La celebrazione dell’Unità d’Italia e l’attualità della questione nazionale



di Lorenzo Dorato

Riflessioni oltre la retorica risorgimentalista, gli sciossionismi leghisti e il nichilismo nazionale.

Da alcuni giorni ai lati di molte strade di Roma, appese ai muri dei palazzi, sventolano bandiere tricolori italiane. Si avvicina il 17 Marzo (domani), la contestatissima data infine stabilita come festa nazionale una tantum per celebrare il 150esimo anniversario della proclamazione del Regno d’Italia avvenuta il 17 Marzo del 1861 a seguito dell’annessione da parte dello Stato Piemontese di gran parte dei territori della penisola.

E’ davvero difficile festeggiare questa data, darle un valore reale e una forza simbolica positiva e unificante per due ragioni: la prima è che si tratta effettivamente di un richiamo immediato all’unità nazionale per come storicamente si è determinata, ovvero, contro le stesse attese e speranze dei patrioti del tempo, attraverso una sostanziale operazione di tipo colonialistico di uno Stato a danno di un altro Stato, dello Stato sabaudo a danno, in primis, del Regno delle due Sicilie.

La seconda ragione per cui è difficile estrarre valore e forza simbolica dalla festa è il suo essere stretta in modo angusto tra, da una parte, le apologie risorgimentaliste patriottarde (nelle versioni di destra e di sinistra), spesso provenienti per giunta da chi questa patria l’ha svenduta, vilipesa e umiliata per seguire le direttive capitalistiche imperiali che ne hanno voluto lo smantellamento e la distruzione del sistema socio-economico; dall’altra i venti scissionisti e anti-nazionali leghisti e insieme i federalismi tanto alla moda non solo in casa Lega, ma in tutto l’arco parlamentare (basti vedere chi votò il federalismo fiscale alla sua prima approvazione alla camera).

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