Originariamente Scritto da
Canaglia
I nostrani “blindati” informatori non hanno destinato soverchia attenzione ai risultati delle recenti elezioni in Ungheria. Chiediamo naturalmente venia agli italiani per la distrazione dei colleghi giornalisti.
Nella vera prima votazione magiara - le trascorse avevano dato vita a strane coalizioni di partiti neo-democratici e post-comunisti - non soltanto il partito di centrodestra Fidsez ha ottenuto il 52,7 per cento dei suffragi (e 206 seggi su 386), ma un altro 16,7 % (e 26 seggi) è stato acquisito dai “nazionalisti radicali” dello Jobbik.
Di contro il partito socialista post-comunista ha ottenuto il 19,3% cento dei voti (28 seggi) e i liberali il 7,5% e 5 seggi. E gli altri 121 seggi verranno distribuiti quota-parte con il doppio turno del 25 aprile.
Queste le cifre di un rovesciamento degli equilibri politici ungheresi che definire la “fine di un’epoca” è limitativo.
Vincitore assoluto con i due terzi dei voti e prossimo primo ministro è Viktor Orban, un quarantesettenne già premier “liberale” sconfitto dai socialisti. Orban - sostenuto dalla Fondazione Soros - è una sorta di Berlusco-Fini alla magiara: atlantico, liberista, reaganiano in materia di tasse e investimenti. Soprattutto ostile non tanto ai socialisti post-comunisti, quanto alle “camicie bianche” nazionaliste di Vona, diventate il terzo “pericoloso” (sic) partito di Ungheria. Un partito guidato da un insegnante trentaduenne, Gábor Vona, già fondatore della Magyar Gárda (la Guardia Ungherese) disciolta a fine 2008 perché “contraria ai diritti umani delle minoranze” etniche magiare. La Magyar Gárda - e ora lo Jobbik, il partito per un’Ungheria Migliore - dichiara che “il destino dell’Ungheria deve essere restituito agli Ungheresi” e non nasconde la sua volontà di limitare quello che definisce il “buonismo” rispetto alla “supergarantita” comunità rom.
E’ nel 2006 che a Budapest il vento era cambiato. Senza vergogna, il premier “socialista” Ferenc Gyurcsany aveva riferito allora di “aver mentito alla nazione” e che il suo governo “non aveva fatto nulla per i suoi cittadini”: anzi li aveva costretti ai tagli sociali imposti dall’Ue. Queste parole, diventate pubbliche, avevano innescato una sollevazione popolare nazionalista proprio nei giorni del 50mo anniversario della rivolta del 1956 stroncata dai carri armati sovietici. Per di più nel 2008 l’Ungheria era stata vittima mirata della crisi finanziaria internazionale e di una forte svalutazione del fiorino rispetto all’euro (26%).
L’appoggio dell’Ue e del Fmi a Viktor Orban (che ha già anticipato la sua volontà di rinegoziare il debito pubblico con gli strozzini internazionali, alle loro condizioni), ha costruito la vittoria. Fino ad oggi.
Ora Orban vorrebbe completare il mandato: bloccare l’avanzata dei nazionalisti “autentici”, magari cercando di rendere illegale il movimento dell’avversario Vona e sbandierando, come aveva fatto in Italia inizialmente un Fini, un po’ di demagogia xenofoba verso le minoranze immigrate (romena, serba, ucraina, slovacca e rom).
(Ah: forse questa è la “svolta ungherese” di cui ha cautamente trattato - solo - il Manifesto, qui nell’Itali(ett)a...)
Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale
Interessante, il centrodestra ungherese è di matrice sorosiana....