto, perchè tutto stia e rientri perfettamente nel magico equilibrio di un mondo meraviglioso e incantato. Dove ovviamente il fine è sempre lo stesso: socializzare le perdite e distribuire i profitti tra gli amici dirigisti (privati o statali che essi siano), altrettanto illuminati, e sempre graziati per decreto da qualche sacrosanto privilegio.

    Soprattutto, quindi, il keynesiano sa sempre bene quanto confiscare e come confiscare. Per lui il popolo è un gregge da tosare, in qualunque circostanza. Soprattutto durante la crisi. In questo Keynes fu geniale: nel capire cioè come tosare il popolo attraverso la confisca inflazionistica. I keynesiani (o chi per essi) prima fanno i danni con le loro ricette a base di steroidi anabolizzanti, poi quando arriva il costo da pagare hanno la ricetta curativa sempre pronta: si tosi il largo pubblico, un tot a testa e magari neanche se ne accorgono.

    Inflazione!, suggerì keynes negli anni trenta quando l'inflazione, sotto un sistema monetario onesto, ancora non era possibile. Un po’ di inflazione non farà male a nessuno. E così facendo, nel corso dei decenni, a poco a poco ci hanno rubato tutti i risparmi, e anche l'anima, gettando la società in un consumismo sempre più sfrenato e insostenibile la cui colpa viene oggi attribuita con una faccia di tolla che non ha eguali a un liberalismo che neanche esiste. Magia invece del keynesianesimo dove gli effetti inflazionistici sono sempre più malignamente pervasivi e i burattini sempre cornuti e mazziati.

    I keynesiani poi hanno una paura tremenda del laissez faire per per un semplice motivo: in un mondo del laissez faire si ritroverebbero tutti disoccupati. A cosa serve un keynesiano in una economia liberale? A niente. Non avrebbe più burattini da muovere, corde da tirare, e curve da spostare o consigli da elargire al fuhrer di turno. La meravigliosa armonia economica dei processi imprenditoriali penserebbe già a tutto quanto e in maniera molto più efficiente della sua piccolissima e limitatissima mente ingegneristica. L'informazione è sempre dispersa tra milioni di individui, il keynesiano pretende di interpretarla tutta, anticiparla, muoverla a suo piacimento. E in questo ambiziosissimo compito fallisce sempre.

    I keynesiani lanciano anche accuse mendaci. Parlano di Greenspan come fautore del laissez faire in finanza, quando invece come scritto e ripetuto anche nel libro, Greenspan non è stato altro che il banchiere socialista per eccellenza, inevitabile stregone di tutte le bolle.

    L’uomo è stato osannato dal pianeta per avere imposto all'economia mondiale la più straordinaria e mostruosa gestione socialista del denaro creato dal nulla. Solo quella gestione, risoltasi nella più aberrante distorsione dei tassi di interesse di tutti i tempi, ha potuto moltiplicare il denaro nella più grande inondazione di credito che il mondo avesse mai sperimentato. Al limite un laissez faire truffaldino ben congegnato e costruito sulla gestione centralizzata per eccellenza del denaro di carta e del credito elettronico. Come sempre. Nei regimi socialisti, tutti rigano dritti tranne quelli che dirigono e i loro amici di merende, abbandonati invece al laissez faire più sfrenato.

    Niente a che vedere con un sistema laissez faire avevano infatti le mancate supervisioni sulla creazione della bolla immobiliare e del mostruoso fungo termonucleare rappresentato dai derivati che la ha accompagnata. Strumenti invece ben accolti da tutti quanti i sostenitori della crescita perpetua. Probabilmente keynesiani compresi, visto che non ricordiamo proteste particolarmente indignate di qualche keynesiano tra il 2001 e il 2003.

    Senza derivati Greenspan non avrebbe potuto salvare il mondo dalla crisi di 4 anni fa. Lui ci riuscì e fu osannato. E tutti ben felici chiudevano gli occhi davanti alla mostruosità che andava prendendo forma e che avrebbe minacciato di divorarsi il pianeta intero. Ricordiamo invece più di qualche anatema al nostro banchiere centrale, reo di non aver saputo osare altrettanto come Greenspan, portando i tassi all'1%.

    Non mancanza di regole, ma mancanza di senno. Da parte di tutti quanti quei supervisori compiaciuti insieme al Grande Maestro di un Esperimento Economico che sembrava destinato a funzionare in eterno.

    La banca centrale, dicono i keynesiani, opera nell’interesse della collettività, Greenspan aveva solo esagerato, invece Bernake sta facendo bene. Non vogliono spiegare che il conto del fallimento del sistema finanziario Bernanke a qualcuno lo deve pur far pagare, e se non lo farà pagare per quanto possibile al sistema finanziario di cui nasconde il fallimento tecnico, lo dovrà far pagare ancora una volta alla povera gente. Come fece Keynes negli anni trenta.

    La fortuna di Keynes fu che il socialismo da lui propugnato negli USA, venne anticipato dai vari nazionalsocialismi europei. Cinquanta milioni di morti lo salvarono dall'accusa defiintiva di eretico economico che aveva sviato la teoria economica dalla retta via, che aveva fatto confiscare l'oro ai propri cittadini, che aveva gettato gli USA in una crisi di quasi venti anni dalla quale essi uscirono grazie al massacro europeo cercato e voluto da gente ancora più folle.

    Ancora ad oggi i keynesiani illuminati che premono costantemente verso il ritorno alla barbarie che essi stessi hanno la presunzione di evitare, non han capito che l’interazione umana non sempre è barbarie. Nella barbarie vera l'uomo è stato sempre e solo spinto dai propri leader, a loro volta guidati dai loro consiglieri economici, con le loro guerre, e le loro prevaricazioni e sfruttamenti, e molto spesso in nome del benessere collettivo.

    L’essere umano civile, progredito, per quanto egoista, sa che è suo interesse operare in un ambiente pacifico dove sono preservate le libertà economiche, dove sono rispettati i contratti, e dove lo scambio volontario, e non quello imposto, è di beneficio a entrambe le controparti.

    Quelle società o quei gruppi sociali che non l’hanno capito non a caso rimangono indietro, affossano le proprie popolazioni nel regresso economico e sociale e per non estinguersi a colpi di mazzate reciproche nella barbarie che si sono autoimposti, non possono che ricorrere alla violenza verso l'esterno, per cercare di prevaricare e sfruttare nuovi soggetti. I paesi civili dovrebbero solo unirsi tra di loro per respingere queste aggressioni e lasciare i gruppi sociali che non rispettano le libertà e i contratti, entro i loro confini, a ridimensionarsi per legge di natura, fino eventualmente a sparire da questo pianeta.

    I keynesiani non sanno (perchè tanto la teoria degli altri neanche la approfondiscono) che anche l'economia austriaca prevede il caso della cosiddetta "secondary depression", quella spirale negativa in cui, ormai in preda al panico, le azioni individuali e il mondo economico rischiano la paralisi. Non comprendono come la solida teoria dell'economista austriaco sia incentrata sulla prevenzione del danno, non sulla cura dello stesso. In assenza di interventismo istituzionale il danno non emerge neanche se non in quei piccoli errori quotidiani, sempre commessi dall'imperfetto essere umano e curati sempre dal processo spontaneo del libero mercato. Come si dice in tanti altri casi, infatti, prevenire è sempre meglio di curare. Quanto è successo semplicemente non doveva accadere, e negli ultimi anni solo gli austriaci hanno saputo opporsi con la teoria alla follia monetaria causata dal dirigismo di Greenspan. Così come si sono sempre opposti alla follia dell'intervento statalista di ogni tipo e di ogni tempo.

    Per quanto il mercato sia in grado di curare le situazioni di trial ed error quotidiane, di fronte a una crisi tragica come quella a cui si è sottoposti adesso, si può anche cercare di studiare un rimedio efficace, di modo da ripartire il danno causato dai precedenti ingegneri sociali nella maniera più morbida per tutti, dove tuttavia a pagare siano soprattutto quelli che hanno sbagliato. Ma non è questo che vuole il keynesiano.

    Dopo oltre 70 anni dall’opera di Keynes, i keynesani chiamano oggi con le loro ricette un’altra barbarie. Vogliono imporre al mondo intero il loro nuovo dirigismo economico. Scaricare interamente sulla gente comune tutti i costi degli errori compiuti dagli eredi in disguise del loro maestro, mascherati di volta in volta da monetaristi, da statalisti, da interventisti. Con loro il socialismo del XXI secolo rischia di essere una realtà. E con esso, ripetiamo, la perdita delle nostre libertà.

    La Barbarie Keynesiana - Usemlab.com
    Ultima modifica di GNU-GPL; 22-09-11 alle 00:53

  7. #77
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    non si possono unire i thread che trattano dello stesso argomento??? pls

  8. #78
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    siete peggio dei gatti neri ****

    Parigi -4.80%
    Francoforte -4.18%
    Londra -4.80%
    Zurigo -2.88%
    Milano -3.65%
    Ultima modifica di zlais; 22-09-11 alle 13:23

  9. #79
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    "se stacchi la spina del frigorifero .. la merce va a male ." repapelle:repapelle:iaociao:


  10. #80
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    Predefinito Rif: Standard&Poor's declassa l'Italia Ma piazza Affari sale: +0,82%

    Citazione Originariamente Scritto da zlais Visualizza Messaggio
    siete peggio dei gatti neri ****

    Parigi -4.80%
    Francoforte -4.18%
    Londra -4.80%
    Zurigo -2.88%
    Milano -3.65%
    beh... ma noi siamo solo quartultimi in graduatoria di sfiga :giagia::giagia:

 

 
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