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    Predefinito La dignità della Catalogna

    La dignità della Catalogna

    di Elena Marisol Brandolini

    Aprileonline.info: La dignità della Catalogna

    Dodici quotidiani catalani, un unico editoriale: un'iniziativa senza precedenti nella storia della democrazia e della stampa spagnola e catalana all'indomani delle prime indiscrezioni sui lavori conclusivi del Tribunale Costituzionale, chiamato a pronunciarsi sul ricorso d'incostituzionalità presentato dal Partido Popular tre anni or sono sul nuovo Estatut, secondo le quali la revisione della legge fondamentale della Catalogna operata dai giudici, cancellerebbe i tratti più innovativi e qualificanti della riforma del 2006

    Questo il titolo dell'editoriale pubblicato oggi, in prima pagina, da 12 quotidiani catalani. Un'iniziativa senza precedenti nella storia della democrazia e della stampa spagnola e catalana, che ha visto protagonisti i giornali La Vanguardia, El Periódico de Catalunya, Avui, El Punt, Segre, Diari de Tarragona, La Mañana, Diari de Girona, Regió 7, El Nou 9, Diari de Sabadell, Diari de Terrassa. Presa all'indomani delle prime indiscrezioni sui lavori conclusivi del Tribunale Costituzionale, chiamato a pronunciarsi sul ricorso d'incostituzionalità presentato dal Partido Popular tre anni or sono sul nuovo Estatut, secondo le quali la revisione della legge fondamentale della Catalogna operata dai giudici, cancellerebbe i tratti più innovativi e qualificanti della riforma del 2006.

    Un gesto salutato con favore dalla stragrande maggioranza della società civile e politica catalana, con l'adesione dei partiti al governo, PSC, ERC e ICV, e del principale partito d'opposizione, CiU, dei sindacati, UGT e CC OO locali, di alcune associazioni padronali e della Camera di Commercio di Barcellona, e dalle principali radio con sede in Catalogna (RAC1, Catalunya Ràdio e COM Ràdio). Giudicato invece dal quotidiano El Mundo, dal PP e dall'Associazione Professionale della Magistratura, come un'intollerabile ingerenza sull'operato del Tribunale Costituzionale. Accolto con interesse e rispetto dal presidente del governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero.

    Così, la Catalogna, per un momento almeno, sembra riprendere voce all'unisono, per denunciare, col rigore e lo spirito democratico che le sono propri, le ripercussioni negative che, da una sentenza avversa all'Estatut, si scaricherebbero sul quadro di convivenza spagnolo, all'interno del quale si è sviluppata la storia democratica degli ultimi trent'anni.

    Le notizie dello scorso fine settimana relative alle prime deliberazioni del Tribunale Costituzionale raccontavano di uno stravolgimento del testo statutario nei suoi punti chiave: la soppressione del termine "nazione" dal preambolo e perciò del riconoscimento dei simboli nazionali, la messa in discussione del diritto-dovere di conoscenza della lingua catalana, l'indebolimento delle relazioni bilaterali tra lo Stato e la Generalitat. Per alcuni giorni, un doppio sentimento di panico e fatalismo è sembrato impadronirsi della società catalana. Il confronto aperto nel supremo organo di giustizia pareva risentire del grave conflitto in corso tra PSOE e PP e della ravvicinata scadenza delle elezioni catalane.

    Il Presidente della Generalitat, il socialista José Montilla, approfittava dell'insediamento dell'organismo di garanzia statutario, per rivendicare il patto politico siglato con l'Estatut. CiU minacciava il ricorso a rivendicazioni radicali, come l'accordo economico vigente nei rapporti tra i Paesi Baschi e lo Stato. Sullo sfondo, la celebrazione di referendum consultivi indipendentisti, previsti per il prossimo 13 di dicembre, in 161 municipi della Catalogna. L'ex-presidente della Generalitat, Jordi Pujol, raccontava, dalle pagine di El País di domenica, che i catalani risultano molesti, perché non coincidono col "concetto primigenio della Spagna, che è radicalmente castigliano", mentre loro ne hanno un'altra idea.

    Poi, è arrivato l'appello sulla stampa catalana a far ordine nella vicenda, ripercorrendo l'iter democratico di approvazione dell'Estatut, esaminando il ruolo del Tribunale Costituzionale, denunciando i rischi di arretramento nella "maturità democratica di una Spagna plurale".

    Perché, effettivamente, è singolare che un Tribunale Costituzionale sia chiamato a pronunciarsi su di una legge approvata dal parlamento spagnolo e da quello catalano e soprattutto ratificata in un referendum popolare con il 74% dei voti a favore.

    Perché, l'organo deliberante in questione, si dibatte da tempo nell'impossibilità di essere rinnovato per il disaccordo tra governo e opposizione, ed è oggi ridotto da dodici a dieci componenti, quattro dei quali con un mandato già scaduto.

    Perciò, dice la stampa catalana, in una retorica che appartiene alla cultura di questo paese: "Non confondiamoci, il dilemma reale è tra progresso o regresso... Non è solo in gioco questo o quell'articolo, è in gioco la propria dinamica costituzionale: lo spirito del 1977, che fece possibile la pacifica transizione."

    Contro quelli che "continuano a percepire l'identità catalana (...) come il difetto di fabbricazione che impedisce alla Spagna di realizzare una sognata e impossibile uniformità....... In questi giorni, i catalani pensano, innanzi tutto, alla loro dignità; è bene che si sappia".

    E conclude: "Che nessuna confonda, né interpreti male le inevitabili contraddizioni della Catalogna attuale. Non siamo davanti ad una società debole, prostrata e disposta ad assistere impassibile alla svalutazione della propria dignità... Non vogliamo presupporre un esito negativo e confidiamo nella probità dei giudici". Ma, "Se è necessario, la solidarietà catalana tornerà ad articolare la legittima risposta di una società responsabile".
    Ultima modifica di Bèrghem; 27-11-09 alle 02:10
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  2. #2
    Mé rèste ü bergamàsch
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    Predefinito Rif: La dignità della Catalogna

    Partidos, sociedad civil y medios catalanes se adhieren al editorial Pro Estatut

    Partidos, sociedad civil y medios catalanes se adhieren al editorial Pro Estatut


    L'editoriale a difesa dello Statuto apparso sui 12 quotidiani catalani:

    La dignidad de Catalunya

    La dignidad de Catalunya

    Después de casi tres años de lenta deliberación y de continuos escarceos tácticos que han dañado su cohesión y han erosionado su prestigio, el Tribunal Constitucional puede estar a punto de emitir sentencia sobre el Estatut de Catalunya, promulgado el 20 de julio del 2006 por el jefe del Estado, rey Juan Carlos, con el siguiente encabezamiento: "Sabed: Que las Cortes Generales han aprobado, los ciudadanos de Catalunya han ratificado en referéndum y Yo vengo en sancionar la siguiente ley orgánica". Será la primera vez desde la restauración democrática de 1977 que el Alto Tribunal se pronuncia sobre una ley fundamental refrendada por los electores.

    La expectación es alta. La expectación es alta y la inquietud no es escasa ante la evidencia de que el Tribunal Constitucional ha sido empujado por los acontecimientos a actuar como una cuarta cámara, confrontada con el Parlament de Catalunya, las Cortes Generales y la voluntad ciudadana libremente expresada en las urnas. Repetimos, se trata de una situación inédita en democracia. Hay, sin embargo, más motivos de preocupación. De los doce magistrados que componen el tribunal, sólo diez podrán emitir sentencia, ya que uno de ellos (Pablo Pérez Tremps) se halla recusado tras una espesa maniobra claramente orientada a modificar los equilibrios del debate, y otro (Roberto García-Calvo) ha fallecido.

    De los diez jueces con derecho a voto, cuatro siguen en el cargo después del vencimiento de su mandato, como consecuencia del sórdido desacuerdo entre el Gobierno y la oposición sobre la renovación de un organismo definido recientemente por José Luis Rodríguez Zapatero como el "corazón de la democracia". Un corazón con las válvulas obturadas, ya que sólo la mitad de sus integrantes se hallan hoy libres de percance o de prórroga. Esta es la corte de casación que está a punto de decidir sobre el Estatut de Catalunya. Por respeto al tribunal –un respeto sin duda superior al que en diversas ocasiones este se ha mostrado a sí mismo– no haremos mayor alusión a las causas del retraso en la sentencia.

    La definición de Catalunya como nación en el preámbulo del Estatut, con la consiguiente emanación de "símbolos nacionales" (¿acaso no reconoce la Constitución, en su artículo 2, una España integrada por regiones y nacionalidades?); el derecho y el deber de conocer la lengua catalana; la articulación del Poder Judicial en Catalunya, y las relaciones entre el Estado y la Generalitat son, entre otros, los puntos de fricción más evidentes del debate, a tenor de las versiones del mismo, toda vez que una parte significativa del tribunal parece estar optando por posiciones irreductibles. Hay quien vuelve a soñar con cirugías de hierro que cercenen de raíz la complejidad española. Esta podría ser, lamentablemente, la piedra de toque de la sentencia.

    No nos confundamos, el dilema real es avance o retroceso; aceptación de la madurez democrática de una España plural, o el bloqueo de esta. No sólo están en juego este o aquel artículo, está en juego la propia dinámica constitucional: el espíritu de 1977, que hizo posible la pacífica transición. Hay motivos serios para la preocupación, ya que podría estar madurando una maniobra para transformar la sentencia sobre el Estatut en un verdadero cerrojazo institucional. Un enroque contrario a la virtud máxima de la Constitución, que no es otra que su carácter abierto e integrador.

    El Tribunal Constitucional, por consiguiente, no va a decidir únicamente sobre el pleito interpuesto por el Partido Popular contra una ley orgánica del Estado (un PP que ahora se reaproxima a la sociedad catalana con discursos constructivos y actitudes zalameras). El Alto Tribunal va a decidir sobre la dimensión real del marco de convivencia español, es decir, sobre el más importante legado que los ciudadanos que vivieron y protagonizaron el cambio de régimen a finales de los años setenta transmitirán a las jóvenes generaciones, educadas en libertad, plenamente insertas en la compleja supranacionalidad europea y confrontadas a los retos de una globalización que relativiza las costuras más rígidas del viejo Estado nación. Están en juego los pactos profundos que han hecho posible los treinta años más virtuosos de la historia de España. Y llegados a este punto es imprescindible recordar uno de los principios vertebrales de nuestro sistema jurídico, de raíz romana: Pacta sunt servanda. Lo pactado obliga.

    Hay preocupación en Catalunya y es preciso que toda España lo sepa. Hay algo más que preocupación. Hay un creciente hartazgo por tener que soportar la mirada airada de quienes siguen percibiendo la identidad catalana (instituciones, estructura económica, idioma y tradición cultural) como el defecto de fabricación que impide a España alcanzar una soñada e imposible uniformidad. Los catalanes pagan sus impuestos (sin privilegio foral); contribuyen con su esfuerzo a la transferencia de rentas a la España más pobre; afrontan la internacionalización económica sin los cuantiosos beneficios de la capitalidad del Estado; hablan una lengua con mayor fuelle demográfico que el de varios idiomas oficiales en la Unión Europea, una lengua que en vez de ser amada, resulta sometida tantas veces a obsesivo escrutinio por parte del españolismo oficial, y acatan las leyes, por supuesto, sin renunciar a su pacífica y probada capacidad de aguante cívico. Estos días, los catalanes piensan, ante todo, en su dignidad; conviene que se sepa.

    Estamos en vísperas de una resolución muy importante. Esperamos que el Tribunal Constitucional decida atendiendo a las circunstancias específicas del asunto que tiene entre manos –que no es otro que la demanda de mejora del autogobierno de un viejo pueblo europeo–, recordando que no existe la justicia absoluta sino sólo la justicia del caso concreto, razón por la que la virtud jurídica por excelencia es la prudencia. Volvemos a recordarlo: el Estatut es fruto de un doble pacto político sometido a referéndum.

    Que nadie se confunda, ni malinterprete las inevitables contradicciones de la Catalunya actual. Que nadie yerre el diagnóstico, por muchos que sean los problemas, las desafecciones y los sinsabores. No estamos ante una sociedad débil, postrada y dispuesta a asistir impasible al menoscabo de su dignidad. No deseamos presuponer un desenlace negativo y confiamos en la probidad de los jueces, pero nadie que conozca Catalunya pondrá en duda que el reconocimiento de la identidad, la mejora del autogobierno, la obtención de una financiación justa y un salto cualitativo en la gestión de las infraestructuras son y seguirán siendo reclamaciones tenazmente planteadas con un amplísimo apoyo político y social. Si es necesario, la solidaridad catalana volverá a articular la legítima respuesta de una sociedad responsable.

    26/11/2009
    Ultima modifica di Bèrghem; 27-11-09 alle 02:11
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

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    Predefinito Rif: La dignità della Catalogna

    Il 13 dicembre referendum in 130 comuni per l'indipendenza catalana



    SPAGNA: IL 13 DICEMBRE REFERENDUM IN 130 COMUNI PER L'INDIPENDENZA CATALANA - Clandestinoweb: sondaggi politici, elettorali. Il sondaggio politico elettorale che fa opinione

    05 nov. - In 130 comuni catalani si terra' il 13 dicembre un referendum sulla autodeterminazione della Catalogna, in presenza anche di osservatori internazionali. Lo ha annunciato oggi l'indipendentista catalano Uriel Beltran. I 130 comuni (su 978 della Catalogna) seguiranno cosi la strada aperta dal piccolo comune di Arenys de Munt (Barcellona) che il 13 settembre ha ospitato il primo referendum 'privato' sull'indipendenza dalla Spagna, con una partecipazione del 40% (potevano votare i maggiori di 16 anni, vittoria del si' con il 96%).

    Tra le localita' che voteranno a dicembre non vi sono capoluoghi di provincia, ma Girona potrebbe aggiungersi al gruppo l'anno prossimo. Per Uriel, riferisce l'agenzia Europa Press, le consultazioni popolari sono solo l'anticipo di un grande referendum indipendentista che si dovra' realizzare a breve in Catalogna ed il cui risultato dovra' essere convalidato dalla comunita' internazionale - come in Kosovo - e non dalla Spagna.

    Secondo un sondaggio dell'Istituto Noxa pubblicato tre giorni fa da La Vanguardia la maggioranza dei catalani (53%) appoggia la realizzazione del referendum, ma solo il 35% e' a favore dell'indipendenza. I simpatizzanti dei partiti catalanisti di sinistra (Erc, di cui fa parte Beltran, 86% a favore; Icv 58%) e di centro (Ciu 60%) vi sono favorevoli, mentre contrari in maggioranza sono i socialisti (48% contrari contro 44% favorevoli) ed i popolari (71%).


    Il precedente:


    http://forum.politicainrete.net/pada...ndentisti.html
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

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    Predefinito Rif: La dignità della Catalogna

    Spagna: editoriale unico giornali catalani in difesa statuto



    ANSAmed

    (ANSAmed) - MADRID, 26 NOV - ''La dignita' di Catalogna'' e' il titolo di un editoriale congiunto pubblicato oggi dai 12 quotidiani editi nella regione in difesa dello Statuto di autonomia catalana, per il quale il Partito Popolare ha presentato ricorso davanti al Tribunale Costituzionale. In attesa della decisione del Tribunale, il lungo editoriale chiede che non siano ridimensionati i contenuti della Carta di autonomia, che nel preambolo definisce la Catalogna una nazione, approvata dal Parlamento catalano e ratificata in referendum nel 2006. L'articolo mette in discussione l'autorita' del Tribunale costituzionale per pronunciarsi sullo Statuto in un momento in cui solo sei dei suoi dodici membri si trovano nel pieno delle funzioni (quattro hanno ultimato il mandato e sono in attesa di sostituzione; uno e' stato ricusato, un posto e' vacante dopo la morte del titolare).

    Diretto all'opinione pubblica spagnola, l'articolo espone, come annota La Vanguardia, le inquietudini di ampi settori della societa' catalana davanti alla possibilita' di una sentenza di carattere fortemente restrittivo. Le aspettative sono alte e l'inquietudine non scarseggia - e' detto nel testo - davanti all'evidenza che il Tribunale Costituzionale e' stato spinto dagli eventi ad agire come una quarta camera, in opposizione al Parlamento di Catalogna, alle Corti Generali e alla volonta' liberamente espressa nelle urne. L'editoriale e' pubblicato sui quotidiani: La Vanguardia, El Periodico de Catalunya, Avui, El Punt, Segre, Diari de Tarragona, La Maana, Diari de Girona, Regi 7, El Nou 9, Diari de Sabadell, Diari de Terrassa. Martedi' il premier Jose' Luis Rodriguez Zapatero aveva fatto appello alla calma, gettando acqua sul fuoco delle polemiche provocate dalle indiscrezioni filtrate sulla sentenza sulla costituzionalita' dello Statuto, attesa da tre anni. Ho fiducia nel buon giudizio del Tribunale Costituzionale e nel nostro sistema costituzionale, aveva assicurato Zapatero. Ma la Catalogna resta sul piede di guerra. (ANSAmed).
    Ultima modifica di Bèrghem; 27-11-09 alle 22:02
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    Predefinito Rif: La dignità della Catalogna

    La Plataforma es suma a l'editorial "La dignitat de Catalunya"



    La Plataforma es suma a l'editorial "La dignitat de Catalunya"

    La Plataforma manifesta i fa públic el seu suport i la seva adhesió a l'editorial publicada conjuntament per 12 diaris catalans, titulada "La dignitat de Catalunya", i fem una crida a totes les entitats del país així com a la societat civil a mostrar de la mateixa manera el seu suport a l'esmentat text.

    Tal i com diu el text de l'editorial, "No som davant d'una societat feble, prostrada i disposada a assistir impassible al menyscapte de la seva dignitat."

    Plataforma Proseleccions Esportives Catalanes
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    Predefinito Rif: La dignità della Catalogna

    Dal magistrato la partita dell'autonomia catalana

    dal corrispondente Michele Calcaterra

    Dal magistrato la partita dell'autonomia catalana - Il Sole 24 ORE

    MADRID - Questa sera si gioca Barcellona-Real Madrid: cules contro merengues, una classica che va ben al di là della semplice partita di calcio. Nella sostanza due modi diversi di intendere il medesimo paese, la Spagna. Ovviamente si tratta di un appuntamento carico di tensione e quest'anno particolarmente sentito dato che prima della fine del 2009 il Tribunale costituzionale dovrà decidere sulla legittimità dell'Estatut Catalan approvato nel 2006 (sia dalle Cortes, sia da un referendum popolare in Catalogna), ma impugnato dal Partito popolare che lo considera incostituzionale e quindi inaccettabile laddove definisce la Catalogna una nazione avente diritto a una propria bandiera, a una festa nazionale, a un inno e a una propria lingua.

    È da molti anni, ormai, che la vicenda si trascina e che viene utilizzata dalla Catalogna come grimaldello per ottenere favori dai socialisti, impossibilitati a governare senza l'appoggio esterno di alcuni partiti regionali. Non è un caso, del resto, che l'autonomia abbia recentemente ottenuto un terzo (vale a dire 3,8 miliardi di euro) degli aumenti addizionali promessi per il rifinanziamento delle regioni nel 2011, forte del contributo del 18,6% che dà al Pil nazionale complessivo e del 16% della sua popolazione. Sta di fatto che i rapporti sull'asse Barcellona-Madrid vivono di fasi alterne e in questo momento attraversano un ciclo basso. Zapatero getta acqua sul fuoco delle polemiche, ma è chiaro che la pubblicazione nei giorni scorsi in contemporanea su 12 quotidiani catalani, di un editoriale di denuncia intitolato "La dignità della Catalogna", non aiuta a rasserenare gli animi. Nel testo, che ha ricevuto l'appoggio della società civile, della maggioranza degli imprenditori e dei più noti sportivi della regione, si chiede perché la Spagna non dovrebbe accettare la Catalogna come nazione quando l'articolo 2 della Costituzione parla di «una Spagna integrata da regioni e nazionalità». E si spinge ancora più in là quando sostiene che non bisogna confondersi su quale sia il dilemma reale del paese: progresso o regresso; accettazione della maturità democratica di una Spagna plurale o blocco della stessa.

    Una sentenza negativa del Tribunale costituzionale rimetterebbe in gioco, secondo i catalani, gli ultimi trenta anni di democrazia del paese e i progressi ottenuti in termini di decentramento amministrativo e di convivenza delle diverse culture e identità nazionali. Quanto basta, dunque, per sollecitare un forte soprassalto di dignità da parte della popolazione catalana che peraltro, negli ultimi mesi, non è stata affatto silente. Basti pensare che in un centinaio di comuni della regione il prossimo 13 dicembre si terrà una consultazione popolare sull'indipendentismo catalano e la domanda referendaria sarà la stessa presentata a settembre (e passata a larga maggioranza) nel piccolo centro di Arenys: «È d'accordo che la Catalogna si converta in uno stato di diritto, indipendente, democratico e sociale, integrato nella Ue?».

    La risposta è scontata, anche se la popolazione forse non si rende conto che l'autonomia della Catalogna si è già spinta molto in là. Basti pensare che il catalano è la lingua ufficiale nella pubblica amministrazione, così come quella insegnata nelle scuole. Oltre al fatto che la regione si comporta già da nazione all'estero con proprie delegazioni commerciali e ambasciate. Il rischio frammentazione in Spagna è dunque molto elevato se si pensa che oltre a quelle della Catalogna ci sono le rivendicazioni di regioni come quelle basca e galiziana. Separatismi che non sempre sono positivi. Sul fronte economico, ad esempio la Catalogna è ancora in forte recessione, mentre Madrid è sul punto di invertire la tendenza negativa.

    29 Novembre 2009
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    Predefinito Rif: La dignità della Catalogna

    Ernest Benach (Erc, presidente del Parlamento della Catalunya) in Lombardia:
    "Stati centrali inefficaci, subito federalismo"


    Parlament de Catalunya - Notícies

    REGIONI BENACH STATI CENTRALI INEFFICACI SUBITO FEDERALISMO - Agenzia di stampa Asca



    (ASCA) - Milano, 1 dic - ''Non c'e' un modello che va bene a tutti, ogni realta' ne richiede uno proprio. Tuttavia, c'e' un elemento che e' assoluto, indispensabile: qualsiasi progetto deve avere la garanzia dell'autonomia fiscale e finanziaria e gli strumenti necessari per esercitare l'autogoverno''.

    Nell'Aula del Consiglio regionale della Lombardia, riecheggia quella che e' ritenuta una fra le voci piu' autorevoli sul federalismo fiscale in Europa. E' quella di Ernest Benach i Pascual, Presidente del Parlamento della Catalunya, ospite in Lombardia su invito del Presidente del Consiglio Regionale Giulio De Capitani. L'occasione e' una conferenza sul federalismo fiscale (''Federalismo fiscale: Stati piu' vicini alla realta'''). Benach spiega ai consiglieri regionali il modello Barcellona, ovvero l'applicazione di un'autonomia molto spinta che prevede per la Catalunya, che nel 2006 ha approvato un nuovo Statuto di Autonomia, di trattenere il 50% dell'Irpef, il 50% dell'Iva e il 58% delle imposte speciali (alcool, tabacco e idrocarburi).

    La visita di Benach suggella una collaborazione tra parlamento catalano e Consiglio regionale della Lombardia iniziata proprio all'inizio di questa legislatura, l'VIII.

    Per dirla come ha sottolineato il Presidente De Capitani, che ha ricordato che anche in Catalunya l'VIII legislatura ha contrassegnato un periodo di riforme e di rafforzamento dell'autonomia, i modelli catalano e lombardo sembra che ''camminino sulla stessa strada''. Per De Capitani il processo catalano e' stato ed e' ''preziosa fonte di studio e ispirazione per la Lombardia''. Ha ricordato la prima missione della Commissione Bilancio della Lombardia nel 2006, allora guidata dalla Presidente Rosi Mauro, grazie alla quale e' stato steso il primo progetto di legge al parlamento nazionale per l'applicazione del federalismo fiscale; e quella del recente ottobre 2009 guidata dal Presidente Fabrizio Cecchetti, che ha avuto modo di studiare da vicino come e' cambiato il modello catalano in seguito al nuovo modello di finanziamento delle Comunita' autonome spagnole entrato in vigore il 19 luglio di quest'anno. ''Guardare all'esempio della Catalunya - ha detto De Capitani rivolgendosi a Benach - sara' per la Lombardia importante incoraggiamento a proseguire nel cammino finora intrapreso''.

    Davanti alle telecamere, Benach dira' poi che grazie al nuovo accordo oggi la Catalunya puo' contare su un bilancio di 38 miliardi di euro e di avere ''portato a casa'' per i prossimi sette anni 3,8 miliardi in piu' rispetto ai precedenti stanziamenti. ''Lombardia e Catalunya - ha detto De Capitani - sono due realta' simili, entrambe producono circa il 22 % del Pil dei rispettivi Paesi e hanno un tessuto economico produttivo formato da una straordinaria rete di piccole medie imprese. Rispetto a loro, la Lombardia oggi ha invece un bilancio di 23 miliardi di euro. Se pero' applicassimo il principio sacrosanto che la ricchezza deve rimanere soprattutto dove la si produce - ha evidenziato De Capitani - la Lombardia potrebbe contare su 50 miliardi. Non diciamo di trattenerle tutti, ma se si applicasse la nostra proposta di legge oggi potremmo avere 15 miliardi aggiuntivi in bilancio. E a continuare a garantire, come sempre, solidarieta' e aiuti alle regioni piu' svantaggiate''.
    Ultima modifica di Bèrghem; 01-12-09 alle 19:48
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