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    Predefinito Scritti di Dagoberto Bellucci

    DA NON SPOSTARE

    Siria: centro geopolitico del Vicino Oriente
    di Dagoberto Husayn Bellucci. L'importanza della Siria per il futuro del vicino oriente.




    Siria: centro geopolitico del Vicino Oriente

    di Dagoberto Husayn Bellucci


    Nei rapporti geopolitici del Vicino Oriente abbiamo sempre sostenuto l'essenziale ruolo svolto dalla Repubblica Araba Siriana e la sua centralità nel quadro delle relazioni stabilite dall'intero mondo arabo verso l'estero. La Siria rappresenta da oltre quarant'anni il principale bastione del fronte anti-sionista: la saldatura determinatasi con l'avvento al potere dell'ala militare del Ba'th (all'indomani dei tragici avvenimenti del cosiddetto "Settembre nero" palestinese nella vicina Giordania nel settembre 1970) che diede inizio alla trentennale presidenza del compianto Hafez el-Asad (scomparso nel 2000 per lasciare spazio al figlio Bashar) sarà il momento storico chiave che, dopo
    anni di incertezza e tensioni politiche e sociali interne, darà al Paese una stabilità ed una normalizzazione che lo renderanno inattaccabile dall'esterno e restituiranno ai siriani il loro tradizionale ruolo di ago della bilancia vicino-orientale.

    Fin dall'epoca di Hafez el-Asad la Siria, sia per la sua invidiabile posizione geostrategica e politica sia per le caratteristiche proprie di un regime determinato a controllare lo sviluppo della società siriana e a confrontarsi con i vicini stati arabi e soprattutto con il nemico sionista, ha rappresentato il cuore geopolitico del Vicino Oriente intervenendo sempre con tempismo e determinazione per riportare ordine nella regione quando chiamata dalla Comunità Internazionale o dalla Lega Araba come avverrà nel 1977 in Libano e come sarebbe accaduto durante la crisi del Golfo nel 1990 quando Damasco inviò un contingente militare in terra d'Arabia che, pur rimanendo inattivo, rappresenterà il 'tributo' diplomatico-politico concesso da el-Asad per una partecipazione simbolica siriana alla forza multinazionale che avrebbe poi lanciato l'operazione "Desert Storm" (la tempesta nel deserto) contro Saddam Hussein, l'Iraq e il Kuwait occupato dalle truppe irachene. Partecipazione simbolica che garantirà alla Siria di ottenere il ‘disco verde’ per la normalizzazione manu militari nel vicino Libano, disarmare le milizie confessionali nel Paese dei cedri e imporre gli accordi di Ta’if (Arabia Saudita) che avrebbero sancito la sostanziale svolta in senso nazionale e anti-sionista e portato agli accordi di mutua collaborazione, cooperazione e assistenza tra i due Paesi.

    Ultimo Stato arabo ad opporsi all'Entità sionista, la Siria, dall'avvento al potere del suo giovane presidente Bashar el-Asad, ha saputo mantenere i nervi saldi e responsabilmente affrontare le diverse crisi aperte nella regione: dopo un inizio caratterizzato da numerose pressioni e polemiche internazionali, dal complotto 'libanese' organizzato dalle centrali mondialiste attraverso la
    risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (che richiederà fin dall'ottobre 2004 il ritiro delle truppe di Damasco dal Libano) e alla strategia della tensione sostenuta dall'Occidente e finanziata dall'amministrazione statunitense (che porterà all'assassinio dell'ex premier libanese, Rafiq Hariri, alla stagione degli attentati politici e alle manifestazioni di piazza anti-siriane in quella "rivoluzione dei cedri" eterodiretta da Washington e della quale rimarranno infine solamente i cedri) il regime di Damasco ha saputo navigare a vista nelle acque tutt'altro quiete della situazione regionale caratterizzata oltretutto dalla presenza delle truppe d'occupazione americane nel vicino Iraq, dalla sempre instabile situazione palestinese, dalle turbolenze spesso riapertesi ai confini
    settentrionali iracheni tra le organizzazioni della resistenza curda e l'esercito turco e dal principale ostacolo alla pace nell'area, l'Entità sionista, che di lì a poco avrebbe lanciato la sua aggressione contro il Libano.

    Avvenimenti che, anziché scalfire o minare l'autorità presidenziale e il ruolo siriano nell'area, hanno finito con il determinare il rilancio del ruolo centrale della Siria quale principale referente per una normalizzazione delle tensioni: immediatamente dopo la fallimentare aggressione israeliana contro il Libano nell'estate 2006 era chiaro che isolare, come tentavano di fare il governo libanese e i suoi alleati statunitensi, la Siria da qualsiasi gioco diplomatico per quanto riguardasse uno dei diversi fronti 'caldi' del Vicino Oriente equivaleva ad un suicidio politico e ad un fallimento di qualunque
    negoziato.

    Nel mirino del terrorismo di matrice “jihadista” fin dal 2005, all'interno del Paese opereranno diverse organizzazioni di matrice salafita (da Jund al-Sham fino alla stessa Fath al-Islam, responsabile della rivolta armata al campo profughi di Nahr el-Bared a Tripoli nel Libano settentrionale, i cui elementi - per la stragrande maggioranza provenienti dai diversi Stati arabi e
    con un passato di guerriglieri sul fronte iracheno - si riveleranno già incarcerati o ricercati dalle autorità siriane per attività sovversive e terrorismo internazionale), la Siria ha saputo destreggiarsi abilmente tra le diverse crisi regionali riprendendo il proprio posto nell'arena diplomatica
    internazionale con l'organizzazione del vertice della Lega Araba del marzo 2007 che, se da un lato sancirà il definitivo rilancio delle relazioni diplomatiche con Arabia Saudita e Egitto (tese dopo l'aggressione al Libano), consentirà a Damasco di ribadire la sua posizione rispetto ai diversi problemi regionali.

    Il governo siriano non ha mai nascosto la sua disponibilità alla ripresa di un negoziato internazionale con l'Entità sionista per il recupero dei territori siriani delle alture del Golan sottratti da "Israele" durante il conflitto dei sei giorni del 1967: sono oltre quarant'anni che Damasco rivendica la sacrosanta paternità su quelle alture strategicamente fondamentali per l'Entità
    sionista per controllare il potente e più temuto vicino arabo contro il quale non sono, recentemente, mancate le provocazioni (con il raid aereo del settembre 2007 contro presunte installazioni di ancor più presunti "materiali chimici", raid terroristico verso il quale il Governo siriano si è riservato -
    anche in sede Onu - di rispondere "al momento opportuno e nei modi opportuni" considerandolo un "atto di guerra" lanciato da Tel Aviv contro lo spazio aereo siriano e le sue installazioni militari).

    La posizione di Damasco è chiara: nessuna interferenza negli affari interni iracheni (dal vicino Paese mesopotamico sono comunque approdati in Siria oltre due milioni e mezzo di profughi, tantissimi cristiani in fuga dal conflitto civile e dalla guerra di liberazione condotta dalla Resistenza contro gli Stati Uniti ed i loro alleati fin dalla primavera 2003) ma solidarietà al martoriato popolo iracheno e alla sua resistenza; riapertura di trattative con lo Stato ebraico alla condizione che sia riconosciuto il diritto al ritorno dei palestinesi nei loro territori e posta al centro dei negoziati la questione del Golan; collaborazione e mutuo soccorso con Teheran e Ankara per qualsiasi
    situazione di crisi nell'area e soluzione diplomatica e ritorno alla normalità delle relazioni con il vicino Libano dove Damasco ha sempre sostenuto i partiti nazionalisti dell'Opposizione e il diritto della Resistenza Islamica di mantenersi in armi ai confini meridionali in funzione di deterrente militare anti-sionista.

    Il sostegno della Siria ha Hezbollah e al fronte dell'Opposizione Nazional-patriottica libanese è sempre stato palese contrariamente a quanto affermato dalle agenzie di stampa internazionali e dalle 'veline' fornite dalle centrali di disinformazione atlantico-sioniste.

    Alle accuse di fomentare conflitti civili in Iraq e Libano la Siria ha sempre opposto la sua volontà di riprendere negoziati aperti con i governi interessati nel mantenimento di buone relazioni e sulla base di un reciproco rispetto e di un'attiva collaborazione, atteggiamento finora venuto meno soprattutto
    dall'esecutivo libanese appiattitosi sulle posizioni statunitensi con il premier Fouad Siniora e la coalizione dei partiti di maggioranza fortemente anti-siriani (anche l'apertura un mese or sono del Tribunale Speciale con sede a l'Aja - che dovrà giudicare eventuali responsabili dei crimini politici
    avvenuti in Libano tra il 2004 e il 2007 - rappresenta un ennesimo affronto verso Damasco che comunque si è detta pronta ad una piena collaborazione qualora cittadini siriani risultassero coinvolti in uno o più dei tanti omicidi politici che hanno contrassegnato la recente storia libanese).

    La svolta nelle relazioni con gli Stati Uniti, dopo anni di gelo e dopo che in America i beni di numerose personalità della politica siriana e di cittadini della R.A.S. saranno congelati su indicazione dell'amministrazione Bush, il ritorno a Damasco di autorevoli delegazioni statunitensi, la visita del Presidente del Senato USA, signora Nancy Pelosi, un anno e mezzo fa, e il successivo invito alla conferenza internazionale sull'Iraq e ad Annapolis per i nuovi negoziati sulla Palestina (miseramente naufragati e affossati nel sangue sparso nella striscia di Gaza nel gennaio scorso dal terrorismo sionista) dimostreranno una volta di più l'impossibilità di pervenire ad un qualsiasi
    accordo e ad una soluzione negoziale dei conflitti regionali senza la presenza siriana.

    La Siria di Bashar el-Asad, rieletto a furor di popolo nel referendum della primavera 2007 con un 97.62% di "sì" , si trova in una posizione di forza rispetto agli anni passati: ottime le sue relazioni con l'Unione Europea, più che ottime quelle con la Russia di Putin e l'Iran di Ahmadinejad, fondamentale il suo ruolo all'interno della Lega Araba e degli organismi internazionali istituiti dall'Onu per la soluzione delle diverse crisi regionali.

    E che Damasco intenda giocare un ruolo costruttivo in un processo di pacificazione regionale sembra chiaro anche dalle recenti iniziative che hanno coinvolto la Repubblica Araba: dal Libano all'Iraq alla Palestina non esiste soluzione che non passi dalla strada damascena come sembrano essersi accorti anche a Washington. Sarà l'atteggiamento statunitense, la nuova politica di
    distensione e dialogo annunciata dall'Amministrazione Obama (che dovrà dar prove concrete di questa che, per il momento, è solamente una dichiarazione di volontà; purtroppo ancora non sono seguiti i fatti alle frasi più o meno "ad effetto" che da queste parti non incantano nessuno, tanto meno i siriani o i loro alleati libanesi e iraniani) e lo sviluppo della situazione sul campo - dove
    non mancano le provocazioni e le quotidiane minacce da parte della dirigenza sionista - a dare la risposta ai perchè rimasti tali dell'agenda politica del Vicino Oriente.

    In Libano nonostante l'apertura del Tribunale Speciale e una campagna elettorale di giorno in giorno sempre più polemica la Siria ha normalizzato la sua posizione, come richiesto dalla Comunità Internazionale, con l'apertura della prima sede diplomatica a Beirut. Come si ricorderà Libano e Siria non avevano mai avuto scambi diplomatici fin dall'indipendenza nazionale libanese
    (1944). Il completamente del processo di stabilimento di relazioni diplomatiche tra i due vicini è stato accolto con soddisfazioni dall'intera comunità internazionale e come un segnale di rinnovamento e apertura, distensione e collaborazione, offerto da Damasco al vicino libanese.

    Come ha sottolineato il coordinatore speciale dell'Onu per il Libano, Michael Williams "questo passo contribuirà ulteriormente alla stabilità del Paese dei cedri" concetto ribadito dalle principali cancellerie europee a cominciare dall'Eliseo, antica potenza mandataria nella zona, sempre attento alla situazione libanese.

    La nomina dell’ambasciatore siriano, che segue quella del rappresentante libanese a Damasco, avvenuta a inizio anno, ha sottolineato Williams, “è uno sviluppo davvero benvenuto”, essa “completa il processo di stabilimento di rapporti diplomatici” tra i due Paesi, che non ne avevano mai avuti nei 60 anni dalla loro indipendenza. Ciò è stato fin qui dovuto all’affermazione siriana di
    “speciali legami” con il Libano, sul quale Damasco ha sempre avanzato mire e che ha militarmente e politicamente dominato per quasi 30 anni, fino al 2005.
    La notizia della nomina dell’ambasciatore siriano ha avuto larga eco non solo sulla stampa araba: la cinese Xinhua, ad esempio, ricordando la già avvenuta apertura dell’ambasciata libanese a Damasco nota che “la bandiera libanese sventola nel vicino Paese dopo decenni di rapporti turbolenti”.
    Da parte araba, Gulfnews ricorda che “la Siria si è trovata di fronte a pressioni internazionali perché stabilisse formali rapporti diplomatici col Libano” e che lo stabilimento di tali relazioni “è stata la richiesta centrale avanzata dai partiti antisiriani che hanno vinto le elezioni del 2005”.
    Il primo ambasciatore siriano a Beirut, che ieri ha avuto il “gradimento” del presidente libanese Michel Suleiman, sarà ‘Ali ‘Abd el-Karim ‘Ali, 56 anni, dal 2004 rappresentante di Damasco in Kuwait. In precedenza è stato direttore della radio di Stato, poi della televisione e dell’agenzia ufficiale SANA. La sua nomina arriva cinque mesi dopo il 15 ottobre del 2008, quando i due
    Paesi avevano stabilito di avere normali relazioni diplomatiche. La prima ambasciata libanese a Damasco è stata aperta la settimana scorsa e ambasciatore è stato nominato Michel Khoury, attuale rappresentante libanese a Cipro. Diplomatico di carriera, egli è stato ambasciatore in Olanda e, prima ancora, ha prestato servizio in Gran Bretagna, Brasile e Messico. È stato anche direttore degli Affari amministrativi e finanziari del Ministero degli esteri.
    A conferma di un nuovo stato delle relazioni diplomatiche con l'Unione Europea giunge la notizia inoltre della prossima visita a Damasco del nostro ministro degli Esteri, on. Frattini, che - secondo quanto ha affermato la Farnesina dovrà analizzare e valutare la situazione dei rapporti bilaterali
    italiano-siriani, fare il punto sulla situazione libanese all'interno della quale operano i soldati del contingente Unifil nel sud del paese. Una visita particolarmente attesa quella del ministro Frattini anche per il rilancio dei rapporti economici e commerciali tra i due Paesi: nonostante la crisi globale l'interscambio tra Siria e Italia è aumentato e nell'ultimo anno c'é stata in Siria un'autentica esplosione del turismo di matrice religiosa che ha contribuito alla crescita del mercato italiano, oggi al primo posto nell'incoming, con un aumento dell'80%.

    Secondo quanto riportato dalla rivista "Globe", la rappresentante del Ministero del Turismo siriano, dr.ssa Nuhad Makkoul, ha sostenuto che sono state sviluppate numerose iniziative a livello di interscambi nei settori archeologico-turistici e turistico-religiosi volti, come ha dichiarato la
    stessa , "a far conoscere meglio la destinazione, ricca di siti archeologici e monumenti cristiani, ai visitatori europei".

    Infine, sul fronte delle relazioni con il vicino Iraq è di pochi giorni or sono, del 25 marzo scorso, la visita a Baghdad del ministro degli Esteri siriano Walid Mu‘allem che ha incontrato il premier iracheno Nuri al-Maliki per discutere delle questioni relative alla sicurezza, all'interscambio
    commerciale e all'economia dei due paesi. Secondo un responsabile del ministero degli Esteri iracheno "i colloqui hanno riguardato soprattutto i mezzi per incrementare le relazioni economiche tra i due paesi soprattutto nei settori dell'acqua, dell'elettricità e del petrolio" oltre a "discutere del controllo della loro comune frontiera rafforzando il coordinamento sulla sicurezza e il
    pattugliamento della zona" vasta oltre 700 km e spesso al centro delle accuse lanciate dall'amministrazione statunitense verso Damasco di "finanziare" o "lasciare libero l'accesso" verso l'Iraq a elementi jihadisti della galassia terroristica di al-Qa‘ida.

    Questa visita e queste discussioni sulla sicurezza tra i due paesi cade in un momento particolarmente delicato per il futuro delle relazioni bilaterali e soprattutto per quelle che saranno le linee guida della politica estera siriana verso Washington presente in forze nel vicino Iraq. Come si ricorderà alla fine di ottobre i soldati americani, provenienti in elicottero dall'Iraq, effettuarono un raid aereo attaccando un edificio di un villaggio siriano a otto chilometri dal confine, uccidendo otto civili. L'Amministrazione Bush ha sempre smentito il raid e finora nessuno a Washington ha mai riconosciuto ufficialmente quell'iniziativa militare anche se, sotto la copertura
    dell'anonimato, un responsabile americano aveva confermato la notizia annunciata dalla televisione siriana e dai mass media arabi.

    Damasco dichiarò di attendersi spiegazioni sia dall'amministrazione statunitense che dal governo iracheno inviando una lettera di protesta alle Nazioni Unite. Oggi con una accelerazione dei rapporti di normalizzazione tra Siria e Iraq il governo di Damasco spera di ottenere qualche informazione utile anche su quell'odioso crimine.

    Normalizzazione che, come per il Libano, passa anche attraverso il reciproco riconoscimento diplomatico tra i due Paesi. Le relazioni diplomatiche tra Iraq e Siria, come si ricorderà, vennero interrotte nel 1980 a seguito della guerra di aggressione lanciata da Saddam Hussein contro l'Iran. La Siria, tra i pochi paesi della Lega Araba, accuserà in quell'occasione il "rais" iracheno di
    distogliere forze ed energie del fronte arabo dal principale perimetro geopolitico, bellico e strategico della Nazione Araba - la Palestina occupata dai sionisti - e di colpire un alleato fondamentale rappresentato all'epoca dall'Iran rivoluzionario khomeinista.

    Hafez el-Asad si schierò risolutamente con Teheran mentre il blocco dei Paesi arabi moderati (dall'Egitto alla Giordania alle petromonarchie del Golfo) sosterranno lo sforzo bellico iracheno finanziato e militarmente sostenuto dall'Amministrazione Reagan (con la quale Saddam Hussein aprirà ufficialmente relazioni diplomatiche nel 1985), dai Paesi dell'Europa occidentale e da quelli
    del blocco sovietico (principali fornitori di armamenti e materiale nucleare dell'Iraq ba'thista).

    Oggi, a distanza di quasi trent'anni da quell'interruzione causata da eventi bellici di portata storica per tutto il Vicino Oriente, i rapporti diplomatici siro-iracheni sono ritornati su un binario di normalità con l'invio lo scorso novembre di un ambasciatore siriano a Baghdad e l'arrivo, lo scorso 4 febbraio, del suo omologo iracheno a Damasco.

    Dalla Palestina occupata (della quale Damasco è la principale sostenitrice e il primo alleato delle formazioni della Resistenza palestinese che - da Hamas al FDLP, dal FDPLP al Comando Generale passando per la Jihad Islamica - ricevano ospitalità e hanno loro uffici in terra siriana) al Libano, dall'Iraq alla Turchia fino alle relazioni con i paesi della Lega Araba e con la confinante Turchia; appare evidente, lapalissiano, il peso geopolitico e strategico della Repubblica Araba Siriana, l'autorità e la determinazione dei suoi dirigenti e il ruolo di primo piano che verrà svolto dalla Siria nei futuri assetti regionali.

    Damasco rimane inevitabilmente la "porta dell'Oriente".

    Fonte: http://www.terrasantalibera.org/Siri...litico_DHB.htm

  2. #2
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    Predefinito Riferimento: Scritti di Dagoberto Bellucci

    Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo
    di Dagoberto Husayn Bellucci - 09/03/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]







    C'è chi parte con un raga della sera
    e finisce per cantare "la Paloma".
    E giorni di digiuno e di silenzio
    per fare i cori nelle messe tipo Amanda Lear
    vuoi vedere che l'Età dell'Oro
    era appena l'ombra di Wall Street?
    La Falce non fa più pensare al grano
    il grano invece fa pensare ai soldi.
    E più si cresce e più mestieri nuovi
    gli artisti pop, i manifesti ai muri
    i Mantra e gli Hare Hare a mille lire
    l'Esoterismo di René Guénon.
    Una Signora vende corpi astrali
    i Budda vanno sopra i comodini
    deduco da una frase del Vangelo
    che è meglio un imbianchino di Le Corbusier.
    Eterna è tutta l'arte dei Musei
    carine le Piramidi d'Egitto
    un po' naifs i Lama tibetani
    lucidi e geniali i giornalisti.
    Supermercati coi reparti sacri che vendono
    gli incensi di Dior
    rubriche aperte sui peli del Papa.

    Franco Battiato - "Magic Shop" (album "L'era del cinghiale bianco" 1979)


    Magia, occultismo, spiritualismo, ricerche metapsichiche e psicanalisi, teosofismo e antroposofia, settarismi di qualunque tendenza e gruppi satanici, misticismi di ogni latitudine e esoterismi di qualsivoglia genere hanno praticamente invaso quasi stabilmente la vita quotidiana dell'individuo moderno. Attualmente l'interesse per il sovrasensibile appare una prerogativa tipica del mondo moderno: il sensazionale va di moda, l'attenzione per tutto ciò che esiste di "sovrannaturale" e sovrasensibile conosce un'autentica stagione d'oro, aumentano le esigenze dell'uomo contemporaneo sempre più alla ricerca del "sacro" soprattutto di quello "fai da te", i movimenti e le sette pullulano e si diffonde il verbo della New Age = la nuova era dell'acquario.
    L'attenzione per tutto quanto abbia a che fare con l'occulto vive un momento di straordinaria rinascita, c'é ovunque bisogno di una nuova religiosità di nuove forme di "divino" e non mancano neanche le attese messianiche spinte fino al parossismo e all'esasperazione in determinati ambienti per i quali viviamo l'età oscura, l'età del Kali Yuga. (1)
    Julius Evola ha analizzato nel presente volume alcune delle principali manifestazioni di questa 'tendenza' avvertendo il lettore e mettendolo in guardia in particolar modo su quelli che sono gli aspetti negativi dei fenomeni o delle pratiche in questione laddove , contrariamente a quanto possa in apparenza suscitare di 'positivo' un simile ritorno al sovrasensibile in contrapposizione al materialismo dominante le società moderne, sono presi in considerazione i retroscena che simili tendenze, oggi assurte a fenomeno di massa e pratiche quotidiane per milioni di individui, possono rappresentare per i valori della personalità.
    L'esigenza di un ritorno dell'uomo contemporaneo al "sovrasensibile" è da ricondurre , secondo l'autore, ad un sentimento innato dell'individuo poichè "a meno che non intervengano processi di fondamentale degradazione, nel profondo della natura umana sussiste il bisogno dell'"altro"..." che provoca l'impulso e la ricerca per tutti quei fenomeni o quelle forme di religiosità "fai da te" - che Evole definisce come Neospiritualismo - che pretenderebbero di offrire con caratteri di cose nuove e idee che sembrano aprire verso orizzonti e realtà più vaste e complete delle risposte agli infiniti perchè dell'esistenza umana.
    Questo è il terreno, fertilissimo nella società capovolta del post-nichilismo contemporaneo e della post-modernità edonistica e vuota, nel quale si muove dunque la ricerca; la congiuntura 'situazionale' che fa da sfondo alla diffusione dei movimenti neo-spiritualisti ed occultisti che, a cominciare dalla seconda metà dell'ottocento e fino ad oggi, hanno preso piede e si sono diffusamente espansi a macchia d'olio un pò ovunque. Ed è bene chiarire fin d'ora come questa tendenza rappresenti un'equivoco ed un errore di 'segno contrario' spesso e volentieri laddove , come scrive Evola, "presenta i caratteri di quella che Oswald Spengler ha chiamato la 'seconda religiosità' , che si manifesta non nel periodo luminoso e originario di una civiltà organica, qualitativa e spirituale e al centro di essa, ma in margine ad una civilizzazione crepuscolare e in dissoluzione - nel caso specifico in ciò che lo stesso Spengler ha chiamato "il tramonto dell'Occidente" , come un fenomeno peculiare di esso.".
    La realtà discendente della maggior parte dei movimenti e/o tendenze dello spirito prese in esame confermerebbe questa valutazione sostanzialmente negativa del neo-spiritualismo e dei suoi successivi sviluppi nel XXmo secolo e fino ai giorni nostri: ogni falso misticismo, ogni sorta di prodotto per l'autorealizzazione di sè, ogni setta in stile 'Nuova Era' ha diffuso dottrine e pratiche di tipo 'iniziatico' o 'ascetico' conformi alla Tradizione, spesso muovendosi invece in senso contrario sia alle grandi religioni monoteiste - accusate di non risolvere i dubbi laceranti e le problematiche prodotte dalla società moderna - sia ai principii-guida delle scuole tradizionali.
    Il neo-spiritualismo , nelle sue diverse forme e manifestazioni, si presenta dunque come un 'antagonista' rispetto alla religiosità tradizionale tanto che , analizzando le caratteristiche proprie dei suoi movimenti si è inclini a non parlare di neo-spiritualità per definire 'tipologie' di gruppi ed organizzazioni verso le quali occorre estrema diffidenza per i caratteri regressivi della personalità umana la cui difesa, ci indica Evola, deve rimanere il "còmpito, prima di realizzare il quale ogni vera aspirazione "spiritualista" manca del suo primo presupposto...".
    A furia di cercare il 'sovrannaturale' si rischia cioè di finire nel mondo dell'infra-naturale o per essere più chiari in quella zona "psichica" critica, dove le difese individuali proprie del carattere, del temperamento e della personalità del singolo scompaiono per lasciare il passo ad una "zona "psichica", "occulta, rispetto alla coscienza ordinaria, la quale è a suo modo reale (non "illusione soggettiva" o "allucinazione"), ma che non è da scambiarsi con lo 'spirituale' in senso di valore, e tanto meno con il 'sovrannaturale'. Con maggior ragione - prosegue Evola - qui si potrebbe parlare di infranaturale, e chi si apre passivamente , "estaticamente" a questo modno, in realtà retrocede, fa scendere il livello interno da un grado superiore ad un grado inferiore.".
    Come legittimamente avverte infatti l'autore una autentica ricerca spirituale deve , a chi abbia una particolare vocazione e qualificazione, aprire le porte ( da quì il termine di esoterismo = occulto, celato dal greco eìsotheo = aprire un porta, far entrare) verso una autentica "trascendenza" , verso una spazio ed una realtà nella quale sia possibile una vera rigenerazione interiore , una superiore libertà di là dei condizionamenti e dal senza-senso dell'esistenza contemporanea ovvero "in via di principio si tratta di porre l'esigenza di una via ad esperienze che, lungi dal "ridurre" la coscienza, la trasformino in supercoscienza, che lungi dall'abolire la distinta presenza a sè così facile a conservarsi in un uomo sano e sveglio fra le cose materiali e nelle attività pratiche, la innalzi ad un grado superiore, in modo da non alterare i principì che costituiscono l'essenza della personalità, ma invece da integrarli."
    Il volume prende in esame, e ripercorre in maniera sistematica, i principali movimenti e tendenze neo-spiritualiste moderne: dallo spiritismo di ottocentesca memoria (di cui furono pioniere le statunitensi sorelle Fox e , tra Europa, Stati Uniti e India la fondatrice della "teosofia" Elena Petrovna Blavatsky ) alle ricerche sui fenomeni 'psichici' passando attraverso la metapsichica, la società teosofica, l'antroposofia di Steiner, il neo-misticismo di Krishnamurti e giungendo fino ad un excursus piuttosto veloce ma significativo relativo alla rinascita satanista (da Crowley a Szandor La Vey) e alle più attive correnti iniziatiche o scuole 'magiche' con particolare riferimento a Georgi Ivanovjc Gurdjeff, Giuliano Kremmerz, Eliphas Levi e agli scritti di Gustav Meyrink.
    Non mancano due capitoli dedicati ad una critica della psicanalisi (da Freud a Adler, da Reich a Jung) ed una "parentesi" sul cattolicesimo esoterico e il tradizionalismo 'integrale' quest'ultimo interessante e rivelatore per i difensori a spada tratta di una pretesa , ipotetica, rinascita spirituale "cristiana" dell'Occidente in particolar modo laddove Evola sottolinea come "se si ha ben chiaro ciò che è l'iniziazione nel senso integrale e autentico del termine, non si può non rilevare, in via di principio, una opposizione fra il cristianesimo, quale dottrina centrata nella fede, e la via iniziatica." aprendo il problema relativo all'esistenza di un "esoterismo cristiano" delle origini e soprattutto "la possibilità di integrare ciò che è presente nel cattolicesimo (e non in un vago cristianesimo) in un più vasto sistema , riferendosi al quale possano venire anche indicati la dimensione e il significato più profondo di strutture, simboli e riti." da ricollegare ad una tradizione metafisica primordiale unitaria.
    Vediamo adesso quali sono le critiche rivolte da Evola ad ogni singolo movimento o tendenza neo-spiritualista trattata cominciando proprio con lo spiritismo "fin de siècle" di ottocentesca memoria per il quale non vi è alcun appello possibile perchè sebbene sia stato "il primo a richiamare l'attenzione del grande pubblico su di un ordine di fenomeni, i quali , a dire vero, nell'antichità erano ben conosciuti, ma che per uscire dai quadri della visione "positiva" del mondo consolidatasi nel secolo scorso erano stati negati e considerati come fisime e imaginazioni di menti superstiziose" si riduce a ben poca cosa. Il suo merito inizia e finisce appunto lì anche quando ha preteso di propiziare e provocare detti fenomeni con la scoperta dei medium e arrogando a sè il compito, peraltro gravoso, di sviluppare presunte, vere o meno, facoltà medianiche.
    Al di là del datto fattuale che molto spesso ci si trovi dinanzi a vere e proprie truffe questo "giocare" a incontrare gli spiriti dei morti è di per sè atteggiamento categoricamente rifiutato da qualunque scuola tradizionale soprattutto in mancanza di adeguate conoscenze appunto predisposizioni naturali nonchè esperienze nelle quali la soglia di coscienza del "medium" rimanga sveglia, attiva, non in balia di entità occulte. Evola sottolinea chiaramente come "ogni saturazione di influenze 'infere' , che per queste e per altre vie si produce nella vita agendo fra le trame della coscienza, oggi è preoccupante più di quanto lo sia mai stata, perchè oggi manca quasi del tutto la controparte di quelle influenze di senso opposto, cioè effettivamente sovrannaturali, che le grandi tradizioni sapevano attrarre ed innestare invisibilmente alle nostre intenzioni, ai nostri pensieri, alle nostre azioni.".
    La frode si presenta dunque di per sè come un fatto già medianico e spiritico quando si voglia "recuperare" forme 'viventi' residuali (complessi mnemonici, monoideismi, virtualità cinetiche impersonali) come tali destinate ad estinguersi. Di quì difficilmente non scorgere un vero e proprio spirito di menzogna che rappresenta il milieu per questi fenomeni in qualunque circostanza si producano e al di là degli 'effetti' che si riesca a creare.
    Tralasceremo momentaneamente l'aspetto relativo alle ricerche psichiche, che ai fenomeni sopra citati si dedicano facendone da contro-parte attiva, per cogliere quanto di valido espone Evola nella sua critica alla psicanali che, in linea di principio, doveva porsi come sintesi tra le due correnti precedenti e quale suo superamento razionale; una disciplina che tratta difatti non l'accertamento o la provocazione di fenomeni psichici bensì l'esplorazione sotterranea dell'anima con le forze che vi risiedono e che all'interno di essa agiscono. Un'àmbito che è stato trasceso dalla moderna psicoterapia che è andata trasformandosi da studio dei comportamenti nevrotici di massa e di forme di isterismo e turbe psichiche ad una scienza che ha cominciato ad abusare dei propri mezzi e dei propri strumenti di ricerca ed analisi generalizzando le sue concezioni ed estendendo questo metodo non ad una casuologia clinica particolare di individui ma a chiunque cercando così di rispondere ai problemi esistenziali dell'uomo moderno che - de facto - per gli psicanalisti è un "malato".
    Da ciò il rapido sconfinamento della psicanalisi in domini che con la medicina e la psicopatologia non c'entrano niente e lo sforzo di scoprire una fenomenologia psicopatica e contorta in fenomeni e manifestazioni culturali e sociali di ogni genere fino alla morale, all'arte, alla religione, alla mitologia, alla sociologia e non da ultimo - perchè per gli psicanalisti questo è in effetti una sorta di ossessione - la sessuologia con particolare riferimento alla scuola freudiana dalla quale procedono tutte le successive 'interpretazioni' psicanalitiche.
    "La posizione caratteristica del freudismo è il disconoscimento nell'uomo della presenza e del potere di qualsiasi centro spirituale sovrano, insomma dell'Io in quanto tale" ovvero ciò che normalmente agisce nell'uomo a livello cosciente morale viene 'analizzato' sulla base di un "io inconscio" o "ideale dell'io" (l'Ich -ideal di cui scrive Freud) ovviamente 'tarato' e da sottoporre a suggestioni ovvero - essendo l'Io in conflitto perenne con sè stesso - renderlo 'suggestionabile' influenza il sub-cosciente smettendone la volontà e usando l'immaginazione che normalmente è associata a qualche forma di libido repressa che ha la sua origine nel sesso o , per esser più chiari, in qualcosa di 'sporco' che dovrebbe avere a che spartire con la sessualità dell'individuo. In realtà Freud supera qualunque limite, nega dignità all'Io cosciente, vorrebbe ricondurre qualunque manifestazione umana ad uno stato di "libidine" intendendo cioè lo 'svelamento' degli aspetti più bassi della sessualità , al lato occulto o zona d'ombra sub-personale nel quadro di una vera e propria demonia del sesso - che oltre agli aspetti di una potenza elementare del sottosuolo psichico ha anche la dimensione di una trascendenza (2). Un gioco 'sporco' o per capirsi un autentico gioco al 'massacro' dell'individualità ridotta ad essere interpretata sulla base di complessi repressi.
    Come divisa di un suo libro dedicato all'interpretazione psicanalitica dei simboli e dei miti, un discepolo dello stesso Freud , il Silberer, circa il pansessualismo senza veli degli ambienti psicanalitici porrà una geniale variante delle prime parole del Vangelo di Giovanni: non "al principio era il Verbo" ma "al principio erano gli organi genitali maschile e femminile" e questo la dice lunga sulla 'scienza' psicanalitica, una disciplina che diviene pericolosa quando non premetta a sè stessa di formare un'unità spirituale ed una personalità vera al posto di quella esteriore e inconsistente creata dalle convenzioni sociali, dall'educazione, dall'ambiente e dall'eredità. Evola conclude che la psicanalisi potrebbe avere un valore positivo come 'psicologia in profondità' solo ed esclusivamente quando precedutica da una "ascetica" assolutamente inconcepibile prendendo quale punti di riferimento tutta l'antropologia freudiana e le successive applicazioni. Gli psicanalisti andrebbero spesso psicanalizzati questo per 'capirci'.
    Teosofia, antropologia di Steiner e misticismo di Krishnamurti appaiono collegati anche se l'autore dedica loro tre capitoli distinti. Il solo merito della teosofia è quello, valido per lo spiritismo come si è visto, di aver riscoperto e risvegliato in Occidente l'interesse per l'Oriente spirituale soprattutto indiano ma a che fini e soprattutto qual'era l'intenzione o il piano ai quali i fondatori di questa "Scuola Teosofica" risposero? Considerando i risultati ottenuti da madame Blavatsky prima e da Annie Besant poi resta il dubbio di quali siano le influenze che hanno realmente agito nel contesto dei 'fenomeni' prodotti a suo tempo dalla stessa H.P. Blavatsky. Evola legittimamente si chiede se simili influenze avessero realmente intenzione di vivificare l'Occidente ponendolo in contatto con una spiritualità di tipo superiore oppure , attraverso simili 'agenti' , non siano state precluse queste possibilità mediante le falsificazioni che non devono quindi ascriversi alle singole persone che formarono il direttivo teosofico fin dalle sue origini. Influenze che hanno voluto allontanare un pericolo, chiudere d'anticipo certe porte verso la conoscenza , pregiudicare e prevenire un'influenza che avrebbe anche potuto risultare salutare deviando possibili percorsi iniziatici in ordine con le stesse dottrine tradizionali orientali. E' possibile soprattutto considerando gli esiti, la storia, le manifestazioni prodotte, i risultati conseguiti.
    Tralasciando quì di analizzare il capitolo su primitivismo, ossessi e super-omismo utili comunque per capire determinate tendenze 'naturalistiche' e pericolose derive verso le più profonde derive nichilistiche, verso l'ascesi per l'ascesi stessa, come forma di una quintessenziata accumulazione della volontà di potenza individuale (il super-uomo di nichiana memoria costituendo un punto-limite qualcosa , ci indica Evola, come un camminare sul filo del rasoio con il rischio di trasformazione in ossesso e conseguente corto-circuito) sono da capire invece le derive satanico-occultistiche o magico-occultistiche delle quali sono riportate alcune esperienze: da Crowley (preso seriamente per quelli che sono gli aspetti 'magici' delle pratiche) a Szandor LaVey e alla sua Chiesa di Satana (semplici parodie del Divino).
    Premettendo che il Satanismo è una corrente discendente che mira a corrompere e deturpare tutto ciò che di sacro esiste, spesso presentandosi come sostituto delle religioni classiche delle quali riprende parodisticamente liturgie, sacramenti e riti, si può dire che questa tendenza rappresenta la punta estrema della ricerca "fai da te" verso il sovrannaturale, il massimo istinto verso l'autorealizzazione per fini specificamente materiali nonchè la negazione per eccellenza di ogni anelito trascendente.
    "La vera caratterizzazione del satanismo - scrive Evola - la si ottiene riferendosi non all'idea del 'male' - questo essendo un termine generico e di contenuto variabile per via delle sue condizionalità sociologiche e storiche - bensì ad un piacere per la perversione in quanto tale, all'impulso non tanto a distruggere quanto a contaminare, con la blasfemìa e l'oltraggio sacrilego. Così la cosiddetta magia nera e la stregoneria non è detto che siano necessariamente "sataniche"; esse possono essere delle pratiche per il conseguimento di fini giudicati moralmente malvagi da una data società, e l'incidenza può solo riguardare le forze attivate a tale scopo."
    In ultimissima analisi e invitando alla lettura del testo in questione lasciamo i lettori con l'avvertenza che Evola pone alla fine del volume laddove raccomanda a mò di conclusione: "lo "spirituale" valga oggi come una conoscenza, non come una tentazione."...destinato ai "deboli" di 'spirito'...in tutti i 'sensi'!

    Note

    1) scrive Renè Guènon in proposito: "La dottrina indù insegna che la durata di un ciclo dell'umanità terrestre, al quale essa dà il nome di manvantara, si divide in quattro età, che segnano altrettante fasi di un oscuramento progressivo della spiritualità primordiale. Si tratta degli stessi periodi che, da parte loro, le tradizioni dell'antichità occidentale designarono come le età dell'oro, dell'argento, del bronzo e del ferro. Noi ci troviamo presentemente nella quarta età, nel kali-yuga o "età oscura", e noi vi siamo, si dice, già da più di seimila anni, cioè da una data decisamente anteriore a tutte quelle conosciute dalla storia 'classica'. A partire da allora, verità già accessibili a tutti sono divenute sempre più nascoste e difficili a raggiungere. Coloro che le posseggono sono sempre meno numerosi e se il tesoro della saggezza "non umana" , anteriore ad ogni età, non può mai perdersi, esso si avvolge tuttavia di veli sempre più impenetrabili, che lo nascondono agli sguardi e sotto i quali è estremamente difficile scoprirlo. E' per questo che, sotto simboli diversi, dappertutto si è parlato di qualcosa che si è perduto, almeno in apparenza e per il mondo esteriore, e che va ritrovato da coloro che aspirano alla conoscenza vera; ma è stato anche detto che quel che è divenuto così nascosto ridiverrà visibile alla fine di questo ciclo: fine che, in virtù della continuità che collega insieme tutte le cose, sarà in pari tempo il principio di un ciclo nuovo." (crf R. Guènon - "La crisi del mondo moderno" - ediz. 'Mediterranee' - Roma 1972) ;
    2) si consulti dello stesso Evola "Metafisica del Sesso" e "Lo Yoga della Potenza - Saggio sui Tantra" entrambi pubblicati dalle edizioni "Mediterranee" di Roma;

  3. #3
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    Predefinito Riferimento: Scritti di Dagoberto Bellucci

    Il villaggio globale: omologazione e persuasione occulta nella società rovesciata contemporanea
    di Dagoberto Husayn Bellucci - 31/03/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]





    "Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare quei programmi demenziali con
    tribune elettorali/ E avete voglia di mettervi profumi e deodoranti siete come
    sabbie mobili tirate giù...Uh com'è difficile restare calmi e indifferenti
    mentre tutti intorno fanno rumore..."

    (Franco Battiato - "Bandiera Bianca" , Album "La Voce del Padrone" 1980)


    "Cosa va di moda adesso io non lo so/ fino all'altro ieri si seguiva
    l'istinto/ cosa resterà di noi ora io non lo so/so soltanto che per te non sarò
    più lo stesso...forse si forse no molto attento distratto..."

    (Tiziano Ferro - "Per un pò sparirò" , Album "Alla mia età" 2008)


    "Essi vivono e noi dormiamo"

    (dal film "Essi vivono" (They live) di John Carpenter - Usa 1988)


    La società contemporanea viene concepita dagli apprendisti stregoni del
    sistema mondialista come una sorta di uniforme villaggio globale all'interno
    del quale ad ognuno si deve corrispondere quanto , su di un piano meramente
    materiale, desidera come aspirazioni e beni di consumo, servizi e capitali. E'
    la società della massificazione globale e dell'omologazione di massa quella che
    è stata costruita a cominciare dall'immediato secondo guerra mondiale su scala
    globale: dal modello consumista degli Stati Uniti d'America - cloaca massima
    delle aspirazioni materiali dell'uomo moderno e punto di riferimento
    inalienabile per comprendere la direzione discendente ed i segni dei tempi di
    un'umanità alla ricerca disperata di nuovi percorsi esistenziali ( sciabordata
    tra mode effimere e ricambi costumistici settimanali, tonalità e modelli di
    riferimento intercambiabili nell'arco di una nottata ) e di un tipo umano, che
    Lello Ragno ne "Il Mondialismo Capitalista" (ediz. "L'Uomo Libero - Milano
    1992) definisce lucidamente come "l'idiota planetario" , 'scosso' da pulsioni
    interiori esclusivamente materiali e da istinti bassamente animali che ,
    suggestionandone la psiche e condizionandone la mentalità, ne rendono il
    prototipo ideale, la quintessenza, dell'imbecillità conformista di massa.

    E' su un piano solidamente collaudato di "seduzioni" e di "offerte" che si
    muove il marketing globale della società del nulla post-modernista dove
    l'affermazione dei contro-valori della materia hanno lentamente, ma
    inesorabilmente, eroso qualsiasi riferimento spirituale e qualsivoglia anelito
    verso il Divino: il Sacro diviene profano ed il profano assurge a 'sacralità'
    rovesciata e contorta delle società senza Dio e senza valori dei "vuoti a
    perdere" , alias individualità rovesciate, fenomenologicamente rappresentati da
    un 'soggetto' che si crogiola della propria grettezza d'animo e della
    altrettanto bassa capacità di comprendere la 'direzione' di marcia della
    propria esistenza terrena.

    L'individuo massificato della contemporaneità post-modernista vive il suo
    tempo alieno da qualunque pulsione: non esiste sfera spirituale (se non quella
    "fai da te" e di facile e autodidattico apprendimento della New Age), interesse
    superiore o valori per i quali 'rischiare'. A questi individui bastano e
    avanzano i 'travagli' della quotidianità, le difficoltà incontrate nella vita
    di tutti i giorni, casa, lavoro e famiglia per confonderne le idee e mandarne
    in tilt un improbabile coscienza. L'uomo moderno vive , anche piuttosto male,
    la banalità dell'apparenza e ricerca inesistenti felicità nei prodotti di
    consumo, nelle mode, nel mondo mercantilizzato del "do us des" , del baratto e
    del libero scambio (si 'scambia' e mercifica oramai di tutto: dai beni immobili
    a quelli mobili, dalle idee alla 'cultura', passando per la moda, l'arte, la
    musica, lo sport e finendo , dulcis in fondo, per scambiarsi pure affetti e
    'parentado'...lo 'scambismo' pervade oramai l'esistenza quotidiana di milioni
    di individui ...non esistono barriere perchè il mondo è diventato 'globale' e a
    questa logica mercantilistica l'idiota planetario deve inevitabilmente
    inchinarsi).

    E' la società del marketing dove ad una diffusione planetaria di modelli di
    consumo omogenei corrisponde un preciso orientamento del mercato finalizzato ad
    un'unico obiettivo: vendere ovunque la stessa gamma di beni per ottenere
    crescenti economie di scale (bevete Coca Cola e degustate cibi macrobiotici,
    tenetevi in linea con i prodotti della salute e 'spendete' al meglio il vostro
    tempo e denaro frequentando i grandi centri commerciali che , alla bisogna,
    offrono di tutto e di più...l'alienazione di massa che ha sostituito il
    rapporto di fiducia tra il negoziante del quartiere e la sua clientela è
    devastante con una netta diminuzione degli esercizi commerciali a direzione
    familiare ed un conseguente impoverimento dei centri storici delle principali
    città)

    Il modello statunitense del centro commerciale - che trova i suoi omologhi e
    'concorrenti' nelle grandi catene commericali di dischi ed hi-fi, di alta
    tecnologia e giocattoli, prodotti per la casa ed il fai da te ecc ecc...i nuovi
    templi di Mammona per l'imbecille globale... - 'smercia' i suoi nei prodotti
    di 'marca' con un ritmo spaventoso. All'ultimo modello, all'ultima linea più o
    meno accessoriata di un determinato prodotto o nell'ennesima "griffe"
    d'attualità sfornata da una delle diverse multinazionali del pianeta
    corrisponde lo 'spaccio' sul mercato operato sapientemente e con precise regole
    dalle catene commerciali e dai grandi centri commerciali che hanno sostituito ,
    con la loro unicomprensività e una vasta , vastissima, offerta di generi di
    consumo anche quelli che erano i momenti di abituale svago e tempo libero...


    L'idiota planetario la domenica - ma anche il resto della settimana -
    'correrà' con tanto di famiglia al seguito all' "Iper", dove potrà dare sfogo
    delle proprie 'esigenze' materiali, passare la giornata tra acquisti spesso
    inutili e compere superflue intrattenuto dalla promoter di turno, 'fascinato'
    dall'ultima trovata pubblicitaria, ingannato dal luccichio delle luci e dalle
    dimensioni , gigantesche, del centro commerciale. Nella società dell'immagine e
    del benessere infatti tutto deve essere 'gigante', tutto possibilmente
    'luccicante': è l'esaltazione del lusso e del consumismo quella che viene
    rappresentata quotidianamente in uno qualsiasi dei centri commerciali
    sparpagliati nei quattro angoli del pianeta. Al consumatore non rimane che
    arrendersi all'evidenza dei fatti: tutto è di marca, tutto è all'ultima moda,
    tutto è 'fashion' e - oltretutto - costa meno che nel negozietto di quartiere

    Allo stesso modo in cui i grandi centri commerciali hanno sostituito il
    negozio sotto casa i multisala sostituiscono il cinema di paese e quelli
    rionali di città; i fast-food (Mc Donalds o KFC poco 'conta') rimpiazzano il
    ristorante e la cucina tradizionale così come Internet ha sostituito i rapporti
    interpersonali ...il virtuale sostituisce il reale come il 'gigantismo' delle
    forme ha sostituito e disintegrato antiche arti e mestieri, rendendo anonimi
    lavori artigianali di un tempo e mestieri che una volta si tramandavano di
    padre in figlio, generazione dopo generazione... nelle società 'tradizionali'
    esisteva il quartiere, insieme residenza e micro-comunità dove tutti
    conoscevano tutti....oggi esistono e si sviluppano i quartieri-ghetto, con i
    casermoni delle case popolari, frutti dell'urbanizzazione selvaggia che ha
    eretto ovunque obbrobri edilizi e cementificato intere aree peraltro...fenomeno
    non 'indifferente' e 'segno' dei tempi moderni...l'ultimo sradicato proveniente
    da non si sa quale angolo remoto del pianeta può dedicarsi tranquillamente a
    qualsiasi attività criminale perchè protetto da un'anonimato di 'massima'
    quello derivato dalla solitudine dell'"inquilinamento occulto" ....nessuno
    conosce il vicino della porta accanto e a malapena si riesce a sapere che
    succede nel proprio palazzo ...figuriamo quanto accade nel proprio quartiere o
    nella propria città...

    "Il termine "marketing" - scrive Lello Ragni (1) - deriva dall'inglese "to
    market" che significa "commercializzare, immettere sul mercato". Il marketing
    può quindi essere considerato come l'insieme dei processi mediante i quali la
    domanda di beni e servizi viene prevista, stimolata e soddisfatta mediante
    l'ideazione , la distribuzione e la vendita di beni e servizi adeguati. Esso è
    basato sul principio secondo cui un'impresa può aumentare i propri profitti se
    persegue una politica di "orientamento al mercato", offrendo prodotti idonei a
    soddisfare le diverse esigenze dei consumatori. Al centro dell'attenzione è
    posto l'acquirente potenziale, coi suoi bisogni, le sue preferenze, i suoi
    comportamenti. Il marketing consiste nell'elaborare e realizzare una strategia
    che, agendo sulle variabili che possono modificare la domanda, trasforma
    l'acquirente potenziale in acquirente effettivo." (1)

    Rovesciando i termini tradizionali per i quali esisteva la formula del
    baratto e quelli già tipici delle società industriali secondo i quali ad una
    domanda segue un'offerta le grandi multinazionali ed i centri commerciali
    (rispettivamente produttori e spacciatori dell'effimero) hanno concepito la
    produzione in serie di beni di consumo che dovranno inondare il mercato con il
    precipuo scopo di indurre all'acquisto il soggetto 'potenzialmente'
    interessato: è l'offerta che surclassa la domanda e suscita il consumo.

    La massificazione di mode e consumi è sostanzialmente la conseguenza di una
    precedente massificazione delle idee, delle opinioni, dei gusti, delle
    coscienze. Potremmo definire quest'operazione come l'affermazione dei mezzi e
    delle tecniche utilizzate (nella pubblicità come nella propaganda) per la
    persuasione occulta delle coscienze.

    L'uso di messaggi subliminali per la commercializzazione di un dato prodotto
    non è nuovo ed appartiene alle società tipiche dell'era consumistica. "Sul
    nascere della cosiddetta "era consumistica" - scrive Paolo Baroni (2) - ,
    caratterizzata da rapidi mutamenti socio-economici indotti forzatamente da un
    selvaggio processo di industrializzazione ed urbanizzazione, alcune tra le
    maggiori ditte produttrici , a fronte del fallimento di grandi campagne di
    lancio dei loro prodotti, incoraggiati in ciò anche dalla comparsa del libro di
    Clyde Mille "The Process of Persuasion" ("Il meccanismo della persuasione") ,
    decisero di intraprendere tutta una serie di studi per individuare i complicati
    meccanismo socio-psicologici che presiedono alle scelte del consumatore. Tali
    studi, in cui secondo la rivista Sales Management (n.1 , del 15 febbraio 1955)
    erano stati investiti 12 milioni di dollari, tutti incentrati su quel
    misterioso labirinto che è il subconscio, erano finalizzati alla scoperta di
    una via d'accesso segreta alla psiche umana - detta in gergo professionale
    "chiave operativa" - realmente in grado di precondizionare il consumatore al
    momento dell'acquisto. Pionieri nel campo della "pubblicità indiretta" fin
    dagli anni '30 furono Ernest Dichter, Presidente dell'Institute for
    Motivational Research Inc., e Louis Cheskin, Direttore del Colorado Research
    Institute of America, seguiti da altri scienziati come il Prof. J. Walter
    Thompson, il Prof. Dale Hunghton, dell'Università di New York, il Dr. Wallace
    Wulfeck, lo psicologo George Horsley Smith, dell'Università Rutgers, e James
    Vicary, un oscure rappresentante pubblicitario del New Jersey, autore
    dell'articolo "Come applicare i metodi della psichiatria alla ricerca del
    mercato" apparso nel 1950 sulla rivista Marketing Printer's Ink. Quest'ultimo ,
    nel 1956, divenuto come tanti altri suoi colleghi "strizzacervelli" consulente
    alla corte di grosse industrie produttrici, fondò la "Subliminal Projection
    Company" (Compagnia di proiezione subliminale)."


    Cominciava l'epoca dei messaggi subliminali pubblicitari che - attraverso un
    percorso che andava di pari passo con la diffusione dei nuovi mezzi di
    comunicazione di massa , con l'affermazione della televisione, del cinema e
    successivamente con l'era informatica degli anni ottanta avrebbe rappresentato
    il trionfo della persuasione occulta applicabile (così come già sperimentato
    'felicemente' dalle centrali di disinformazione dirette dai servizi
    d'intelligence alla propaganda bellica) all'economia, alle leggi del mercato e
    alla società dei consumi di massa.

    Inutile 'spendere' altre parole più di quante non ne siano già state scritte
    da specialisti e addetti ai lavori tanto sulle cause quanto, soprattutto, sugli
    effetti devastanti che queste politiche 'aziendali' e 'commerciali' hanno
    prodotto nelle società modificando usi e costumi di miliardi di individui
    (tutto il genere umano difatti è un "acquirente potenziale" secondo i programmi
    di marketing e nessuno può sentirsi escluso o dirsi al riparo dalle sirene
    della società consumista). Lasciamo il lettore ad una riflessione attenta sulla
    società di massa e sui comportamenti propri degli individui che compongono la
    società massificata invitandolo alla visione del film "Essi vivono" di John
    Carpenter ('provate' a indovinare chi sono gli 'alieni' della società del
    Mondialismo?) e congedandolo con questa suggestiva e divertente (anche
    piuttosto deprimente a dirla tutta) immagine lasciataci dal Ragni nel suo
    volume:

    "Le aziende globali che scelgono di differenziare i prodotti, ampliare la
    gamma e creare spot pubblicitari sempre più suggestivi contribuiscono a
    consolidare l'illusione che l'ideologia massificante del villaggio globale
    lasci ampi spazi di espressione a un'esistenza libera da condizionamento.
    L'idiota planetario di qualsiasi razza che entra in un supermercato di
    qualsiasi città vede una molteplicità di prodotti tutti diversi per prezzo,
    qualità, confezionamento e si sente realmente libero di scegliere ciò che
    vuole. Maneggia distrattamente bevande ipercaloriche, alimenti nutrienti e
    leggeri, abbronzanti ultrarapidi ed alla fine non si accorge di aver comprato
    tanti prodotti di cui non ha in realtà alcun bisogno, ma che servono soltanto a
    soddisfare una semplice curiosità destata in lui da un'immagine suggestiva
    apparsa sulle pagine di un periodico o da uno spot particolarmente divertente
    trasmesso la sera prima in Tv. A suo figlio, anch'egli idiota planetario ma con
    tanto di laurea e di master, i docenti di marketing hanno spiegato che quella
    curiosità è un bisogno latente che può essere appagato solo dall'acquisto del
    bene. Il giovane idiota planetario è affascinato da queste teorie che indagano
    nel profondo dell'animo umano per suggerire alle aziende le tecniche migliori
    per condizionare il comportamento d'acquisto del consumatore globale. E' un pò
    come studiare psicologia, ma con l'opportunità di inserirsi in azienda per fare
    un lavoro dinamico, creativo e gratificante. Inoltre a lui piace viaggiare,
    vedere posti nuovi, conoscere gente nuova. Dopo il suo ultimo viaggio
    all'estero ha mantenuto un ottimo rapporto di amicizia con quella ragazza
    indonesiana che studiava l'inglese nel suo stesso college, ascoltava la sua
    stessa musica, aveva visto i suoi stessi film e, caso strano, aveva le sue
    stesse aspirazioni professionali. Durante i suoi viaggi all'estero il giovane
    idiota planetario si sente dovunque come a casa. In ogni città del mondo c'é
    uno Sheraton Hotel e un McDonald's. Se accende il televisore può guardare
    dovunque l'ultimo video realizzato dal suo cantante preferito. Se ha
    dimenticato un indumento può comprarne uno identico in qualsiasi centro
    commerciale pagando con la sua carta di credito. Quando ritorna dal viaggio è
    eccitante ricevere l'estratto conto della banca e ritrovare i nomi dei negozi ,
    dei ristoranti, degli alberghi in cui ha utilizzato la carta di credito. Sembra
    quasi che qualcuno lo abbia seguito fotografando per lui ogni magico momento
    della sua vacanza (controllo sistemico di massa ndr). Durante la sua permanenza
    in città l'idiota planetario si sente un pò come in viaggio. Il suo quartiere è
    abitato da individui di tutte le razze: ogni gruppo etnico ha feste, folklore e
    ristanti tipici. Vengono organizzate mostre retrospettive , concerti di musica
    africana e ci sono tanti musei dove è conservato il passato dei popoli. E'
    bello conoscere la vita quotidiana degli uomini di un tempo, le loro abitudini,
    la loro organizzazione sociale, le loro strane credenze. E' un ottimo argomento
    di conversazione e poi in fondo tutto fa cultura (...ricordiamo anche , non
    'casualmente, di aver letto un articolo sul folklore locale 'scarabocchiato' da
    uno di questi amanti del tradizionalismo localista che "la cultura, i libri"
    sono un "prodotto"....tant'é ...mercificazione delle idee e delle Tradizioni
    'appunto'... ndr). Il giovane idiota planetario ha molti amici. Sono diversi
    per il colore della pelle ma frequentano tutti la stessa scuola, la stessa
    palestra, la stessa discoteca, lo stesso fast-food, lo stesso psicanalista.
    Hanno tutti gli stessi gusti, le stesse abitudini, le stesse aspirazioni, gli
    stessi complessi. Vestono, scherzano, sognano tutti allo stesso modo ed hanno
    tutti gli stessi problemi. Per questo sono tutti amici. Il colore della pelle
    non fa differenza. La sua ragazza poi è una donna meravigliosa. La prima volta
    che la vide entrare in discoteca non riuscì a capire a quale gruppo etnico
    appartenesse, ma fu subito colto dalla sua andatura sensuale e trasgressiva.
    Sono proprio eccezionali queste mulatte, così diverse le une dalle altre eppure
    così conformi ad un tipo umano presente dovunque nel mondo. (...) Stanno molto
    bene insieme perchè si somigliano tanto anche se lui ha gli occhi grigi. La sua
    ragazza è fortunata: al mare o sulla neve non ha bisogno di creme protettive ad
    azione abbronzante, mentre lui si ustiona ogni volta. Che dramma quella pelle
    pallida! In compenso lui ha i capelli lisci e non ha bisogno di gel, la sua
    ragazza si. Questa è l'unica cosa che li rende diversi l'uno dall'altra. Chissà
    come sarà loro figlio, se avrà bisogno di abbronzante o di gel. Senza dubbio
    sarà intelligentissimo. Lo dice anche suo fratello che sta collezionando i
    fascicoli della nuovissima enciclopedia sugli animali: i cani bastardi sono più
    intelligenti dei cani di razza. Lo stsso vale anche per i bipedi umani: in
    fondo anche l'uomo discende dalla scimmia. L'odiota planetario è un ragazzo
    felice. La terapia di gruppo funziona e le pillole antidepressive sono
    miracolose. Vive in un quartiere residenziale, ha una seconda casa e una barca
    per il week-end, un'automobile di classe da far invidia agli amici, una donna
    che ama, un solido conto in banca e ottime prospettive di carriera. Fin da ora
    guadagna bene e può comprare abiti firmati, cosmetici, cocaina, un'automobile
    nuova , compact disc, quadri d'autore e riempire la sua casa di tanti oggetti
    simpatici e originali. (...) L'idiota planetario è un ragazzo fortunato. Il
    mondo in cui vive è storicamente il migliore. Certo qualcosa non va. Molte cose
    non vanno. Ma che importa! Take it easy! Domani è sabato e si va tutti a
    sciare." (3)


    Il mondo si divide in due categorie: gli idioti planetari che vanno a sciare
    e gli uomini di razza! Noi, nati sul mare e livornesi d.o.c.g. anche se 'di
    foravia' , non abbiamo mai 'imparato' a 'calzare' degli scarponi da sci e
    l'unica occasione avuta di sciare - durante una settimana 'bianca' sul Cimone
    ai tempi delle scuole medie (....ovviamente 'ripetute'...) - è stata ricordata
    sull'annuario scolastico in quello che forse è stato il nostro primo articolo
    come una delle esperienze più devastanti della nostra storia 'adolescenziale'
    .... Preferivamo , anche 'allora', darci 'ammalati' specie se la compagna di
    banco aveva anche lei 'sintomi' febbricitanti'... 'strano' che la neve , da
    sempre, ci stia sulle palle...specialmente in città!


    DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"


    Note -

    1) Lello Ragni - "Il mondialismo capitalista - Mercato Globale e società
    multirazziale" ediz. "L'Uomo Libero" - Milano 1992;

    2) Paolo Baroni - "I prìncipi del tramonto - Satanismo, esoterismo e
    messaggi subliminali nella musica rock" ediz. "Il Cerchio" - Rimini 1997;

    3) Lello Ragni - op. cit. ;

  4. #4
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    Predefinito Riferimento: Scritti di Dagoberto Bellucci

    Gilgamesh. Mito e leggenda agli albori della civiltà
    di Dagoberto Husayn Bellucci - 27/03/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]





    "Mi piacciono le scelte radicali
    la morte consapevole che si autoimpose Socrate
    e la scomparsa misteriosa e unica di Majorana
    la vita cinica ed interessante di Landolfi
    opposto ma vicino a un monaco birmano
    o la misantropia celeste in Benedetti Michelangeli.
    Anch'io a guardarmi bene vivo da millenni
    e vengo dritto dalla civiltà più alta dei Sumeri
    dall'arte cuneiforme degli Scribi
    e dormo spesso dentro un sacco a pelo
    perché non voglio perdere i contatti con la terra.
    La valle tra i due fiumi della Mesopotamia
    che vide alle sue rive Isacco di Ninive.
    Che cosa resterà di noi? Del transito terrestre?
    Di tutte le impressioni che abbiamo in questa vita?"

    (Franco Battiato - "Mesopotamia" - dall'album "Fisiognomica" 1988)


    Fin dagli albori della civiltà l'uomo si è sempre misurato con le proprie
    costruzioni ideali fissando per la rappresentazione delle sue aspirazioni ,
    quelle palesi e quelle celate, in una serie di simboli, riti e miti le
    coordinate entro le quali ricomprendere la propria storia su di un piano
    metafisico e la propria identità su di un piano metastorico.
    E' probabilmente uno dei più grandi misteri dell'umanità riuscire a penetrare
    e comprendere il bisogno interiore che , in qualunque civilizzazione umana si
    sia sviluppata nel corse dei secoli, qualsiasi essere umano ha avvertito di
    auto-rappresentarsi e celebrarsi - al di là del piano orizzontale, fattuale ,
    degli eventi terrestri che direttamente lo interessavano - anche , soprattutto,
    attraverso una simbologia ed una mitologia essenziali per la costituzione in
    qualsiasi epoca di ciò che comunemente oggi definiamo come Civiltà o
    Tradizione.

    Non esiste civilizzazione umana che non abbia utilizzato simboli e riti per
    costruire la propria identità "religiosa" , per definire la propria dimensione
    spirituale e per creare le condizioni necessarie all'evoluzione e allo sviluppo
    delle arti, dei mestieri e delle conoscenze materiali che sono derivate dalla
    sfera intellettiva del genio umano. Se da un lato infatti possiamo riconoscere
    nei riti la perpetuazione di un'adesione mistico-percettiva ad un culto
    dall'altro lato è nella simbologia e nella mitologia che sono state conchiuse e
    sigillate a perenne memoria, per i posteri e per l'immortalità storica, le
    vicende, le narrazioni, i racconti e le immagini idealizzate di fatti,
    personaggi e avvenimenti che hanno rappresentatol'aspirazione ed il sentimento
    più alto e nobile di una collettività.

    "Il mito - asserisce Thomas Mann - è il fondamento della vita, lo schema
    senza tempo, la formula secondo cui la vita si esprime quando fugge al di fuori
    dell'inconscio" (1)

    Uno schema appunto senza tempo perchè fissato nell'eternità che definisce e
    stabilisce nessi logici di continuità ideale tra civiltà e popoli, individui e
    nazioni. Non esisterebbero miti se non esistesse l'esigenza da parte
    dell'essere umano di dare una rappresentazione della propria limitata esistenza
    terrena: il mito segna lo spartiacque tra fisico e metafisico e aderisce alla
    percezione che accomuna e unisce le comunità siano esse tribù, gruppi, popoli,
    nazioni e continenti interi.

    "Il mito è un modo di interpretare eventi e fenomeni in un ambito culturale
    unitario. Si tratta di un processo di razionalizzazione che traduce in
    esposizioni emblematiche insiemi di esperienze diverse delle quali si cerca
    l'elemento unificante, e che dà una giustificazione di quanto è accaduto e
    soprattutto di quanto accadrà." (2)

    Per comprendere nella sua più interessante accezione quale sia il valore ed
    il significato più alto del Mito occorre considerare l'insieme delle
    costruzioni ideali che contrassegnano la contemporaneità e le condizioni che
    hanno favorito la metabolizzazione su vasta scala dei moderni miti della
    tecnica e della scienza considerati fondamentali per la definizione della
    società post-medievale: "l'uomo moderno - scrive Lewis Mumford (3) - si è data
    un'immagine curiosamente deforme di se stesso, interpretando la sua storia
    lontana sulla base dei suoi interessi attuali per la fabbricazione delle
    macchine....dopodichè ha giustificato le sue preoccupazioni di oggi definendo
    il suo io preistorico un animale che fabbrica utensili.". Definizione
    quantomeno azzeccata del rapporto che l'uomo moderno vive nei confronti di un
    passato che , non riuscendo più a definire e comprendere, tende a dimenticare
    in funzione di un presente che dovrebbe rappresentare solo ed esclusivamente
    una rampa di lancio verso dimensioni future.

    Tale atteggiamento dell'uomo-massa contemporaneo riflette anche un'ambiguità
    di fondo che sussiste quando, ad innalzare tecnica e scienza, ci si è
    dimenticati di ritualità, simbologie e miti del passato, premesse
    indispensabili, anticamere dell'identità individuale e collettiva, congiunzioni
    di sintesi e di esperienze procedenti dalla natura originaria dei processi del
    pensiero umano.

    Da queste premesse dobbiamo cominciare per recuperare quello che potremmo
    definire il mito ancestrale, il mito dei miti, quello rappresentato e narrato
    nel poema di Gilgamesh. Un poema antichissimo , alle origini di una delle
    civiltà più remote del Vicino Oriente in quella Mesopotamia spesso identificata
    proprio come la "culla" di tutte le civilizzazioni , sicuramente il centro
    nevralgico di una florida società, quella sumera, dove nascerà il mito di
    Gilgamesh, re della città di Uruk, metà uomo metà dio, alla ricerca
    dell'immortalità.

    Il viaggio , la storia, l'epopea di Gilgamesh rappresentano la somma
    culturale, ideologica e poetica dell'uomo mesopotamico e insieme il racconto
    delle sue gesta il più antico poema che l'umanità abbia concepito, precedente
    all'Iliade e all'Odissea, più antico del Mahàbhàrata indiano. La scoperta di
    questo lascito per l'intero genere umano rappresentò uno degli eventi culturali
    più importanti e significativi dell'Ottocento. Il ritrovamento di questa epopea
    , avvenuto a metà del XIXmo secolo tra le rovine dell'antica Ninive, risultò
    tale da modificare - come scrive Franco D'Agostino nella sua opera fondamentale
    (4) - "il modo di considerare il mondo orientale e il suo testo più importante,
    la Bibbia. Ma ciò che più conta e stupisce è che oggi , a distanza di migliaia
    di anni da quella creazione, noi ci scopriamo coinvolti dalle avventure di
    Gilgamès, esaltati dal suo eroismo, commossi dalla sua disperazione, affranti
    dai suoi fallimenti. E non riusciamo propria a percepire come estraneo questo
    giovane e misterioso re, capace di esaltazione e di lacrime, capace di uccidere
    e di amare, di sognare e di pregare. Un re, un dio, che è il prototipo
    dell'uomo che fugge da se stesso, il paradigma della vanità degli sforzi degli
    uomini contro il destino e la morte. E molto altro ancora...".

    Quando gli eserciti persiani di Ciro penetrarono nel 539 a.C. nella
    Mesopotamia , conquistando l'antica Babilonia, si resero perfettamente conto
    della straordinaria grandezza di ciò che avevano appena conquistato: la civiltà
    mesopotamica possedeva infatti una profonda conoscenza del tempo e
    dell'astronomia, della matematica e della geometria, della medicina e
    dell'idrodinamica e nozioni avanzatissime della topografia del mondo allora
    conosciuto. La scoperta di questa straordinaria civiltà affascinerà il sovrano
    di Persia come, secoli dopo, la Grecia diventerà un'attrazione ed emetterà un
    fascino irresistibile - come esempio - per i romani.

    Nel VI secolo avanti Cristo la cultura mesopotamica aveva alle spalle una
    vità più che bimillenaria: popoli diverse e dalle differenti culture avevano
    regnato sulla terra tra i due fiumi tramandando un sapere ed una somma di
    conoscenze che in tutti i settori vennero trascritte attraverso la tradizione
    cuneiforme. La prima redazione del poema di Gilgamesh risale probabilmente
    all'epoca paleo-babilonese (tra il 1850 e il 1600 a.C.) anche se la diffusione
    in una vasta area della documentazione di questa "leggenda", i cui frammenti
    furono ritrovati in diverse città del mondo mesopotamico, possono rivelarsi
    come un indizio che l'epopea di Gilgamesh e del suo amico Enkidu fossero
    diventate un patrimonio comune dell'intera cultura babilonese già in epoca
    antica. La stessa sommaria raccolta dei diversi frammenti , raccolti in
    tavolette e custoditi in diversi musei (dal British Museum a Londra all'Iraq
    Museum di Baghdad fino a quelli conservati nelle Università americane di
    Pennsylvania e di Yale) , ci confermano una diversa provenienza dell'intero
    poema raccolto in differenti siti archeologici corrispondenti alle antiche
    città mesopotamiche e alle loro lontane , attuali, 'parenti' irachene (una
    parte proviene da Uruk (l'odierna Warka), Saduppùm (l'irachena Tell Harmal) e
    Sippar (Abu Habba) tutti siti archeologici dell'Iraq centrale).

    Un altro importante aspetto da considerare è la diffusione enorme che fin
    dall'antichità avrà la storia di Gilgamesh e gli eventi che interesseranno
    questo sovrano; come scrive D'Agostino è attraverso la diffusione della grafia
    cuneiforme della civiltà sumero-accadica che essi "divengono patrimonio comune
    di un numero straordinariamente grande di uomini, dotati di un differente
    retroterra etnico ma tutti accomunati dall'assimilazione - per lo meno a
    livello della cultura ufficiale scritta- delle elaborazioni del pensiero
    babilonese. A questa enorme diffusione di Gilgames avrà però senz'altro
    contribuito anche il fascino fortissimo che il racconto in sè, con le avventure
    così umane e universali che coinvolgono il sovrano di Uruk, promana a chi lo
    ascolta. (...) E' stato notato, d'altro canto, come temi narrativi poi anche
    nel mondo greco (nell'Odissea addirittura) e nella grande letteratura
    fantastica araba (nel Racconto di Buluqiya de "Le mille e una notte")." (5)

    Come noterà Benno Landsberger , uno più famosi assiriologi del novecento,
    "l'epica di Gilgamesh è l'epica nazionale dei Babilonesi. E questa
    denominazione può essere utilizzata a buon diritto poichè il racconto si
    rivolge a ogni Babilonese, perchè il suo eroe incarna nel modo più indelebile
    l'ideale di uomo del popolo babilonese in quanto il problema della vita umana
    forma il suo soggetto più importante.". (6)

    Dalla Siria alla Palestina all'Anatolia il racconto di Gilgamesh ha finito
    per costituire una sorta di patrimonio culturale che, al di là dei confini
    mesopotamici, unisce popoli e culture di una vasta area del mondo antico come
    dimostrarono i ritrovamenti di alcuni frammenti del poema venuti alla luce
    durante gli scavi della missione francese presso la città siriana di Emar (oggi
    Meskene) o di un frammento recuperato a Megiddo in Palestina fino a quelli
    recuperati in lingua hittita (una lingua indo-germanica che appartiene ad un
    ramo occidentale di quell'albero linguistico che viene definito "anatolico")
    non lontano dal piccolo villaggio di Bògazkoy nell'Anatolia centrale tra le
    rovine di quella che fu la capitale hittita la città di Hattusa.

    In tutta la Mezzaluna fertile ed al di là dei suoi confini le gesta di
    Gilgamesh suscitarono un profondo interesse come si vedrà anche per la sequenza
    di avvenimenti narrati che diverranno patrimonio comune dell'umanità passando
    di civilizzazione in civilizzazione e di popolo in popolo (si pensi solo alla
    narrazione del viaggio che il re farà alla cerca dell'immortalità - poi
    presente in tutte le grandi Tradizioni non da ultimo in quella relativa al
    Sacro Graal - o all'incontro con Uta-Napistim l'unico superstite del Diluvio
    Universale di cui si avranno frammenti di memoria nelle narrazioni bibliche
    successive).

    L'idea del Diluvio Universale pervade la parte finale del poema e merita,
    cominciando proprio dalla fine, la massima attenzione. "Considerai il mondo
    intorno - narra Uta-Napistim nel suo racconto al sovrano Gilgamesh - era sceso
    il silenzio poichè tutta l'umanità era diventata argilla e le terre, allagate,
    erano diventate piatte come un tetto. Aprii uno spiraglio nella nave: un raggio
    di sole caldo mi colpì la guancia. Allora mi gettai in ginocchio e mi disperai,
    sulle mie guance scorrevano le lacrime. Poi la nave si andò a incagliare sul
    monte Nimus , che la tenne ferma per sei giorni. Allorchè giunse il settimo
    giorno portai fuori e liberai una colomba. Questa se ne andò ma poi tornò
    indietro: non le era apparso alcun posto (adatto a stabilirsi) e se ne ritornò.
    Allora portai fuori e liberai una rondine. Questa se ne andò ma poi tornò
    indietro: non le era apparso alcun posto e se ne ritornò. Infine portai fuori e
    liberai un corvo. Il corvo se ne andò e vide che il livello delle acque calava
    : allora mangiò , gracchiò, sollevò la coda e non fece ritorno.".

    In questo racconto si ritrova lo schema di base della narrazione biblica di
    Noè e del Diluvio Universale. Gli ebrei dunque non inventarono niente che non
    fosse già conosciuto e noto a tutte le principali popolazioni che abitavano la
    Mezzaluna fertile (e come si ricorderà essi ebbero stretti rapporti proprio
    durante la cattività mesopotamica con quei popoli che erano gli eredi del re di
    Uruk ed ai quali appartenevano questi miti).

    Al sovrano di Uruk verrà comunque precluso l'accesso all'immortalità eterna.
    E' la sentenza e la decisione finale degli Dei. Se Uta Napistim e sua moglie
    saranno salvati dalle acque del diluvio e costretti ad abitare lontano dagli
    altri uomini a Gilgamesh viene negato il sogno dell'immortalità poichè solo un
    nuovo cataclismo , un altro diluvio - per antonomasia unico nella storia del
    mondo, potrebbe generare le condizioni per cui al re di Uruk sia concesso ciò
    che cerca.

    Il tema del diluvio universale sul quale spendiamo qualche parola in più è
    stata definita come la più fortunata invenzione della letteratura mesopotamica.
    "...si tratta di un tema narrativo e mitologico-religioso che ha una
    lunghissima storia - scrive D'Agostino (7) - nella letteratura e nella cultura
    mesopotamica. Noto già presso i Sumeri, che ne sono gli inventori, il Diluvio
    Universale è assurto nella visione storiografica antico-orientale mesopotamica
    a evento spartiacque, della stessa valenza storica e psicologica che ha per noi
    l'anno della nascita di Cristo" (8). Un tema che ritroveremo nelle tradizioni e
    nella letteratura dei greci dove il dio Crono apparirà al suo devoto
    (Xisuthros) per annunciare la fine dell'umanità e comandandogli di costruire
    un'imbarcazione per mettere in salvo oltre alla sua famiglia, agli amici e alle
    vettovaglie tutti gli esseri viventi sia quadrupedi che dotati di ali.

    "Questo tema del Diluvio Universale , così tipico della mentalità babilonese
    e così inerente alla sua ideologia sull'uomo e sul significato della sua vita,
    ha avuto una enorme diffusione nell'ambito geografico vicino-orientale. Gli
    Ebrei stessi, pur generalmente così alieni dall'intromissione di tratti
    religiosi esterni (*) , lo reinterpretarono e lo introdussero nel loro canone
    religioso, attraverso il quale esso è giunto sino alla nostra cultura (è il
    racconto mitico più antico a noi noto e del quale possiamo ripercorrere la
    storia)" (9)

    Lasciamo alla 'curiosità' dei lettori di addentrarsi nella narrazione del
    poema di Gilgamesh , della sua amicizia con Enkidu (accostatosi lui,
    cacciatore, uomo che vive ai margini della società nei deserti, alla civiltà
    attraverso il rapporto sessuale con Samhat che ne farà un uomo civilizzato,
    conducendolo a Uruk, al tempio , residenza degli dei Anu e Istar, alla presenza
    di Gilgames un re dalla forza straordinaria) , della loro terribile sfida con
    il mostro Hubaba (guardiano della Foresta dei Cedri del Libano) e dei sogni
    premonitori che accompagneranno il Re metà uomo metà Dio Gilgamesh, alla
    gelosia della dea Istar innamoratasi del sovrano di Uruk fino alla perdita
    dell'amico Enkidu vittima di una malattia incurabile di origine divina e
    ritorsione-capriccio di una dea.

    Di Gilgamesh (10) possiamo solo trascrivere ciò che riporta il poema stesso
    laddove viene descritto come "il più grande di tutti i re, il più illustre, il
    più alto l'eroe progenie di Uruk, il toro pronto a caricare: va innanzi a
    tutti, è un comandante; va dietro a tutti è il sostegno dei suoi alleati; è la
    fiancata potente a protezione del suo esercito; la piena furiosa che abbatte le
    mura di pietra. Figlio di Lugalbanda è Gilgamesh dalla forza straordinaria e
    figlio della dea Rimat-Ninsun, l'eccelsa vacca selvatica. Egli Gilgamesh
    straordinariamente degno di venerazione aprì valichi tra le montagne, scavò
    pozzi nelle gole dei monti, attraversò l'oceano , il profondo mare, sino
    all'origine del mattino, percorse le regioni del mondo cercando affannosamente
    la vita, raggiunse con enorme fatica Uta-Napistim il distante, restaurò i
    luoghi di culto che il Diluvio aveva distrutto. Chi è , tra la moltitudine
    degli uomini, che può venire equiparato a lui nella regalità , e che possa dire
    come Gilgamesh "io sono un re!" ? Dal giorno in cui nacque , il nome di
    Gilgames, fu glorioso. Per due terzi appartiene agli dei, per un terzo
    all'umanità."


    DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

    Direttore Responsabile Agenzia Stampa "Islam Italia"



    Note -

    1) Thomas Mann - "Aforismi"

    2) Giuseppe Lanzavecchia - saggio "Religione e Mito" in Aa.Vv. - "Dalla tribù
    alla conquista dell'universo" - ediz. "Scheiwiller" - Milano 2000;

    3) Lewis Mumford - "Il mito della Macchina" - ediz. "Il Saggiatore" - Milano
    1969;

    4) Franco D'Agostino - "Gilgames - Alla conquista dell'immortalità" - ediz.
    "Piemme" - Casale Monferrato (Alessandria) 1997;

    5) Franco D'Agostino - op. cit. ;

    6) Benno Landsberger - "Einleitung in das Gilgamesh-Epos" in P. Garelli -
    "Gilgames et sa lègende - Etudes recuillies par Paul Garelli à l'occasion de la
    VII.e Rencontre Assyriologique Internationale" - Parigi 1958;

    7) Franco D'Agostino - op. cit. ;

    8) i testi , sia sumerici che accadici, relativi al Diluvio Universale in
    Mesopotamia sono stati raccolti da J. Bottero - S.N. Kramer in "Uomini e Dei
    della Mesopotamia" (ediz. "Einaudi" - Torino 1992) si veda anche l'agile
    volumetto di C. Saporetti "Il Diluvio" ediz. "Sellerio" - Palermo 1982);


    *) vedremo che in realtà l'intero impianto biblico dell'Antico Testamento
    avrà molti lasciti da altre culture e pre-esistenti Tradizioni come evidenzia
    peraltro , su di un piano eminentemente politico ma anche storico-religioso,
    Roger Garaudy nel suo "I miti fondatori della politica israeliana" ediz.
    "Graphos" - Genova 1996. Testo essenziale per comprendere l'insieme di pretese
    "leggendarie" che stanno alla base dell'occupazione territoriale sionista nella
    Terrasanta palestinese.

    9) Franco D'Agostino - op. cit. ;

    10) Per una breve bibliografia in lingua italiana si consulti:
    - J. Bottero - "Mesopotamia (la scrittura, la mentalità, gli dèi) - ediz.
    "Einaudi" - Torino 1991;
    - S.M. Chiodi - "Il prigioniero e il morto (Epopea di Gilgames Tav. X 318-
    320) - Orientis Antiqui Miscellanea II (1995);
    - G. Furlani - "Miti babilonesi e assiri" - ediz. "Sansoni" - Firenze 1958;
    - A. Parrot - "Diluvio e Torre di Babele" - ediz. "Sansoni" - Firenze 1962;
    - G. Pettinato - "La saga di Gilgamesh" - ediz. "Rusconi" - Milano 1992;
    - G. Pettinato - "Gilgamesh e la pianta della vita" - in "Studi Orientali e
    Linguistici" - 5 (1995) pp 11 e s. ;

  5. #5
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    Predefinito Riferimento: Scritti di Dagoberto Bellucci

    L'evoluzione politica di Hizb'Allah
    di Dagoberto Husayn Bellucci* - 15/03/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]


    Il partito sciita libanese di Hizb'Allah (letteralmente Partito di Dio) ,
    nato agli inizi degli anni Ottanta durante il conflitto civile libanese, si
    prepara - secondo le valutazioni degli analisti ed esperti di politica del
    Vicino Oriente - a vincere le prossime elezioni previste per il 7 giugno e a
    governare il paese dei cedri con una maggioranza parlamentare che
    permetterebbe agli uomini di Sayyed Hassan Nasrallah di portare al potere in
    Libano il blocco dei partiti dell'Opposizione Nazionale che sostengono la
    Resistenza Islamica.

    Organizzazione polivalente Hizb'Allah si è strutturata nel corso degli ultimi
    anni come braccio politico dell'organizzazione di Resistenza creata fin dai
    primi anni ottanta per contrastare l'occupazione israeliana nel sud del paese.
    A differenza di altri movimenti politici del Vicino Oriente il partito sciita
    libanese ha mantenuto le proprie caratteristiche di organizzazione
    rivoluzionaria e intatte le sue strutture di base creando nelle banlieus
    meridionali della capitale Beirut, e nei centri della Beka'a settentrionale e
    del sud dove prevale l'elemento sciita, un'autentico "stato nello stato"
    costituito esclusivamente per ospitare gli sciiti che rappresentano - secondo
    stime non ufficiali - almeno il 40% della popolazione del paese.

    Nato come movimento di resistenza contro l'occupante sionista Hizb'Allah,
    attraverso i finanziamenti iraniani e l'aiuto siriano, ha saputo rappresentare
    per gli sciiti del Libano la sola alternativa possibile di fronte al ruolo
    storicamente marginale da questi occupato nella società e nella politica del
    paese dei cedri. Unitamente a Haraqat 'Amal ( partito sciita-gemello e casa-
    madre di Hzb ) il Partito di Dio ha intrapreso dunque una lenta trasformazione
    di tipo sociale che, soprattutto negli ultimi quindi anni, hanno portato
    quest'organizzazione ad incaricarsi della soluzione dei problemi e dello stato
    di indigenza della comunità sciita operando sia come partito politico con una
    vasta base popolare ed una nutrita delegazione parlamentare sia come forza
    attiva di governo , dall'estate 2005 ( tranne la parentesi compresa tra il
    novembre 2006 e il giugno 2008 nella quale Hzb ed i suoi alleati scelsero la
    strada dell'opposizione in piazza all'esecutivo filo-americano diretto dal
    premier Siniora ) responsabile della direzione politica ed economica del
    Libano.

    Un'evoluzione che non ha mutato le caratteristiche proprie di un movimento di
    resistenza nazionale che mantiene saldamente le proprie milizie armate nel sud
    del paese, dove operano dal settembre 2006 i contingenti della missione
    internazionale Unifil, attivandole solo ed esclusivamente come forza deterrente
    rispetto alle numerose violazioni commesse dai sionisti che continuano a
    occupare stabilmente sia le fattorie di She'eba che il villaggio di Kfarshouba
    e rifiutandosi di utilizzarle contro altre formazioni libanesi.

    Senso di responsabilità, determinazione, volontà di costruire una realtà
    emergente ed in continua espansione ed evoluzione contrassegnano l'attività
    politica, sociale, economica e militare di Hizb'Allah fattore determinante la
    politica dell'intera area geopolitica e strategica del Vicino Oriente
    soprattutto all'indomani della "Vittoria Divina" dell'estate 2006 quando il
    partito sciita seppe resistere ed affrontare praticamente da sola - con il solo
    aiuto e la partecipazione attiva di poche unità militari di 'Amal e del Partito
    Comunista Libanese - l'aggressione ed il tentativo di invasione israeliani che
    costarono all'entità sionista una cocente sconfitta, la perdita di centinaia di
    uomini, di decine di mezzi corazzati (terrestri, navali e aerei); dimostrando
    una palese incapacità da parte dell'esecutivo Olmert e dei comandi militari di
    Tel Aviv di venire a capo del "problema libanese".

    A distanza di quasi tre anni da quel conflitto non si sono placate le
    polemiche attorno ai dirigenti israeliani responsabili di una disastrosa e
    scellerata condotta bellica: la stessa attuale leader del partito di
    maggioranza relativa del panorama politico israeliano, l'ex ministro degli
    Esteri Tzipi Livni, ha elettoralmente pagato gli errori che, con troppa
    semplicità, furono addossati esclusivamente ai vertici dell'esercito e al suo
    predecessore Olmert. La realtà fattuale dimostra invece che, dopo aver lanciato
    un'operazione di pulizia etnica e di aggressione genocida contro la striscia di
    Gaza alla fine dello scorso dicembre, l'entità sionista occupante la Terrasanta
    palestinese non ha ancora digerito e superato lo shock post-bellico del
    conflitto del luglio-agosto 2006. Al di là delle quotidiane minacce contro il
    Libano, la Siria e l'Iran i dirigenti sionisti sanno perfettamente che
    l'"affaire Hizb'Allah" è ancora aperto e difficilmente potrà essere dimenticato
    (considerando la prassi israeliana di non lasciare niente d'intentato è infatti
    prevedibile che , presto o tardi, si riapriranno ancora una volta i 'giochi'
    bellici e "Israele" sarà costretto a lanciare una nuova offensiva contro le
    basi della Resistenza Islamica nel Libano e la dirigenza di Hizb'Allah sempre
    allerta).

    Un'opzione, quella militare, che viene per il momento considerata
    assolutamente disastrosa dall'opinione pubblica israeliana e dalla stessa
    comunità internazionale. Al momento "Israele" non ha la forza, nè la capacità
    militare, per opporsi nuovamente e su vasta scala al partito sciita libanese. I
    servizi di sicurezza di mezzo mondo hanno lanciato più volte l'allarme che ,
    qualora Tel Avivi intendesse riproporre un conflitto via terra contro il
    Libano, le sorprese sarebbero , per i sionisti, amarissime.

    E una vittoria elettorale di Hizb'Allah in Libano tra meno di tre mesi
    risulterebbe un nuovo smacco per i dirigenti sionisti così come conferma Ely
    Karmon , esperto di antiterrorismo dello stato ebraico già consulente del
    Ministero della Difesa di Tel Aviv ed autore di saggi di politica
    internazionale, che - intervistato recentemente da Roberto Santoro per
    "L'Occidentale" - così riassumeva i rischi di un simile scenario nel paese dei
    cedri: “Secondo la maggioranza degli osservatori sarà questo il risultato delle
    prossime elezioni. Hezbollah avrà la maggioranza. Ci sono delle ragioni di tipo
    demografico ma anche politiche: consideriamo il fatto che Hezbollah è alleato
    con i cristiano-maroniti di Michel Aoun, per esempio. Se Hezbollah vincerà in
    Libano avremo un altro Paese che da essere filo-occidentale diventa filo-
    iraniano. Sfortunatamente questo è il risultato della politica estera portata
    avanti dalle grandi potenze, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, ma anche
    da parte di Israele, che non è mai intervenuto, anche quando avrebbe dovuto
    fare pressioni sulla Siria per cambiare la situazione. Adesso è troppo tardi.
    La probabile vittoria di Hezbollah è anche causata dal comportamento dei Paesi
    del Golfo, come il Qatar, un altro di quegli stati filo-iraniani più che filo-
    occidentali”.

    La Resistenza Islamica - braccio militare del partito sciita - è determinata
    e pronta a riprendere le armi in ogni momento. Nuove tecnologie, nuovi
    strumenti di difesa, armi e missili a media-lunga gittata sarebbero stati fatti
    affluire per rinforzare le milizie sciit
    e. Politicamente Hizb'Allah è più forte
    di tre anni fa, così come lo sono i suoi principali alleati la Siria di Assad e
    l'Iran di Ahmadinejad usciti vincenti dai rispettivi confronti con il blocco
    arabo-moderato per Damasco e con le pressioni europee e statunitensi per
    Teheran.

    Una determinazione che è stata sottolineata anche nell'ultimo grande raduno,
    un mese or sono, organizzato a Beirut sud dal movimento sciita. In
    quell'occasione - nel primo anniversario del martirio di Imad Moughnyeh (capo
    militare di Hizb'Allah assassinato dal Mossad a Damasco , nel cuore della
    capitale siriana, con un'autobomba nel febbraio 2008) - Nasrallah aveva
    sostenuto che la Resistenza libanese aveva il diritto di dotarsi di un valido
    sistema anti-aereo per difendere i cieli del Libano meridionale dalle continue
    incursioni spionistiche dell'aviazione di Tel Aviv dichiarando che "è un nostro
    diritto inalienabile dotarci di qualunque mezzo, qualsiasi tipo di armamento
    anche anti-aereo, e di servircene se lo riterremo opportuno, per difendere il
    nostro popolo" e lasciando intendere che, con molta probabilità, il gruppo
    disporrebbe già di sofisticati sistemi di difesa anti-aerea provenienti dalla
    vicina Siria.

    Nasrallah in quell'occasione ha insistito sull'elemento sorpresa che
    contraddistingue da sempre la strategia difensiva ed offensiva della Resistenza
    Islamica. "Se gli israeliani pensano di poter continuare a fare ciò che
    vogliono sui cieli libanesi noi diciamo loro che saremo pronti a difenderci in
    qualunque momento" e , negando di volere un nuovo conflitto (scatenato dai
    sionisti nell'estate di tre anni fa) ha però evidenziato come "se abbiamo o
    meno certe armi questo è affar nostro" affermando perentoriamente che "la
    Resistenza ha il coraggio e la volontà di utilizzare" simili dispositivi.

    In vista delle prossime consultazioni elettorali di giugno dunque Hizb'Allah
    si appresta a diventare una forza di governo determinante gli assetti politici
    del paese: potrebbero, gli uomini del Partito di Dio ed i loro alleati (oltre a
    'Amal si ricorda l'alleanza con il partito Tayyar o Corrente Libera Patriottica
    , partito laico e nazionalista guidato dal Gen. Michel Aoun, maggioranza tra i
    cristiani-maroniti libanesi), cambiare volto al paese dei cedri dando vita ad
    un esecutivo di unità nazionale che rilancerebbe l'economia disastrata del
    paese e inizierebbe quell'opera di ricostruzione nazionale fondata sul
    riconoscimento pieno del diritto alla resistenza finora spesso messo in
    discussione dalle formazioni del cosiddetto "fronte del 14 marzo" filo-
    occidentali e sostenute finanziariamente e politicamente dall'amministrazione
    statunitense.

    E' in questo quadro generale di svolta politica , che potrebbe determinare i
    futuri assetti non solo per il paese dei cedri ma anche per l'intero Vicino
    Oriente, che sono cominciate delle manovre diplomatiche da parte di numerosi
    governi europei per comprendere esattamente dove potrà andare, che direzione
    prenderà e verso quali approcci si indirizzerà la politica libanese dopo il 7
    giugno. In particolare la Gran Bretagna sembra aver mutato atteggiamento
    rispetto a Hizb'Allah e l'esecutivo Brown ha cominciato a sondare il terreno
    inviando a Beirut una delegazione del Foreign Office (Ministero degli Esteri
    britannico) per comprendere quali siano i margini d'azione e di collaborazione
    possibile con gli uomini di Sayyed Hassan Nasrallah.

    Contatti giudicati positivi dalla stampa libanese e confermati dagli stessi
    dirigenti del Partito di Dio. In una nota diramata dal Ministero del Lavoro,
    diretto dallo sciita dr. Muhammad Fnesh (già ministro dell'energia nel primo
    gabinetto Siniora dall'estate 2005 all'autunno 2006) tra i più validi elementi
    dell'attuale governo d'unità nazionale, si sottolineava la disponibilità di
    Hizb'Allah a collaborare con le nazioni interessate seriamente al futuro del
    Libano e lo stesso ministro , parlando nei giorni scorsi alla stampa libanese,
    aveva dichiarato che l'apertura del suo partito a "contatti con qualunque
    Paese" era reale.

    Una svolta nelle relazioni diplomatiche per Dowing Street se si considera che
    soltanto otto mesi fa Londra aveva inserito l'ala militare del movimento sciita
    nella lista delle cosiddette "organizzazioni terroristiche" distinguendola però
    dal braccio politico.

    Parlando invece dalla televisione del movimento, "Al Manar", il Segretario
    Generale, Sayyed Hassan Nasrallah, ha nuovamente ribadito lo scorso 14 marzo
    che il suo partito "non riconoscerà mai Israele" rifiutando categoricamente di
    legittimare "uno stato criminale fondato sulla violenza ed il terrorismo contro
    i paesi arabi vicini" e "nemico della coabitazione pacifica" nella regione.
    Nasrallah ha anche sottolineato come Hizb'Allah al momento non può credere alle
    offerte di distensione e al riavvicinamento tentato finora dalla nuova
    amministrazione statunitense guidata da Barak Obama.

    Da quanto filtrato alla stampa libanese pare infatti che la nuova
    amministrazione Usa abbia interesse ad aprire un canale privilegiato con gli
    uomini del Partito di Dio libanese ponendo - come ha confermato Nasrallah -
    condizioni definite "inaccettabili" per Hizb'Allah: il riconoscimento dello
    stato ebraico e la rinuncia alla "violenza" ovvero il disarmo della Resistenza.
    Il Dipartimento di Stato americano ha replicato giudicando "prematuro" parlare
    di contatti e si è dichiarato pronto a valutare quali saranno le reazioni e i
    risultati della missione britannica. Fonti diplomatiche , citate dal quotidiano
    israeliano "Haaretz" e per questo da utilizzare con molta prudenza, avrebbero
    comunque segnalato la volontà di Washington di seguire con attenzione gli
    sviluppi dell'iniziativa inglese.

    Nasrallah dal canto suo ha sostenuto che anche Hizb'Allah ha le proprie
    condizioni una, tra queste, che il suo movimento mai riconoscerà l'esistenza
    dello stato ebraico e sostenendo che non esiste alcuna novità rispetto alla
    posizione della precedente amministrazione Bush. Contatti, smentite, voci di
    corridoio che confermerebbero comunque un certo interesse e una rinnovata
    attività della diplomazia internazionale nei confronti della politica libanese
    al centro della quale si potrebbe posizionare , da una condizione di forza tale
    da risultare decisiva per i prossimi anni, il movimento sciita che - a
    tutt'oggi - rimane nella "lista nera" delle organizzazioni "sponsor" del
    cosiddetto Terrorismo Internazionale in Canada, Stati Uniti, Australia e Olanda
    oltre naturalmente alla vicina entità sionista alias "stato d'Israele".

    Al centro della scena politica libanese, prossimo ad una vittoria elettorale
    che rimetterebbe in discussione completamente i rapporti di forza regionali,
    Hizb'Allah si prepara ad una difficile campagna elettorale che, assieme ai suoi
    alleati, dovrà cercare di capitalizzare ogni singolo voto per imprimere quella
    svolta necessaria al Libano per uscire da una situazione di paralisi politica e
    da una crisi economica che ne hanno paralizzato la vita del paese negli ultimi
    tre anni. Una nuova sfida per gli uomini di Nasrallah pronti , come sempre, ad
    una nuova vittoria.



    Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"
    da Haret Hreik (Beirut sud) - Libano

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    Predefinito Riferimento: Scritti di Dagoberto Bellucci

    Il frankismo
    di Dagoberto Husayn Bellucci - 13/03/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]



    Nato nel cuore dell'ebraismo orientale, tra le comunità askhenazite (da Askhenza = in ebraico Germania) della Polonia del XVIIImo secolo, il movimento frankista ha rappresentato come pochi altri movimenti "eretici" - pure comparsi fin dai primi secoli dell'era volgare anche in seno alla Cristianità - la quintessenza demoniaca di una ascesi contro-tradizionale che provocò non poche reazioni anche all'interno del mondo ebraico.


    Dai tratti assolutamente satanici, il movimento creato da Jacob Frank si diffuse notevolmente in ampi strati della comunità ebraica diffondendosi a macchia d'olio - seppur in modo occulto per le numerose scomuniche e anatemi che colpirono la setta - ed estendendosi all'interno dei movimenti della diaspora ebraica al di fuori dell'Europa Orientale.

    Le tracce del frankismo sono da ricercarsi da un lato nel particolarismo ebraico dell'Europa Orientale, del quale vedremo sinteticamente i tratti salienti, dall'altro all'interno della vicenda collegata all'ondata messianica diffusasi tra tutti gli ebrei del Mediterraneo con la comparsa sulla scena religiosa giudaica del cabbalista Sabbatai Levi la cui vicenda si snoda tra Europa Orientale, Asia Minore e Turchia ma è da ricondurre, in ultima analisi, alla stessa Polonia dove gli ebrei rappresentavano, con circa 700mila unità, circa il 10% della popolazione locale.

    Fu infatti attorno alla metà del XVIImo secolo che tra gli ebrei orientali si sparse la voce che il giorno della salvezza era vicino, che il Messia atteso sarebbe presto comparso. In quel periodo gli ebrei polacchi avevano conosciuto una serie di pogrom a seguito della sollevazione dei cosacchi del 1648 che dal basso corso del Dnepr invasero l'Ucraina passando a nord verso i territori governati dai principi polacchi. Umiliati, spesso vittime della reazione popolare, colpiti a morte dall'odio con il quale le truppe cosacche e russe si riversarono contro di loro; gli ebrei orientali - di quelle regioni che, ad Est della Germania, si estendevano a vista d'occhio e dove prosperavano fin dai secoli precedenti numerose forme eretiche di spiritualità mista a magia tipiche del cabbalismo - non trovarono di meglio che alimentare l'attesa messianica del ritorno di un Salvatore.

    "Gli ebrei sopravvissuti ai pogrom dovettero fare i conti con i traumi che avevano riportato e prendere atto della realtà: mentre una parte dei polacchi li aveva difesi e aveva combattuto al loro fianco, la frangia più oltranzista aveva preso le distanze da loro e li aveva sacrificati. - scrive Heiko Haumann (1) - (...) Tuttavia, almeno apparentemente, la vita ebraica si riorganizzò anche perchè - e il fenomeno non può che stupirci - numerosi nobili, anzi persino esponenti del clero, affidarono nuovamente i propri soldi agli ebrei dopo che, nell'infuriare delle rivolte, le banche erano state letteralmente spazzate via. Temporaneamente la funzione di credito passò al Kahal e così l'antico ruolo di intermediari , che per tradizione fu proprio degli israeliti polacchi, si mantenne vivo anche sotto mutate spoglie."

    In questo contesto storico e in questa realtà (2) si diffuse sia il chassidismo che lo studio della cabbala (in ebraico la Tradizione) come risposta ai problemi sociali e alle difficili condizioni storiche che viveva il popolo ebraico.

    "La qabbalah (...) era viva nell'ebraismo diasporico da lungo tempo e non può essere sbrigativamente liquidata come una semplice corrente mistica (il che accade invece molto spesso). Benchè legata alla religione e alle sue norme, si connota in sostanza per una forte tendenza filosofica e nel contempo evidenzia stretti legami con il pensiero razionalistico, seppure abbinato a influenze misticheggianti. La cabbala ricevette una prima sistematizzazione nel Medioevo, soprattutto ad opera del chassidismo - o hasidismo - tedesco. Il chassid, il "pio", era chiamato a continuare i valori e gli ideali religiosi del popolo; e infatti la filosofia fu sempre parte integrante della cultura popolare ebraica. Il fulcro delle dottrine che si svilupparono in particolare tra il 1150 e il 1250 - il più famoso teorico fu Yehuda il Chassid (morto nel 1217) - era il mistero della creazione, ma altrettanto controversa, tra i chassidim, fu la questione inerente alla fine del mondo; anzi ci si chiedeva se fosse possibile prevederla sulla scorta dei dati contenuti nella Bibbia." (3)

    Terreno fertile per ogni sorta di messianismo l'Europa dell'Est aveva conosciuto negli stessi anni numerose correnti riconducibili al chassidismo e al cabbalismo e sorsero, come si vedrà, proprio da questi ambienti notevoli personalità rabbiniche che ispirarono anche movimenti di massa di notevoli proporzioni, leggende e miti che influenzarono per i secoli successivi l'animo popolare ebraico. E' da questo vero e proprio pandemonio di posizioni filosofiche, eresie religiose, vaneggiamenti misticheggianti e illusioni utopiche create dalla casta rabbinica per mantenere un più stretto controllo sul popolo allora preda delle ondata repressive e di un malcontento ed una sfiducia croniche che si diffonderanno per esempio la leggenda del Golem di Praga (della cui creazione si dice responsabile il rabbino Elijahu da Chelm noto come Baal Shem) o la diffusione di un libro, il Sefer ha Zohar (Libro dello Splendore), che raccoglierà la teoria cabbalistica di Moshè da Leon divenendo in breve tempo un testo canonico dell'ebraismo orientale posto sullo stesso livello della Bibbia e del Talmud.

    In quest'attesa messianica e sospinti dall'intemperie culturali del tempo anche gli ebrei orientali dunque rielaborarono una loro concezione di vita e nutrirono le speranze di veder comparire l'atteso messia nella figura di Sabbatai Zevi.

    Nato a Smirne nel 1626 Sabbatai Zevi si autoproclamò messia degli ebrei attirandosi la scomunica della comunità locale. Vittima di una psicosi maniaco-depressiva il "messia" Zevi cominciò a vagabondare allora per le regioni dell'Asia Minore, nel 1664 sposò una donna polacca e un anno più tardi incontrò il ventenne cabbalista Nathan di Gaza il quale lo riconoscerà come il Redentore atteso dal popolo d'"Israele" e investendolo della legittimità di nuovo profeta in terra.
    Sabbatai Zevi, forte di questa legittimazione, nominò una dozzina di seguaci quali suoi apostoli e ritornò a Smirne fissando, come data della redenzione escatologica per il popolo "eletto", il 18 giugno del 1666. Designatosi re d'Israele occupò con i suoi fanatici sostenitori la sinagoga cittadina quindi , l'anno prescelto per il Grande Avvento, raggiunse Costantinopoli dove sarà arrestato dalle autorità ottomane che vedevano tutt'altro che favorevolmente la crescente popolarità che il "messia" stava guadagnandosi tra le turbe ebraiche.

    Arrestato e sottoposto al diktat del Califfo al povero Sabbatai Zevi non rimase che scegliere tra due alternative: convertirsi all'Islam oppure andare incontro alla pena capitale commissionata dalle autorità ottomane mediante impiccagione. Il falso messia , suscitando un'immediata ondata di accuse e numerose polemiche, optò per la conversione alla religione islamica seguito dalla maggioranza dei suoi adepti (tra i quali si contavano anche influenti rabbini tra i quali i due capi delle comunità ebraiche di Modena e Reggio Emilia). Sabbatai Zevi nel 1672 verrà nuovamente denunciato dalle autorità ottomane di continuare a praticare la religione ebraica e di intemperanze sessuali. Arrestato nuovamente terminerà i suoi giorni nel 1676 in esilio nelle terre d'Albania.

    La predicazione sabbatea sconvolse il mondo ebraico sia a Occidente (tra le comunità sefardite) che a Oriente dell'Europa. Fu soprattutto in Polonia che la dottrina sabbatea si diffuse con maggior rapidità e ottenne il maggior numero di adepti. La nuova "strada" indicata da Zevi si confaceva alle attese degli ebrei orientali in particolare alla loro condizione storico-sociale ed era maggiormente elastica rispetto al Giudaismo ortodosso incapace - a loro dire - di rispondere in modo esauriente ai dubbi e alle domande dell'epoca. Nella dottrina sabbatea sono contenuti già in embrione i germi di quello che sarà poi l'esperimento frankista: a speranze misticheggianti si combinano , con la giustificazione che solo una condotta peccaminosa potrà redimere il popolo ebraico, elementi materialistici e aperture verso il pensiero illuminista. A ciò si deve aggiungere come per sua stessa natura il Sabbateismo si poneva in netto contrasto con l'oligarchia rabbinica tradizionale e in opposizione alla casta rabbinica che dominava il Kahal (= in ebraico Potere , centro direttivo delle comunità ebraiche dell'Europa Orientale suddivise in Kehillah = comunità locali).

    Ed è sulla scia di questo movimento messianico che, con alterne fortune, attraverserà tutti i secoli successivi sopravvivendo alle intemperie che colpirono l'Impero Ottomano (i Dummeh = comunità cripto-ebraica erede dell'esperienza sabbatea; sarebbero organizzatissimi anche nell'odierna Turchia e, secondo innumerevoli testimonianze, si deve al loro lavorio interno alla società ottomana di fine ottocento la creazione dell'organizzazione nazionalista paramilitare dei Giovani Turchi che nel 1911 prenderà il potere a Costantinopoli e, un decennio più tardi, con Kemal Ataturk - probabilmente anch'esso cripto-ebreo comunque giudaizzante - instaurerà una repubblica laica abolendo il Califfato e relegando la religione islamica all'esterno delle Istituzioni da allora saldamente in mano ai militari), alcuni decenni più tardi - nella Polonia sconvolta da sommovimenti ereticali ebraici sorse il Frankismo.

    "Lo Hassidismo e il Frankismo, - scrive Arthur Mandel - i due movimenti che sconvolsero profondamente gli Ebrei d'Europa durante il XVIII secolo e oltre, appartengono alla lunga catena di sette eretiche che risale ai primi Cristiani e agli Gnostici. I fondatori di entrambi i movimenti provenivano da quel remoto angolo dell'Europa Orientale e dalla limitrofa Ucraina che videro le ultime manifestazioni del Manicheismo gnostico e dei Bogomili." (4)

    Jacob Frank (1726-1791) fu sicuramente una delle personalità più controverse della storia ebraica, figura demoniaca e elemento sovversivo fu in contatto, in età giovanile, con i khlysti e da questi apprese la ritualità orgiastica che contrassegnava questo movimento eretico. I khlysti proclamavano una sorta di "religione dell'amore" ma avevano un atteggiamento negativo rispetto alla vita: si astenevano da carne e bevande alcooliche, osservavano lunghi periodi di digiuno infliggendosi punizioni corporali per espiare i peccati (dal russo Khlyst = frusta prenderanno il loro nome) . Alla guida della comunità si poneva un "saggio" chiamato Balshem.

    E' certo che Jacob Frank venne influenzato da questo movimento e ne seguì inizialmente le orme in una Polonia profondamente scossa da dispute intestine e dove , soprattutto in seno al misticismo e al cabalismo ebraico, il limite tra lecito e illecito, tra sacro e profano, tra ciò che per gli ebrei ortodossi era Tradizione e ciò che diverrà aperta manifestazione sovversiva era labile. Frank saprà sfruttare abilmente queste contraddizioni proprie dell'ebraismo orientale e si inserirà nella metà del XVIIImo secolo con il suo movimento all'interno della generale caotica situazione nella quale vivevano gli ebrei polacchi come un'autentico Genio del Male, sovvertitore di ogni legge e devastatore di ogni ordine.

    La situazione degli ebrei polacchi nella prima metà del settecento era desolante. Come li descrive Heinrich Heine un secolo più tardi in maniera esaustiva: "L'aspetto esteriore dell'ebreo polacco è spaventevole (...). Il disgusto, tuttavia, venne presto soffocato dalla compassione che mi prese dopo avere osservato più da vicino la condizione di questi individui e visto le tane, simili a porcili, in cui vivono; parlano il loro yiddish, pregano, trafficano e (...) rimangono dei miserabili. La loro lingua è un tedesco infarcito di ebraico e di polacco (...); evidentemente non son progrediti di pari passo con la cultura europea e il loro mondo spirituale si è impaludato divenendo una congerie di superstizioni sgradevoli nelle quali sono state spremute le mille forme curiose della cavillosità scolastica. Nondimeno, malgrado il barbarico berretto di pelo che gli copre la testa e malgrado le idee ancor più barbare che gliela riempiono...(...) L'ebreo polacco con la sua pelliccia sudicia, il puzzo d'aglio e il suo improbabile yiddish, mi è tuttora più caro di altri (ebrei ndr) con la loro prosopopea da azionisti dello Stato." (5)

    Immagine desolante, lurida, deprimente quella che dunque traspare della vita sociale delle comunità ebraiche polacche. Una non vita confinata nei ghetti e nel commercio, tra bettole sudicie e topaie adibite ad abitazioni, tra scambi monetari e traffici più o meno leciti questa era la società ebraica nella quale prenderà piede il movimento frankista. Una società ai margini di quella cristiana, segregata al suo tradizionale ruolo di intermediazione monetaria, agli scambi, all'usura, al commercio al minuto di cereali e granaglie.

    "L'abbiamo incontrata - scriverà Nathan Birnbaum (6) - e ci è parsa un grande blocco di cultura ebraica - forse il più grande che si sia mai formato - pieno di fremiti interiori, ricco di passato, radicato nel presente e , insieme, proiettato nel futuro."

    Un mondo a sè stante, escluso ed autoesclusosi dai processi e dall'evoluzione storica che nello stesso periodo stava interessando le società cristiane, ghettizzato e fossilizzatosi su ritualità e adesione alle regole del Talmud-Torah oppure alla disperata ricerca di nuove spinte ideali attraverso il ricorso alla magia, alla cabbala, alle eresie.

    In questa realtà controversa nascerà appunto il frankismo ed il suo fondatore Jacob Frank. Emigrato giovanissimo a Salonicco alla ricerca dei seguaci di Sabbatai Zevi Jacob detto il Frank (così infatti "frank" venivano designati dagli ebrei ottomani i loro correligionari provenienti dalla Polonia) - più tardi rientrato in Polonia solo Jacob Frank -
    arrivò a Salonicco nel 1753 , raggiunse la sinagoga locale e si autoproclamò "la reincarnazione" del vecchio "maestro" Sabbatai Zevi sostenendo che questi non aveva potuto portare a termine la sua missione perchè "non aveva assaporato la dolcezza del potere". Fu a Smirne , successivamente, che dinanzi al suo mentore, Rabbi Issakhar, Frank ribadì la necessità di raggiungere il potere. Sarà il suo obiettivo e la promessa che farà a sè stesso: diventare il capo di una comunità forte.

    Visionario, paranoico, esaltato, Jacob Frank incominciò ad avere incubi ricorrenti che trasfigurò in "rivelazioni". La prima di queste avverrà la notte del 20 novembre 1754 così descritta: "Ruah Hakodesh (in ebraico lo Spirito Santo) discese su di me ed io ascoltai una voce che chiamava: "Va e portami il saggio Giacobbe e non appena entrerà nella prima stanza , tutte le porte siano aperte!" Due fanciulle , le più belle che ci fossero, mi presero sottobraccio e mi fecero volare attraverso lo spazio verso le stanze. In alcune c'erano donne e fanciulle, in altre maestri e scolari, e mi bastava solo sentire una parola per capire tutto. Nell'ultima stanza c'era il Primo (Sabbatai Zevi) in mezzo ai suoi discepoli con addosso abiti franchi. Egli mi disse: "Sei il saggio Giacobbe? Ho sentito parlare di te , del tuo coraggio e della tua forza d'animo. Io ho compiuto la mia parte fin quì, ma sono troppo debole per continuare. Se ci tieni, accingiti all'impresa e possa Dio assisterti. Pochissimi hanno provato e sono crollati sotto il peso!". Attraverso la finestra indicò un nero abisso che assomigliava al Mar Nero e , oltre, una montagna che arrivava al cielo. Ed io esclamai: "Bene andrò dunque! Che Dio mi aiuti!". E fu da quel giorno che Jacob Frank prese a proclamarsi Messia e Santo dei Santi ; oltrepassò i Dardanelli, fu in Bulgaria e infine nel dicembre 1755 rientrò in Polonia per la sua missione.

    "Frank è stato definito un falso Messia alla Sabbatai Zevi e il Frankismo uno pseudo-messianismo. Definirlo messianismo volgare sarebbe più appropriato. Nello Hassidismo l'idea messianica è relegata in secondo piano dal desiderio mistico della salvezza individuale (...) ...il frankismo (...) indirizzava l'idea messianica su un'altra strada e con Frank una nuova specie di messia compariva sulla scena. Non più discorsi di un ritorno in Palestina, non una parola sulla ricostruzione del Tempio di Gerusalemme, ma piuttosto una religione materialista. Secondo le parole di Frank: "Non al saggio e al dotto è stato concesso , ma a me, una persona ignorante; poichè il saggio alza lo sguardo al cielo dove non c'é nulla da vedere, mentre io guardo sulla terra e vedo quel che Dio vi compie."

    A differenza dello Hassidismo, che non trasgredì mai il quadro legale del Giudaismo Ortodosso la nuova "religione" frankista intese trasgredire tutte le regole proclamando solennemente la fine della Legge, l'abbandono delle vecchie usanze, dei vecchi costumi, la degradazione come prioritaria per raggiungere un'ascesi di potere, gloria e benefici materiali. Si entrava nell'ordine di quello che sarebbe stato un movimento satanista puro e semplice ammantato di ritualità ebraica presto soppressa.

    Frank proclamava una filosofia terrificante per il Giudaismo: l'abolizione delle leggi sostenendo che non solo gli ebrei ma l'intera umanità potevano raggiungere la salvezza seguendo la sua ascesi contro-tradizionale. Ogni istituzione sociale, politica e religiosa doveva essere abbattuta ed intesa semplicemente come un ostacolo da superare se si voleva la salvezza. Il lavoro di distruzione nella filosofia frankista doveva essere compiuto in maniera radicale come una discesa dell'individuo nelle più infime profondità dell'abominazione. Vecchie idee gnostiche e manichee unite a spinte sovversive e rivoluzionarie ebraiche trovavano nell'ideologia frankista il loro humus e che vennero elaborate e trascritte nei tre libri principali - da allora il credo di ogni frankista - che sono "Il Libro delle Parole del Signore" (Ksiega slòw panskich) , "Il Libro dei Sogni del Signore (Ksiega snòw pansicki) e "La cronaca del Signore" (Kronika Panska) (*).

    "Io non sono venuto ad innalzare - proclamerà il furioso messia militante - sono venuto a distruggere e a degradare tutte le cose finchè esse non siano scese così in basso che più in basso non potrebbero scendere. La strada per l'abisso è terrificante e spaventosa. Anche nostro padre Jacob aveva paura di ciò e non osava salire la strada celeste. Essa consiste di due parti convergenti che si incontrano alle estremità , una parte conduce verso il basso, l'altra verso l'alto, e non vi è ascensione se prima non si è scesi. Così il mondo doveva essere in attesa di un altro Jacob." sostenendo che "la via conduce giù nell'abisso ed ognuno deve avere un cuore da leone e non avere paura , poichè io proseguirò la marcia. E così sono stato davanti a voi, ignorante e rozzo. Io sono stato scelto perchè sono le tenebre dalle quali scaturisce la luce! E' stato detto: "Una stella uscì da Giacobbe". Questa stella è esistita fin dai primordi e da allora è caduta sempre più in basso. Tutte le cose spregevoli ed odiose sono in suo potere ed essa è la porta attraverso la quale io vi guiderò" (7)

    La contro-ascesi satanica di Jacob Frank consisteva in una serie di riti 'rovesciati' dove canti e danze estatiche si accompagnavo da un battere incessante di mani, simili a quelli delle danze hassidiche, ma con la partecipazione delle donne della comunità e con un rituale orgiastico alla fine che ricordava la copula 'mistica' di alcune comunità eretiche dei primi secoli del Cristianesimo. La funzione religiosa della setta frankista cominciava con Frank inginocchiato che fissava due candele accese su una panca di legno e proseguiva con un rito dove un chiodo infisso nel mezzo puntava una croce in tutte le direzioni.

    "I Kjlysti avevano riti analoghi con danze simili a quelle dei Dervisci, con lo spegnimento rituale delle luci e "il peccato comune" o "l'amore di Cristo", così chiamato perchè si supponeva che lo Spirito Santo congiungesse le coppie. La nudità rituale che simboleggiava l'innocenza di Adamo prima della caduta era praticata pure dalle "Sorelle e Fratelli del Libero Spirito". La loro messa era celebrata da un sacerdote nudo e accompagnato con molti canti ed espressioni di gioia da una congregazione parimenti nuda. Ogni tipo di rapporto sessuale anche l'incesto, era loro permesso, poichè , alludendo al detto di S. Paolo: "Per il puro ogni cosa è pura" , non pensavano di peccare qualsiasi cosa facessero, proprio, come gli tsaddik, che spesso parlavano come se fossero stati discepoli di Mastro Eckart. Un importante appuntamento settimanale del rituale frankista era il ricevimento del venerdì sera della "Regina Sabbath" in cui gli uomini , cantando la preghiera "Lekhu doidi likrass kallo!" ( ebraico per "Vieni, mio amato, incontro alla sposa") , danzavano attorno ad una giovane donna a petto nudo che era coronata dei sacri paramenti della sinagoga e poi si lanciavano su di lei." (8)

    Autoritarismo, schema gerarchico, organizzazione piramidale con la figura del Messia al centro saranno assieme ai riti orgistici il cuore e la forza motrice dell'organizzazione creata da Frank il quale domanderà al re di Polonia l'assegnazione di un territorio in Galizia orientale dove stabilirsi con i suoi seguaci e fondare una sorta di stato-vassallo di cui ovviamente lui sarebbe stato il solo capo indiscusso. Come scriverà Mandel si trattava di un sionismo senza Sion, come quello che prenderà il nome di Territorialismo all'inizio del Novecento. E se da un lato i frankisti avevano le loro ragioni di odiare i rabbini ortodossi dall'altro lato essi invocarono nella Polonia cristiana l'aiuto delle autorità ecclesiastiche dichiarandosi "anti-talmudisti" e ricevendoni notevoli favori.

    Le scomuniche della comunità ebraica vennero vanificate dall'intervento di autorevoli prelati come il vescovo Dembowski di Kamenets-Podolsk, noto persecutore di ebrei, che ordinerà il rilascio di alcuni frankisti e l'apertura di una sorta di ordalia (una disputa teologica) tra loro e i rabbini della comunità.

    L'organizzazione della comunità frankista fu, com'era ovvio visto le premesse, strutturata attorno ad un rigido militarismo soprattutto dopo che venne acquistato il castello del duca di Isemburg e decise nel 1788 di risiedere stabilmente nella fortezza-feudo tedesca Offenbach nei pressi di Francoforte sul Meno. Frank istitui' veri e propri accampamenti militari clandestini altamente disciplinati con diversi ranghi e gradi sia per gli uomini che per le donne, con addestramento al combattimento e regolari manovre. Decenni più tardi gli adepti di Frank continuarono, nei ranghi degli ussari, degli ulani o dei cosacchi, a vestire le loro uniformi rosso fuoco con le quali accompagnarono il feretro del loro 'messia' alla tomba.

    Infine, ed è questo il successivo passaggio 'teologico' che caratterizzerà la dottrina della setta, Jacob Frank eleverà al rango di "Signora delle Signore" la propria figlia, Eva. Trasfigurando il significato cattolico della Madonna Nera di Czenstokhova Jacob Frank pose - una volta passati al cattolicesimo per opportunismo - al lato del culto alla Vergine Maria il culto verso la di lui figlia Eva alla quale venivano delegati speciali poteri per la salvezza delle anime.

    Incarnazione del male, autocrate autoritario e dissoluto, visionario messianico Jacob Frank rappresenterà per l'ebraismo orientale una specie di meteora al cui passaggio tremeranno le più solide certezze teologiche e le istituzioni tradizionali. Il movimento frankista , alla morte del suo fondatore, perderà molta della sua influenza e tanti dei suoi seguaci cominceranno a emigrare. Ne ritroveremo comunque attivi diversi sia nelle fasi salienti della Rivoluzione Francese sia sotto l'impero asburgico e infine negli Stati Uniti d'America dove sarà frankista il giudice della corte suprema statunitense e fervente sionista Louis Brandeis (che manteneva un ritratto di Eva Frank nel suo ufficio venerandone l'immagine quasi come un'icona). Un altro membro del Tribunale Supremo statunitense, Benjamin N. Cardozo, aveva avuto tra i propri antenati eminenti sostenitori di Sabbatai Zevi. La catena 'contro-iniziatica' sabbatea-frankista continua ancora oggi, come sempre occultamente, a tessere le fila di un movimento "magico-sovversivo" dai tratti satanici e rivoluzionari agitando , dietro le quinte, il palcoscenico della politica mondiale.



    Note -
    1) Heiko Haumann - "Storia degli Ebrei dell'Est" - ediz. "SugarCo" , Milano 1990;

    2) si consulti per maggiori informazioni Gershom Scholem - "Le grandi correnti della mistica ebraica" - ediz. "Il Saggiatore", Milano 1965;

    3) Heiko Haumann - op. cit. ;

    4) Arthur Mandel - "Il Messia militante ovvero la fuga dal Ghetto - La storia di Jacob Frank e del Movimento frankista" - ediz. Archè - Milano 1984;

    5) Heinrich Heine - "Uber Polen" in Werke 2 voll. - a cura di Wolgang Preisendaz - Francoforte 1968;

    6) Nathan Birnbaum - "Was sind Ostjuden? Zur ersten information" - Vienna 1916;

    * - soltanto del primo libro è stata conservata una copia manoscritta nella biblioteca dell'Università di Cracovia mentre degli altri due si conoscono soltanto alcuni frammenti attraverso citazioni. Secondo alcuni esisteva anche un quarto libro "Le profezie del Profeta Isaia Membro del Santo Sinedrio così come rivelate dal Grande Shaddai, Signore della Magia Bianca" simbolicamente scritto con inchiostri rossi o verdi in polacco e del quale comunque si sono perse le tracce.

    7) Arthur Mandel - op. cit. ;

    8) Arthur Mandel - op. cit. ;

  7. #7
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    Predefinito Riferimento: Scritti di Dagoberto Bellucci

    Il trattato del ribelle
    di Dagoberto Husayn Bellucci - 22/03/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




    "Il Ribelle non è un soldato. Non conosce le forme della vita militare nè la sua disciplina. La sua vita è contemporaneamente più libera e più dura della vita militare. I Ribelli vengono reclutati tra quanti sono decisi a lottare per la libertà anche in condizioni disperate." (E. Junger - "Trattato del Ribelle")

    "Ma che sarà, che cosa t'offrirà
    quest'altra storia, quest'altra novità
    l'unico rischio è che sia tutto finto
    e che sia tutta pubblicità!...


    Ma che ne sai, se non ci provi mai
    che rischi corri se non vuoi volare
    coi piedi a terra, legato alla ragione
    ti passa presto, la voglia di sognare!

    Ma è quello che vogliono da te
    già appena nati ci hanno abituati
    a non pensare, ma a darcene l'illusione
    e sempre con la scusa della ragione!...

    E anche se fosse solo finzione
    solo il pretesto per fare una canzone!
    vale la pena almeno di tentare
    se è un'occasione per poter volare
    allora non la sprecare, prova a volare!...

    Attenzione-attenzione! Comunicato ufficiale!
    parla l'organo del partito, non lasciatevi suggestionare!
    Quella voce che vi invita a volare
    è di un maniaco sabotatore!...
    Spegnete la radio adesso
    giradischi e registratori, presto!... presto!...

    Ma la radio va e non si fermerà
    ti prenderà per mano ti insegnerà a volare
    visti dall'alto i draghi del potere
    ti accorgi che son draghi di cartone!...

    E anche se fosse solo finzione...

    Attenzione-attenzione! A tutte le persone serie!
    consapevoli, equilibrate, non lasciatevi suggestionare!
    abbiamo ben altri progetti per voi
    uomini del 2000, saggi e civili
    perciò prestate attenzione
    solo alla voce della ragione!...

    Ma la radio va e non si fermerà ti prenderà per mano, ti insegnerà a volare, visti dall'alto i draghi del potere ti accorgi che son draghi di cartone!...

    Ma non lo vedi sono di cartone
    se resti a terra che vuoi capire
    con la scusa di schiarirtele
    ti confonderanno sempre più le idee
    ti manderanno allo sbaraglio in questa
    farsa, nel ruolo di comparsa!...

    Ma basta che voli in alto
    ma basta che ti alzi un poco
    e forse scopri che quello che ti faceva
    paura era soltanto un gioco!
    e adesso, hai l'occasione per poter
    volare, allora, non la sprecare, prova a volare!...

    Prova ma che ne sai
    se non ci provi mai non puoi
    sapere se vale o no la pena
    di tentare, è un'occasione
    per volare, per volare!...

    Adesso basta! Fatelo stare zitto!
    Abbiamo troppo sopportato!
    Abbiamo troppo tollerato!
    E' un provocatore! Fatelo tacere!
    ....Fatelo tacere!...."


    (Edoardo Bennato - "Ma che sarà" - album "Sono solo canzonette" 1980)





    "Chi va dicendo in giro
    che odio il mio lavoro
    non sa con quanto amore
    mi dedico al tritolo,
    è quasi indipendente
    ancora poche ore
    poi gli darò la voce
    il detonatore.

    Il mio Pinocchio fragile
    parente artigianale
    di ordigni costruiti
    su scala industriale
    di me non farà mai
    un cavaliere del lavoro,
    io sono d'un'altra razza,
    son bombarolo.

    Nello scendere le scale
    ci metto più attenzione,
    sarebbe imperdonabile
    giustiziarmi sul portone
    proprio nel giorno in cui
    la decisione è mia
    sulla condanna a morte
    o l'amnistia.

    Per strada tante facce
    non hanno un bel colore,
    qui chi non terrorizza
    si ammala di terrore,
    c'è chi aspetta la pioggia
    per non piangere da solo,
    io sono d'un altro avviso,
    son bombarolo.

    Intellettuali d'oggi
    idioti di domani
    ridatemi il cervello
    che basta alle mie mani,
    profeti molto acrobati
    della rivoluzione
    oggi farò da me
    senza lezione.

    Vi scoverò i nemici
    per voi così distanti
    e dopo averli uccisi
    sarò fra i latitanti
    ma finché li cerco io
    i latitanti sono loro,
    ho scelto un'altra scuola,
    son bombarolo."



    ( Fabrizio De Andrè - "Il Bombarolo" - album "Storia di un impiegato" 1973) Testo fondamentale di una stagione , quella dell'immediato primo dopoguerra mondiale, il "Trattato del Ribelle" di Junger ha il dono di restituirci un'immagine, che è anche uno stilema di battaglia, del combattente per la libertà, di chi - nel bailamme generale della situazione presente - voglia lottare contro il sistema senza cedere di un millimetro alle lusinghe del potere qualunqu'esso sia e sotto qualsivoglia spoglie si celi. Un'opera essenziale ancor più di quanto non lo fosse quando venne scritta e di quando venne pubblicata (nel 1951) adatta ai tempi moderni. Il Ribelle di jungheriana memoria è l'uomo della società contemporanea che rivendica il diritto a determinare autonomamente la propria vita opponendosi al controllo capillare del Potere attraverso una presa di coscienza che lo porterà ad una scelta senza ritorno: passare al bosco, dissociandosi per sempre dalla società, e varcare il meridiano zero. E' dentro questi schemi che si sviluppa tutto il volume e prende vita la "ribellione" jungeriana al potere: Junger , appartenendo alla sua epoca, individua il momento significativo di questa presa di coscienza individuale nel rifiuto della scheda elettorale (mediante astensione) o nel voto contrario che dovrebbe innescare una specie di sabotaggio del meccanismo elettorale da sempre strumento di qualsiasi potere e, particolarmente, dei poteri totalitari. La domanda è opportuna: non è forse la democrazia moderna, come la conosciamo attualmente in Occidente, il regime totalitario per eccellenza? Non è forse proprio l'utopia democratica , con le sue regole, le sue norme, le sue leggi, a creare le condizioni per la più tangibile forma di controllo e asservimento di un popolo? Scritto in un'epoca dominata dai grandi sistemi totalitari , nel momento di massimo scontro tra i sistemi instaurati nell'Europa occidentale dal Fascismo e ad Est dal Comunismo, il Ribelle jungeriano mal si adatterebbe alla prevaricazione occulta che viene propinata quotidianamente - attraverso una variopinta gamma di mode e costumi, musiche e arti, modelli di riferimento e stereotipi culturali e sociali funzionali alla conservazione e al rafforzamento del Potere democratico - contro il singolo individuo nelle società democratiche moderne. Ecco perchè il "Trattato" risulta estremamente attuale e condivisibili ne sono le linee guida e le indicazioni per una prassi politica che voglia seriamente fuoriuscire dagli schemi; da tutti gli schemi. Occorre dirlo con chiarezza e senza nascondersi: nella società dell'omologazione consumista e dell'assimilazione, nell'insieme disorganico di soggetti deambulanti depauperizzati da decenni di rincoglionimento massmediatico e dal fallimento delle ideologie del Novecento, l'unico modello autenticamente rivoluzionario riproducibile e adeguato alla 'battaglia' senza schemi e senza regole rimane l'Anarca di jungeriana memoria. L'Anarca è il singolo braccato dal vuoto post-nichilista della società senza valori contemporanea. E' il ribelle che sceglie , quale atto volontario, di darsi alla macchia per non accettare compromessi con un potere troppo forte e troppo tecnicamente superiore per essere affrontato a viso aperto, nell'arena politica o elettorale. E' il gesto affatto disperato ma lucido, razionalmente e fanaticamente lucido, di colui che - da Uomo Libero - rifiuta le imposizioni e le regole di un sistema che avverte iniquo e ingiusto e i limiti imposti da un ordine sociale e politico che quotidianamente esige un controllo sempre maggiore delle attività individuali. Probabilmente Junger non avrebbe mai immaginato che all'inizio del terzo millennio il suo "Ribelle" potesse ancora rappresentare un modello di riferimento per quanti hanno ancora la forza, il coraggio e la consapevolezza di "dire no". Ma vediamo subito di chi stiamo trattando, chi è questo "ribelle" e quale dovrà essere il suo ruolo di sabotatore dell'ordine costituito, di disturbatore del potere, di nemico delle convenzioni e avversario irriducibile di qualunque compromesso. "Chiamiamo (...) Ribelle chi nel corso degli eventi si è trovato isolato, senza patria, per vedersi infine consegnato all'annientamento. Ma questo potrebbe essere il destino di molti, forse di tutti - perciò dobbiamo aggiungere qualcosa alla definizione: il Ribelle è deciso a opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell'intenzione di contrapporsi all'automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo. Considerandolo sotto questo aspetto, non avremo più dubbi circa il significato che il passaggio al bosco assume non soltanto nel pensiero ma anche nella realtà di questi nostri anni." Ecco il ribelle jungeriano, l'anarca, il dissolutore di ogni ordine e il nemico implacabile di qualunque potere costituito. E' un sovversivo, un sabotatore, un nemico di questa ipocrita quiete sociale che in realtà serve a mascherare, proteggere e definire ogni tipo di potere e identifica il Sistema quale moderno leviatano, forma ultima di qualsiasi totalitarismo (un totalitarismo rovesciato quello democratico dove viene lasciato all'individuo il diritto , anzi potremmo dire che è tutta una proclamazione più o meno solenne, in pompa magna, di 'diritti' alla più assoluta libertà....un dispotismo di segno 'rovesciato' dove alla coercizione e alla limitazione delle libertà si sono sostituite l'obnubilazione, l'omologazione, il controllo capillare di informazioni che rappresentano nè più nè meno l'essenza ultima delle moderne democrazie). La democrazia ha le sue regole e le sue leggi, i suoi meccanismi di dominio e i suoi strumenti di controllo: nessun individuo all'interno di un moderno sistema democratico potrebbe mai sfuggire a questa nuova forma di totalitarismo. Non serve alla democrazia imporre divieti nè estendere più di quanto non sia necessario stati d'emergenza tipici strumenti repressivi delle dittature e dei regimi assolutistici di ogni epoca e tempo: la democrazia ha i suoi strumenti di normalizzazione e ne fa un uso spregiudicato contro quella che viene poi scambiata tra la massa belante , le pecore matte della contemporaneità contorta e complessata, come un'esercizio di libertà e una prova di "tolleranza". I sistemi democratici contemporanei hanno esteso la loro sfera di influenza alla vita privata dell'individuo in modo talmente affabile, in maniera completamente soft, da far credere e instillare nelle menti all'ammasso degli individui - dai singoli ai gruppi più o meno politicamente organizzati - di vivere in oasi di libertà, di essere addirittura padroni della propria esistenza, di poter "osare l'inosabile" in quanto gli spazi di manovra consentiti si sono apparentemente moltiplicati ed i palcoscenici (a cominciare da quelli offerti dai mass media, strumenti demonicamente perfetti e realtà attive nell'esercizio di un controllo spregiudicato e multiforme, finendo alle opportunità di carriera, di successo, di popolarità offerte a mani basse all'utile idiota di turno) ove dar sfogo al libero esercizio della propria "trasgressione" hanno avuto un incremento pari alle mode demenziali dell'imbecillità di massa contemporanea. Diciamocelo pure: chi nella società rovesciata moderna non ha un suo 'spazio' di manovra e di espressione? Qual'é il limite attualmente tra il lecito e l'illecito se ci hanno mostrato che "trasgredire è bello" e va pure di moda? I rivoluzionari potenziali sulla scena si conterebbero 'tendenzialmente' a milioni. Ma, tra il dire e il fare, c'é l'illusione che questo pseudo-ribellismo non sia nient'altro che l'ennesimo prodotto del potere, che alimenti il gioco del potere, che ne sia addirittura un elemento costituente, una sorta di valvola di sfogo concessa docilmente , e in determinati momenti storici, alle pretese 'ribellistico-agitatorie' delle individualità disintegrate che compongono il quadro disorganico delle società moderne. E' una sensazione che, passati gli anni del "tutto e subito" di sessantottina memoria, l'epoca tragica e sanguinosa della stagione della strategia della tensione e del terrorismo, simili esperienze hanno prodotto gli effetti desiderati dal Potere: ridurre al minimo qualunque forma di autentica ribellione, qualsiasi progettualità rivoluzionaria, ogni tentativo , dal basso, di cambiare gli eventi. Tutto quanto avviene è unidimensionale: non è dettato dalle scelte dei singoli individui; è una concessione del potere che ingrassa e alimenta gli strumenti di controllo del potere stesso. Niente accade dunque per caso e niente al di fuori del controllo. Nulla sfugge all'occhio vigile del Grande Fratello di Orwelliana memoria, la riduzione dell'individuo a numero tra i numeri, massa nella massa, la dispersione dei valori e l'annullamento delle coscienza, l'assimilazione dei singoli nelle dinamiche socio-culturali e politiche della società ne sono la più evidente riprova. Il potere ingrassa sè stesso e si alimenta, triturando, masticando, digerendo e infine espellendo se necessario qualunque moda , qualsiasi costume, qualsivoglia ideale o volontà possa metterne in discussione l'esistenza. Ma se , come detto, ribellarsi è giusto come dovrà agire allora il Ribelle per non cadere vittima anch'esso di questo "grande gioco" degli specchi dove tutto sembra permesso purchè funzionale all'obiettivo di rafforzare e preservare il potere stesso? "Il Ribelle, dunque, deve possedere due qualità. - scrive Junger - Non si lascia imporre la legge da nessuna forma di potere superiore nè con i mezzi della propaganda nè con la forza. Il Ribelle inoltre è molto determinato a difendersi non soltanto usando tecniche e idee del suo tempo, ma anche mantenendo vivo il contatto con quei poteri che, superiori alle forze temporali, non si esauriscono mai in puro movimento. A queste condizioni, potrà affrontare il rischio del passaggio al bosco. (...) Nell'epoca del nichilismo, la nostra epoca, si è diffusa l'illusione ottica per cui il movimento sembra acquistare importanza a spese dell'immobilità. In realtà tutto il potere tecnico dispiegato oggi altro non è che un effimero bagliore dei tesori dell'essere. L'uomo che riesce a penetrare nelle segrete dell'essere, anche solo per un fuggevole istante , acquisterà sicurezza: l'ordine temporale non soltanto perderà il suo aspetto minaccioso , ma gli apparirà dotato di senso. Chiamiamo questa svolta passaggio al bosco e l'uomo che la compie Ribelle." Il passaggio al bosco non come forma di anarchismo - sebbene chi lo compia potrà sempre apparire a lorsignori del potere come un anarchico - ma come autentica ribellione all'ordine e alla quiete che uccidono le coscienze, distruggendo i sogni, rendendo vane le speranze e annichilendo la dignità umana. Come rileva lo stesso autore "la dottrina del bosco è antica quanto la storia dell'uomo, e forse persino più antica. (...) Il bosco è segreto. Heimlich , segreto, è una di quelle parole della lingua tedesca che racchiudono in sè anche il proprio contrario. Segreto è l'intimo, ben protetto focolare, baluardo di sicurezza. Ma nello stesso tempo è anche ciò che è clandestino, assai prossimo in quest'accezione all'Unheimliche, l'inquietante, il perturbante. (...) In questa luce il bosco è la grande casa della morte, la sede del pericolo di annientamento. Il compito della guida spirituale è di condurvi per mano il discepoli per liberarlo dalla paura. Il bosco lo fa morire e risorgere simbolicamente. A un passo dall'annientamento c'é il trionfo. Chi ha inteso questo , sa innalzarsi al di sopra della violenza temporale. L'uomo impara che questa violenza non ha alcun potere su di lui,m anzi è destinata unicamente a confermarlo nel suo valore supremo." Chi vive nella paura, chi vive nel timore non potrà mai essere realmente un uomo libero. Occorre andare dunque incontro alla morte metafisica e rischiare la morte fisica per risorgere a nuova gloria e comprendere pienamente le dinamiche che faranno del singolo un Ribelle colui che non avrà paura ad opporsi, a sfidare, a condurre fino al punto estremo (il punto di non ritorno rappresentato dal meridiano zero) la sua azione. "La grande solitudine dell'individuo è uno dei segni che contraddistingiono il nostro tempo. Egli è circondato , anzi assediato, dalla paura che lo stringe sempre più d'appresso". Occorre imparare a coabitare con la solitudine per dare battaglia. E' questa una regola principale di cui dovrà tener conto il Ribelle: abbattere la solitudine costruita dalla società per vivere , intimamente, nella solitudine individuale che alimenterà l'azione. Non esistono amici, non devono esistere legami familiari nè sentimentali di sorta per colui che deciderà di effettuare il passaggio nel bosco in piena consapevolezza. Il Ribelle deve sapere prim'ancora di agire quali sono i rischi che dovrà affrontare. E dovrà svestirsi di tutte le sue paure per effettuare il passaggio , sorta di vera e propria trasmutazione da uno stato di semi-libertà o pseudo-libertà ad una condizione di libertà assoluta, che non richiederà una fede assoluta, una morale, un'etica prestabilite ma l'assunzione , in sè e per sè, di valori autoimposti, liberamente accettati e condizionanti. "Il motto del Ribelle è : "Hic et nunc" - essondo il Ribelle uomo d'azione, azione libera e indipendente. (...) Al Ribelle non è permessa l'indifferenza, essendo essa il segno di un'epoca passata, al pari della neutralità dei piccoli Stati o della reclusione in fortezza per delitti politici. Il passaggio al bosco induce a decisioni più gravi. Compito del Ribelle è definire la misura di una libertà che sia valida per un'epoca futura a dispetto del Leviatano. (...) La resistenza del Ribelle è assoluta, non conosce neutralità nè remissione, nè reclusione in fortezza. Il Ribelle non si aspetta che il nemico accetti i suoi ragionamenti nè, tanto meno, che si comporti secondo le regole della cavalleria. Oltretutto sa che, per quanto lo riguarda, la pena di morte non verrà sospesa." La lotta dunque sarà impari e senza tregua ma sarà quella che il Ribelle , non il sistema, imporrà sul terreno di scontro avversario con le modalità che lui intenderà adottare e i mezzi, gli strumenti, le regole che lui deciderà di scegliere, cambiare, modificare. E' il Ribelle che decide quale tattica di combattimento, quale metodologia di sabotaggio, quale strategia militare potrà utilizzare per mettere a segno i suoi colpi. La prospettiva bellica è invertita: non è uno scontro tra forze regolari, non vi sono schemi prestabiliti, regole da seguire come tra due schieramenti in armi su un campo di battaglia. Il campo di battaglia è ovunque il ribelle decida di colpire, in qualunque momento, a qualunque ora, in qualsiasi condizione e con qualsivoglia strumento. E' il suo vantaggio , la sorpresa, e la sua forza. E il ribelle saprà come servirsene per assestare , al momento opportuno, i colpi più duri al nemico. Il passaggio al bosco ha straordinariamente agevolato il suo compito e moltiplicato la sua forza ed il ribelle, conscio di questo vantaggio, non si lascerà sfuggire l'occasione e saprà calibrare scegliendo i tempi, i modi, gli strumenti. "Per quel che riguarda il luogo, il bosco è dappertutto: in zone disabitate e nelle città, dove il Ribelle vive nascosto oppure si maschera dietro il paravento di una professione. Il bosco è nel deserto, il bosco è nella macchia. Il bosco è in patria e in ogni luogo dove il Ribelle possa praticare la resistenza. Ma il bosco è soprattutto nelle retrovie del nemico stesso. Il Ribelle non si lascia abbagliare dall'illusione ottica che vede in ogni aggressore un nemico della patria. Egli (...) conduce la sua guerriglia lungo i binari e le vie di rifornimento, minaccia ponti, cavi e depositi. Il Ribelle organizza la rete di informazioni, il sabotaggio, la diffusione delle notizie tra la popolazione. E si ritrae nelle zone impervie e nell'anonimato per riapparire non appena il nemico dia segni di cedimento. Egli diffonde una continua agitazione, provoca il panico notturno. (....) Il Ribelle non dispone di grandi mezzi di combattimento ma sa come mettere a segno un colpo audace per distruggere armi che valgono milioni: ne conosce le debolezze tattiche, i punti di minor resistenza, l'infiammabilità. Inoltre più liberamente della truppa , può scegliere il luogo dell'azione e stabilirsi dove valuta che un minimo di forze sia sufficiente a provocare guasti ingenti - ai valichi, lungo le arterie che traversano terreni accidentali, in posizioni molto distanti dalle basi." Questo è il Ribelle per autonomasia. Un sabotatore certo. Un nemico delle regole e un maestro del colpo improvviso, imprevisto. E' quest'immagine del Ribelle , dell'anarca, di Jungeriana memoria che occorre riconsiderare anche alla luce dei tempi e delle problematiche della società moderna , dei suoi sistemi di controllo sofisticati, del suo plebiscitario consenso di massa ottenuto attraverso le seduzioni e le fascinazioni di mode effimere e stereotipi validi per qualche mezza stagione. La 'partita' non è ancora chiusa per chi vorrà opporre una resistenza senza sosta. Senza fretta ma senza tregua perchè la politica sarà comunque e sempre l'arte dell'impossibile!

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    Predefinito Riferimento: Scritti di Dagoberto Bellucci

    Vertice Lega Araba: muore l'unità araba?
    di Dagoberto Husayn Bellucci - 01/04/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




    Il ventunesimo vertice dei capi di Stato della Lega Araba svoltosi il 30 e 31 marzo scorsi a Doha ha messo sostanzialmente in rilievo le divisioni e l'incapacità dei paesi arabi di trovare punti comuni sulle tante vertenze e crisi regionali in agenda presenti nell'area geopolitica e strategica del Vicino Oriente. In particolare a Doha sono naufragate definitivamente le speranze di trovare punti d'intesa su alcune delle questioni più urgenti che interessavano in particolar modo i paesi del Golfo: l'Arabia Saudita che si presentava con una bozza d'intesa per una riconciliazione regionale ha sostanzialmente visto respinte le sue proposte.

    Al vertice dell'organizzazione degli stati arabi , come già successo in altre occasioni, è mancata la volontà di mettere sul tappeto i veri problemi che rappresentano la principale incognita per il futuro dell'intero Vicino Oriente primo fra tutti la divisione storica esistente all'interno dei singoli Stati membri del sodalizio che - arrivato alla sua ventunesima assise internazionale - rappresenta oramai da tempo solamente gli interessi di alcuni governi arabi dominanti la scena in particolar modo quelli collegati direttamente a Riyad che fanno capo al Consiglio Supremo del Golfo ovvero i vari emirati arabi e le piccole petrolmonarchie determinanti l'economia regionale e insensibili dinanzi ai problemi posti anche all'ultimo vertice dai paesi più poveri o attraversati da profonde crisi locali.

    Sintomo di questo malessere anche la mancata partecipazione ai lavori d'apertura del presidente egiziano Hosni Mubarak che rappresenta lo stato arabo numericamente più importante e tradizionalmente il principale vettore della politica di cooperazione all'interno della Lega Araba. La presenza di Mubarak ai lavori dell'ultimo vertice e il suo discorso hanno peraltro confermato le divergenze tra Egitto e Qatar e ulteriormente appesantito il clima , già teso, della vigilia caratterizzato da numerose polemiche: dalla presenza del leader sudanese Bashir (contro il quale è stato emesso un mese e mezzo or sono un mandato d'arresto internazionale dal tribunale de L'Aja per i "crimini di guerra" commessi nel Darfur) al contenzioso iracheno (con il consiglio degli Ulema che al vertice di Doha ha accusato l'esecutivo di Baghdad di essere "parte del problema" dell'instabilità nel vicino Iraq che ha fatto registrare negli ultimi due mesi un escalation di attentati senza precedenti nel silenzio più assoluto dei mass media internazionali con almeno 252 nel solo mese di marzo); dal problema palestinese (tragicamente ritornato in primo piano dopo l'aggressione sionista alla striscia di Gaza) alle ennesime polemiche libano-siriane per finire con alcune voci di corridoio secondo le quali il presidente siriano Bashar el Assad sarebbe pronto ad incontrare il presidente americano Obama atteso intanto nella capitale saudita a giorni.

    Il vertice che si è chiuso a Doha in queste ore ha mostrato una volta di più l'inutilità di queste assisi inter-arabe, la frammentazione dei paesi membri della Lega Araba, la loro litigiosità che continua a paralizzare l'attività diplomatica di un'organismo che ha perso molte delle sue funzioni e prerogative a sessantaquattro anni dalla sua fondazione (avvenuta a Alessandria d'Egitto nel 1945).



    In questo contesto appaiono significative le nuove polemiche siro-libanesi che hanno caratterizzato l'intervento del premier di Beirut, Fouad Siniora, e che confermano la linea dura scelta dai rappresentanti del filo-occidentale "14 Marzo" , la maggioranza di governo sotto controllo a stelle e strisce del cosiddetto "fronte di Bristol" dal nome dell'hotel di Beirut dove venne sancito il patto d'azione tra la Corrente Futura di Sa'ad Hariri, la Falange di Amin Gemayel, le Forze Libanesi di Samir Geagea e il PNSP i social-progressisti del druso Waalid Jumblatt.

    Mentre da un lato il Presidente della Repubblica libanese, Gen. Michel Souleiman, si esprimeva ai rappresentanti dei paesi arabi sottolineando le "ottime relazioni con la Siria" e la ritrovata "normalità" nei rapporti tra i due vicini, Siniora lanciava nuovi attacchi in direzione del governo di Damasco e del suo leader Assad. Siniora ha affermato che molte questioni devono ancora trovare una soluzione prima di definire i rapporti tra i due Stati confinanti "ottimali". In un intervista rilasciata al quotidiano panarabo "Al Sharq al Awsat" il premier libanese ha sottolineato come vi siano problemi ancora aperti tra i quali la demarcazione delle frontiere comuni: "noi non vogliamo e non dobbiamo essere una spina nel fianco della Siria e vice versa" sostenendo però che "la Siria si deve abituare all'idea che il Libano è un paese indipendente" contestando nettamente quanto affermato ventiquattr'ore prima dal suo Presidente che aveva avuto un incontro definito "cordiale" con il suo collega siriano Bashar el Assad.

    Al contrario secondo il Capo dello Stato , che non ha commentato le dichiarazioni del premier libanese, le relazioni con Damasco attraversano un momento "positivo" di reciproca comprensione e fruttuosa collaborazione. Il Presidente ha anche sottolineato l'aiuto dato al Libano dai paesi arabi in questi ultimi mesi per ritrovare la via del dialogo e della riappacificazione nazionale ringraziando in particolare il Qatar , organizzatore del vertice, di aver contribuito al ritorno alla normalità dopo anni di tensioni.

    Souleiman a margine del vertice ha incontrato anche i suoi omologhi venezuelano , Hugo Chavez, brasiliano, Ignazio Lula da Silve e paraguayano , Fernando Lugo ospiti a Doha nel quadro del secondo summit internazionale tra i paesi della Lega Araba e quelli del Sud America. Secondo il Presidente libanese "questi incontri tra paesi arabi e sudamericani smentiscono perfettamente tutta la propaganda e gli slogans su "scontri tra civiltà e religioni" e provano che l'umanità intera , soprattutto in tempi di difficoltà economiche globali, si può ritrovare unita su basi di collaborazione e solidarietà per sconfiggere l'oppressione al di là delle differenze di religione, razza o colore. Si tratta del miglior esempio di un incontro tra la civiltà arabo-islamica e la gloriosa civiltà latino-americana , che si inscrive a pieno titolo nella tradizione e nella cultura cristiana, per migliorare le loro relazioni e coordinare un'azione comune" sottolineando l'importanza che riveste un paese come il Libano che "può posizionarsi , attraverso la sua particolarità multietnica e multiconfessionale, come stato arabo e per l'alta percentuale di emigrati libanesi nell'America Latina , come un trait d'union tra le due comunità."

    Il Presidente ha inoltre qualificato quest'incontro come "un'occasione importante per lottare uniti in favore dei valori e degli obiettivi comuni , cominciando dalla giustizia politica e sociale, la pace e la partecipazione all'elaborazione di risoluzioni internazionali equilibrate" nelle sedi opportune. "Il Libano - ha concluso il suo intervento il Gen. Souleiman - , la cui essenza è fondata sulla convivialità e l'intesa , ha annunciato in passato dalla tribuna dell'Onu il suo desiderio di essere consacrato come osservatore internazionale del dialogo tra le culture e le religioni" sottolineando che sarà possibile , lavorando nel campo della politica e della cultura, lavorare di comune accordo con i partner sudamericani contro l'occupazione israeliana dei territori arabi , per la causa palestinese e contro la minaccia permanente sionista contro il Libano ribadendo gli sforzi finora compiuti dal paese dei cedri per adempiere alla risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che sancì la tregua tra Hizb'Allah/Libano e israeliani nell'agosto 2006.



    A margine di un vertice grigio che non ha risolto alcuno dei molti problemi che attraversano la regione vicinorientale il secondo incontro tra stati arabi e sudamericani è risultato, infine, la sola nota positiva sulla strada della reciproca collaborazione, cooperazione e solidarietà tra aree geopolitiche e strategiche vitali nella definizione di un nuovo mondo multipolare che dovrà inevitabilmente sostituire la visione unipolare e unidimensionale che ha caratterizzato dalla fine degli anni ottanta la politica estera aggressiva e terroristica degli Stati Uniti d'America costretti oggi a rivedere profondamente le proprie strategie ed i propri interessi, le loro linee guida dettate fino a pochi mesi or sono dalle teorizzazioni neo-conservatrici sullo "scontro tra le civiltà" e le guerra "preventive" e "assimmetriche" tanto care all'amministrazione Bush.

    Come ha sostenuto il presidente venezuelano Hugo Chavez e ribadito anche durante i lavori del vertice con i partner arabi "è arrivato il tempo dei grandi cambiamenti della politica internazionale".

    * Direttore Responsabile Agenzia Stampa "Islam Italia"

    da Nabathiyeh (Libano Meridionale)

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    Predefinito Riferimento: Scritti di Dagoberto Bellucci

    Sorvoli aerei israeliani sulle elezioni libanesi
    di Dagoberto Husayn Bellucci - 03/04/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]




    Caccia israeliani irrompono con il loro fragore sulla campagna elettorale libanese: nella mattinata di mercoledì 1.o aprile sedici caccia dello stato ebraico hanno violato lo spazio aereo libanese sorvolando diverse zone del paese. Non è una novità considerando che, dall'entrata in vigore della tregua tra Hizb'Allah e l'entità criminale sionista decretata il 15 agosto 2006 al termine di 34 giorni di bombardamenti, l'aviazione israeliana ha spesso ripetutamente violato lo spazio aereo del paese dei cedri. A denunciare la nuova incursione è stato direttamente il comando militare delle forze armate libanesi sottolineando, in un comunicato diramato alla stampa e inviato al comando dell'Unifil alla base di Nakhoura (a sud di Tiro), che una decina di jet militari israeliani hanno sorvolato lo spazio aereo del paese per oltre un'ora, compiendo voli sui principali centri del sud scattando foto e dirigendosi infine verso la Beka'a settentrionale. Altri sei aerei con la stella di Davide invece avrebbero sorvolato le coste libanesi dal confine palestinese fino a Sidone dirigendosi infine verso oriente.

    Fatto non nuovo, come si è detto più volte e sottolineato, che non ha provocato particolare inquietudine tra le popolazioni libanesi del sud abituate a queste incursioni aeree ma che cade nel giorno in cui Hizb'Allah ha presentato all'opinione pubblica i suoi candidati per la prossima campagna elettorale e nello stesso momento in cui il segretario generale , Sayyed Hassan Nasrallah, dichiarava quale fossero gli obiettivi del suo partito per le prossime consultazioni legislative previste per il 7 giugno prossimo.

    "Israele" irrompe così sulla scena elettorale libanese e , non casualmente, proprio nel giorno in cui Hizb'Allah dava alla stampa i nominativi dei suoi candidati diramando il suo programma politico che sarà disponibile fra qualche giorno e del quale ha comunque anticipato le linee-guida il segretario generale parlando dai microfoni della televisione "al Manar".

    Sayyed Hassan Nasrallah, ha annunciato i nomi dei candidati nelle circoscrizioni elettorali dove il suo partito si presenterà al fianco di 'Amal. Tra i nomi nuovi presentati dal Partito di Dio spiccano quelli del dr. Nawaf Moussawi, responsabile delle relazioni estere di Hzb, che sarà candidato nella circoscrizione di Tiro (Libano meridionale), quello del dr. Alì Fayad, responsabile del centro studi strategici di Hzb che si presenterà nella circoscrizione meridionale di Maryajoun-Hasbaja e infine quello del dr. Hussein Moussawi, responsabile per le municipalità del consiglio politico del partito che si presenterà invece nella circoscrizione di Ba'albak-Hermel nella Beka'a settentrionale. I tre volti nuovi presentati dal partito sciita libanese sostituiranno i deputati Hassan Houballah, Mohammad Haidar e Alì Takch. Riconfermati invece i nomi di Mohammad Ra'ad (capogruppo parlamentare del Blocco della Fedeltà alla Resistenza) che correrà nella circoscrizione di Nabatiyeh, del ministro del lavoro Mohammad Fnesh (a Tiro), di Hassan Fadlallah (a Bint 'Chbeil), di Hussein Hajj Hassan, Nawar Sahili e Alì Mekdad ( tutti per la circoscrizione di Ba'albak-Hermel) , di Amin Cherry (a Beirut II) e infine di Alì Ammar (a Ba'abda nei quartieri meridionali della capitale Beirut).

    Nasrallah in occasione della presentazione dei candidati del partito ha sottolineato che "le prossime elezioni hanno un'enorme importanza" perchè "da questa consultazione sorgerà una nuova Camera dei deputati ed un nuovo Governo ossia un rinnovamento radicale della vita politica libanese. L'Assemblea parlamentare è essenziale per l'elezione presidenziale, per l'intera legislatura e per il voto di fiducia." indicando che "l'obiettivo di Hizb'Allah è quello di ottenere con le forze dell'Opposizione Nazionale la maggioranza dei seggi. Questa vittoria significherà il consolidamento di alcune opzioni fondamentali a livello nazionale, politico ed economico. La vittoria dell'opposizione - secondo Nasrallah - aprirà le porte ad un partenariato nazionale al contrario di un successo dell'attuale maggioranza. Il nostro obiettivo è quello di ottenere il maggior numero possibile di seggi per l'opposizione. Non vogliamo seggi per il partito ma per l'insieme della coalizione." precisando che Hizb'Allah ha accettato di diminuire il suo "blocco della fedeltà alla resistenza" di alcuni seggi a vantaggio di alcuni alleati rispondendo ad alcune ilazioni della stampa secondo la quale questa mossa politica sarebbe stata dettata da una perdita di popolarità del partito stesso: "alcuni quotidiani e alcune televisioni hanno raccontato che Hizb'Allah stia perdendo in popolarità, vedranno dopo il 7 giugno quanto sbagliati si dimostreranno i loro calcoli" ha affermato Nasrallah precisando che qualsiasi dubbio in merito a questa scelta elettorale è stato rimosso e le risposte alle domande degli analisti libanesi ed arabi in merito a quest'opzione hanno trovato già le loro risposte.

    Nasrallah ha rigettato l'idea di un "partito-guida" dell'opposizione sottolineando alla televisione "al Manar" che "esiste una coalizione di forze politiche che hanno obiettivi comuni e che scenderanno in campagna elettorale per guadagnare quanti più seggi possibile sulla base di programmi comuni e un'unità d'intenti che non è in discussione" e sottolineando che quest'idea viene propagandata e sbandierata dalle forze della maggioranza al potere per presentare i partiti alleati del Blocco della Fedeltà alla Resistenza dei partiti sciiti come dei "satelliti": "se ciò accade nell'altro campo questo non avviene da noi dell'opposizione. Noi di Hizb'Allah non abbiamo mai preteso di discutere la definizione delle liste elettorali dei partiti alleati. Non abbiamo mai imposto alcuna ingerenza per le candidature degli altri partiti nè posto veti contro alcun nominativo. Rispettiamo i nostri alleati e i candidati designati dalle segreterie dei loro partiti. Le nostre alleanze sono sempre state trasparenti e chiare e non esistono nè esisteranno mai manovre occulte". Infine parlando del criterio di selezione delle candidature del partito ha sottolineato come "sia uscite dalla volontà del comitato centrale del Partito. Hizb'Allah non è una famiglia nè un clan ma un partito politico" stimando che un seggio parlamentare all'Assemblea Nazionale "non deve costituire una ricompensa o un premio di consolazione per nessuno ma deve rappresentare esclusivamente un posto di responsabilità." e dichiarando che sarà il capogruppo parlamentare , dr. Mohammad Ra'ad, che renderà pubblico entro pochi giorni il programma elettorale del partito che è già pronto e che tratterà soggetti essenziali quali la riforma politica, lo sviluppo equilibrato, la riforma amministrativa del paese così come la decentralizzazione amministrativa e il rilancio di alcuni settori dell'economia nazionale oltre alle questioni relative alla sicurezza nazionale e a quelle della difesa dei confini meridionali.

    Dr. Mohammad Ra'ad che era intervenuto due giorni or sono in occasione di un meeting del partito ad Arnoun per sottolineare una volta di più il senso profondo della campagna elettorale che Hizb'Allah si stava approntando ad affrontare sostenendo che "colui che si desidera edificare una concezione nuova dello Stato deve essere pronto anche a versare il suo sangue per questo. E' ciò che noi faremo mentre gli altri continuano a recitare il ruolo e giocare a fare gli spettatori. Noi siamo chiamati ad un impegno che è una missione: la costruzione di un nuovo Stato forte, omogeneo e giusto che sia capace di far fronte a tutte le minacce ed i pericoli che corre il paese, assicurando al nostro popolo l'impegno e la garanzia della Resistenza e rifiutando la carità altrui. Il nostro popolo non potrà mai sentirsi validamente protetto se tutte le risorse nazionali provengono dalla carità internazionale" e soprattutto definendo "inaudita e assurda" l'idea secondo la quale le regioni meridionali e quelle della Beka'a (a maggioranza sciite) siano "ricompensate" con gli spiccioli di questa questua "privandole dei loro diritti elementari e delle basi per uno sviluppo organico" perchè - a dire dei settori più oltranzisti dell'attuale maggioranza al potere - "rappresenterebbero settori poco interessanti per gli investimenti".
    Il dr. Ra'ad ha sostenuto che deve finire "il tempo del clientelismo e delle mafie degli investimenti" e che il nuovo Libano che uscirà dalla consultazione di giugno dovrà prepararsi per un'era di "trasparenza e chiarezza nelle relazioni tra Stato e popolo, di equilibrio tra poteri istituzionali e rappresentanze economiche e di sviluppo economico e benefici per tutti i libanesi senza discriminazioni etniche o religiose" e sottolineando come fino a questo momento la maggioranza dei progetti di sviluppo realizzati nelle regioni sciite del sud e della Beka'a settentrionale "siano il risultato di iniziative estemporanee di imprenditori originari di queste aree emigrati all'estero.".

    Iniziative giudicate essenziali ma insufficienti fintanto che "nel sud come nella Beka'a" non siano assicurate e garantite le infrastrutture necessarie per quanto concerne "le comunicazioni, le strade, le risorse idriche e quelle dei mezzi di produzione" fino a questo momento secondo Ra'ad abbandonate all'iniziativa dei privati da un governo centrale inesistente che ha abbandonato a sè stessi centinaia di migliaia di libanesi.

    Hizb'Allah dunque si presenta ai nastri di partenza di una campagna elettorale che si preannuncia già come infuocata con le carte in regola e la determinazione necessarie per sbaragliare la maggioranza filo-occidentale al potere: un programma di governo, una lista di candidati affidabili, un'idea di riforma dello Stato e la garanzia che - una volta al potere - il Partito di Dio assicurerà sia un più omogeneo sviluppo economico di infrastrutture e investimenti sia l'essenziale stabilità politica che serve per la direzione dell'amministrazione di un paese per troppi anni, decenni, abbandonato a se stesso.

    *Direttore Responsabile Agenzia di Stampa "Islam Italia"
    da Nabathyyeh (Libano Meridionale)

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    EVA HENGER HA RAGIONE!

    di Dagoberto Husayn Bellucci

    "e quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare:
    ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il
    resto!"

    (Francesco Guccini - "L'Avvelenata")

    In lontananza abbiamo preso atto di una dichiarazione che, ci sia consentito,
    ci trova pienamente d'accordo: Eva Henger - si proprio lei, ex miss Ungheria ed
    ex pornodiva del cinema hard italiano che sappiamo peraltro in 'dolce attesa'
    (auguri alla nascitura!) - ha sostenuto durante una trasmissione del
    "Chiambretti Night" ( peraltro intrattenimento egregiamente condotto con savoir
    faire da Piero Chiambretti al quale non mancherà 'audience' fintanto che
    continuerà ad invitare 'giunoniche' bellezze e polemisti di 'collaudata'
    esperienza quali l'ultimo Sgarbi ) in onda su Italia Uno che sia "più
    imbarazzante partecipare a un reality che a un film porno".

    Premesso che c'è un limite alla demenza oltre il quale non è consentito
    'sindacare' - si entra nel girone infernale dell'Ottavo Padiglione degli
    Spedali Riuniti di Livorno per 'capirci' - onestamente troviamo a dir poco
    'stucchevoli' e noiosi i "reality" che hanno sommerso la televisione, pubblica
    e privata, italiota: dal Grande Fratello (che peraltro specula, come posto in
    rilievo un anno fa da un blitz fiammista, sul diritto alla casa 'relegando'
    dieci o più imbecilli all'interno di una ossessionante tour de force che , 24
    ore su 24, per tre mesi inevitabilmente mette in evidenza i lati peggiori di
    pseudo-protagonisti , il nulla elevato assurto a "leggenda" -...con tanto di
    lauta ricompensa al vincitore o alla vincitrice finale ma soprattutto ingaggi
    dorati per i più 'furbi' ...escluso Tarricone dei "protagonisti" in serie
    fuoriusciti da quella specie di "casa/casino" diventa difficile stilare una
    classifica del 'meno' peggio - demenzialità capovolta della contemporaneità
    inesistente su un piano fattuale in cerca di 'gossip' più o meno virtuali) alla
    Fattoria, dall'Isola dei Famosi alla Talpa via via fino agli "Amici" di Maria
    De Filippi, all' "X Factor" e ai ballerini della Carlucci di "Ballando sotto
    le stelle" che - in tempi di crisi economica e di affanni per arrivare a fine
    mese per la stragrande maggioranza degli italiani - 'appare' più come una presa
    per il culo che altro.

    Tant'é 'queste' sono le 'proposte' che da un lato la Rai dall'altro lato
    Mediaset propinano oramai a tamburo battente agli italiani. Italiani che da
    popolo di "santi, poeti, navigatori ed eroi" si stanno letteralmente
    trasformando in un popolo di "naufragi", "canzonettisti" , "ballerini" e
    aspiranti "vip" che , fuor di metafora, potrebbe suonare più come un "very
    importan prostitute" che non altro...

    Diciamocelo francamente: dopo il mare di veline e letterine, di miss e di
    "belle cantanti che farebbero meglio a fare compagnia" - Battiato l'aveva vista
    lunga trent'anni or sono - ci mancava la suggestionante marea di aspiranti
    "qualcuno" (...indiscutibilmente 'azzeccata' l'ultima canzone di Caparezza..."
    io diventerò qualcuno..." e altrettanto 'reale' il video in questione...si, in
    effetti, ci mancherà che venga tolto il diritto di voto - non ne sentiremo
    'comunque' la 'mancanza' per quanto ne abbiamo 'usufruito' ...praticamente
    mai...- e sostituito con il televoto...per la felicità dei Gerry Scotti di
    turno e per l'eccitazione febbrile dei Fede di ogni risma e colore politico in
    attesa - 'bandierine' in mano - di pronunciare il nome di un'improbabile
    vincitore 'elettorale'...) ad 'alzare' il livello peraltro bestiale della
    televisione italiana.

    Che poi non ci si venga a stupire delle ondate migratorie che hanno 'colpito'
    l'italietta post-ideologica della seconda repubblica considerando che certi
    'programmi' e certe 'tentazioni' arrivano, via etere, anche al di là dei
    confini nazionali, travalicando monti e mari, dalla vicina Albania alla Russia,
    dal Marocco al Libano e fino al sud America e all'Africa equatoriale. Se
    trent'anni or sono c'era una certa Raffaella Carrà che si divertiva con un
    "barattolino" o una sfera di vetro a chiedere ai teleutenti avidi di denaro il
    numero del contenuto (fossero sassi, biglie o palline poco importa...andiamo a
    'memoria' e ciò basti e avanzi); se all'epoca un certo Boncompagni lanciava
    Ambra Angioni (riscattatasi al fianco di Crozza...'eccellente' la sua
    imitazione della giornalista di un improbabilissimo quanto ironico "Tg Red" ....
    gli 'sbavi' e gli amplessi più o meno mimati per D'Alema sono quelli che con
    ogni probabilità avvengono nella realtà delle redazioni 'serie' dietro a questo
    o a quell'altro politico di turno...foss'anche l'ultimo degli idioti ad
    occupare uno scranno parlamentare o il penultimo dei bischeri a sedere in un
    qualche sottosegretariato di un qualunque ministero) e le di lei allora
    'adolescenziali' colleghe di "Non è la Rai" ; l'espansione dell'idiozia
    dell'opportunità "a portata di mano" (...anche, soprattutto, di
    qualcos'altro...) della carriera facile facile e degli altrettanto facili
    contratti ha visto aumentare , ad una domanda crescente (c'é forse da chiedersi
    per quale motivo trentamila aspiranti veline hanno partecipato alle selezioni
    dell'ultimo 'concorso' indetto da Canale 5? o c'é da domandarsi per quale
    motivo i partecipanti alle selezioni di "X Factor" contavano anche dei senza
    voce privi di qualsiasi requisito basilare per poter solo aspirare ad entrare ,
    anzi meglio a vedere da lontano, uno studio di registrazione?) corrisponde
    naturalmente una crescente offerta, a dismisura il numero di cosiddetti reality
    che poi di "reale" hanno tutto e niente.

    E allora? Al di là di qualsivoglia giudizio moralistico che ci starebbe come
    il cavolo a merenda in un paese dove il migliore c'ha la rogna sottolineiamo e
    apprezziamo le ultime dichiarazioni della Signora Eva Henger che ha 'spaccato'
    il vaso di pandora del gossippismo italiota e quello dell'ipocrisia perbenista
    borghese (che di notte va a puttane e di giorno critica e censura) sostenendo
    che "nei reality possono riprenderti anche negli atteggiamenti più intimi" e -
    soprattutto - che "il pudore non è solo la nudità ma i sentimenti" che nei
    reality ovviamente sono inesistenti perchè mediati da un'obiettivo essenziali
    valido per tutti i 'protagonisti' di turno: parlatene male, parlatene bene
    purchè ne parliate!

    Dunque che cosa ci sarebbe di 'scandaloso' nell'affermazione della Henger
    secondo la quale sia più imbarazzante un reality di un film porno? Niente! Ed
    ha perfettamente colto nel 'segno' quando ha aggiunto di "non parlare" della
    propria "sessualità in pubblico" anche perchè a parlar sempre di sesso dopo un
    pò viene a 'noia'...è un'arte che dev'essere praticata...le parole in quel
    campo lasciano il tempo che trovano...cioè zero!

    Concludiamo con una 'chiosa' sull'ex attrice hard ungherese: sotto il vestito
    forse niente...ma dentro sicuramente c'é qualcosa: sentimenti ed emozioni! Di
    questo ne siamo sicuri...come ha dimostrato parlando, nella stessa puntata del
    programma di Italia 1, di Moana Pozzi per la quale valgano queste affermazioni
    della Henger:
    “Moana era molto sola - ha ricordato la Henger - Amava molto se stessa, la
    sua immagine, sulla quale lavorava in continuazione. Negli ultimi giorni,
    tuttavia, le mancavano gli affetti, forse quello della famiglia, che è arrivato
    troppo tardi. Era molto corteggiata, aveva molti amori, ma forse si è
    innamorata anche degli amori sbagliati. La prima volta la incontrai in un
    locale e non mi piacque. Quando la vidi il giorno dopo, senza trucco, al
    naturale, era bellissima. Era molto semplice. Ti trasmetteva tranquillità”.
    "La solitudine del porno"....potremmo intitolarci un libro....o
    un'enciclopedia! Ci 'penseremo'....


    31/03/2009

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