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  1. #11
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    Citazione Originariamente Scritto da Leghista Visualizza Messaggio
    Questa è una tua visione, soggettiva, nei fatti il fascismo si agganciò storicamente al risorgimento italiano come è comunemente inteso.......cioè "risorgimento della patria".
    Non è una mia visione, non me la sono inventata io. E' quanto dicono gli storici.
    Citazione Originariamente Scritto da Leghista Visualizza Messaggio
    Garibaldi, Mazzini e Crispi (ma non Cavour) erano celebrati ed esaltati come eroi nazionali.
    Per le virtù militari. Mazzini peraltro non ne aveva. Cavour era un liberale, come avrebbero potuto i fascisti ammirare uno come lui?

    Citazione Originariamente Scritto da Leghista Visualizza Messaggio
    Sull'imperialismo e tutto il resto non vedo la differenza con le ambizioni savoiarde.
    Il fascismo fu una tirannia totalizzante. Impostò l'assurda equazione italiani=fascisti, e tacciava di essere nemici della patria e non italiani tutti coloro che non erano fascisti. Non c'era mai stato niente del genere durante il governo liberale dopo l'unità. Il fascismo non celebrò nessuna festa nazionale nelle date importanti del Risorgimento, perché troppo legate alla monarchia e all'idea liberale, lontane anni luce dall'ideologia fascista. Questa impronta illiberale si conservò anche nei grandi partiti di massa del secondo dopoguerra: i comunisti ritenevano i democristiani dei nemici della patria asserviti a una potenza straniera, e i democristiani pensavano la stessa cosa dei comunisti.
    Credimi, il Risorgimento è morto un secolo fa, ed ha molto poco a che fare con le divisioni politiche di oggi.

  2. #12
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    su Mazzini:
    Fonte: Corriere della Sera

    Ventennio. Piacevano al regime il suo patriottismo, la vocazione pedagogica e lo spirito solidaristico

    È probabile che in nessun altro periodo della storia d' Italia ci si sia tanto richiamati a Mazzini come durante il Ventennio fascista, quando il fondatore della Giovine Italia (morto cinquant' anni esatti prima della marcia su Roma) divenne oggetto di innumerevoli citazioni in libri, articoli, discorsi, fino al punto d' essere considerato una sorta di precursore del regime di Mussolini. A ricordare una vicenda del genere, nota soltanto o quasi agli storici di professione, è ora un bel saggio di Paolo Benedetti sugli Annali della Fondazione Ugo La Malfa, intitolato Mazzini in «camicia nera». Un titolo all' apparenza curioso, ma in realtà per nulla privo di fondamento. Originariamente, come ricorda Benedetti, il primo fascismo era nato grazie all' apporto di ampie frange repubblicane, soprattutto nelle aree dove maggiore era la presenza del Pri, cioè in Romagna e nelle Marche. Se nel 1919 l' allora repubblicano Pietro Nenni, dopo essere stato tra i fondatori del Fascio di combattimento di Bologna, se ne distaccò rapidamente, non così accadde in molti altri casi. Ma mazziniani erano anche quei fascisti che provenivano dal sindacalismo rivoluzionario, i quali ritenevano di trovare in Mazzini una forma di conciliazione tra patriottismo e socialismo analoga alla loro. Studiamo Mazzini: così si intitolava l' articolo che uno di costoro, Sergio Panunzio, aveva pubblicato nel 1917 sul Popolo d' Italia, il quotidiano fondato da Mussolini dopo la svolta interventista, che riprendeva non a caso una vecchia testata mazziniana. Mazziniani erano poi, in un modo o nell' altro, esponenti di spicco del regime come Giuseppe Bottai, Dino Grandi o Italo Balbo, il quale ultimo si era laureato con una tesi su Il pensiero economico e sociale di Mazzini. Alla metà degli anni Venti Delio Cantimori, futuro storico marxista e allora giovane intellettuale fascista, si era iscritto al Pnf - come confesserà poi - «immaginando che questo avrebbe fatto la rivoluzione repubblicana, sindacale, nazionale di Corridoni (il sindacalista rivoluzionario morto sul Carso nel 1915) e di Mazzini». Se un po' tutto il fascismo di sinistra era mazziniano, è anche vero che un esponente del versante più chiaramente autoritario del regime come il guardasigilli Alfredo Rocco non mancava di collocare anche lui Mazzini tra i precursori dell' Italia mussoliniana. Quanto alla interpretazione che del fascismo diede Giovanni Gentile, certamente il più autorevole teorico del regime, in essa il riferimento a Mazzini svolgeva un ruolo fondamentale, come si può verificare già dall' indice dei nomi dei due volumi che raccolgono i suoi scritti e discorsi politici del Ventennio: il nome che vi ricorre più di frequente, dopo Mussolini, è quello di Mazzini. Riguardo allo stesso Duce, non fu casuale che per vent' anni citasse il fondatore della Giovine Italia con molta frequenza: se aveva scoperto Mazzini tardi, durante la prima guerra mondiale, è anche vero che da socialista, come ha osservato Pierre Milza, era «egli stesso il prodotto di una cultura politica che mescolava la tradizione mazziniana e libertaria, fortemente radicata in Romagna, con i principi di un socialismo intransigente». Certo, nelle citazioni di parte fascista venivano espunti aspetti non secondari del pensiero mazziniano, a cominciare dalla sua impronta umanitaria e, almeno in senso lato, liberale; tuttavia, se si trattava di una lettura unilaterale, non può dirsi che si trattasse anche di una lettura del tutto arbitraria. Attraverso il richiamo a Mazzini il fascismo intendeva affermare l' importanza che l' idea di nazione e di patria aveva effettivamente avuto nella nascita del movimento delle camicie nere; o la centralità di una concezione della politica che molto puntava sull' educazione e sulla pedagogia di massa come strumenti per creare un «uomo nuovo». Era sempre attraverso i richiami a Mazzini che il fascismo sosteneva di aver risolto un problema che datava dal Risorgimento, l' estraneità delle masse popolari rispetto allo Stato, un' estraneità - si affermava - cui finalmente Mussolini aveva posto fine. Lo stesso corporativismo, esaltato come originale soluzione ai problemi sociali del mondo contemporaneo, pareva ai fascisti che si collegasse strettamente alla particolare concezione solidaristica di Mazzini, il quale, contro Marx, aveva difeso con decisione la collaborazione tra le classi. Non fu un caso, insomma, se il fascismo nel 1925 dichiarò la casa di Mazzini monumento nazionale o se nella grande esposizione di Roma dell' E42, che la guerra impedì di realizzare, era prevista una sala dedicata a Mazzini. A rendere ancora più presente quest' ultimo nell' Italia tra le due guerre stava poi il fatto che una parte dell' antifascismo, soprattutto quello che faceva capo a Carlo Rosselli e a Giustizia e Libertà, si richiamasse al rivoluzionario genovese. Appunto Rosselli, come ricorda Benedetti, scrisse nel 1931 a uno studioso inglese: «Agiamo nello spirito di Mazzini, e sentiamo profondamente la continuità ideale fra la lotta dei nostri antenati per la libertà e quella di oggi». Nel 1944-45, la situazione si fece in un certo senso ancora più ingarbugliata. Il fascismo repubblicano di Salò intensificò naturalmente i richiami a Mazzini: ad esempio la data del giuramento della Guardia nazionale repubblicana venne fissata il 9 febbraio, giorno della proclamazione, quasi un secolo prima, della Repubblica romana che aveva avuto alla sua testa il «triumviro» Mazzini. Ma ci si richiamò con maggior frequenza a Mazzini anche da parte antifascista, ora che la nuova strategia politica di Togliatti tendeva ad accreditare il Pci - attraverso i continui riferimenti, appunto, a Mazzini, Garibaldi o Mameli - come un partito strettamente legato alla tradizione nazionale. Cosicché, nella fase finale del conflitto, il nome di Mazzini si trovò ad essere richiamato con frequenza su entrambi i fronti della guerra civile italiana. Un esito non poco paradossale per chi era stato il più strenuo propugnatore dell' unità del Paese.

  3. #13
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    alberto90,
    il fatto che i fascisti apprezzassero l'unità d'Italia propugnata da Mazzini non significa affatto che Mazzini avrebbe gradito essere accomunato al programma fascista. Anzi, Mazzini scelse come patria d'adozione l'Inghilterra, e temo proprio che un'ideologia come il fascismo non gli sarebbe piaciuta affatto. Mazzini non amava i tiranni, figuriamoci se avrebbe potuto apprezzare il fascismo di Mussolini.
    Il Risorgimento ha segnato un solo gol: l'unità d'Italia. Tuttavia l'unità d'Italia è stata solo l'ultimo atto del Risorgimento, un movimento complesso e pieno di ideali illuministici e liberali che non si sono mai realizzati.
    I suoi avversari hanno segnato più gol:
    la Chiesa non ha mai accettato il liberalismo né ha mai sentito il desiderio di partecipare alla formazione delle coscienze dei nuovi italiani;
    le classi dirigenti italiane non hanno mai amato lo stato di diritto e ritengono di poter agire al di sopra delle leggi ancora oggi;
    i socialisti e i comunisti non si sono mai ispirati all'unità d'Italia, al concetto di patria comune e di nazionalità italiana;
    le mafie, le logge e i corrotti preferiscono non essere governati, cioè non vorrebbero nessuno Stato.
    Quattro gol per i nemici del Risorgimento, contro uno, cioè l'unità d'Italia.
    Quando Ciampi parlava di fallimento, si riferiva proprio alla morte degli ideali risorgimentali che la sua generazione non è stata in grado di trasmettere.
    Ultima modifica di Terrone; 22-02-11 alle 22:21

  4. #14
    roma kaputt!
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    Ti svelo una cosa Terun: a me l'illuminato Cavour, piemontese di razza, non dispiace per niente..........:giagia:
    Se ti leggi il libro "Il Regno del nord" di Petacco scoprirai che era molto "leghista" in realtà.:sofico:
    .........Non voleva nessuna unione statuale con il Sud, ma da buon liberale voleva abbattere le frontiere doganali, tanto è vero che non scese mai più sotto di Firenze (mai stato a roma.....) e quando Garibbaldo fece quello che ha fatto, Cavour cercò di sdoganare una riforma federalistica......per rimediare all'errore!!!:giagia:
    Ultima modifica di Leghista; 22-02-11 alle 22:34

  5. #15
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    @ terrone

    sul fatto che Mazzini non volesse essere fatto passare per fascista è qualcosa di diffiicile da dire in quanto morì 50 anni prima della marcia su Roma.
    I fascisti e su tutti Gentile avevano il culto dello Stato forte potente, unico e Mazzini e certe sue affermazioni si prestavano all'ideologia fascista.
    All'inizio i fascisti erano repubblicani, contro il papato (futuristi) poi Mussolini cerco di piegare il movimento ai suoi fini .
    Ho un libretto su Mazzini e leggendolo sono rimasto a dir poco colpito da certe frasi che sembravano del ventennio e non dell'epoca ottocentesca, intrise da una maniacale concezione mistica, un repubblicanesimo "religioso", se lo trovo magari posto qualche frase più avanti.

  6. #16
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    Vicenza. Nel falò del capodanno veneto
    i venetisti bruciano la sagoma di Garibaldi
    Il rogo alla fine di una festa in discoteca a Schio. Consigliere
    leghista: «Era un bandito che a noi ha fatto solo danni»

    VICENZA - Sul rogo per festeggiare il capodanno veneto alla fine c'è finita la sagoma di Giuseppe Garibaldi. È accaduto qualche sera fa al termine di una festa organizzata in una discoteca a Schio dall'associazione venetista Raixe Venete, alla quale avrebbero preso parte anche amministratori locali, quando all'esterno è stato allestito un falò con un fantoccio raffigurante l'eroe dei Due mondi.

    «Garibaldi - ha detto Giorgio Roncolato, consigliere comunale leghista di Arzignano, al Giornale di Vicenza - è un eroe negativo per gli indipendentisti, esaltato dalla retorica risorgimentale nonostante fosse in realtà un bandito che a noi ha recato solo danni».
    Vicenza. Nel falò del capodanno veneto i venetisti bruciano la sagoma di Garibaldi - Il Gazzettino



    Unità Italia, Borghezio (Lega): E' solo una grossa pagliacciata
    L'Unità d'Italia? "Solo una grossa pagliacciata carnevalesca".
    Parola di Mario Borghezio, europarlamentare della Lega Nord, interpellato dal quotidiano online Affaritaliani.it. L'intervista prende spunto da quanto accaduto davanti a una discoteca vicentina, dove è stato bruciata una sagoma barbuta in camicia rossa - raffigurante Garibaldi - che portava appeso al collo il cartello 'L'eroe degli immondi'.
    "E' giustissimo - afferma Borghezio - perché ormai Garibaldi, nella migliore delle ipotesi, può essere considerato soltanto come un personaggio da Carnevale. Non a caso i patrioti italiani, ovvero i sostenitori del Tricolore, hanno organizzato una sfilata allegorica con i garabaldini con le camicie rosse al Carnevale di Fiumicino. Tutto ciò - attacca l'esponente del Carroccio - ci fa capire che il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia è soltanto una grossa pagliacciata carnevalesca".
    Quindi hanno fatto bene a bruciare il fantoccio di Garibaldi? "E' stato un gesto molto divertente, perché a Carnevale si bruciano anche le streghe. Ormai Garibaldi è un personaggio, certamente negativo, ma allegorico".

    Ultima modifica di carlomartello; 04-04-11 alle 05:31

  7. #17
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    Dagospia 25-3-11
    CROLLO DEI 150 ANNI
    Gli italiani si sono già stancati delle celebrazioni dei 150 anni.
    Lo dimostra il clamoroso calo della trasmissione di Raiuno condotta da Pippo Baudo e Bruno Vespa. Nella serata del 16 marzo Centocinquanta aveva catalizzato l'attenzione di 5.401.000 telespettatori, share 24,11%.
    Mercoledì scorso il programma in diretta dal teatro Delle Vittorie di Roma ha fatto registrare meno telespettatori persino delle Iene Show di Italia Uno (3.521.000 telespettatori, share 14,15% per Baudo e Vespa; 3.655.000, share 15,27% per Luca, Paolo e Ilary Blasi).



    Altro che Unità d'Italia. Tricolore in faccia e rissa
    Macché Unità d'Italia. Da un lato celebrazioni solenni con Napolitano che si commuove a Torino, dall'altro la Lega che si irrita davanti al Tricolore. E' successo in consiglio comunale a Como, dove si è scatenata una bagarre che ha coinvolto l’assessore leghista Diego Peverelli e un consigliere del Pd, Vittorio Mottola.
    In sede di dichiarazioni preliminari, infatti, Mottola aveva mostrato il Tricolore in aula, e dopo averne sottolineato virtù e simbologie, si è alzato dal suo posto per donarlo all’assessore leghista Peverelli. Il quale si è a sua volta alzato: ”Rispetto il suo pensiero – ha detto Peverelli – e ho ascoltato in silenzio le sue parole anche se non le condivido, ma non mi provochi perché la bandiera gliela ributto in faccia”.
    Detto, fatto: quando Mottola ha consegnato la bandiera nazionale, Peverelli l’ha lanciata addosso al consigliere, che ha ricambiato il gesto. L’assessore è poi uscito dall’aula.



    Speroni (Lega) ad Affari: "Giusto rifiutare il Tricolore"
    "Bisogna vedere chi ha cominciato. Se uno mi salta addosso e mi dà un pugno non sono mica io il mascalzone". Francesco Speroni, capodelegazione della Lega all'Europarlamento, commenta con Affaritaliani.it la rissa scoppiata in consiglio comunale a Como a causa del Tricolore, dove sono volati gli insulti tra l'assessore leghista Diego Peverelli e il consigliere Pd, Vittorio Mottola, e i pugni in faccia a Sumirago tra un esponente del Carroccio e gli oppositori.
    Lanciare il Tricolore non è proprio un bel gesto nell'anno dei 150 anni dell'Unità d'Italia...
    "Ma chi l'ha lanciato? L'assessore leghista ha solo reagito a una provocazione. Perché usa il Tricolore come un'arma impropria? La bandiera si svetola o si espone, non lo si butta a qualcuno...".
    In realtà il consigliera Pd gliela porta...
    "Se uno mi dà qualcosa che non voglio è giusto rifiutarlo. Non è mica scritto in qualche legge che uno deve volere il Tricolore".
    Ma che male c'è nell'accettarlo?
    "C'è un decreto che sancisce il 17 marzo festa nazionale ma non c'è nessuna legge che dice che uno deve accettare il Tricolore da un assessore. Ognuno è libero".
    Lega di lotta e di governo...
    "No. Qualcuno si inventa regole che non esistono".
    Come l'inno in Consiglio comunale?
    "Sì. Anche perché in Consiglio ci può essere un eletto che è cittadino dell'Ue e non italiano quindi sarebbe improprio mettere l'inno nazionale".





    Terra Insubre
    Sabato 2 aprile
    Agriturismo Cascina Martina - Località La Madonnetta
    Via Cascina Martina 1 - Gornate Olona [VA]
    Apre la giornata il saluto del sindaco di Gornate Olona, avv. Barbara Bison
    Ore 15.00 Assemblea istituzionale dei Soci
    Ore 15.30 presentazione del libro Il Seprio: i luoghi, la storia,il mistero di una regione nascosta a cura dell’autore Matteo Colaone
    Ore 16.15 presentazione del libro La strana unità: Risorgimento buono, inutile o dannoso? a cura dell’autore Gilberto Oneto



    Ore 17.00 presentazione dei volumi di “Terra Insubre”:
    I Celti in Insubria: nuove prospettive a cura di Giancarlo Minella
    Carlo Linati tra Irish renaissancee rivoluzione joyciana a cura di Maurizio Pasquero
    Ore 17.45 conferenza Hermann Hesse in Insubria prof. Giuseppe Curonici
    introduzione dell’avv. Arminio Sciolli [Locarno] e Jean Olaniszyn [ideatore e fondatore del “Museo Hermann Hesse” di Montagnola]
    Ore 180 presentazione del Teatro Popolare della Svizzera Italiana a cura di Yor Milano.
    All’interno della struttura saranno presenti stand librari e culturali.
    Il convegno è aperto a tutti, soci e non soci.

  8. #18
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    Risorgimento e fascismo
    Di Francesco Agnoli
    Il centocinquantesimo dell’Unità d’Italia (1861) e l’attuale guerra in Libia (2011), colonia italiana a partire dal 1911, inducono ad un interrogativo per lo più volutamente eluso: che rapporto esiste tra Risorgimento, da una parte, e nazionalismo, imperialismo, I guerra mondiale e fascismo, dall’altra?
    La storia, si sa, è una catena di eventi in cui vi è spesso una certa continuità tra un fatto importante e il seguente. Chi oggi si ri-mette in testa l’elmo di Scipio, non può ignorare che proprio il nazionalismo fu il motore del Risorgimento, e portò alla creazione di una vera e propria religione laica della patria. Si insegnò al popolo, sin dalla scuola, a venerare la Nazione e i suoi “martiri”, a frequentare le sue cerimonie sacrali, a sacrificare ben tre anni della propria vita nel compimento del servizio militare per la potenza del paese. E il nazionalismo non poteva che degenerare nell’imperialismo.
    Scriveva Mazzini
    [Il capo-terrorista vigliacco e jettatore, perennemente vestito da beccamorto…
    ]
    “Come il Marocco spetta alla penisola Iberica e l’Algeria alla Francia, Tunisi chiave del Mediterraneo centrale spetta visibilmente all’Italia. Tunisi, Tripoli e la Cirenaica formano parte…di quella zona Africana che appartiene veramente fino all’Atlante al sistema Europeo. E sulle cime dell’Atlante sventolò la bandiera di Roma, quando, rovesciata Cartagine, il Mediterraneo si chiamò Mare nostro. Fummo padroni, fino al V secolo, di tutta quella regione. Oggi i Francesi l’adocchiano e l’avranno tra non molto se noi non l’abbiamo”.
    Giustamente Domenico Settembrini, commentando queste righe, notava un legame tra il nazionalismo imperialista di Mazzini e il “nazionalfascismo dell’età contemporanea”. Del resto il richiamo all’antica Roma, quella dei Cesari, contrapposta alla Roma dei papi, “imbelle” perché pacifica ed universalistica, era un tema tipico di molti Risorgimentali…
    Nazionalismo risorgimentale, imperialismo e fascismo: quale trait d’union più evidente di Francesco Crispi


    l’uomo che fu al fianco di Garibaldi, in Sicilia, e che tentò poi, una volta al governo, di realizzare una svolta autoritaria e l’imperialismo auspicato da Mazzini? L’espansionismo di Crispi, scrive Francesco Maria Feltri, “nacque solo all’insegna del prestigio, della convinzione che il regno d’Italia, dopo aver sottomesso un vasto stato africano come l’Etiopia, avrebbe potuto trattare al pari con le altre potenze europee”. Ma la sconfitta ad Adua, nel 1896 [quando l’esercito itagliano riuscì a farsi sconfiggere persino da un branco di negri, facendo ridere il mondo…] segnò l’interruzione di un sogno che sarebbe stato rilanciato dal partito nazionalista, con l’attacco alla Libia, nel 1911, e con Mussolini, che avrebbe appunto completato la conquista della Libia e realizzato il sogno crispino di conquistare l’Etiopia.
    Sempre il Feltri nota che dopo Adua, “restò comunque nell’opinione pubblica una fortissima volontà di rivincita, su cui avrebbe fatto leva il fascismo quarant’anni dopo…”. Quanto al colonialismo italiano, conclude: “sotto questo profilo tra lo Stato liberale e il fascismo non ci fu alcuna soluzione di continuità”.
    Le guerre di Crispi furono dunque figlie anche di una sanguinaria ideologia patriottarda. Dichiarava Crispi stesso nel 1864: “Fino al 1860 guerre veramente italiane non ce ne sono state…Ora…l’Italia ha bisogno di un battesimo di sangue: lo deve a se stessa affinché le grandi nazioni d’Europa sappiano che anch’essa è una grande nazione, e che è abbastanza forte per farsi rispettare nel mondo”.
    Occorreva dunque, forgiare gli italiani, il nuovo Stato, per mezzo di un avvenimento grandioso come la guerra. In fondo, nota Sergio Romano, anche la I guerra fu fatta per “fare gli italiani”; per “cementare la Nazione come può fare soltanto la guerra” (Giovanni Gentile), perché “la patria non era ancora compiuta” e “bisognava compierla” (G. De Ruggiero).
    Anche la campagna di Libia, dopo quella d’Etiopia di Crispi e prima di quella d’Etiopia di Mussolini, fu figlia legittima del nazionalismo risorgimentale. Si pensi al discorso di Giovanni Pascoli [socialista e massone…] “La grande proletaria si è mossa”, dove è ben chiaro che anche certo socialismo di allora era intriso di retorica mazziniana. Pascoli, cantore ufficiale dell’Unità, da un lato si richiamava, come Mameli e Mazzini, alla Roma pagana, di cui la Libia avrebbe rivisto “le legioni romane”; dall’altra presentava la guerra come naturale sbocco del Risorgimento: “Ora l’Italia, la grande martire delle nazioni, dopo soli cinquant’anni che ella rivive, si è presentata al suo dovere di contribuire per la sua parte all’umanamento e all’incivilimento dei popoli…”.
    Difficile allora - dopo aver ricordato l’educazione risorgimentale di Mussolini, il fatto che egli portò a termine le imprese coloniali iniziate proprio in quegli anni, che si forgiò nell’odio, anch’esso tipicamente risorgimentale, verso l’Austria cattolica e, soprattutto, nella Grande Guerra, presentata e vissuta come compimento del Risorgimento-, negare la stretta parentela tra nazionalismo risorgimentale e ideologia fascista dell’Impero, della Roma antica e della guerra. Ha scritto Montanelli, riguardo a Garibaldi: “I volontari, gli arditi, i marciatori su Fiume e su Roma, sono tutti figli suoi”. E di Mazzini, di Crispi e del pagano “elmo di Scipio”.
    p.s : la I guerra mondiale costò all'Italia 680.000 morti, un milione di feriti e mezzo milione di invalidi permanenti
    Libertà e Persona - Associazione culturale

    D’ETTORIS
    La D’Ettoris Editori è una casa editrice “di nicchia”, come si dice, e ogni tanto pubblica delle vere chicche per golosi. Vi segnalo, a questo proposito, il politicamente scorrettissimo “L’Unità d’Italia e il Risorgimento” di Francesco Pappalardo. Poi il classico “La formazione della Cristianità Occidentale” di Christopher Dawson (che non può mancare nella biblioteca dell’affezionato agli Antidoti) e, per i fans del celebre psicologo Viktor Frankl, “La porta della felicità” di Eugenio Fizzotti. Infine, “Il paese più straziato. Disturbi psichici dei soldati italiani della Prima Guerra Mondiale”, di Roberto Marchesini. Quest’ultimo titolo mi ha fatto tornare in mente un documento mostratomi a suo tempo da Vittorio Messori. Riproduceva la sentenza di morte per fucilazione come disertore di un fante semianalfabeta che era tornato dalla licenza con un giorno di ritardo. Anche questo fu, la Grande Guerra che “fece gli italiani”.
    Rino Cammilleri – Antidoti contro i veleni della cultura contemporanea

    http://forum.politicainrete.net/1614691-post1.html

  9. #19
    IlSignorDiSanFirenze
    Ospite

    Predefinito Risorgimento e Fascismo

    Ottimo articolo. E' bene però precisare che accanto al Pascoli -- e prima di lui -- il mito di Roma, della Terza Roma, italiana, laica e risorgimentale, fu celebrato dal terribile Giosuè Carducci: massone, anticlericale, repubblicano voltagabbana perchè poi votatosi alla Monarchia Sabauda, autore di quella vera e propria bestemmia in versi che è l'Inno a Satana. Carducci era un sostenitore di Crispi e dietro sollecitazione dell'infimo politicante siciliano, pronunciò, nel Senato, un discorso il 17 luglio 1895 a favore dell'istituzione della festa civile-- massonica e sfacciatamente anti cattolica e anti pontificia -- del 20 Settembre. La festa fu approvata, ma, grazie a Nostro Signor Gesù Cristo, fu sul tipo di quella comico-insulsa del 17 Marzo scorso: durò appena un anno o poco più. In questo suo rodoboante -- e retoricissimo -- sproloquio, Carducci esaltò il giorno in cui l'Italia potè riabbracciarsi alla sua alma Madre, a Roma, non imperiale, non papale, non cosmoplita; a Roma italiana, a Roma intangibile, intangibile in nome dell'Italia, della libertà, della scienza. ( G. CARDUCCI, Discorsi parlamentari, Senato della Repubblica e Il Molino ed., Bologna 2004, p. 56)
    Poi, a rincarare la dose mitologico - retorica- patriottarda su Roma, Madre d'Italia, Madre degli eroi, ci pensò bene -- anzi, benissimo -- il Vate nazionalfascista Gabriele d'Annunzio.
    So che è un ottocentismo voluto ed una garbata presa in giro, ma quel pauroso itagliani , non si potrebbe proprio emendare ? Sottoscrivo appieno la sentenza di Clemente Venceslao, principe di Metternich, L'Italia è una espressione geografica, ma, resi gli onori al grande statista asburgico, osservo che la pù nobile ed alta espressione d'Italia, assieme all'Arte, è proprio la Lingua, la Nostra Lingua. Almeno quella, salviamola!

  10. #20
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    Predefinito Rif: Terroni e polentoni: Ciampi riconosce il fallimento dei valori unitari

    per chi vuole discutere sul Risorgimento
    http://forum.politicainrete.net/stor...retazioni.html
    (Gv 3, 20-21)
    Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio

 

 
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