La dignità della Catalogna
di Elena Marisol Brandolini
Aprileonline.info: La dignità della Catalogna
Dodici quotidiani catalani, un unico editoriale: un'iniziativa senza precedenti nella storia della democrazia e della stampa spagnola e catalana all'indomani delle prime indiscrezioni sui lavori conclusivi del Tribunale Costituzionale, chiamato a pronunciarsi sul ricorso d'incostituzionalità presentato dal Partido Popular tre anni or sono sul nuovo Estatut, secondo le quali la revisione della legge fondamentale della Catalogna operata dai giudici, cancellerebbe i tratti più innovativi e qualificanti della riforma del 2006
Questo il titolo dell'editoriale pubblicato oggi, in prima pagina, da 12 quotidiani catalani. Un'iniziativa senza precedenti nella storia della democrazia e della stampa spagnola e catalana, che ha visto protagonisti i giornali La Vanguardia, El Periódico de Catalunya, Avui, El Punt, Segre, Diari de Tarragona, La Mañana, Diari de Girona, Regió 7, El Nou 9, Diari de Sabadell, Diari de Terrassa. Presa all'indomani delle prime indiscrezioni sui lavori conclusivi del Tribunale Costituzionale, chiamato a pronunciarsi sul ricorso d'incostituzionalità presentato dal Partido Popular tre anni or sono sul nuovo Estatut, secondo le quali la revisione della legge fondamentale della Catalogna operata dai giudici, cancellerebbe i tratti più innovativi e qualificanti della riforma del 2006.
Un gesto salutato con favore dalla stragrande maggioranza della società civile e politica catalana, con l'adesione dei partiti al governo, PSC, ERC e ICV, e del principale partito d'opposizione, CiU, dei sindacati, UGT e CC OO locali, di alcune associazioni padronali e della Camera di Commercio di Barcellona, e dalle principali radio con sede in Catalogna (RAC1, Catalunya Ràdio e COM Ràdio). Giudicato invece dal quotidiano El Mundo, dal PP e dall'Associazione Professionale della Magistratura, come un'intollerabile ingerenza sull'operato del Tribunale Costituzionale. Accolto con interesse e rispetto dal presidente del governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero.
Così, la Catalogna, per un momento almeno, sembra riprendere voce all'unisono, per denunciare, col rigore e lo spirito democratico che le sono propri, le ripercussioni negative che, da una sentenza avversa all'Estatut, si scaricherebbero sul quadro di convivenza spagnolo, all'interno del quale si è sviluppata la storia democratica degli ultimi trent'anni.
Le notizie dello scorso fine settimana relative alle prime deliberazioni del Tribunale Costituzionale raccontavano di uno stravolgimento del testo statutario nei suoi punti chiave: la soppressione del termine "nazione" dal preambolo e perciò del riconoscimento dei simboli nazionali, la messa in discussione del diritto-dovere di conoscenza della lingua catalana, l'indebolimento delle relazioni bilaterali tra lo Stato e la Generalitat. Per alcuni giorni, un doppio sentimento di panico e fatalismo è sembrato impadronirsi della società catalana. Il confronto aperto nel supremo organo di giustizia pareva risentire del grave conflitto in corso tra PSOE e PP e della ravvicinata scadenza delle elezioni catalane.
Il Presidente della Generalitat, il socialista José Montilla, approfittava dell'insediamento dell'organismo di garanzia statutario, per rivendicare il patto politico siglato con l'Estatut. CiU minacciava il ricorso a rivendicazioni radicali, come l'accordo economico vigente nei rapporti tra i Paesi Baschi e lo Stato. Sullo sfondo, la celebrazione di referendum consultivi indipendentisti, previsti per il prossimo 13 di dicembre, in 161 municipi della Catalogna. L'ex-presidente della Generalitat, Jordi Pujol, raccontava, dalle pagine di El País di domenica, che i catalani risultano molesti, perché non coincidono col "concetto primigenio della Spagna, che è radicalmente castigliano", mentre loro ne hanno un'altra idea.
Poi, è arrivato l'appello sulla stampa catalana a far ordine nella vicenda, ripercorrendo l'iter democratico di approvazione dell'Estatut, esaminando il ruolo del Tribunale Costituzionale, denunciando i rischi di arretramento nella "maturità democratica di una Spagna plurale".
Perché, effettivamente, è singolare che un Tribunale Costituzionale sia chiamato a pronunciarsi su di una legge approvata dal parlamento spagnolo e da quello catalano e soprattutto ratificata in un referendum popolare con il 74% dei voti a favore.
Perché, l'organo deliberante in questione, si dibatte da tempo nell'impossibilità di essere rinnovato per il disaccordo tra governo e opposizione, ed è oggi ridotto da dodici a dieci componenti, quattro dei quali con un mandato già scaduto.
Perciò, dice la stampa catalana, in una retorica che appartiene alla cultura di questo paese: "Non confondiamoci, il dilemma reale è tra progresso o regresso... Non è solo in gioco questo o quell'articolo, è in gioco la propria dinamica costituzionale: lo spirito del 1977, che fece possibile la pacifica transizione."
Contro quelli che "continuano a percepire l'identità catalana (...) come il difetto di fabbricazione che impedisce alla Spagna di realizzare una sognata e impossibile uniformità....... In questi giorni, i catalani pensano, innanzi tutto, alla loro dignità; è bene che si sappia".
E conclude: "Che nessuna confonda, né interpreti male le inevitabili contraddizioni della Catalogna attuale. Non siamo davanti ad una società debole, prostrata e disposta ad assistere impassibile alla svalutazione della propria dignità... Non vogliamo presupporre un esito negativo e confidiamo nella probità dei giudici". Ma, "Se è necessario, la solidarietà catalana tornerà ad articolare la legittima risposta di una società responsabile".