User Tag List

Pagina 2 di 163 PrimaPrima 1231252102 ... UltimaUltima
Risultati da 11 a 20 di 1628

Discussione: l'Indipendensa

  1. #11
    Blut und Boden
    Data Registrazione
    03 Apr 2009
    Località
    Lothlorien
    Messaggi
    68,804
     Likes dati
    2,763
     Like avuti
    9,883
    Mentioned
    139 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    GIUSTIZIA IN ITALIA: PEGGIO CHE IN MONGOLIA E VIETNAM
    di REDAZIONE

    Italia culla del diritto, ma non della giustizia. La lentezza dei processi frena la crescita per cittadini, imprese e investimenti esteri con costi enormi per il Paese. I fascicoli accumulati superano i 6 milioni a cui si devono aggiungere i 3,5 milioni circa di procedimenti penali. Le sole pratiche relative ai procedimenti civili pendenti occuperebbero una superficie pari a 74 campi da calcio grandi come San Siro. Una montagna di carta che, in termini economici, si traduce in quasi 96 miliardi di euro di mancata ricchezza. L’abbattimento del 10% dei tempi della giustizia civile potrebbe determinare un incremento dello 0,8% del Pil, secondo l’ultima stima di Confindustria. “Abbiamo calcolato -spiega all’Adnkronos Edoardo Merlino, segretario generale del Centro per la prevenzione e risoluzione dei conflitti (Cprc)- che questa percentuale corrisponde in termini economici a un milione di cause civili pendenti”.
    Azzerare l’arretrato civile dunque farebbe guadagnare il 4,8% del Prodotto interno lordo pari a poco meno di 96 miliardi. Una missione ritenuta non impossibile se si guarda al ‘modello Torino’. Da Viale dell’Astronomia a Confartigianato sono diverse le associazioni di imprenditori che chiedono un intervento del governo per recuperare competitività. Ma non solo: il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, chiede al ministro della Giustizia, Paola Severino, di affidarsi a magistrati manager contro i ritardi. Nel rapporto ‘Doing Business 2012′ della Banca Mondiale, l’Italia continua a perdere posizioni. E’ fanalino di coda in Ue e non va meglio il confronto con il resto del pianeta: 158esima su 183 paesi. Meglio di noi Gambia, Mongolia e Vietnam, impari il confronto con il Vecchio Continente. In Italia servono 1.210 giorni per tutelare un contratto, contro 394 in Germania, 389 in Gran Bretagna e 331 in Francia. Ben 692 giorni in più – equivalente ad 1 anno 10 mesi e 27 giorni – rispetto alla media di 518 dei paesi Ocse.
    In Italia, inoltre, i costi legali sono spropositati. La quota in termini di assistenza legale e spese processuali, rispetto al valore complessivo della causa, è tra le più alte: circa il 30%, contro il 14,4% della Germania e il 9,9% della Norvegia. La Commissione europea sull’efficienza della giustizia calcola che lo Stato italiano spende per la giustizia 70 euro per abitante, a fronte dei 58 della Francia dove, peraltro, la durata media di un processo civile è la metà. Non solo: le aziende straniere incassano i danni nel giro di 12 mesi, mentre quelle del Belpaese devono aspettare in media oltre 3 anni oppure accettare accordi al ribasso, mentre nel frattempo chiedono prestiti per sopravvivere. Abnorme la durata dei fallimenti, più di 10 anni in media, non è da meno la giustizia tributaria. L’incertezza frena così l’economia, oltre che accrescere il senso di ingiustizia. Stime della Banca d’Italia indicano che “la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale”. Un deficit pubblico giudiziario tutto da sanare. Sul Sud Italia pesa la maggior parte dell’arretrato, più di metà del totale nazionale. Qui la giustizia viaggia con il freno a mano tirato. La durata media di un processo civile ordinario di primo grado si triplica da Torino a Messina, da 500 a 1.500 giorni. A Roma i processi civili durano un terzo in più che al Nord dove, comunque, non mancano città ‘fuori media’. E l’inaugurazione dell’anno giudiziario, prevista a breve, fornirà nuove cifre sulla lenta giustizia. Secondo alcune stime elaborate dal Centro studi Confindustria basate sull’eterogeneità geografica nella lunghezza dei processi di primo grado, le ripercussioni sullo sviluppo economico sono “rilevanti”: se nella provincia di Bari la giustizia civile avesse “la stessa efficienza che si riscontra nella provincia di Torino (-60% circa di durata dei procedimenti), la sua crescita economica nel periodo 2000-2007 sarebbe stata più elevata di 2,4 punti percentuali”.
    La spesa pubblica complessiva per tribunali e procure, invece, supera i 7,5 miliardi di euro, la seconda più alta in termini pro-capite in Europa dopo la Germania. L’Ufficio studi di Confartigianato stima che la giustizia-lumaca sottrae agli imprenditori risorse per 2,2 miliardi di euro. Impossibile da quantificare i mancati introiti per la fuga degli investitori esteri, spaventati dai nostri ritmi giudiziari. E ad aumentare il deficit è anche la legge Pinto, applicata se non si rispettano i tempi ragionevoli di un processo. Un trend in pauroso aumento. Nel 2008 il danno per le casse dello Stato è stato di 81,3 milioni di euro, l’anno successivo è lievitato a 267 e nel 2010, assicurano gli esperti, ha superato i 300 milioni. Un rischio oneroso se si considera che le cause in corso, tra penale e civile, superano i 9,5 milioni. E la nostra litigiosità non ha eguali: più del doppio rispetto alla media Ue, da 10 a 20 volte in più degli scandinavi. Se la lentezza del processo sembra non frenare la voglia di giustizia, tra ricorsi, impugnazioni e cavilli cresce il popolo degli avvocati, circa 260mila. In provincia di Milano ci sono tanti legali quanti nell’intera Francia. E le tariffe premiano chi firma più atti, non chi accorcia i tempi o evita i processi optando per la conciliazione. Così tra eterni rinvii che si rincorrono per i tre gradi di giudizio l’onorario cresce insieme all’arretrato.
    Titalic 16 Gennaio 2012
    31 views

    GIUSTIZIA IN ITALIA: PEGGIO CHE IN MONGOLIA E VIETNAM | L'Indipendenza
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #12
    Blut und Boden
    Data Registrazione
    03 Apr 2009
    Località
    Lothlorien
    Messaggi
    68,804
     Likes dati
    2,763
     Like avuti
    9,883
    Mentioned
    139 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    LEGA, GUERRA PER LE LISTE. E BOSSI MINACCIA DI LASCIARE
    di GIANLUCA MARCHI

    E’ tregua nella Lega Nord dopo il faccia a faccia di ieri fra Umberto Bossi e Roberto Maroni? Beh, sicuramente una tregua armata. Al “capo” ieri Maroni avrebbe ribadito l’esigenza di tenere conto della richiesta di congressi arrivata con forza dalla base. Nessuna riunione era prevista e nessuna riunione c’è stata nel quartier generale del Carroccio, dove però tutti i big sono passati come fanno di solito all’inizio della settimana. Intanto il capogruppo alla Camera, Marco Reguzzoni, si è detto convinto che «la base è incazzata solo con il governo Monti», non con i vertici della Lega. Ma è ormai abbastanza chiaro che Reguzzoni e gli altri componenti del “cerchio malefico” (più conosciuto come cerchio magico, ma ormai di magico non ha più nulla se non le magie devastanti con le quali riescono a condizionare il Senatur). Tanto è vero che secondo alcune ricostruzioni c’è chi in mattinata avrebbe sentito Bossi, che solitamente parla a ruota libera davanti alla macchinetta del caffè al secondo piano, sibilare le parole “Mi dimetto”. Ma sembra più che altro una boutade per rinserrare le fila intorno a lui. Avrebbe cercato anche di far sfilare tutti i colonnelli a Radio Padania per dare l’immagine di un’unità ritrovata, anche se alla fine non se n’è fatto nulla.
    Il tentativo di lavare i panni sporchi in casa è miseramente fallito e anche ai militanti più fideisti è chiaro che gli stracci sono volati e che prima o poi dovrà arrivare la resa dei conti. Dopo l’incredibile diktat di venerdì sera che imbavagliava Maroni, le critiche anche negli ambiti vicini all’ex ministro degli Interni sono piovute addosso al segretario della Lega Lombarda, Giancarlo Giorgetti, accusato di non essersi rifiutato di assumere il provvedimento, che invece era stato “scansato” da Reguzzoni (probabilmente uno degli ispiratori). La scelta di Giorgetti, però, sarebbe stata obbligata per evitare il commissariamento, che avrebbe aperto la strada a Rosi Mauro, già “legato” in Liguria ed in Emilia. E’ sempre per evitare questo rischio che nelle ore successive Maroni l’avrebbe convinto a rinunciare alle dimissioni.
    A questo punto i maroniani hanno imboccato la strada di chiedere in primo luogo lo svolgimento dei congressi nazionali, per poi arrivare all’assise federale, che non si celebra dal 2002. A quanto si apprende, una delle armi per sollecitarli viene dai direttivi provinciali a maggioranza maroniana che in questi giorni potrebbero avanzare richiesta formale di convocazione, e pare che in Lombardia 12 su 14 segreterie provinciali abbiano manifestato questa intenzione. E tuttavia la strada non sembra essere proprio in discesa perché il cerchio malefico, sempre più arroccato nella sua torre dorata, ha come unica possibilità di resistere quella di rinviare il più possibile i congressi, nella speranza di arrivare alle elezioni politiche con l’attuale legge elettorale e fare piazza pulita degli avversari interni nelle liste. Un discorso che tuttavia vale anche in senso rovesciato. La partita a poker sta tutta qua: arrivare alle elezioni con in mano le chiavi del partito. Maroni ha con sé la grande maggioranza della base, ma i cerchisti hanno il potere e, alla resa dei conti, probabilmente anche la maggioranza dei gruppi parlamentari, perché la paura fa novanta e la sola eventualità di non essere ricandidati potrebbe far cambiare idea a molti di coloro che si professano maroniani.
    Intanto l’ex ministro dell’Interno annuncia di voler onorare tutti gli inviti (320 nella sola Lombardia) che sezioni e amministratori leghisti gli hanno fatto piovere addosso in poche ore per andare a parlare in lungo e in largo nelle province del nord. «Se li accetto tutti – ha scherzato arrivando in serata alla presentazione di un libro a Milano – sono impegnato per 10 anni».
    Il primo appuntamento sarà quello di Varese, dove si sta preparando nel dettaglio l’incontro “Libera Padania”, che domani sera avrà appunto Maroni come ospite d’onore. I leghisti locali hanno annunciato che l’appuntamento è stato spostato in un teatro più grande «visto l’elevato numero di adesioni già arrivate». Dal Santuccio, 300 posti, all’Apollonio, 1.200. «Tutte le sezioni sono mobilitate», assicurano i promotori, i primi a mettersi in gioco poche ore dopo il divieto di parlare imposto all’ex titolare del Viminale. Il quale non perde occasione, coi giornalisti, in tivù o sul suo profilo Facebook per ribadire di essere «soddisfatto per la grande reazione di affetto» espressa da militanti e simpatizzanti. Secondo alcune voci al comizio varesino potrebbe intervenire anche Bossi, con l’intento di mettere il cappello sulla grande popolarità che accompagna “l’altro”. “Ipotesi improbabile ma non impossibile” commenta un maroniano di ferro, anche se i cerchisti tenteranno di convincere il Senatur a non farsi vedere, perché il loro intento è di andare allo scontro finale. Una presenza del capo, tuttavia, alimenterebbe il sospetto di chi sente puzza di gioco delle parti.
    Da registrare ieri sera anche uno scherzo che però la dice lunga su quanto è accaduto alla Camera sul voto per Cosentino. Durante la trasmissione “La Zanzara” di Radio 24 ha telefonato al parlamentare Pdl spacciandosi per Bossi. E il campano così ha risposto: ”Non finirò mai di ringraziarti perché sei stato decisivo per evitare una zozzeria che stavano portando su di me e sul Pdl Campania. Ti sono grato per la vita. Questo lo devi sapere”.
    Davanti a tutto questo marasma, molti militanti sono sconcertati e delusi: loro che spesso hanno lavorato duro e mettendoci del proprio per il bene del movimento, che hanno fatto la forza di un’esperienza politica per certi versi incredibile, mai avrebbero pensato che la loro Lega potesse finire in questo stato, nelle mani di un gruppo di “miracolati” che non hanno alcuna preoccupazione che perseverare il proprio interesse. Mentre loro, i militanti, devono subire le offese al grido di “Tanzania libera”.
    Palazzi & Potere 16 Gennaio 2012
    552 views

    LEGA, GUERRA PER LE LISTE. BOSSI SUL PUNTO DI LASCIARE? | L'Indipendenza
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  3. #13
    Blut und Boden
    Data Registrazione
    03 Apr 2009
    Località
    Lothlorien
    Messaggi
    68,804
     Likes dati
    2,763
     Like avuti
    9,883
    Mentioned
    139 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    LA PADANIA: BOSSI, UNO SU DUE NON LO VUOLE PIU’
    di REDAZIONE

    Strano ma vero. Nell’edizione di oggi della Padania, il giornale della Lega, a pagina 3 si legge questo titolo: “Uno su due non lo vuole più” e sotto campeggia in bella vista una foto di Umberto Bossi in camicia verde con il pugno alzato. Roba da trasecolare. In realtà si è trattato di un infortunio giornalistico, ma non poteva produrre un risultato più comico o drammatico. Se infatti si guardano affiancate le pagine 2 e 3 si intuisce che il titolo in questione riguarda l’Euro, di cui si parla abbondantemente nella pagina di sinistra. Tuttavia la realizzazione grafica ha prodotto un risultato impensabile, di cui nessuno si è accorto.
    Rassegne stampa 17 Gennaio 2012
    231 views

    LA PADANIA: BOSSI, UNO SU DUE NON LO VUOLE PIU’ | L'Indipendenza
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  4. #14
    Blut und Boden
    Data Registrazione
    03 Apr 2009
    Località
    Lothlorien
    Messaggi
    68,804
     Likes dati
    2,763
     Like avuti
    9,883
    Mentioned
    139 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  5. #15
    Blut und Boden
    Data Registrazione
    03 Apr 2009
    Località
    Lothlorien
    Messaggi
    68,804
     Likes dati
    2,763
     Like avuti
    9,883
    Mentioned
    139 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    E LA SALA URLO’: REGUZZONI, FUORI DAI COGLIONI!
    di GIANLUCA MARCHI da Varese

    Folla delle grandi occasioni a Varese, al Teatro Apollonio, dove si sono assiepate oltre un migliaio di persone per celebrare il “Maroni Night”, ovvero la serata della “Prima” uscita ufficiale del “leader in pectore” del Carroccio del futuro. A sorpresa, l’ex ministro dell’Interno s’è presentato sul palco insieme a Roberto Calderoli e a Umberto Bossi, accolti con grandi applausi dai militanti accorsi in città. Presenti anche molti deputati cosiddetti “maroniani”, che hanno lasciato Roma in fretta e furia per non perdersi l’evento.
    La serata è iniziata celebrando “il capo”, proiettando un filmato dal gusto un po’ retrò – misto di immagini e fotografie – per celebrare la storia della Lega Nord, con tanto di primi piani di Umberto e Roberto insieme mentre muovevano i primi passi agli inizi degli Anni Ottanta. In certi momenti, è parso di assistere alla commemorazione-tributo delle mirabili gesta di un “conductor” che ha, ormai, fatto il suo tempo e va relegato in un cantuccio della storia.
    Prima che Maroni prendesse la parola hanno detto la loro Dario Galli, Attilio Fontana e Roberto Calderoli, che ha inveito – come suo uso e costume – contro il governo Monti e la manovra economica che colpirà i cittadini del Nord. Dai primi due relatori di supporto è stato pronunciato a chiare lettere che “la Lega deve restare unita”, che “il capo è ancora Bossi”, ma che “dopo Bossi sarà necessario fare la conta per decidere chi prenderà in mano il timone del movimento”.
    Dopo di loro, prima il tripudio e le ovazioni della sala – alzatasi in piedi come un sol uomo – per Bobo poi, le parole dell’ex minisitro, che dopo un lungo sfogo nei confronti di coloro che avevano emesso la “fatwa” nei suoi confronti, ha ricordato che “onorerà gli oltre 400 inviti giuntigli da tutto il Nord, da Trieste fino alla Liguria”. E se non ce la dovesse fare – ha detto con un pizzico di ironia – si farà “dare una mano dal suo sosia, Dario Ballantini”, che lo imita abitualmente a “Striscia la notizia”.
    Fatta questa premessa, è entrato senza indugi in territorio politico, non senza ricordare ai presenti – tutti per lui, com’era ovvio che fosse – che “la lega Nord è la sua vita” e che “resterà sempre in Lega”.
    Dopodiché, senza mai citare nomi e cognomi ha fatto capire con chi ce l’aveva: “Mi accusa – qualcuno che abita a Busto Arsizio (Marco Reguzzoni, nda) – di essere invidioso e vorrebbe buttarmi fuori dalla Lega. Invece, vi dico che dovrebbe essere buttato fuori lui”. Tripudio generale! Poi ancora: “Dobbiamo creare un vero sindacato”. E qui, senza nominarla, la stoccata è indirizzata a Rosi Mauro, notoriamente conosciuta come la badante e anch’essa, come Reguzzoni, membro del “Cerchio malefico”, nonché segretario del misterioso SinPa, sindacato padano. Boato dalla platea!
    Date le due bastonate del caso, il resto delle parole di Maroni han fatto riferimento al progetto politico futuro: “La Lega ha la sua forza nell’unità del movimento, un’unità che è garantita anche dai sindaci e dagli gli amministratori locali tutti, compresi i presidenti di Regione. Noi dobbiamo star loro vicini e restare sul territorio”. Una posizione rafforzata con un po’ di anticentralismo: “Dobbiamo smetterla con Roma e con i palazzi romani. Il nostro progetto torna ad essere la Padania in un’Europa delle regioni, non in questa Europa accentratrice. Il nostro progetto deve essere quello egemonico di cui mi parlò Bossi alla fine degli Anni Settanta, noi dobbiamo diventare il primo partito in tutte le regioni della Padania”. Dopo la consueta dose di consenso dei presenti, l’ultima stoccata: “Per fare questo basta alleanze. Non sono io a decidere, ma se toccasse a me farlo andrei da solo alle prossime elezioni amministrative”. Chissà che ne pensa Berlusconi…
    Dall’ex ministro, però, nessuna critica è venuta al percorso politico del Carroccio in questi ultimi 12 anni, ovvero da quando il rapporto col tycoon di Arcore ha saldato la Lega a Forza Italia prima ed al Pdl poi. Nessuna autocritica a quel che è successo in 15 anni. Anzi, qualche citazione è stata riservata al professor Miglio e alla sua idea di “Macroregione del Nord” come a una base di partenza per riprendere il percorso. Insomma, una sorta di “dove eravamo rimasti” che sicuramente galvanizza il pubblico odierno, ma non parla di certo a tutti coloro che sono stati sedotti e abbandonati in molti anni.
    Poi è toccato a Umberto Bossi, ultimo a parlare: da lui nessun cenno alle questioni interne e alla auspicata stagione dei congressi. Il capo si è limitato a dire che nella Lega c’è gente che parla troppo e quando si parla troppo si finisce per parlare male. Unica autocritica: “A volte sbaglio, ma so distinguere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”. E poi ha invitato Maroni a non tener conto di quel provvedimento là (il bavaglio), che per altro l’ex ministro s’era detto sicura non fosse stato voluto dal segretario.
    Infine Bossi ha detto che dopo Milano si terrà il Consiglio federale per ufficializzare il progetto della macroregione alpina, da portare al cosiddetto parlamento padano del 28 gennaio prossimo.
    Diciamo che la serata è stato un chiaro tentativo di rinserrare le fila e arrivare con una parvenza di unità alla manifestazione di domenica a Milano contro il governo Monti. E tuttavia, dopo il Va pensiero conclusivo, dalla sala stracolma è venuto fuori il grido più sincero di tutta la serata, quando in centinaia hanno intonato il coro: “Reguzzoni, fuori dai coglioni!”.

    Palazzi & Potere 18 Gennaio 2012
    294 views
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  6. #16
    Morte al pensiero servile
    Data Registrazione
    23 Mar 2011
    Località
    Calabria subalpina
    Messaggi
    649
     Likes dati
    11
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    Questa sarebbe un'iniziativa editoriale da sostenere economicamente. I primi mesi determineranno le sue chances di sopravvivenza. A medio termine potrebbe essere un grande successo editoriale.
    L'occasione fa l'uomo italiano.

  7. #17
    Blut und Boden
    Data Registrazione
    03 Apr 2009
    Località
    Lothlorien
    Messaggi
    68,804
     Likes dati
    2,763
     Like avuti
    9,883
    Mentioned
    139 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    Quello di Bossi a Maroni è l’abbraccio del cobra. Ma Bobo non farà un altro partito - L’INTERVISTA

    La retromarcia del “cerchio magico” su Roberto Maroni dopo il divieto di partecipare ai comizi in Lombardia? “Non è che tutto a un tratto la Banda Bassotti sia diventata buona e tollerante. Si sono solo resi conto di non avere più la stessa forza di qualche tempo fa e che quella sparata di voler bloccare Maroni gli si è girata contro”.
    In una delle settimane di passione per il partito di Umberto Bossi, sempre più lacerato al suo interno tra maroniani e fedelissimi del Senatùr, spaccato sull’arresto di Cosentino, attraversato da sospetti sul tesoriere Francesco Belsito e i suoi misteriosi investimenti in Tanzania, agitato dalla discussione sui congressi e sul futuro capogruppo alla Camera, invelenito dalla “fatwa contro l’ex ministro dell’Interno, e a due giorni dalla manifestazione contro il governo Monti di domenica prossima in piazza Duomo a Milano, a Panorama.it parla l’espulso più illustre della e dalla Lega, Gilberto Oneto, anima storica dell’autonomismo padano, amico intimo dell’ideologo e padre nobile, cacciato a sua volta, Gianfranco Miglio.
    Alla fine Maroni sembra aver “vinto”…
    No. Hanno solo rimandato tutto. Si tratta dell’ennesimo episodio di accanimento terapeutico. Hanno solo fatto una marcia indietro per evitare che domenica prossima alla manifestazione di Milano succeda qualche pasticcio.
    Una tregua armata tra maroniani e cerchio magico?
    No, anzi, credo che in realtà a questo punto Maroni ne abbia le scatole piene e non sia più disposto a questi giochini. Sono gli altri ad essere scesi temporaneamente a più miti consigli per evitare che domenica prossima scoppi qualcosa in piazza a Milano.

    Gilberto Oneto
    Rientra in questa strategia anche la mano di Bossi sulla spalla di Maroni ieri a Varese?
    Quello di Bossi è l’abbraccio del cobra.
    Nessun gioco delle parti tra lui e Maroni? Bossi con il Pdl, Maroni con la base?
    Non credo, se così fosse rischierebbero davvero grosso, grossissimo. L’unicia cosa che probabilmente i due si sono detti è che così non si può andare avanti e che per non far esplodere tutto bisogna trovare una maniera civile per procedere. Maroni, che non è un incendiario, ma piuttosto un pompiere, cerca di fare quello che vuole fare senza scossoni.
    Cosa vuole fare davvero Maroni?
    Cosa voglia fare davvero non lo so. So quello che dice e quello che dice è di voler traghettare una Lega di 70enni verso una Lega di 40enni più onesta e più pulita.
    Nasceranno due Leghe?
    No, non credo. Maroni ha sempre detto di non voler fare un altro partito. L’esperienza del passato, d’altra parte, ci insegna che qualsiasi tentativo di scissione è finito in un nulla, nel senso che chi tiene il marchio vince la partita.
    Il marchio ce l’ha Bossi. Quindi Bossi vince la partita.
    In teoria sì, ma Bossi non è più Bossi.
    E chi è?
    Uno che dovrebbe andare in pensione.
    Sotto quale spinta?
    Nessuna. Il vero dramma è che lui non farà mai un passo indietro e non lo farà da una parte perché finché avrà fiato per fiatare resterà al suo posto, dall’altra perché ha sottoscritto un patto notarile con Berlusconi e finché c’è questo patto lui è personalmente vincolato.
    E se accadesse l’inimmaginabile: la base che lo contesta apertamente?
    Che la base contesti apertamente Bossi è improbabile, almeno non a breve termine. La base non fischierà lui, magari applaudirà ancora più forte Maroni, il che, conoscendo Bossi, gli darà comunque un fastidio da morire. Comunque lo scenario Ceausescu non è ancora dietro l’angolo.
    Maroni giura “Non sono Bruto”, ma c’è chi è convinto che finirà per accoltellare Bossi.
    Maroni non farà mai una cosa del genere.
    Perché no?
    Un po’ per carattere, un po’ perché gli è molto legato affettivamente.
    Ma il vero problema di Bossi qual è? Berlusconi, il cerchio magico o Maroni?
    Il vero problema di Bossi è Bossi stesso. Lui ha sempre fatto delle cose straordinarie per poi rovinarle tutto per il timore che la sua leadership venisse messa in discussione. Così, a forza di tagliare teste, non è mai riuscito a traghettare il suo movimento verso una fase post rivoluzionaria.

    Sarà Maroni l’artefice della “seconda fase” della Lega? Il futuro Capo?
    Sì, se fosse in grado di riallacciare i rapporti con tutti quelli che sono stati epurati perché sapevano leggere e scrivere e avevano un quoziente d’intelligenza superiore all’85%. Cosa che Bossi non farà mai. Come non si accontenterà mai di limitarsi a fare il padre nobile.
    Domenica prossima in piazza Duomo che succederà?
    Io presumo che la Banda Bassotti non si azzarderà a farsi vedere sul palco. Se salisse una Rosy Mauro o un Reguzzoni verrebbe giù il finimondo e questo lo sanno anche loro.

    Il finimondo nella Lega è già iniziato?
    Certo è che la base si sta muovendo, non subisce più come ha subito finora. Vedo anche che non c’è più una contrapposizione tra leghisti ed ex leghisti e registro una grande voglia di ricominciare. In fondo, quando si rimestola il minestrone nella pentola qualche cosa salta fuori per forza.
    claudiadaconto
    Giovedì 19 Gennaio 2012

    Quello di Bossi a Maroni è l’abbraccio del cobra. Ma Bobo non farà un altro partito - L’INTERVISTA - Italia - Panorama.it
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  8. #18
    Blut und Boden
    Data Registrazione
    03 Apr 2009
    Località
    Lothlorien
    Messaggi
    68,804
     Likes dati
    2,763
     Like avuti
    9,883
    Mentioned
    139 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    MILANO, IN SCENA UNA LEGA TUTT’ALTRO CHE PACIFICATA
    di GILBERTO ONETO

    “La Padania” l’ha definita con entusiasmo una manifestazione per “fare tremare il Governo dei banchieri” e per sancire la ritrovata pace interna al movimento. Non si sa se Monti e i suoi abbiano tremato (in piazza c’erano 10-15mila persone: più di quante possano richiamarne tutti gli altri partiti ma 10-20 volte di meno di quante ne radunava la Lega dei bei tempi), ma per certo quello che si è visto non è un movimento rappacificato dove, in nome dei comuni ideali (quali?) ogni dissidio sia stato accantonato. Sempre “La Padania” (distribuita gratuitamente in piazza) metteva in prima pagina una foto di famiglia con quasi tutti i ras del Movimento che brindano alla concordia, non quella sugli scogli, ma quella – anch’essa in procinto di inabissarsi – di Via Bellerio. In nove alzano il bicchierino con espressioni diverse: sorridono Calderoli, Maroni, Rosi Mauro e Giorgetti, ma tutti gli altri hanno la faccia di chi stia per brindare a cicuta. Anche il titolo era significativo: “Fanno pace: si stringono la mano, sospiro di sollievo”.
    Ohibò! Ma allora non c’era la pace che hanno sempre sostenuto i media belleriani accusando tutti gli altri di inventarsi divisioni che non c’erano. C’erano e continuano ad esserci e lo si è visto con grande chiarezza nella manifestazione di Milano. I due contendenti principali (Maroni e Reguzzoni) non sono saliti sul palco a parlare per evitare il giudizio dell’applausometro: in ogni caso i cori “Maroni-Maroni” ci sono stati e anche numerosi, mentre nessuno si è sognato di invocare il nome del prodigio bustocco. E anche quando Bossi li ha invitati a stringersi la mano, Maroni se ne è rimasto con le braccia conserte a guardare la folla che lo acclamava. Neppure lo stesso Bossi ha ricevuto grandi applausi, neanche quando ha magnificato le straordinarie doti della legna per risolvere i problemi energetici italiani: roba che ricorda da vicino il mussoliniano “mangeremo più pesce” come patriottica e dietetica risposta alle “inique sanzioni”. Un deciso passo avanti – se non altro nel difficile cammino della coscienza ecologica – rispetto all’evocazione dei “galli padani” uccisi nel Colosseo di qualche giorno fa o della mitica “cavalleria lombarda” che avrebbe liberato Vienna dai turchi: cose evidentemente lette sul libro di storia compulsato dal Trota per conquistare la Maturità. Un pochino meglio gli è andata quando ha minacciato di togliere l’appoggio a Formigoni se il Berlusca continua a sostenere Monti. Un buon proposito che durerà fino alla prossima telefonata da Arcore.
    Peggio di tutti è andata a Cota che non ha preso un applauso neppure da quelli del pulman di Novara e alla Rosi che è stata accolta con citazioni tratte direttamente dall’Iliade che ne hanno bloccato la salita al palco.
    In piazza tante bandiere col nome di Bossi (distribuite gratuitamente a tutti come i tricolori alle “apparizioni” di Napolitano), un mare di Leoni di San Marco e di Ducali insubri e un po’ di cartelli “fai da te” pieni di straordinarie trovate poco consone all’inusitata ventata di sobrietà belleriana. Tutto attorno lo straordinario popolo leghista di sempre: allegro, vivace, scanzonato e pieno di entusiasmo che non si è scomposto neppure davanti a un pattuglino di tredici patrioti che sostenevano una grande bandiera uguale a quella messicana in Piazza della Scala e che inneggiavano a una nota squadra nazionale di calcio.
    Insomma una bella giornata allegra che è servita a dare un po’ di speranza alla base, a prendere un po’ di tempo ai vertici, che non ha visto nessuna presa di posizione politica ma solo urla, slogan e la solita solfa ricicciata da comprimari senza qualità e da un primo attore spompato e senza verve.
    La giornata ha avuto un seguito in una riunione del Consiglio Federale che ha deciso di indire i congressi provinciali entro tre mesi e quelli nazionali prima di giugno. Prima di dare giudizi si deve fare come San Tommaso: le smentite e i contrordini sono sempre in agguato. In ogni caso la vicenda suona come un altro piccolo punto a favore di Maroni. Per fare cosa ancora non si capisce bene: qualsiasi cosa sia, però la faccia presto.
    22 Gennaio 2012

    MILANO, IN SCENA UNA LEGA TUTT’ALTRO CHE PACIFICATA | L'Indipendenza
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  9. #19
    Blut und Boden
    Data Registrazione
    03 Apr 2009
    Località
    Lothlorien
    Messaggi
    68,804
     Likes dati
    2,763
     Like avuti
    9,883
    Mentioned
    139 Post(s)
    Tagged
    1 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    DA MOVIMENTO INDIPENDENTISTA A MONEY TRANFERT IN AFRICA
    di GILBERTO ONETO

    Nei giorni scorsi un intervento sulla manifestazione leghista di domenica 22 gennaio pubblicato sul nostro giornale ha ricevuto un numero piuttosto alto di visite e di commenti. Purtroppo alcuni di questi si sono focalizzati più che sul contenuto del pezzo sul fatto che vi fosse ipotizzata la presenza di 10-15 mila persone. Si è scatenata la bagarre dei numeri, con qualcuno che è arrivato a ipotizzare che la Piazza del Duomo possa contenere fino a 700 mila persone. Quella della guerra dei numeri è una antica abitudine del dibattito politico italiano in cui si esercitano con uguale impegno e fantasia giornali, questure e redattori di comunicati stampa. Ciascuno cerca di gonfiare le proprie cifre e sminuire quelle degli avversari quasi che il valore delle idee sia davvero rappresentato dal numero di persone che le sostengono e manifestano. Nell’articolo si ipotizzava una cifra che era parsa ragionevole e sincera, senza intenti denigratori: infatti vi si sosteneva che oggi forse nessun altro movimento politico sia in grado di mobilitare altrettante persone, ma questo non è bastato a qualche fin troppo solerte militante che si è sentito quasi offeso. In realtà, la parte più succosa dell’affermazione, quella che intendeva porre un problema e fare meditare e discutere, è quella che sosteneva che la Lega dei bei tempi radunava folle 10 o 20 volte superiori. Qualcuno forse ricorda la straordinaria manifestazione di Milano, in un piovoso novembre di tanti anni fa, quando forse più di 300mila leghisti avevano pacificamente invaso la città, con un lunghissimo corteo la cui coda doveva ancora partire dalle colonne di San Lorenzo e la cui testa aveva già riempito Piazza Castello. Sul Po poi i numeri erano stati ancora superiori e arrivavano tranquillamente al milione e mezzo, come ricalcolato al dettaglio in uno studio pubblicato sui Quaderni Padani nel 2006, in occasione del decimo anniversario di quella che è ormai riconosciuta come la più grande manifestazione indipendentista dell’Occidente. Lo stesso anno la Lega aveva preso più del 10% superando i quattro milioni di voti alle politiche: numeri che non ha mai più raggiunto in assoluto e che ha avvicinato in percentuale solo grazie all’aumento dell’astensionismo. Sono passati da allora più di 15 anni. La domanda che ci si dovrebbe porre e sulla quale dibattere seriamente è: perché la Lega è diminuita in consenso e dove sono finiti quegli elettori e magari anche quelli che in altre occasioni l’avevano votata? Nello stesso lasso di tre lustri i partiti catalanisti, ad esempio, sono sistematicamente aumentati e la autonomia della loro terra ha fatto passi da gigante. Perché da noi è successo il contrario? Questo si dovrebbe chiedere la base di un partito politico serio, questo dovrebbe essere oggetto di un vero dibattito, di mature riflessioni congressuali.
    Invece di cavillare sul numero di persone presenti il 22 gennaio, su quanti di essi fossero maroniti, cerchiofanti o badantisti, non sarebbe finalmente ora di cercare di capire dove si è sbagliato, chi ha sbagliato, e cosa si deve fare per rimediare? Se in tutti questi anni non si è ottenuto nulla e si sono persi consensi, andando in assoluta controtendenza rispetto a tutti gli altri movimenti autonomisti – dalla Scozia alle Fiandre – un motivo ci deve essere. Nel 1996 quattro milioni di padani – più di un quarto del totale – avevano votato per un partito indipendentista, avevano cioè fatto una scelta dura, difficile, estrema per un popolo di moderati. Non li si era convinti a cambiare marca di dentifricio o modello di calzature, ma di risolversi a una scelta pesante, contraria a decenni di condizionamenti culturali e di ricatti sentimentali. Avevano superato un fosso con un salto che richiede determinazione e coraggio. Perché sono tornati indietro? Perché si sono rifugiati nell’astensione o nel voto di protesta? Perché non hanno continuato nella battaglia e nell’apostolato come avevano fatto fino ad allora? Sarebbe bastato che ciascuno di loro convincesse un amico, un parente o un vicino perché la maggioranza dei padani fosse favorevole all’indipendenza e potesse raggiungerla.
    Perché, arrivati in vista dell’obiettivo, si è tornati indietro? E da allora c’è chi piagnucola sui numeri bassi, sui consensi insufficienti e sulla sfiga cosmica che ha trasformato un movimento indipendentista in un sodalizio organizzatore di concorsi di bellezza, in un meccanismo di money transfer in Africa.
    Ecco, sono questi i temi su cui ci si deve confrontare, su cui si deve lavorare anche facendo scelte dolorose, se si vuole davvero l’indipendenza della Padania. Gli esami di coscienza sono alla base di qualsiasi processo di guarigione e di rinascita. La retorica, il celodurismo della domenica, l’obbedienza pronta-cieca-assoluta, servono a nulla. Disquisire e polemizzare sul numero di fazzoletti verdi in Piazza Duomo ancora meno.
    Postilla geometrica e demografica
    Giusto per la cronaca, la parte di Piazza compresa fra il Sagrato e il monumento a Vittorio (e cioè quella interessata dalla manifestazione) misura circa 12.500 metri quadrati. Tolto il palco e la base del monumento si arriva a circa un ettaro: mettendo una persona o due per metro quadrato di media, si arriva alla cifra ipotizzata. È del tutto irreale calcolare quattro persone a metro: roba da metropolitana molto, ma molto, affollata di gente anoressica, immobile e priva di sudorazione. Mettendoci anche tutti quelli che giravano per la città, sotto i portici, dentro al Duomo, nei bar e aggiungendoci tanta buona volontà si può forse sparare 25mila. Oltre c’è solo Calderoli.
    25 Gennaio 2012

    DA MOVIMENTO INDIPENDENTISTA A MONEY TRANFERT IN AFRICA | L'Indipendenza
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  10. #20
    Forumista
    Data Registrazione
    13 Aug 2010
    Messaggi
    515
     Likes dati
    11
     Like avuti
    38
    Mentioned
    6 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Rif: l'Indipendensa

    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    DA MOVIMENTO INDIPENDENTISTA A MONEY TRANFERT IN AFRICA
    di GILBERTO ONETO

    la Lega dei bei tempi radunava folle 10 o 20 volte superiori. Qualcuno forse ricorda la straordinaria manifestazione di Milano, in un piovoso novembre di tanti anni fa, quando forse più di 300mila leghisti avevano pacificamente invaso la città, ......... in occasione del decimo anniversario di quella che è ormai riconosciuta come la più grande manifestazione indipendentista dell’Occidente. ...... Sono passati da allora più di 15 anni. La domanda che ci si dovrebbe porre e sulla quale dibattere seriamente è: perché la Lega è diminuita in consenso e dove sono finiti quegli elettori e magari anche quelli che in altre occasioni l’avevano votata? Nello stesso lasso di tre lustri i partiti catalanisti, ad esempio, sono sistematicamente aumentati e la autonomia della loro terra ha fatto passi da gigante. Perché da noi è successo il contrario? Questo si dovrebbe chiedere la base di un partito politico serio, ....... Invece di cavillare sul numero di persone presenti il 22 gennaio, su quanti di essi fossero maroniti, cerchiofanti o badantisti, non sarebbe finalmente ora di cercare di capire dove si è sbagliato, chi ha sbagliato, e cosa si deve fare per rimediare? Se in tutti questi anni non si è ottenuto nulla e si sono persi consensi, andando in assoluta controtendenza rispetto a tutti gli altri movimenti autonomisti – dalla Scozia alle Fiandre – un motivo ci deve essere. Nel 1996 quattro milioni di padani – più di un quarto del totale – avevano votato per un partito indipendentista, avevano cioè fatto una scelta dura, difficile, estrema per un popolo di moderati. Non li si era convinti a cambiare marca di dentifricio o modello di calzature, ma di risolversi a una scelta pesante, contraria a decenni di condizionamenti culturali e di ricatti sentimentali. Avevano superato un fosso con un salto che richiede determinazione e coraggio. ..... Perché, arrivati in vista dell’obiettivo, si è tornati indietro? ...... Gli esami di coscienza sono alla base di qualsiasi processo di guarigione e di rinascita. La retorica, il celodurismo della domenica, l’obbedienza pronta-cieca-assoluta, servono a nulla. Disquisire e polemizzare sul numero di fazzoletti verdi in Piazza Duomo ancora meno.DA MOVIMENTO INDIPENDENTISTA A MONEY TRANFERT IN AFRICA | L'Indipendenza
    Grande Oneto! Tutte domande o annotazioni che si rispondono da sole. Aggiungerei solo che il popolo dei moderati c'era all'inizio, e questo spiega i 300.000 oppure il milione e passa versus i 15.000 odierni, ma in seguito si è disperso, per lasciare il posto a portatori di idee poche ma confuse e tutte più o meno di estrema destra, retrive, reazionarie, clericali, oscurantiste, illiberali, fascistoidi, intercambiabili con le frange estreme del PdL (in genere di matrice sudista), e così disgustando non dico quelli di sinistra, ma anche i moderati e i centristi che simpatizzavano per la causa autonomista, federalista (vera) e, chissà, che forse sarebbero stati disponibili anche per un percorso indipendentista, pari pari come è successo in Catalogna. E magari una piccola postilla: oltre che delle disquisizioni sul numero dei fazzoletti verdi forse si può fare a meno anche di quelle sui fenotipi e relativa contaminazione.

 

 
Pagina 2 di 163 PrimaPrima 1231252102 ... UltimaUltima

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito