dove e come è iniziata l'attuale crisi economica? Cercando di ridurre il rischio, negli stati uniti. E come si è ridotto il rischio? Facendolo correre a tante altre persone, troppe si direbbe.
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L'economista di Yale Robert Shiller sostiene che prendersela con i due Nobel non ha senso: loro hanno dato un posiitivo ontributo tecnico alla soluzione dei problemi. Non è colpa loro se le formule che hanno creato sono state male interpretate o male utilizzate. È come prendersela con Enrico Fermi perché le sue scoperte nel campo dell' atomo sono servite a costruire bombe devastanti, oltre che a produrre eletttricità nelle centrali nucleari.
Sono le formule elaborate a partire dalla metà degli anni '70 - soprattutto al Mit di Boston - dagli economisti Robert Merton, Myron Scholes e Escher Black. Meccanismi che promettono, se non di cancellare il rischio, di valutarlo molto meglio e quindi di ridurlo. I banchieri diventano loro seguaci perché quei modelli matematici aprono agli istituti di credito nuove praterie, consentendo loro di sviluppare a dismisura il ricco business dei derivati; ma anche perché a daare credibilità a questi modelli arriva, nel 1997, il Nobel per Merton e Scholes (Black, nel frattempo è scomparso). Un premio assegnato
ai due economisti. per «aver creato una nuova metodologia di valutazione dei rischi finanziari, utilizzata dalle banche per valutare i nuovi strumenti, ritagliarrli sui rischi dei clienti» e per «ridurre l'esposizione al rischio sui mercati». In realtà quegli schemi non sono affatto perfetti. O, almeeno, non vengono applicati alla perfezione. Se ne accorgono gli stessi Merton e Scholes quando, nell'estate del 1998, il Long Term Capital Management (LTCM), l'hedgefund creaato dai due premi Nobel insieme a John Meriwether, va alla deriva gravato da 4,5 miliardi di dollari di perdite. Fino a quando - a fine settembre - Alan Greenspan ne organizza il salvataggio dalla Fed spingendo un pool di banche a spendeere 3,6 miliardi di dollari per rilevarne il portafoglio.
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Ma Paul Samuelson, 94enne decano del Mit, è molto meno tenero con i suoi discepoli: «La colpa di questa crisi è noostra, dell' America. Il disastro nasce a Wal Street e sono stati i nostri professori - alcuni miei allievi per dirla tutta - ad aver sviluppato le teorie sulla distribuzione del rischio che ci hannno portato a questa situazione. Tecnicamente erano corrette, ma non avevano tenuto conto dell'ingordigia del genere umaana». Samuelson si sente corresponsabile di quello che è accaaduto e prevede che «quando ci presenteremo alle porte del paradiso, San Pietro avrà molto da dire a quelli che hanno creato i mostri diabolici dell'ingegneria finanziaria. Anch'io, insieme ai miei colleghi del Mit, subirò un trattamento piutttosto rude».
A coloro che sostengono che l'attuale reazione contro i derivati è eccessiva e che, se usati correttamente, questi contrattti sono molto utili (ad esempio i futures sul greggio servono alle compagnie aeree per garantirsi contro i rischi di oscillaazioni dei prezzi dei carburanti), Samuelson dà una risposta secca: «Swaps e derivati possono garantire una ragionevole suddivisione del rischio, è vero. Ma possono anche cancellare ogni principio di trasparenza. Ho collaborato per decenni con società non-profit sparse da New York alla California e con i loro capi. Beh, posso affermare con certezza che nessuuno di loro ha mai capito nulla delle formule di Black, Merton e Scholes. Credevano solo di sapere che i loro uffici erano stati improvvisamente invasi da nuovi, formidabili 'profit center'. Fonti di ricchezza immuni da ogni tipo di rischio: meglio dell' alchimia che, nelle fiabe, trasforma il letame in oro».
[M. Gaggi - La Valanga - Dalla crisi americana alla recessione globale]
P.s.: azz. ho dimenticato i tag.