Un mio amico, che conosce molto meglio di me gli ambienti coinvolti, mi manda questo breve saggio.
di İsimsiz kardeş
Casseri a Firenze come Breivik a Oslo?
È possibile, anche se Breivik aveva pianificato il suo lucido delirio con mesi di anticipo, e invece Casseri sembra che sia sbroccato così, tutt’a un tratto, come se gli fosse scattato un interruttore nella testa.
Dal momento che è morto, e poiché al momento non si ha notizia di scritti relativi al gesto commesso, si possono soltanto fare congetture sulle motivazioni vere o presunte del suo agire, che ha travolto l’esistenza di cinque senegalesi (Samb Modou, 40 anni, e Diop Mor, 54 anni, morti sul colpo; Sougou Mor 32 anni, Mbenghe Cheike, 42 anni e Moustapha Dieng, 34 anni, gravemente feriti).
Casseri aveva cinquant’anni suonati: difficile pensare che fosse un ragazzino esaltato o un bulletto da stadio. Era uno che scriveva (è vero che in Italia oggi scrivono tutti…), e un paio delle sue cose sono state pubblicate da editori di nicchia ma rispettabilissimi come Solfanelli e Punto d’incontro, per giunta addirittura con la prefazione di Gianfranco De Turris.
Oltre a scrivere pensava, anche: dicono che pensasse particolarmente al revisionismo olocaustico, alla superiorità della razza bianca e al pericolo rappresentato dall’immigrazione — a parte il revisionismo, sono le stesse cose che in varia misura e differenti modi sono state espresse anche da Oriana Fallaci e Marcello Pera: quindi plausibilmente è anche a costoro che bisognerebbe addossare la responsabilità dei fatti occorsi ieri a Firenze e l’altro giorno a Torino.
Al momento però non è possibile affermare niente con certezza, perché i suoi scritti presenti in rete sono stati rapidissimamente rimossi: gli articoli di Casseri sono ormai introvabili sia sul sito del Centro Studi La Runa (
Gianluca Casseri | Centro Studi La Runa) sia sul sito culturale di CasaPoundItalia (
Cos’è l’Ideodromo ) — che però quest’oggi offre, prontissima e non richiesta, un’articolata giustificazione del fatto che Casseri scrivesse “su questo sito” (
Perché Casseri scriveva su questo sito? ).
La cosa più ovvia da pensare è che Casseri fosse semplicemente una persona disturbata, proprio come Breivik: del resto è indicativo il fatto che frequentasse, materialmente e virtualmente, ambienti tradizionalmente considerati come violenti e xenofobi. Ma si badi: “tradizionalmente considerati” non significa che lo siano effettivamente; e, in ogni gruppo che si rispetti, per quanti sforzi facciano i responsabili c’è sempre qualcuno che agisce di propria iniziativa e rovina tutto. (Basta farsi un giro su facebook per scoprire quanti simpatizzanti di CasaPound trovino ancora divertenti le battute su Anna Frank o sui “negri”).
Ma il web è prodigo di sorprese, e offre anche le appassionate dichiarazioni di alcuni convinti difensori a oltranza di Casseri, tutti dalle idee un po’ confuse come confuso è il senso di appartenenza che rivendicano: è il caso, per esempio, dei suprematisti bianchi (e anche filosionisti, islamofobi, xenofobi eccetera) di Stormfront (
*** Senegalesi assaltano la città di Firenze **** - Stormfront) o di un giovanotto cristianissimo innamorato della Romania (
https://www.facebook.com/groups/282839901761904/).
Proprio questo sembra essere il punto: il sentimento di appartenenza, la difesa di un’identità, l’affermazione di sé come del membro di una compagine forte e portatrice di senso che si erge a baluardo del caos montante. E poiché la risposta è nella domanda, sembra emergere con una certa chiarezza il motivo di questa ansia di autoaffermazione: l’oscura consapevolezza di non avere punti di riferimento in una società in caduta libera, e la paura ancestrale che accompagna ogni intuizione dell’ignoto. Ma, com’è noto, la paura è nemica del ragionamento: così, ecco che la persona impaurita preferisce evitare ogni confronto con l’esterno per timore di esporsi; e si rinchiude in uno spazio, percepito come sicuro, dove potersi ritrovare con i suoi simili — ovvero con tutti coloro che, pensandola allo stesso modo, danno vita a una dimensione parallela rispetto alla vita reale. Gli addetti ai lavori chiamano questo “alienazione”.
E, ovviamente, nella società contemporanea a soffrire di questa alienazione sono particolarmente le persone vicine al variegato mondo della destra, in tutte le sue sfumature filo-, para- e neo-fasciste: per il semplice motivo che quel mondo di riferimento non c’è più.
In linea di massima, per molti è ancora difficile comprendere questi meccanismi: perché in fondo tutta la società, intendendo il termine nel senso più ampio, è fatta da una confluenza di dimensioni particolari e più o meno contigue che si sovrappongono, coincidono, si sfiorano e finalmente si embricano per dare forma a un contenitore infinitamente sfaccettato in cui tutti possono trovare una loro collocazione. Ma quando la dimensione è parallela, i punti di tangenza non esistono — non possono esistere. Occasionali incursioni nel reale rafforzano la separatezza degli alienati; e il consolidamento della loro alienazione aumenta il divario con la società esistente, in una spirale destinata a collassare.
Una delle necessità basilari della mente umana è la razionalizzazione, unitamente alla semplificazione. Così, di fronte all’esplodere di una violenza scatenata quasi sicuramente soltanto da un forte disagio personale, si afferma la necessità di trovare una spiegazione purchessia, a costo di inventarsela.
Nel caso di Casseri, dal momento che le sue ultime frequentazioni lo collegano a CasaPoundItalia, è scattata una sorta di criminalizzazione nei confronti di questo gruppo, alla quale si stanno già opponendo trasversalmente in molti: le ultime prese di posizione, però, arrivano da due fronti inaspettati e insospettabili — Franco Giorgio Freda e Mario Borghezio (
FascinAzione: Strage di Firenze, due voci fuori dal coro difendono CasaPound: Freda e Borghezio). Ma attenzione: inaspettati e insospettabili solo per chi, come si diceva prima, non comprende questi meccanismi. Perché anche la Lega Nord e il microcosmo che ruota attorno al fondatore delle edizioni di Ar sono, fondamentalmente, comunità di alienati nel senso che abbiamo definito più sopra. Basta porre un po’ d’attenzione agli immaginari evocati dalla Lega Nord (la Padania, il Dio Po, la razza italica) e dalle Edizioni di Ar (gli Iperborei, la razza ariana, i lupi azzurri) per rendersi conto di come siano fragili questi paletti messi a delimitare un territorio metarazionale che esiste soltanto nella mente e nel cuore di chi ne accetta fideisticamente i presupposti.
Il guaio, però, è che una parte di quegli immaginari coincide con una parte dell’immaginario di CasaPoundItalia e con una parte di quello che fu l’immaginario di Gianluca Casseri: ed è questa coincidenza a spaventare la gente “normale”, ovvero quella che nutre un altro tipo di alienazione — e che è assai più numerosa.
Difficile dire come evolveranno queste situazioni. Quello che serve adesso, a tutti, è soltanto un po’ di lucidità.