Da LA STANZA di Montanelli / Corriere della Sera di sabato, 28 Aprile 2001
ERRORI "PADANI" SU GARIBALDI
Caro Montanelli,
le mie cognizioni su Giuseppe Garibaldi si fermano alla scuola dell’obbligo.
Le lascio immaginare la mia sorpresa nell’ascoltare una trasmissione di Radio Padania durante la quale è stato affermato che Garibaldi era «massone e trafficante di schiavi». Gradirei conoscere il suo pensiero su tale affermazione.
Antonio Ammaturo,
Caro Ammaturo,
io non posso certamente essere considerato un apologeta di Garibaldi dopo il libro scritto su di lui (non so se nelle librerie se ne trovi ancora qualche copia) in collaborazione con Marco Nozza, che il personaggio lo conosceva ancora più a fondo di me. Di nessuno dei suoi difetti avevamo fatto mistero con grave scandalo dei garibaldisti doc che si rifiutano di riconoscergli anche quelli più evidenti e innocui. Ma il sentirlo tacciato di «trafficante di schiavi» da qualche cialtroncello analfabeta di cui, se lo sapessi, farei il nome nella speranza che mi desse querela, mi dà il voltastomaco.
In tutta la sua lunga avventura sudamericana di caudillo rivoluzionario prima in Brasile, poi in Uruguay, Garibaldi fu sempre dalla parte degli oppressi, ne liberò e aiutò quanti potè.
Di uno di essi - l’indio Aguyar (un marcantonio alto due metri che invece che col fucile combatteva col lazo , il laccio, per catturare il nemico come faceva con il bestiame) che rimase sempre al fianco del suo benefattore e cadde nella difesa della Repubblica Romana dove lo aveva seguito - fece il suo aiutante di campo. E tale era in tutto il mondo la sua fama di amico e protettore dei diseredati che quando il Presidente degli Stati Uniti, Lincoln, non esitò a provocare la ribellione di quelli del Sud con l’abolizione della schiavitù, fu a Garibaldi che rivolse l’invito non di assumere - come si disse - il comando di tutto l’esercito del Nord, quello liberatore, ma di quello che oggi si chiamerebbe un corpo d’armata. Garibaldi rifiutò perché, rientrato in Italia, era troppo impegnato nelle battaglie del Risorgimento. Ma questa era la fama di cui godeva nel mondo, piaccia o non piaccia agli analfabeti della Padania che purtroppo parlano ad altri disposti a bere le loro panzane.
E panzana è anche la storia della Massoneria, qui presentata - da quanto mi sembra di capire - come una sorta di mafia o di camorra o insomma di malavita. Garibaldi appartenne effettivamente a una società segreta, ma il cui segreto consisteva nella cospirazione rivoluzionaria per la liberazione della Patria dal giogo straniero. Si chiamava «La Giovane Italia», ed era stata fondata non da un qualunque Licio Gelli come la P2, ma da Mazzini per la diffusione dell’idea di indipendenza e la preparazione dei «Quadri» destinati a realizzarla.
Come criteri organizzativi, essa discendeva dalla Carboneria, che a sua volta discendeva dalla Massoneria. Ma cosa crede questo povero analfabeta che fosse la Massoneria? Il laboratorio del diavolo e il covo degli eretici? Fino al Risorgimento alla Massoneria erano stati iscritti anche degli alti Prelati, e la sua segretezza copriva soltanto le pratiche iniziatiche. Mio nonno e un mio zio erano massoni, il che non gl’impediva di avere idee politiche del tutto diverse: liberal-conservatore l’uno, socialista riformista l’altro.
Per tornare a Garibaldi, non è che l’uomo fosse privo di difetti. Aveva più temperamento che cervello, poche idee e confuse, che lo condussero a combinare anche qualche pasticcio. Ma due qualità gli vanno riconosciute: un coraggio spinto fin oltre la temerarietà, che contagiava le sue raccogliticce truppe, e una immacolata onestà. Ma si vede che in Padania queste qualità non sono riconosciute come tali.