In Cina ora salgono i salari
di Federica Bianchi
Nel cuore industrale del Paese le buste-paga sono diventate di colpo più pesanti. Il piano del governo per far crescere i consumi ed evitare tensioni sociali
(13 luglio 2010)
Uno stabilimento tessile cinese Uno stabilimento tessile cineseEra l'inizio del 2007 quando i ricercatori dell'Accademia cinese delle scienze sociali nel loro libricino verde l'avevano previsto. A cavallo tra il 2009 e il 2010 i salari degli operai sarebbero rapidamente cresciuti. Normale meccanismo della domanda e dell'offerta. Di giovani e bravi ragazzi disposti a passare i giorni migliori della loro vita legati a un macchinario lontano migliaia di chilometri da casa per poche centinaia di yuan al mese se ne sarebbero trovati sempre di meno.
Così è successo o, meglio, sta succedendo, proprio a Zhongshang, nel cuore manufatturiero della Cina. I milioni di ragazzi (gli imprenditori difficilmente assumono gli over 35) della "fabbrica del mondo" hanno cominciato a chiedere, e stanno ottenendo. Tra la sorpresa dei governi di mezzo mondo e la consapevolezza di quello cinese.
Certo ci sono voluti suicidi e scioperi duri (da quelli alla Foxconn, il fornitore taiwanese degli i-phone della Apple, a quelli che hanno rallentato la produzione della Honda) perché il mondo si rendesse conto che la Cina come l'abbiamo conosciuta negli ultimi vent'anni non sarebbe durata per sempre. La manodopera dal costo irrisorio. Gli abiti usa e getta esportati in ogni angolo del globo.
L'irrefrenabile produzione di foreste di grattacieli e ragnatele di autostrade. Le banconote dal valore troppo simile a quelle del Monopoli. Un livello di sviluppo economico da paese emergente, accompagnato da un tasso d'inflazione da paese del G8.
Adesso la Cina si sta trasformando in un'economia avanzata, dove la crescita delle esportazioni cederà lentamente il passo a quella scalpitante dei consumi. Dove non ci si potrà più affidare a un ponte o a una ferrovia in più per risolvere il problema della disoccupazione o quello della crescita, tranne a volere scavare buche per poi richiuderle. Dove l'acquisto di una casa sarà (ne siamo ancora lontani) non più la dimostrazione del raggiunto successo economico (ci sono imprenditori che collezionano appartamenti con la stessa frequenza con cui le loro mogli acquistano scarpe), ma il gesto costitutivo di una nuova famiglia. E dove il tasso di crescita del Pil passerà dal 9-10 per cento a un più normale 6-7 per cento, come sostiene Riuchir Sharma, il responsabile dei mercati emergenti di Morgan Stanley.
È la Cina 2.0: un Paese più ricco, ma anche più lento e più complesso da gestire di quello in crescita spasmodica del dopo Tiananmen. Un Paese che magari non ha ancora chiara la destinazione finale, ma è ben consapevole di dovere offrire condizioni di vita migliori alla maggioranza dei suoi giovani, che, a differenza dei padri, lavorano sempre meno per aiutare la famiglia di origine e sempre più per conquistarsi un futuro tutto loro.
"Il termine scarsità di manodopera è un ossimoro", spiega Andy Xie, uno dei maggiori osservatori dell'economia cinese: "Se di un prodotto c'è scarsità vuol dire semplicemente che non è prezzato bene". Dunque i salari dei colletti blu specializzati dovranno crescere. E nostante in Guangdong il salario minimo sfiori ormai i mille yuan mensili, come a Pechino e Shanghai, lo spazio per gli aumenti è ancora ampio. Il monte-salari rappresenta soltanto il 15 per cento del prodotto interno lordo cinese, rispetto ad una media europea che supera il 40 per cento. Se anche una parte delle produzioni ad alta intensità di manodopera dovesse migrare in Bangladesh, Vietnam o Indonesia alla ricerca di mani meno care, è probabile che la maggior parte rimanga dov'è, visto che nessun altro vicino può competere con l'efficienza delle infrastrutture cinesi e che - a livello di singole aziende - la crescita dei salari sarà ampiamente controbilanciata dall'aumento delle vendite interne sospinte da un maggiore potere di acquisto dei cittadini. Almeno per quelle aziende straniere che producono e vendono in Cina. "Lo spostamento degli aumenti del costo del lavoro sul settore delle esportazioni ha un ruolo critico nella transizione della Cina verso un'economia orientata al consumo", spiega Xie: "In futuro una maggiore fetta dei lavoratori sarà impiegata nel settore dei servizi e le esportazioni non cresceranno come in passato, ma l'aumento del loro valore compenserà i maggiori livelli di importazione, anch'essi parte di questa transizione".
In Cina ora salgono i salari - L'espresso
Salgono perchè c'è stata una lotta politica, un accordo, una pressione, non perchè la manodopera è diventata scarsa e il grafico parapocchio ha mosso il punto di incontro tra le linee, paraponziponzipera.
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