Amici dei terroristi di Hamas, amici dei terroristi di Prima Linea, amici dei clandestini, dei centri sociali. Da Vauro, il vignettista braccio ar*mato di Santoro, a Pisapia, candidato sin*daco di Milano e uomo, politicamente par*lando, di Nichi Vendola, è tutto un emerge*re e riemergere di brutte frequentazioni nello schieramento più ferocemente anti*berlusconiano. Non è una novità assoluta. Intellettuali ora riveriti, direttori di grandi giornali portati in palmo di mano dalla classe politica e finanziaria, arrivano pro*prio da quell’ambiente che trent’anni fa vo*leva abbattere lo Stato con le spranghe e con le pistole (e che oggi teorizza la morte di Israele).
Adesso siedono nei consigli di amministrazione delle società che da gio*vani bersagliavano di molotov, non schifa*n*o i soldi e la notorietà che offre loro la tele*visione di regime (la Rai). Nascondono il loro passato, si offrono a pubblico ed eletto*ri come moderati, salvo poi agire da inte*gralisti quali sono. È contro questi signori e la loro ipocrisia che Silvio Berlusconi scese in campo di*ciott’anni fa. Se non fosse stato per quell’az*zardo, oggi in Italia comanderebbero i fir*matari del manifesto che mandò a morte il commissario Calabresi, il cui assassino Adriano Sofri tutt’oggi è riverito e stimato. Comanderebbero gli amici degli assassini del giudice Alessandrini, come Pisapia, che addirittura aspira a guidare Milano.