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Discussione: unità arcaica italica

  1. #1
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    Predefinito unità arcaica italica

    PREFAZIONE dottor Augusto Lancillotti al saggio "la lingua degli umbri!
    di Francesca Pinna JAMA EDIZIONI


    Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all ‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con L ‘apporto safino) pian piano fino all’italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’italia fu una realtàculturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica,
    Ma perché non si è parlato di Umbri sino ad oggi? Per una serie di ragioni, tutte legittime, ma ormai tutte superate. in primo luogo perché gli studiosi del settore sono riusciti a comprendere in modo pressoché definitivo e sicuro i testi umbri antichi solo negli ultimi trent’anni, e solo dagli anni Settanta hanno raggiunto la certezza dell’importanza e dell’originalità della cultura umbra (prima si tendeva ad interpretare i contenuti delle tavole come influenzati dalla romanità); poi perché alle pur solide con getture che i contenuti delle Tavole di Gubbio avevano suggerito mancava il supporto documentale dei reperti archeologici, in genere scarsissimi per l’ambiente umbro pre-romano. Oggi però va detto che le cose stanno cambiando. Anzitutto perché con il Convegno Internazionale sugli Antichi Umbri, tenutosi a Gubbio nel mese di settembre 2001, si è manifestato il consenso generale degli studiosi di tutto il mondo intorno alla significatività ed originalità di questa cultura; in secondo luogo perché l’archeologia sta scoprendo importantissime testimonianze materiali della vita di comunità umbre risalenti al secondo millennio a. C. (gli attuali scavi a Colle i mori di Gualdo Tadino, a cura della Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, raccontano di una città umbra fondata due-tre secoli prima di Roma e prima di tante altre città greche ed etrusche che si riteneva fossero le più antiche in italia); ed infine perché si sono cominciate a rivalutare le testimonianze degli storici antichi (fondamentale è il recente libro di Andrea Carandini, La nascita di Roma), sino a qualche anno fa tenute in poca considerazione a causa della tendenza al gusto del mito che spesso le caratterizza.
    il libro di Francesca Pinna viene ad inserirsi in questo quadro di sviluppo delle nostre conoscenze sull ‘antico mondo italico pre romano, portando un ‘importantissima tessera al mosaico che si viene ricostruendo. E chi, come me, si occupa di recuperare i possibili resti linguistici dello strato prelatino sopravvissuti nei toponimi dell’italia centrale, nelle voci dialettali ed in quelle che hanno avuto la sorte di trovar posto nel lessico della lingua standard, oggi, grazie a questo lavoro, dispone di un repertorio di caratteri morfologici “targati umbro antico, ” per recuperarle al proprio legittimo proprietario,anche il patrimonio di quella cultura umbra che sta alle radici stesse del mondo romano.






    “La lingua degli Umbri”

    Viene presentato nel pomeriggio di domani, mercoledì 24 settembre, alle 18.30, a Gubbio, al Centro Servizi Santo Spirito, il volume “La Lingua degli Umbri”, di Francesca Pinna. La manifestazione è inserita nell’ambito del convegno “La Città Italica”, organizzato dall’Istituto di Ricerche e Documentazione sugli Antichi Umbri (IRDAU) e in programma da giovedì 25 al 27 settembre sempre a Gubbio. “Il lavoro di Francesco Pinna colma un vuoto che penalizzava sinora la nostra conoscenza della lingua antica: l’assenza di uno studio dedicato espressamente alla morfologia storica di questa lingua. Si tratta di uno studio storico che si pone nell’ottica di rispondere a domande come: ‘In che modo i parlanti sono arrivati a formare la parola X? Che rapporti ha questa forma con le altre concorrenti del sistema? In che relazione si pone questa forma con quelle coeve in circolazione nell’Italia mediana?’” –spiega il prof. Augusto Ancillotti, presidente dell’IRDAO che, insieme a Paolo Poccetti, presenterà il volume. “La Città Italica” è il tema del secondo convegno sugli antichi umbri e rappresenta un appuntamento biennale dell’Istituto, che esordì nel 2001 con un incontro internazionale sul tema: “La lingua degli umbri nell’Italia mediana”; iniziativa che ha riscosso uno straordinario successo portando alla luce, con il contributo di ricercatori e studiosi italiani e stranieri, il ruolo degli umbri nella cultura dell’antica Roma. Ai lavori del convegno parteciperanno glottologi ed archeologi italiani e stranieri, tra i quali i professori Gerard Capdeville (Università della Sorbona – Parigi), Brent Vine (Università di Los Angeles), Luciano Agostiniani e Mario Torelli (Università di Perugia) e sarà l’occasione per un confronto diretto e immediato di ricercatori e studiosi sulle origini del mondo civico nella terra umbra e le sue influenze culturali.

    Perugia, 23 settembre 2003
    Ultima modifica di acchiappaignoranti; 20-04-10 alle 10:48
    furono i riti italici ad entrare in grecia, e non viceversa.

    Platone, "libro delle leggi"

  2. #2
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    Ottimo acchiappa.
    Dedicato a quelli che credono che l'unità sia una cosa a partire dal 1861...
    Preferisco di no.

  3. #3
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    Predefinito Rif: unità arcaica italica

    Citazione Originariamente Scritto da Miles Visualizza Messaggio
    Ottimo acchiappa.
    Dedicato a quelli che credono che l'unità sia una cosa a partire dal 1861...
    sono quì per servire
    furono i riti italici ad entrare in grecia, e non viceversa.

    Platone, "libro delle leggi"

  4. #4
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    Predefinito Rif: unità arcaica italica

    Riprendo un vecchio post del buon acchiappaignoranti:


    l'italia era già un' entità consolidata in epoca arcaica

    -arte performativa -arte e sacralità sono collegate non solo dai temi ma anche dallo spazio ben delimitato della penisola italiana-

    ettore m.de.juliis. i fondamenti dell'arte italica- manuali didattici ed la terza

    jèromè Carcopino

    : epoca arcaica e coscienza italiana

    "Quando sorse una coscienza italica » scrive Jéròme Carcopino , « essa si colorò di pitagorismo. Fin dalla sua costituzione, il pitagorismo è italiano. Eredi di tale solidarietà, i romani" .


    dottor Franco Cavazza - uno dei massimi esponenti didattici odierni di indoeuropeistica

    " tutta la facies sub'appennica italiana e dell'italia settentrionale
    dalla transpadana centro orientale,produce e risente di una stessa e vasta koinee ed osmosi culturale espansa in tutta l'area dell ' italia peninsulare sino alle isole lipari"

    "appare sicuro quindi che i latino italici fossero già presenti nel secondo millennio avanti cristo, per via della simbiosi italico-etrusco-romana si dimostra che la latinizzazione dell'italia è preromana, e la cultura italico-latina è già presente ed è anche d'importanza rilevante in tutta l'italia
    previllanoviana nel secondo millennio ".



    (44) P. Catalano , Appunti, cit., pp. 11 n. 2, 8, 16,18. , sarebbe stata proprio la particolare condizione di alcune comunità della Gallia Cisalpina a contribuire "a spiegare come l'Italia, nell'ideologia politica di Catone, trovasse il suo confine naturale alle Alpi", Ibid. p.17.

    mi fermo quì, non voglio tediare il forum, anche perchè il materiale accademico consultabile sarebbe assai "crasso" con centinaia di riferimenti


    http://forum.politicainrete.net/dest...tml#post445956
    Ultima modifica di Miles; 22-04-10 alle 14:35
    Preferisco di no.

  5. #5
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    Predefinito Rif: unità arcaica italica

    Verissimo , si riferisce alla fase protovillanoviana ...

    Però c'è da dire che tutto il nord-ovest (Piemonte,Lombardia,Liguria) + gran parte della Sicilia (dove è documentata una sola necropoli protovillaviana , vale a dire Milazzo) nonchè la Sardegna (che con i protovillanoviani aveva solo rapporti commerciali) non hanno fatto parte di questa unificazione . :giagia:

    tutta la facies sub'appennica italiana e dell'italia settentrionale
    dalla transpadana centro orientale,produce e risente di una stessa e vasta koinee ed osmosi culturale espansa in tutta l'area dell ' italia peninsulare sino alle isole lipari"
    appunto solo in veneto , in lombardia e piemonte si svilupparono le culture celtiche (proto-lepontiche) di canegrate/golasecca . In queste regioni i primi italici che ci misero piede furono i romani nel III sec a.C. , ed erano armati
    Ultima modifica di Geiserich; 22-04-10 alle 15:44

  6. #6
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    Predefinito Rif: unità arcaica italica

    Citazione Originariamente Scritto da Geiserich Visualizza Messaggio
    appunto solo in veneto , in lombardia e piemonte si svilupparono le culture celtiche (proto-lepontiche) di canegrate/golasecca . In queste regioni i primi italici che ci misero piede furono i romani nel III sec a.C. , ed erano armati
    Per il Veneto, realtà che conosco meglio, posso dirti tranquillamente che i Celti eran più scorridori che insedianti . Il Veneto (regione) preRomano è in primis Veneto (popolo) con influenza Etrusca (Adria , Reti).

    Per quel che concerne il rapporto Roma-Veneti:

    L’arco cronologico va dalla ne del III secolo a.C., epoca a cui sembrano risalire i primi contatti fra Roma
    e i popoli dell’Italia nordorientale, e la calata dei Quadi e dei Marcomanni, tribù di stirpe germanica che
    nel 167 d.C., durante la diarchia di Marco Aurelio e Lucio Vero, invasero l’Italia distruggendo Opitergium
    (Oderzo) e assediando Aquileia. I Veneti, i cui contatti con i Romani risultano documentati quantomeno
    a partire dalla ne del terzo secolo, furono sempre in buoni rapporti con Roma, e questo risulta in modo
    esplicito dalle fonti letterarie che li citano come alleati dell’Urbe nei più importanti eventi bellici del
    tempo.


    - Guerra gallica (225-222 a.C.). Nel catalogo polibiano dei milites messi a disposizione dei Romani dagli alleati alla vigilia della guerra gallica del 225-222 a.C., i Veneti compaiono con un contingente di circa
    10.000 uomini.

    - Guerra annibalica (218-201 a.C.). Durante la guerra annibalica, Asconio Pediano, un veneto dell’aristocrazia di PATAVIUM (Padova), si distinse nelle operazioni condotte da Marco Claudio Marcello sotto le
    mura di Nola, durante l’assedio cartaginese della città.

    - Guerra sociale (90-88 a.C.). Nella guerra sociale (dai socii, alleati), i Veneti rimasero a anco dei Romani, come risulta da alcune interessanti testimonianze epigrache. Una doppia serie di ghiande mis-
    sili, con iscrizione, rispettivamente, venetica e romana (Opitergin(orum), degli Opitergini) fu scagliata
    da un reparto di frombolieri (FUNDITORES) provenienti da Oderzo (Opitergium) durante l’assedio di
    Asculum (Ascoli Piceno).

    - Un altro genere di proiettile, una sorta di campana di piombo con due iscrizioni venetiche, fu lanciata
    da un librator, probabilmente di Ateste (Este), contro qualche reparto di insorti presso Montemanicola
    (L’Aquila), nel territorio degli antichi Vestini.
    Negli anni successivi alla fondazione di Aquileia, ulteriori prove dei buoni rapporti tra i Romani e i populi
    insediati a cavallo delle Alpi orientali si possono desumere sia dall’appoggio fornito ai Romani da un
    contingente di 3.000 Galli (forse Carni orientali) in occasione della seconda guerra macedonica , sia
    dagli aiuti militari offerti ai Romani dai Galli soggetti al regulus Balano in occasione della terza guerra macedonica (171-168 a.C.). L’espansione romana nel settore nordorientale della Transpadana avvenne,
    nella prima metà del II sec. a.C., soprattutto attraverso azioni diplomatiche e grazie all’antica alleanza
    con i Veneti, certamente anteriore al 225 a.C., alla quale si aggiunsero gradualmente quelle con le
    popolazioni alpine.

    http://www.latinitas.altervista.org/pdf/storia03.PDF
    Ultima modifica di Miles; 22-04-10 alle 15:58
    Preferisco di no.

  7. #7
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    Predefinito Rif: unità arcaica italica

    Citazione Originariamente Scritto da Miles Visualizza Messaggio
    Per il Veneto, realtà che conosco meglio, posso dirti tranquillamente che i Celti eran più scorridori che insedianti . Il Veneto (regione) preRomano è in primis Veneto (popolo) con influenza Etrusca (Adria , Reti).
    Si lo so , il Veneto era parte integrante della "koinè italica" che si instaurò con il diffondersi della cultura protovillanoviana , dicevo solamente che non tutte le regioni dell'odierno stato italiano erano parte di questa unione pan-italica

    Grosso modo la situazione italiana nella tarda età del bronzo era la seguente (precisazione : i ProtoVillanoviani erano gli Italici) :



    "Per quel che riguarda il settentrione italiano, appartengono alla facies protovillanoviana la facies funeraria di Fontanella (suddivisa nel gruppo di Ascona, della Ca' Morta e di Bismantova), e le facies metallurgiche transpadana occidentale (gruppi Dora-Ticino e Adda-Olona), (NOTA : Più che di protovillanoviani qui si parla di Golasecchiani , cmq non di italici ) transpadana centrale (gruppi di Fontanella, del Garda, di Angarano e dell'Adige). In quest'ultimo caso, Adige, il territorio corrisponde al rituale funebre della facies di Luco (non protovillanoviano): questo può essere preso come l'esempio di due facies funerarie distinte (Luco e Fontanella) che hanno un'unica facies metallurgica.
    Nella zona transpadana orientale la facies protovillanoviana è presente nella pianura del Veneto e del Friuli, che per questo periodo ha poche testimonianze. La medesima cosa si può dire per la zona dell'attuale Emilia-Romagna.

    Per il centro Italia, tutte le testimonianze archeologiche di questo periodo sono relative al concetto di protovillanoviano. A livello funerario però il territorio si divide in due aree: quella medio-tirrenica (con elaborate caratteristiche del rito, vedi elmi-coperchio, corredi miniturizzati ecc) e quella che abbraccia il resto dell'Italia centrale, in accordo con il Nord e buon parte del Sud, che ha un rituale più sobrio, testimoniato dall'unica necropoli del periodo, Pianello di Genga (AN).
    Per il livello metallurgico, si può definire una facies medio-tirrenica, divisa in 5 gruppi: Tolfa-Allumiere e Roma-Colli Albani (rispettivamente Lazio settentrionale e centrale a sud del Tevere), Terni (Umbria merid. e Abruzzo sud-occ.), Fucino (Campania sett.) e Volturno (Italia merid.). Per il resto del centro Italia si hanno tre gruppi metallurgici: Trasimeno (Umbria centro sett. e Toscana merid. interna), Marecchia-Chienti (Romagna sud-orient. e Marche centro-sett. corisponde al territorio del rituale di Pianello) e Tronto-Pescara (Marche merid. e Abruzzo adriatico).
    Nella facies medio-tirrenica si è notata un'ulteriore distinzione in base ad alcune caratteristiche del rituale funebre, che vede 'contrapposti' il gruppo di Tolfa-Allumiere e quello di Roma-Colli Albani: l'uso dell'urna a capanna più tipico di Roma-Colli Albani, il biconico tipico in Tolfa-Allumiere, corredo in ceramica a Roma-Colli Albani e in pietra a Tolfa-Allumiere ecc.

    Anche per l' Italia meridionale si può asserire che la totalità delle testimonianze per il Bronzo Finale siano riconducibili alla facies protovillanoviana. La meglio nota è quella di Volturno (medio-tirrenica). "
    Ultima modifica di Geiserich; 22-04-10 alle 20:28

  8. #8
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    Predefinito Rif: unità arcaica italica

    Citazione Originariamente Scritto da acchiappaignoranti Visualizza Messaggio
    (fondamentale è il recente libro di Andrea Carandini, La nascita di Roma
    ce l'ho , bel libro si legge in fretta (110 pagine) e ben fatto (completo di mappe , piante , etc..)

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Geiserich Visualizza Messaggio
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    appunto solo in veneto , in lombardia e piemonte si svilupparono le culture celtiche (proto-lepontiche) di canegrate/golasecca . In queste regioni i primi italici che ci misero piede furono i romani nel III sec a.C. , ed erano armati

    Il processo parte con i significativi dati Neolitici e Calcolitici e vede poi una intensa e variata manifestazione nell'età del Bronzo (per più aspetti ne è il momento culminale) e del Ferro. In quest'arco temporale si registrano contatti con il centroeuropa, l'area occidentale, l'area balcanica e quella meridionale, ma matura anche e soprattutto un'identità centro-alpina. Un'identità che cominciamo a meglio intendere proprio nel confronto con l'l' onda etrusca italica e greca : a partire dalla fine del VII, inizio del VI secolo a.C. nell'area alpina penetrano influentemente fogge e concetti del mondo etrusco-padano, in progressiva grecizzazione e anche direttamente greco, attraverso gli empori di Spina e Adria ed il tramite della cultura reto-veneta. Da allora si notano forme di adattamento, di sincretismo, persine di abbandono (ad es. di molti rogl 11 votivi) ma emerge anche una continuità di tradizioni locale, di specificità alpina, che non verrà alterala drasticamente neanche dai successivi apporti celtici (che precedono La Tene del IV sec. a.C.) Si può anzi dire che proprio in virtù di una preesistente comunanza di fondo fra espressioni religiose continentali abbiamo il fenomeno di accoglimento e adattamento sincretistico: le radici comuni più vicine possono essere colte nel Brolinzo» Finale, con la cultura del Campi di Urne che interessò un area molto ampia e che è posta, grado diverso, alla base formativa di culture come la. villanoviana (etrusca) equelle parallele italiche, Ma radici forti più antiche e comuni sono già nell'età del Bronzo (II mili.) derivanti da un momento locale, disvolta, nel Calcolitico (tardo IV-III mili.), in vista complessa colonizzazione neolitica.

    greci latini e celti offrono alle alpi confronti più pertinenti e diretti e questi poi sfumano e riappaiono......

    tratto da - la sacralità della montagna



    Umberto Sansoni è responsabile del dipartimento ricerche valcamonica e lombardia del centro Camuno di Studi preistorici
    Ultima modifica di acchiappaignoranti; 23-04-10 alle 08:57
    furono i riti italici ad entrare in grecia, e non viceversa.

    Platone, "libro delle leggi"

  10. #10
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    Predefinito Rif: unità arcaica italica

    etrusco italici testimonianze e connessioni

    Enrico Benelli archeologo e ricercatore del c.n.r curatore delle principali publicazioni sulle iscrizioni etrusche (thesaurus linguae etruscae) curatore del museo epigrafico etrusconel sottosuolo di chiusi.





    "L’etrusco sembra a tutti gli effetti una lingua isolata. Al suo interno è possibile riconoscere, accanto a tutti quegli elementi che sono suoi propri, numerose presenze di lessico italico (con “italico” si intende la famiglia di lingue geograficamente più diffusa nella penisola, alla quale appartengono l’osco dei Sanniti, l’umbro, il sabino, e altre lingue), e addirittura morfemi italici, segno di una convivenza lunghissima sicuramente più che millenaria , a fianco delle popolazioni parlanti lingue italiche. Le uniche due lingue antiche a noi note che potrebbero essere imparentate con l’etrusco, sono in realtà ancora più problematiche per la estrema scarsità della documentazione, una di queste
    è il lemnio, documentato da meno di dieci iscrizioni ritrovate sull’isola di Lemno, nell’Egeo settentrionale, che secondo alcune fonti storiche antiche, prima della colonizzazione ad opera degli Ateniesi, era abitata da una popolazione definita pelasgi” (termine abbastanza vago con il quale la tradizione mitica greca indicava culture vicine a quella ellenica, compresi gli antenati di parte degli stessi greci). Il lemnio è di inquadramento quasi impossibile per la estrema scarsità delle iscrizioni; in una di queste (l’unica di una certa lunghezza)si possono individuare alcune assonanze con l’etrusco che sembrerebbero dare qualche risultato interpretativo utile.
    Uno degli aspetti più sorprendenti è l’assoluto isolamento del lemnio rispetto a tutte le lingue parlate in Asiaminore: né il frigio, né il lidio, né il licio, né il cario (lingue le cui scritture sono state in parte decifrate definitivamente solo negli anni del XX secolo, e che quindi solo di recente si sono cominciate ad analizzare in modo compiuto) hanno assolutamente nulla a che fare con il lemnio. La sua posizione resta dunque da capire; l’ipotesi che i "Pelasgi” di Lemno fossero pirati etruschi giunti dall'italia, che vi ebbero stabilito una sorta di Tortuga egea, è stata avanzata a più riprese anche con argomenti di un certo peso, ma necessita di ulterioriverifiche prima di poter essere definitivamente accettata. La seconda lingua che presenta legami con l’etrusco, in questo caso apparentemente abbastanza solidi, è il retico, documentato da une decine di iscrizioni ritrovate in val d’Adige e dintorni; questa occorrenza concorda con quello che raccontano le fonti storiche,secondo le quali i Reti sarebbero stati in origine una parte degli stessi Etruschi, che in epoche remotissime si erano spinti verso nord .
    furono i riti italici ad entrare in grecia, e non viceversa.

    Platone, "libro delle leggi"

 

 
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