L’inchiesta di Franchetti sulla Sicilia
25 maggio 2009
Nel 1876 due deputati italiani si recano in Sicilia per condurre un inchiesta sulle condizioni dell’isola. Erano Sidney Sonnino e Leopoldo Franchetti. Entrambi diventarono poi uomini di spicco della destra liberale. L’inchiesta venne pubblicata sotto il titolo “La Sicilia nel 1876″ ed è composta da due volumi. Il primo, curato da Franchetti, si intitola “Le condizioni politiche ed amministrative della Sicilia”; il secondo, curato da Sonnino, “I contadini in Sicilia”.
Del primo volume ho letto alcuni capitoli e ho deciso di suggerirvi alcuni passaggi di “sconcertante” attualità. Ecco cosa scrive Leopoldo Franchetti:
Estratto da “Condizioni politiche e amministrative della Sicilia/ I/ 1 – Palermo e i suoi dintorni”
“La prima impressione del viaggiatore che, sbarcato a Palermo, visita la città e i suoi dintorni ed ha occasione di frequentare anche in modo superficiale la parte educata di quella popolazione, è certamente una delle più grate che si possano immaginare.(…)Nei primi momenti, il nuovo venuto si lascia andare a quell’incanto di uomini e di cose, e sparisce dalla sua mente la memoria delle notizie e polemiche dei giornali, delle discussioni parlamentari, di tutto il rumore fatto intorno alla questione siciliana. Certamente, s’egli in quel momento s’imbarcasse e tornasse via, riporterebbe a casa, se non la convinzione, almeno il sentimento che tale questione non esiste, e che la Sicilia è il paese del mondo dove la vita è per tutti più facile e più piacevole (…).
(…) Le violenze, gli omicidi, pigliano le forme più strane. (…) Quali sono le ragioni di questa inaudita potenza di alcuni? Dov’è la forza che assicura l’impunità ai loro delitti? Si chiede se sono costituiti in associazioni, se hanno statuti, pene per punire i membri traditori: tutti rispondono che lo ignorano, molti, che non lo credono. Il paese non è dominato da alcuna setta segreta di malfattori. Non v’ha nulla di misterioso in questi delitti. Molti fra i loro autori sono, è vero, persone pregiudicate, che si nascondono alle ricerche della giustizia. Ma la giustizia è sola a non sapere dove sono. Peraltro, è di notorietà pubblica che il tale o il tal altro, persona agiata, proprietario, ittaiuolo di giardini, magari consigliere nel suo Comune, ha formato ed accresce il suo patrimonio intromettendosi negli interessi dei privati, imponendovi la sua volontà, e facendo uccidere chi non vi si sottometta. (…)
(…) E quella medesima classe abbiente che mostra una pazienza così mansueta di fronte ad un’accozzaglia di malfattori volgari, che riconosce in loro una forza da rispettarsi, e un interesse da tenersi in conto nelle relazioni sociali, si compone in parte della gente in Europa più gelosa dei privilegi e della potenza che dà, in Sicilia, ancora più che altrove, il nome e la ricchezza; più appassionatamente ambiziosa di prepotere; più impaziente delle ingiurie; più aspra nelle gare di potere, d’influenza ed anche di guadagno; più implacabile negli odi, più feroce nelle vendette, così di fronte ai suoi pari come di fronte a quei facinorosi, che sembrano padroni assoluti di tutto e di tutti nella provincia. (…)
(…) la violenza non è il solo mezzo usato per prepotere. In Palermo (…) l’uso delle astuzie e dei raggiri non è proscritto. (…) si sente raccontare che la tale o tal’altra persona influente in politica o nelle amministrazioni locali, ha a suo servizio il tale o tal altro capo mafia di Palermo o di un paese vicino, e per mezzo suo, una parte di quella popolazione di facinorosi per mestiere o per occasione, che infestano la città e i suoi dintorni; il che significa che da un lato egli potrà giovarsi del terrore ispirato da quella gente; che saranno al bisogno usati a suo vantaggio i mezzi i quali già servirono a spargere quel terrore; e che dall’altro, egli, in caso di bisogno, aiuterà e proteggerà questi suoi clienti (…)
(…) Si formano potenti associazioni d’interesse che s’insinuano e si impongono in tutte le faccende private e pubbliche (…)
(…) L’amministrazione governativa è come accampata in mezzo ad una società che ha tutti i suoi ordinamenti fondati sulla presunzione che non esista autorità pubblica (…)
(…) L’opinion pubblica è informata a questo sistema sociale extra legale, la massa della popolazione ammette, riconosce e giustifica l’esistenza di quelle forze che altrove sarebbero giudicate illegittime, ed i mezzi che adoperano per farsi valere; sicchè, per chi volesse mettersi dalla parte della legge, si aggiunge al timore delle vendette quello della disopprovazione pubblica, cioè del disonore. (…)
(…) si commettono i delitti i più palesi, senza che l’autorità pervenga a conoscerne gli autori. Tutti sanno chi sono, dove sono, ciò che fanno e ciò che faranno, e nessuno denunzia, nessuno porta testimonianza; nemmen l’offeso, il quale, se è abbastanza forte od ardito, aspetta di vendicarsi, se no si rassegna e tace. (…)
(…) Un funzionario che, prendendo la sua missione sul serio, cercando in buona fede, senza guardare ad altro, di far prevalere l’interesse generale, pigli un provvedimento savio, realmente utile, se, volendo o no, ha leso qualche interesse potente, si vede ad un tratto sorger contro una tempesta di pubblica opinione, nata non si sa come, venuta non si sa da dove. (…) Si sente rovesciare addosso una valanga di accuse le più ridicole, le più inverosimili; sente condannare e criticare al medesimo modo dalle medesime persone i suoi errori e i suoi provvedimenti più giusti e lodevoli (…)
(…) le liste dei numerosi ammoniti ed inviati a domicilio coatto della città di Palermo e suoi dintorni(17), sono, come del resto anche nel rimanente della Sicilia, empite in gran parte dai nomi di ladruncoli di campagna, di delinquenti minori, di tutta quella minutaglia(…) Se d’altra parte non mancano nomi di assassini pericolosi di basso grado, vi sono rari quelli di quei capi mafia, organizzatori di delitti, arricchiti coll’imporsi negli affari altrui, e diventati spesso col terrore, padroni assoluti di un intero Comune. E vi mancano quasi del tutto i nomi di quei prepotenti di alta sfera che sono cagione, principio e fondamento del vasto sistema di violenze sanguinarie che opprime il paese. V’è come una forza arcana, che protegge le loro persone e regge la loro influenza contro chiunque, e soprattutto contro l’autorità pubblica.(…)
(…) Qualunque Governo italiano ha l’obbligo di rendere la pace a quelle popolazioni e di far loro conoscere che cosa sia la legge, di sacrificare a questo fine qualunque interesse di partito od altro. Ma invece vediamo i Ministeri italiani d’ogni partito, dare per i primi l’esempio di quelle transazioni interessate che sono la rovina di Sicilia, riconoscere nell’interesse delle elezioni politiche quelle potenze locali che dovrebbero anzi cercar di distruggere. “
Il quesito è: 1876 o XXI secolo?
P.S: Un cardinale negli anni Sessanta affermò che la mafia era un’invenzione dei comunisti per denigrare la Democrazia Cristiana. Le parole che avete letto sono state scritte nel 1876, i comunisti in Italia non c’erano ancora. E poi, Sonnino e Franchetti erano della destra liberale.
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