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    Predefinito Riferimento: Crocifisso, simbolo di laicità

    "La Repubblica", LUNEDÌ, 27 APRILE 2009
    Pagina 14 - Esteri

    Berlino, schiaffo alla Merkel bocciata l´ora di religione
    Bocciato il referendum per l´introduzione dell´insegnamento nelle scuole

    ANDREA TARQUINI

    dal nostro corrispondente

    BERLINO - La laica capitale tedesca ha detto no alla pari dignità dell´ora di religione. Il risultato del referendum tenutosi ieri, secondo i dati non ancora ufficiali ma già quasi definitivi, suona anche come una chiara sconfitta per la Cancelliera Angela Merkel, che pochi giorni fa si era schierata di persona a favore del sì. Gli stessi promotori della consultazione popolare ieri sera hanno ammesso la sconfitta.
    Il referendum, indetto dopo una raccolta di firme di "Pro Reli", organizzazione sostenuta dalle chiese e dalla Cdu (il partito della cancelliera) chiedeva ai berlinesi se volevano ripristinare la pari dignità dell´ora di religione con la lezione di etica. Attualmente a Berlino - capitale, ma anche città-Stato, uno dei sedici Bundeslaender - diversamente da altrove in Germania, l´etica è materia obbligatoria mentre la religione è disciplina facoltativa: chi la sceglie deve fare un´ora in più.
    La partecipazione al voto è stata bassissima, del 28,2% circa. E già questo indicava fin dal primo pomeriggio un consenso insufficiente all´iniziativa del movimento pro-religione. Poco dopo le 20, in base al conto del 96% dei voti espressi, il no alla pari dignità dell´ora di religione raggiungeva il 51,3, contro il 48,5 dei sì. Sono andati a votare appena 710 mila sui circa 2,4 milioni di aventi diritto al voto a Berlino. Questo vuol dire che, rispetto al totale del corpo elettorale nella città, i sì all´ora di religione sono soltanto il 13,7% . Molto meno del 25% dei sì che la legge avrebbe richiesto per una loro vittoria, anche se i sì fossero stati in vantaggio. Il risultato del referendum di ieri è importante per almeno due motivi, nella Germania e nell´Europa di oggi. Primo, perché Berlino riunificata conferma la vocazione di città più laica e più decisa alla separazione tra Fede e pubblici poteri in tutta la Repubblica federale. Secondo ma non ultimo, perché a pochi mesi dalle elezioni politiche federali, previste per fine settembre, la CduCsu , pur essendo in schiacciante vantaggio nei sondaggi rispetto alla socialdemocrazia, Spd, sua alleata nella Grande Coalizione ma rivale alle legislative, appare su alcuni temi specifici non imbattibile e non invulnerabile.

  2. #102
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    Predefinito Riferimento: Crocifisso, simbolo di laicità

    L'otto per mille, il maligno e la Chiesa cattolica
    • da Il Manifesto del 28 aprile 2009, pag. 12

    di Nicola Fiorita

    Ai tanti piccoli misteri della nostra vita occorrerà aggiungere quello dell`otto per mille, oggetto di grandi entusiasmi sin dalla sua nascita e ancora oggi presentato come un sistema efficace, buono e giusto, quando invece si è rivelato discriminatorio, inadeguato e del tutto irragionevole. Basterà ricordare che questo sistema avrebbe potuto garantire un eguale trattamento delle confessioni religiose e invece esclude tutti i gruppi (dall`Islam alle organizzazioni ateistiche) che non hanno un`intesa con lo Stato; che esso doveva fondarsi sulla volontarietà dei contribuenti mentre, al contrario, il gettito viene ripartito anche in assenza di ogni indicazione da parte del cittadino e, infine, che la maggior parte dei contribuenti preferisce non esprimere alcuna scelta, dimostrando così di rifiutare, o di non conoscere, il sistema. Ma c`è di più: la possibilità per ogni cittadino di destinare allo Stato l`otto per mille è vanificata dal disinteresse che l`apparato pubblico ha dimostrato verso queste somme, dall`opacità del loro impiego, dall`incredibile circostanza, che,esse vengano a volte utilizzate per finalità religiose. L`incrocio di questi dati produce un risultato davvero perverso. La progressiva diminuzione di coloro che, barrano la casella dell`otto per mille ha prodotto un vorticoso aumento dei soldi ricevuti dalla Chiesa cattolica, che riesce a capitalizzare al massimo (anche in questo settore) l`astensione dei cittadini. In virtù della ripartizione delle scelte non espresse in proporzione a quelle espresse, la Chiesa con il 34% di indicazioni in suo favore raccoglie quasi l`87% del gettito complessivo. Se guardiamo al vangelo («il vostro parlare sia si si, no no, ciò che è in più viene dal maligno») dobbiamo concludere che dal maligno provengono circa 500 milioni di euro all`anno, ovvero la differenza che corre tra quel che riceve in concreto la Chiesa e quel che riceverebbe se il silenzio del contribuente lasciasse i soldi nelle disponibilità del suo proprietario (il cittadino prima di pagare l`Irpef, lo Stato dopo). La Chiesa cattolica riceve circa un miliardo di euro all`anno da parte dello Stato con incrementi astronomici (più del 100%) rispetto ai primi anni di funzionamento del sistema; un aumento che non trova riscontro in nessun`altra voce del bilancio statale e che non è giustificabile in un`epoca di sacrifici pubblici e privati. A fronte di questa abnorme situazione provo ad indicare tre rimedi. 1. È opportuno che la Commissione paritetica, istituzionalmente incaricata di monitorare il funzionamento di questo sistema, provveda a ridurre la quota dell`Irpef destinata a sostenere i gruppi religiosi, riportando il sostegno dello Stato a cifre ragionevoli. 2. Poiché le somme ricevute da tutte le confessioni sono largamente superiori alle loro necessità sarebbe possibile ipotizzare una moratoria dell`otto per mille, destinando quest`anno il gettito corrispondente (circa un miliardo e 400 milioni di euro) alle popolazioni abruzzesi. 3. Laddove non fosse possibile acquisire il consenso delle altre parti, lo Stato potrebbe comunque impegnarsi a destinare la propria quota di otto per mille al medesimo fine, indicando ai cittadini la possibilità di indirizzare, attraverso l`apparato pubblico, una parte delle loro tasse ad uno scopo così meritorio. Il recupero di risorse consistenti, l`impulso verso una sana concorrenza che intacchi il monopolio cattolico e la riduzione degli ingenti contributi economici che le gerarchie ecclesiastiche hanno utilizzato in questi anni per imbrigliare la vitalità del mondo cattolico e costruire una nuova egemonia sociale sono gli obiettivi che queste, pur minime, proposte permetterebbero di realizzare senza dover attendere l`improbabile superamento del sistema vigente.

  3. #103
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    Predefinito Riferimento: Crocifisso, simbolo di laicità

    "La Stampa", 04 Maggio 2009, pag. 34

    “Il Vaticano contro Angeli & Demoni”
    Ron Howard: ci ha ostacolati, eppure è uno spot per la città
    «Il clero si è rifiutato di vedere il film. Come può criticarlo?»

    «Un film che parla così di Roma non si vedeva dai tempi di Fellini»

    FULVIA CAPRARA
    ROMA

    //alert(cont); if(cont==1){ immagine('20090504/foto/H10_582.jpg'); } L’anello del Pescatore frantumato dal Camerlengo subito dopo la morte del Pontefice, un piccolo contenitore di antimateria che sta per diventare arma di distruzione totale, l’avvio del Conclave con i cardinali pronti a eleggere il nuovo Santo Padre, la folla che attende il verdetto in Piazza San Pietro. Parte da qui, senza perdere il ritmo neanche per un attimo, il film che Ron Howard ha tratto dal romanzo di Dan Brown Angeli e demoni, seguito del Codice da Vinci che ha incassato nel mondo 758 milioni di dollari. Ancora una volta l’esperto di religioni Robert Langdon, interpretato da Tom Hanks, guida l’azione con la forza delle sue convinzioni scientifiche: «La fede è un dono - dice in una battuta del film - io non l’ho ancora ricevuto». La Chiesa e la Scienza si fronteggiano di nuovo, ma stavolta a rendere più serrato lo scontro c’è la minaccia degli Illuminati, la confraternita decisa a vendicarsi di antiche persecuzioni cattoliche. Sui 138 minuti di pellicola (dal 13 nella sale in 800 copie con il marchio Sony) aleggia il discredito del Vaticano che ha negato ai produttori l’autorizzazione per girare all’interno di varie chiese capitoline: «Anche per l’altro film ci furono controversie - ha chiarito il regista, a Roma con tutto il cast per l’anteprima mondiale di stasera -, non ci aspettavamo la collaborazione della Chiesa e infatti non l’abbiamo avuta, pochi giorni prima dell’avvio delle riprese ci hanno fatto sapere che non potevamo girare in certi luoghi. Non mi sono meravigliato, ma ho anche appreso che il Vaticano avrebbe influenzato altri organismi della città affinché i permessi ci fossero negati. Abbiamo chiesto a vari rappresentanti del clero se volevano vedere il film, l’invito è stato declinato, però non si sono opposti alla scelta di organizzare qui il lancio. Quello che veramente non capisco sono le proteste da parte di chi non ha ancora visto nemmeno un fotogramma».
    Da Castel Sant’Angelo al Colosseo, dal Pantheon a Piazza Navona, dalle strade alle fontane, dalla luce dorata che illumina il Tevere all’oscurità minacciosa delle catacombe. Era da tempo che la città eterna non riceveva un tributo cinematografico così appassionato, il tour con tappe obbligate nei luoghi del film potrebbe essere l’asso nella manica del turismo locale nei prossimi mesi. Ma anche in questo caso bisognerà vedere se sarà possibile sfruttare l’occasione. Le avvisaglie non sono buone. L’altra sera il cocktail riservato alla stampa avrebbe dovuto svolgersi sulla terrazza della «Residenza Paolo VI», affacciata sul Vaticano, ma pochi giorni prima dell’evento è arrivato il no e e l’appuntamento è stato spostato in un albergo del centro. «Il senso di frustrazione è inevitabile - dice Ron Howard -, mi aspettavo le polemiche, certo, ma sicuramente non ho girato pensando a questo, e non so se la reazione della Chiesa sia per il film un bene o un male, non mi occupo di marketing, anche se immagino che le critiche facciano comunque pubblicità. Voglio però ricordare che se qualcuno giudica i contenuti della storia offensivi o scioccanti può sempre decidere di non andare a vedere Angeli e demoni. Non l’ho fatto per sconvolgere le persone».
    Pierfrancesco Favino, sullo schermo l’ispettore Ernesto Olivetti, l’uomo che chiede l’aiuto di Langdon pur conoscendo i suoi forti contrasti con il Vaticano, è bersagliato dalle domande sulle possibili reazioni del pubblico italiano: «Durante le riprese non ho avvertito nessun atteggiamento di rifiuto da parte della gente, i romani sono molto scettici, abituati a tutto». Ewan McGregor fa un volo pindarico e paragona il ruolo del Camerlengo a quello di Obi-Wan Kenobi nel prequel della trilogia di Guerre stellari. Sarà un caso, ma è proprio lui a librarsi nel firmamento, appeso al paracadute, in una delle sequenze più acrobatiche della pellicola: «Tutti e due i personaggi hanno una gran fiducia in se stessi e in quello in cui credono». L’attrice israeliana Ayelet Zurer, sullo schermo Victoria Vetra, la scienziata che affianca Langdon nell’avventura romana, dice che il personaggio l’ha interessata perché «rappresenta una generazione di donne con un’istruzione importante, destinate a svolgere il proprio lavoro in campi generalmente dominati dagli uomini». Gambe lunghe, sguardo intenso, look severo, Zurer è stata preferita a molte colleghe italiane: «Perché? Non so, mi hanno chiesto una recitazione assolutamente realistica, forse mi hanno scelta per i colori, perché muovo molto le mani e parlo ad alta voce come voi. Però, prometto, non lo faccio più».

  4. #104
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    Predefinito Riferimento: Crocifisso, simbolo di laicità

    "La Repubblica", LUNEDÌ, 04 MAGGIO 2009
    Pagina 34 - Spettacoli

    Il regista: "Dal Vaticano quanti ostacoli per i nostri set"
    Anteprima mondiale del nuovo thriller tratto dal romanzo di Dan Brown che uscirà il 13 maggio
    Già presentato un esposto contro il film. Ma Ron Howard e Tom Hanks lo difendono

    MARIA PIA FUSCO
    ROMA
    Chiunque tema di sentirsi offeso da Angeli e demoni non vada a vederlo. Anche per me ci sono film offensivi, non vedo le storie di tortura come la serie "Saw"». È la reazione di Tom Hanks alle proteste di personalità cattoliche, tra le quali il vescovo di Potenza Antonio Rosario Mennone, anni 103, contro il film di Ron Howard dal bestseller di Dan Brown, presentato ieri a Roma in prima mondiale alla stampa internazionale. La Sony, che distribuisce Angeli e demoni - in Italia dal 13 maggio in 800 copie e nel resto del mondo dal 15 - ha scelto Roma per l´evento perché il film è stato girato qui. Almeno in parte, visto che, ricorda Ron Howard, «dopo i primi giorni di riprese ci hanno negato molte location. Non mi aspettavo una collaborazione né di girare nelle chiese o nella Cappella Sistina, ma non credevo che l´influenza del Vaticano fosse così forte da impedirci di girare anche in luoghi esterni. Abbiamo risolto altrimenti, la frustrazione è che volevamo mostrare il film ad alcuni prelati, ma non hanno accettato. Lo criticano senza averlo visto».
    Del resto, secondo il regista, «Angeli e demoni non è anticattolico, è solo un thriller pieno d´azione e di tensione. È la prima volta che faccio un sequel, ma non potevo rifiutare un film in cui si intreccia l´antimateria con l´elezione di un Papa. Il Codice da Vinci era più fedele al libro, aveva un ritmo più pacato e il tema era più provocatorio nei confronti della Chiesa. Però quando parlo con i preti off records tutti ammettono che né il libro né il film hanno influito sulla fede dei credenti».
    Se pure San Pietro e quasi tutti gli interni sono stati ricostruiti a Hollywood, Roma in Angeli e demoni c´è, anzi il film è un grandioso spot per la città, dove il professor Robert Langdon (Hanks) è chiamato ad interpretare i segni dell´antica setta degli Illuminati, che hanno rapito i quattro cardinali papabili e minacciano la distruzione della città con l´antimateria rubata al Cern in Svizzera. Nel cast internazionale ci sono l´israeliana Ayelet Zurer (un scienziata), l´inglese Ewan McGregor (il Camerlengo), lo svedese Stellan Skarsgaard (capo della guardia svizzera), il tedesco Armin Mueller-Stahl (cardinale). Per l´Italia, oltre al prelato interpretato da Cosimo Fusco, c´è Pierfrancesco Favino, l´ispettore Olivetti che accompagna Langdon nella frenetica ricerca di risolvere il mistero dei segni.
    Tom Hanks conosceva Roma da turista, «ma stavolta ci sono rimasto quattro mesi e, girando tra chiese e monumenti, ho capito il potere del Vaticano, che non è solo una città di governo, ma una corporazione multinazionale con tanto di business, una specie di Toshiba». L´attore capisce «il fascino del mistero della Chiesa, della ritualità del Concilio, dei costumi dei cardinali. Ogni categoria ha i suoi costumi, a Washington i politici si vestono tutti nello stesso modo. E quando lavoravo come bell-boy dovevo portare la giacca uguale a quella degli altri ragazzi».
    Figlio di «genitori che hanno divorziato più volte, ho vissuto in famiglie di varie religioni, tutte con la certezza assoluta della verità: per questo non riesco ad affidarmi a nessuna. Ma rispetto chi crede, mia moglie è greco-ortodossa e i miei due figli sono battezzati», dice l´attore. Che è anche regista e produttore. «Non volevo stare alla mercè del telefono in attesa di un ruolo e ho cominciato a scrivere storie e sviluppare progetti. Adesso non sono più un uomo da affittare, ho una mia attività creativa».
    Attore da Oscar, Tom Hanks è anche una persona simpatica, ironica, generosa, lodato oltre che da Howard - «Con lui c´è un legame di complicità, da compagni di stanza al college» - da tutti quelli del cast. Senza difetti? «Da bambino rubavo la marmellata, finché mi hanno scoperto. A parte gli scherzi, non sono perfetto, è solo che evito di dire verità sgradevoli. E mi diverto a rispettare le regole: nel lavoro e nella vita». Le regole sono quelle di un democratico, convinto sostenitore di Obama. «I suoi cento giorni di governo sono niente rispetto ai problemi da risolvere. I presidenti in genere arrivano alla Casa Bianca e cominciano a realizzare il loro programma, nessuno si è trovato come Obama, costretto ad occuparsi di tante crisi dolorose e difficili. Per giudicare Obama e il suo programma dobbiamo aspettare».

  5. #105
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    Predefinito Riferimento: Crocifisso, simbolo di laicità

    Egr. Direttore,

    Gradirei controbattere alla lettera di risposta alla mia, inviata dal consigliere Ferraris in merito al crocifisso nell’ aula del consiglio comunale. Il simbolo del Comune di Asti è uno scudo crociato, come negarlo, ma quel simbolo sembra risalire alle crociate del 1200; vuole forse il consigliere tornare a quei tempi nel nome delle tradizioni da lui evocate? Lo stemma della città oggi è, ad ogni modo, un simbolo istituzionale che niente ha a che vedere con il crocifisso, il quale probabilmente, come lui afferma, non è solo un simbolo religioso ma resta il fatto, innegabile, che è soprattutto il simbolo della religione cristiana. Trovo inesatto inoltre affermare che la nostra civiltà si sia sviluppata attraverso la cultura cristiana, direi piuttosto che la nostra città si è sviluppata anche attraverso la cultura cristiana ed, allo stesso modo, è spesso regredita a causa della stessa cultura cristiana. Il consigliere poi afferma che non sarebbe intelligente negare le proprie origini culturali e cancellare simboli della nostra società ma io non desidero negare proprio nulla semplicemente ritengo che la religiosità sia una fatto di natura privata e che i simboli religiosi debbano rimanere nella dimensione privata e non pubblica, per rispetto di tutti i cittadini astigiani. Allo stesso modo nessuno intende propagandare l’idea di abbandono delle tradizioni e se è vero, come dice il consigliere, che la nostra cultura ritirandosi ha lasciato molti vuoti non è detto che i valori che debbano riempire quei vuoti siano necessariamente valori della religione cristiana e, comunque, non è compito di un ente pubblico tentare di prescrivere valori alla società, perché questo succede negli stati etici o confessionali, che, come noto, non hanno un buon rapporto con le regole democratiche. Non voglio togliere al consigliere Ferraris la libertà di essere quello che è, come lui afferma, infatti non andrò mai a sindacare la scelta di appendere un crocifisso in casa propria ma allo stesso modo lui rispetti tutti gli astigiani non cristiani ed eviti di prendere decisioni prepotenti ed intolleranti come quella far deliberare il consiglio comunale sotto il crocifisso. Egli afferma infine che “non si può indietreggiare sempre” ma se oggi c’è qualcosa che è in pericolo quella è la laicità dello stato e non le vostre, presunte, tradizioni.



    Salvatore Grizzanti

    coordinatore provinciale di Asti

    Associazione Radicale Adelaide Aglietta

  6. #106
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    I vescovi: il Premier sia più sobrio, i valori per un leader sono importanti
    • da Il Messaggero del 6 maggio 2009, pag. 2

    di Franca Giansoldati


    E` al quarto giorno che l`Avvenire sbotta convinto. L`Italia avrebbe bisogno di avere sotto gli occhi modelli più sobri. Mai prima d`ora sul giornale dei vescovi un editoriale si era spinto tanto in là nel criticare le scelte etiche di un presidente del Consiglio. «Sappiamo che un uomo di governo va giudicato perciò che realizza, per i suoi programmi e la qualità delle leggi che contribuisce a varare. Ma la stoffa umana di un leader, il suo stile e i valori di cui riempie concretamente la sua vita non sono indifferenti. Non possono esserlo. Per questo noi continuiamo a coltivare la richiesta di un presidente che con sobrietà sappia essere specchio, il meno deforme, all`anima del Paese». Questa è la vera questione, il nocciolo: una nazione che non si ritrova nelle candidature delle vallette, «nell`abbraccio mortifero» tra politica e spettacolo, nel «clima di scambio di lavorini veri, falsi o presunti tra amici e amiche». Al centro della severa riflessione - affidata non a caso a Rossana Sisti, l`ideatrice di Popotus, il foglio di Avvenire pensato per educare alla lettura i bambini - c`è la questione etica. «Questa volta scrive Sisti - abbiamo vissuto con autentica tristezza il valzer delle candidature: se ci fossero davvero in lista d`attesa veline o attricette non lo sapremo mai, ma anche solo l`ipotesi di un uso delle ragazze come esca elettorale è suonata sconfortante». Per un curioso paradosso l`Avvenire - in questo frangente - si ritrova in sintonia con Emma Bonino (quando dice: «sono arrivata alla conclusione che Berlusconi disprezza le donne») denunciando sic et simpliciter la scarsa considerazione che emerge dell`universo femminile. E` «inaccettabile», infatti, una «concezione della donna meramente strumentale: la candidata deve essere bella, giovane e piacente, possibilmente disponibile. Magari così solo allo sguardo degli estranei, ma si sa che le apparenze contano. E queste rivelano un ricorso talora spregiudicato al potere». In serata il cardinale Bagnasco, riprendendo le parole del giornale, ha fatto sapere che «il richiamo alla sobrietà ed alla responsabilità per tutti è sempre molto positivo». Secondo il giornale cattolico la politica «buona è sereno rigore, consapevolezza della tenace significanza di un impegnativo discrimine etico». Tuttavia lo spettacolo descritto e desolante, da una parte c`è chi parteggia per «d`uomo potente, il cesare allegrotto, piantato in asso da una donna ingrata», dall`altro chi sta con «la moglie trascurata e oltraggiata all`onor del mondo», dimenticandosi dei valori veri, e dei figli «orinai grandi, ma assai meno grandi della tempesta che gli si è scatenate nel cuore e nella testa». In questa storia serve rispetto. E` per questo, annota l`Avvenire, che ha suscitato tanto «stupore» la decisione della Lario di criticare pubblicamente le scelte «discutibilissime» del marito-premier, mentre lui, di contro, gridava al complotto, «riscoprendo il baso profilo e la privacy pur avendo scelto la guasconeria come arte del consenso». Alla teoria del complotto non crede nemmeno Casini («fa scappare da ridere») che ha invitato il presidente del Consiglio ad introdurre il quoziente familiare, mantenendo la promessa fatta in campagna elettorale. «Se farà questa riforma rivoluzionaria noi saremo con lui. Altrimenti saremo costretti ogni giorno a ricordalo ai cittadini».

  7. #107
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    A Palazzo Chigi allarme rosso sul voto cattolico
    • da La Repubblica del 6 maggio 2009, pag. 4

    di Francesco Bei


    «Adesso basta, bisogna reagire». Silvio Berlusconi, diviso tra quanti (le colombe Gianni Letta e Paolo Bonaiuti) gli consigliavano di abbassare i toni e altri che puntavano al contrattacco, alla fine ha preso la sua decisione seguendo l´istinto: «Andiamo da Vespa, adesso parlo io, avvertitelo». Decisivo un ultimo consulto a colazione con l´uomo che in questi giorni ha confermato il suo ruolo chiave nell´inner circle del Cavaliere: l´avvocato-consigliere Nicolò Ghedini, (la cui sorella Ippolita seguirà la causa di divorzio).
    La "strategia del giunco", che si piega finché non sia passata la piena, non aveva sortito alcun effetto. Com´era prevedibile quel primo comunicato di domenica, in cui Berlusconi quasi scongiurava di far rimanere un «fatto privato» il divorzio, non era stato tenuto in nessun conto. Anzi. Nel mondo la notizia continua a montare, mandando in fumo un lungo lavoro di promozione dell´immagine di Berlusconi all´estero affidato agli ambasciatori. Ma soprattutto i primi focus group organizzati dalla solita sondaggista di fiducia rivelavano il baratro di un impatto molto negativo della vicenda Lario. Anzitutto sugli elettori cattolici praticanti.
    Non basta. A funestare la giornata anche il quotidiano dei vescovi Avvenire, per la prima volta critico nei confronti del premier. Osservazioni avallate per di più dal presidente della Cei Angelo Bagnasco. L´allarme rosso a palazzo Grazioli scatta immediatamente e vengono decise alcune, importanti, contromisure. Si tratta di offrire subito una versione alternativa a quella di Veronica, smentire la storia delle «minorenni», delle «vergini che si offrono al drago», prima che si fissi nell´opinione pubblica. Così Berlusconi chiede a Vespa di organizzargli una puntata ad hoc per spiegarsi, per far girare le foto ufficiali di quella maledetta festa napoletana, già fatte pubblicare al settimanale di famiglia "Chi". Vista l´emergenza Lario e la puntata di Porta a Porta da registrare alle diciotto, Berlusconi decide di rischiare l´incidente diplomatico con il Quirinale. E fa annullare da Gianni Letta l´appuntamento già fissato alla stessa ora al Colle con il capo dello Stato per discutere della promozione a ministro della Brambilla.
    Contemporaneamente al sottosegretario Paolo Bonaiuti viene affidata la missione più delicata e segreta. Un pranzo con i direttori dell´Osservatore Romano, di Civiltà cattolica, la rivista dei gesuiti, e di Avvenire, per cercare di limitare i danni. Incontro già fissato da tempo, si dice. Ma che ieri, inevitabilmente, è stato piegato agli eventi, per cercare di smussare, ridimensionare, cercare di bloccare sul nascere altri sgraditi editoriali sulla «sobrietà» del presidente del Consiglio.
    Nel frattempo, nella cerchia del Cavaliere, si comincia a ragionare con calma sui possibili «mandanti» e organizzatori di quello che viene considerato «un complotto politico-mediatico». Va bene i giornali «di sinistra». Ma alcuni indizi avrebbero portato a individuare, tra gli ispiratori di Veronica, alcuni tasselli di una filiera che va dai radicali fino a Gianfranco Fini. Le tracce. L´avvocato a cui la moglie di Berlusconi si è affidata per la causa di separazione è la stessa professionista che aiutò Beppino Englaro a incardinare la battaglia per Eluana. «Una simpatizzante radicale», secondo gli uomini del Pdl. Altro elemento. Sofia Ventura, la docente che diede l´altolà alle «veline in politica» sulla rivista Ffwebmagazine (quella di Fini, appunto), è la stessa che figura tra i promotori di "Libertiamo", un´associazione vicina al Pdl ma di cultura e radici nel mondo radicale. E sempre da quell´area viene Diego Sabatinelli, segretario della Lega Italiana per il Divorzio Breve, il primo a invitare Veronica a trasformare la sua vicenda in una «battaglia civile e politica». «Una grandissima cavolata», ribatte il deputato radicale Matteo Mecacci, «forse cercano in noi un capro espiatorio per giustificare con i vescovi quello che è accaduto». Eppure i sospetti dei berlusconiani restano forti. Ritengono che una manina possa aver suggerito a Veronica di uscire allo scoperto. «Possibile - si chiedeva ieri pomeriggio in Transatlantico un esponente di primissimo piano del Pdl - che una prudente come la Bonino arrivi a esporsi in questo modo? Sembra quasi che ci abbia messo la firma». Il riferimento è a una dichiarazione molto severa di Emma Bonino - «Berlusconi è uno che le donne le disprezza - che ha colpito molto e irritato il Cavaliere.

  8. #108
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    La difficile impresa di B-XVI
    • da Il Foglio del 6 maggio 2009, pag. I

    di Sandro Magister



    La domenica prima di partire per la Terra Santa, in una piazza San Pietro gremita di fedeli, Benedetto XVI ha detto in poche parole quale sarà l'obiettivo del suo viaggio: "Con la mia visita mi propongo di confermare e di incoraggiare i cristiani di Terra Santa, che devono affrontare quotidianamente non poche difficoltà. Quale successore dell’apostolo Pietro, farò loro sentire la vicinanza e il sostegno di tutto il corpo della Chiesa. Inoltre, mi farò pellegrino di pace, nel nome dell’unico Dio che è Padre di tutti. Testimonierò l’impegno della Chiesa Cattolica in favore di quanti si sforzano di praticare il dialogo e la riconciliazione, per giungere a una pace stabile e duratura nella giustizia e nel rispetto reciproco. Infine, questo viaggio non potrà non avere una notevole importanza ecumenica e interreligiosa. Gerusalemme è, da questo punto di vista, la città-simbolo per eccellenza: là Cristo è morto per riunire tutti i figli di Dio dispersi".
    Da queste parole – ribadite nell'udienza generale di mercoledì 6 maggio – si ricava che per promuovere la pace e il dialogo in Terra Santa, tra i popoli e le religioni, il papa si affida in primo luogo ai cristiani che vivono là.
    Una scommessa audace. Non solo, infatti, in quella regione i cristiani sono ridotti a un'esile minoranza, inferiore al 2 per cento della popolazione ebrea ed araba. Va anche tenuto conto che proprio i cristiani del luogo sono stati i più scettici, nel reagire all'annuncio del viaggio del papa. Molti di loro, anche sacerdoti e vescovi, si sono espressi contro l'opportunità della sua visita.
    Si è dovuto faticare molto per smussare questo fronte del rifiuto. Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, l'ha confermato in un'intervista: le ragioni degli oppositori sono state esposte anche a Benedetto XVI in persona.
    Il timore principale degli oppositori era che il viaggio del papa – anche per le sue posizioni molto avanzate nel dialogo religioso con l'ebraismo – si risolvesse in un vantaggio politico per Israele.
    Benedetto XVI ha resistito con fermezza. Da parte sua, la diplomazia vaticana ha fatto di tutto per tranquillizzare gli oppositori.
    Questo spiega, ad esempio, la benevolenza mostrata dal Vaticano nei confronti dell'arcinemico di Israele, l'Iran, durante e dopo la controversa conferenza di Ginevra sul razzismo: una benevolenza giudicata da molti osservatori fuori misura.
    E questo spiega, forse, anche il silenzio delle autorità vaticane e dello stesso papa sulla proditoria impiccagione a Teheran della giovane iraniana Delara Dalabi. In casi del genere, di risonanza mondiale, quasi sempre la Santa Sede alza la voce in difesa delle vittime delle violazioni dei diritti umani: ma questa volta ha deciso di tacere.
    Va detto che l'Iran, a sua volta, tratta la Santa Sede con inusuale benevolenza. Ricevendo, l'anno scorso in aprile, l'arcivescovo Jean-Paul Gobel, nuovo nunzio apostolico a Teheran, il presidente Ahmadinejad definì il Vaticano una forza positiva per la giustizia e la pace nel mondo.
    E poco dopo inviò a Roma una delegazione di alto profilo capeggiata da Mahdi Mostafavi, discendente diretto del profeta Maometto, presidente dell'Islamic Culture and Relations Organization di Teheran e già viceministro degli esteri: un suo uomo di fiducia e "consigliere spirituale", con il quale si incontra "almeno due volte a settimana". La delegazione iraniana intrattenne con un'autorevole delegazione vaticana un colloquio a porte chiuse di tre giorni, dal 28 al 30 aprile, sul tema "Fede e ragione nel cristianesimo e nell'islam", concluso con un incontro con Benedetto XVI.
    In Iran vive una piccolissima comunità cattolica, sottoposta ad asfissiante controllo. Anche questo spiega il "realismo" di cui dà prova la diplomazia vaticana, in questo e in altri paesi musulmani. Per salvare il salvabile, il riserbo è ritenuto più efficace dell’aperta denuncia.
    Una sola volta, ad esempio, e in forma velata, il Vaticano ha stigmatizzato i ripetuti anatemi di Ahmadinejad contro l'esistenza di Israele. L'ha fatto con un comunicato della sala stampa del lontano 28 ottobre 2005. Dopo di allora, silenzio.
    Ma il "realismo" diplomatico non spiega tutto. A una parte consistente dei cristiani arabi che vivono in Terra Santa gli anatemi antiebraici di Ahmadinejad suonano familiari. Anche per costoro è l'esistenza stessa di Israele la causa di tutti mali.
    Va tenuto presente che simili pensieri corrono non soltanto tra i cristiani arabi, ma anche tra esponenti di rilievo della Chiesa cattolica che vivono fuori della Terra Santa e a Roma.
    Uno di questi, ad esempio, è il gesuita Samir Khalil Samir, egiziano di nascita, libanese d'adozione, esperto tra i più ascoltati in Vaticano, che in un suo "decalogo" di due anni fa per la pace in Medio Oriente ha scritto: "La radice del problema israelo-palestinese non è religiosa né etnica; è puramente politica. Il problema risale alla creazione dello stato d’Israele e alla spartizione della Palestina nel 1948 – a seguito della persecuzione organizzata sistematicamente contro gli ebrei – decisa dalle grandi potenze senza tener conto delle popolazioni presenti in Terra Santa. È questa la causa reale di tutte le guerre che ne sono seguite. Per porre rimedio a una grave ingiustizia commessa in Europa contro un terzo della popolazione ebrea mondiale, la stessa Europa, appoggiata dalle altre nazioni più potenti, ha deciso e ha commesso una nuova ingiustizia contro la popolazione palestinese, innocente rispetto al martirio degli ebrei".
    Detto questo, padre Samir sostiene comunque che l'esistenza di Israele è oggi un dato di fatto che non può essere rifiutato, indipendentemente dal suo peccato d'origine. Ed è questa anche la posizione ufficiale della Santa Sede, da tempo favorevole ai due stati israeliano e palestinese.
    Non solo. Per padre Samir i cristiani arabi che vivono in Terra Santa, pur pochi di numero, sono "gli unici che possono promuovere la pace nella regione, perché non vogliono affrontare la questione religiosamente ma secondo giustizia e legalità".
    Secondo padre Samir, infatti, il conflitto arabo-israeliano non cesserà fino a che continuerà ad essere una guerra religiosa tra ebraismo ed islam. Solo se ricondotto ai suoi connotati politici e "laici" potrà trovar pace. E i cristiani sono i più attrezzati allo scopo.
    Alla vigilia del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa, padre Samir ha sviluppato queste sue idee sul ruolo dei cristiani nella regione in un'intervista al settimanale italiano "Tempi".
    Ha detto tra l'altro: "Già la Nahdah, il rinascimento arabo che si è verificato tra l’Ottocento e la prima parte del Novecento, fu essenzialmente frutto dei cristiani. Di nuovo, oggi, un secolo dopo, sta succedendo lo stesso, sebbene i cristiani siano in minoranza nei paesi arabi. Oggi il 'nuovo' nel pensiero arabo arriva dal Libano, dove l’interazione tra cristiani e musulmani è più viva. Qui ci sono cinque università cattoliche, oltre a quelle islamiche e quelle statali. Funzionano radio, televisioni, giornali e riviste di matrice cristiana, sulle quali scrivono tutti, musulmani, laici, cristiani. Oggi l’impatto culturale dei cristiani in Medio Oriente avviene tramite i mezzi di comunicazione: il Libano è diventato il primo centro di pubblicazione di libri di tutto il mondo arabo, ove vengono stampati libri sauditi, marocchini… Anche i musulmani capiscono che i cristiani sono i gruppi più attivi e gli elementi culturalmente più dinamici, come spesso avviene per le minoranze. I cristiani libanesi o degli altri paesi mediorientali hanno poi legami e contatti con l’Occidente, e per questo il loro ruolo culturale è fondamentale. Molti musulmani, anche autorevoli leader, sia in Libano che in Giordania, ma anche in Arabia Saudita, lo hanno dichiarato pubblicamente: non vogliamo che i cristiani se ne vadano via dai nostri paesi perché sono una parte essenziale delle nostre società".
    A questa visione ottimista, padre Samir accompagna naturalmente l'avvertenza che nei paesi musulmani i cristiani sono quasi ovunque sotto minaccia. A cominciare dall'Arabia Saudita, un altro stato con il quale la Santa Sede intrattiene una politica spregiudicatamente "realista", culminata il 6 novembre 2007 nell'accoglienza con tutti gli onori in Vaticano del suo re, tenendo in ombra le sistematiche violazioni dei diritti umani in quel paese.
    Più pessimista, tornando al quadrante israelo-palestinese, è il giudizio che dà del ruolo dei cristiani un altro profondo conoscitore della regione, il Custode della Terra Santa, il francescano Pierbattista Pizzaballa. A suo parere, nel conflitto israelo-palestinese oggi "i cristiani non contano più nulla, politicamente".
    E per giunta sono i più freddi nell'accogliere la visita del papa, nonostante egli li abbia messi al primo posto nelle finalità del suo viaggio.
    Difficile impresa, quella di Benedetto XVI in Terra Santa. Più che gli israeliani che l'hanno invitato, più che la monarchia di Giordania che gli ha spalancato le porte, dovrà anzitutto conquistare i cristiani del posto.

  9. #109
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    Predefinito Riferimento: Crocifisso, simbolo di laicità

    Il Comune non si costituisce parte civile
    • da L'Opinione del 7 maggio 2009, pag. 8

    di Dimitri Buffa

    Quando il pedofilo o lo stupratore è un prete il Comune di Roma si dimentica di costituirsi parte civile nei processi. La storia penale di don Ruggero Conti inizia con il suo clamoroso arresto che arriva alla vigilia di un viaggio che stava organizzando per la propria comunità per partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi a Sidney dal 12 al 21 luglio 2008. Una brutta storia di pedofilia "pretesta" e di opportunismo politico "pilatesco" da parte del Comune di Roma. Che a parole celebra le giornate contro la violenza sessuale e contro la pedofilia, e nei fatti si rifiuta di costituirsi parte civile quando l`imputato porta la tonaca. Una pessima tradizione che è iniziata già all`epoca di Veltroni ed è proseguita anche nell`era di Alemanno. Tanto che il consigliere comunale Mario Staderini della lista Bonino-Pannella, candidato anche alle prossime europee, ha deciso di costituirsi lui al posto e in vece del comune come parte civile, così come consente da qualche anno a questa parte il testo unico sugli enti locali. Qualunque cittadino può fare questa sorta di class action e costituirsi in vece del sindaco parte civile a proprie spese e poi il Comune in seguito dovrà approvare o meno questa supplenza. Ovvero far finta di niente, come sta accadendo in questo ultimo imbarazzante (per Alemanno) caso denunciato da Staderini. Infatti proprio il 16 giugno prossimo si celebrerà per direttissima il processo contro don Ruggiero Conti, ex parroco della parrocchia Natività dì Maria Santissima e soprattutto ex garante per le politiche a favore della famiglia dell`attuale sindaco Alemanno quando ancora c`era la campagna elettorale per le elezioni comunali di Roma. Don Ruggero fu arrestato lo scorso 30 giugno e ottenne subito i domiciliari. Ma ora ci sarà il processo e con la nuova legge anti stupri, che non vale solo per i romeni, potrebbe trovarsi a mal partito. Secondo il capo d`imputazione don Ruggero approfittò dei minori in occasione di alcuni campi scuola, durante le vacanze estive e quelle di Pasqua e di Natale. Le dinamiche descritte raccontano di una serie di giovani che frequentavano i locali della parrocchia e che furono attirati in altre stanze e costretti a soddisfare i desideri del sacerdote. In cambio alcuni ricevettero dai 10 ai 30 euro, o in taluni casi dei capi d`abbigliamento. In un caso, era stata proprio la madre della giovane vittima a rivolgersi a Don Ruggero "affinché si prendesse cura del figlio e lo aiutasse a superare i problemi dovuti alla perdita del padre". Il tutto "in un momento di difficoltà economiche anche in conseguenza del decesso del familiare". In base alla ricostruzione dell`accusa, il ragazzino, "in ripetute occasioni (quantificabili in circa trenta/quaranta volte) e in cambio di denaro (dai 10 ai 30 euro in media per ogni singola prestazione) o altra utilità (in genere capi di abbigliamento), avrebbe compiuto atti sessuali." Crimini orrendi se provati, ma il Comune , di Roma, forse anche per l`imbarazzo di Alemanno a riconoscere la cantonata nel nominare il prete accusato di pedofilia come garante delle proprie politiche familiari, non ha ritenuto dì costituirsi parte civile. E adesso il consigliere Staderini si chiede perché ci sia questa prassi, ereditata da Veltroni, in cui il Comune di Roma si volta dall`altra parte quando in questi reati c`è di mezzo un sacerdote

  10. #110
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    Predefinito Riferimento: Crocifisso, simbolo di laicità

    Otto per mille, Poretti e Perduca: Funziona bene o no? Interrogazione


    7 maggio 2009



    • Dichiarazione dei senatori Donatella Poretti e Marco Perduca, parlamentari Radicali - Partito Democratico
    -->Visto l'approssimarsi della scadenza per la denuncia dei redditi e quindi della destinazione della quota dell'otto per mille dell'Irpef alle confessioni religiose, è necessario sapere come la legge che l'ha istituita ha funzionato. Questa legge (22/1985) ha previsto che ogni contribuente, indipendentemente dalla propria volonta', deve destinare il proprio otto per mille ad una confessione religiosa o allo Stato (per interventi straordinari per fame nel mondo, calamita' naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione di beni culturali). Nel contempo la legge ha previsto una commissione paritetica per monitorarne ogni tre anni l'applicazione e proporre eventuali modifiche. Monitoraggio di cui non siamo riusciti a trovare nulla.
    Il meccanismo dell'otto per mille lascia perplessi: a fronte di meno del 50% dei contribuenti che indica la propria scelta, i fondi vengono elargiti in considerazione del 100% dei versamenti, cioe' chi sceglie lo fa anche per chi non fornisce nessuna indicazione. Una perplessita' che e' tale in virtu' dei dettami costituzionali su liberta' religiosa e di pensiero.
    Nell'ottica della trasparenza, dell'accesso agli atti pubblici e dell'informazione, abbiamo depositato una interrogazione parlamentare alla Presidenza del Consiglio in cui chiediamo di sapere se c'e' intenzione di:
    - rendere pubblica, anche attraverso il sito Internet del Governo, nello specifico settore dedicato all'otto per mille, la composizione della Commissione paritetica;
    - rendere pubbliche le relazioni prodotte dalla Commissione dal 1989 ad oggi;
    - rendere pubbliche le valutazioni della Commissione e gli esiti a cui la Commissione è giunta;
    - rendere pubbliche eventuali proposte di modifiche della Commissione.

    Qui il testo integrale dell'interrogazione: Otto per mille. Che fine ha fatto la commissione di verifica? | SEN. DONATELLA PORETTI

 

 
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