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    Predefinito LEGGERE INSIEME DONOSO CORTES / 3

    CAPITOLO TERZO

    La società sotto l'imperio della Chiesa cattolica.



    Stabiliti, da una parte, il criterio delle scienze, quello degli affetti e quello delle azioni; e dall'altra, stabilita nella società l'autorità politica e nella famiglia l'autorità domestica, era necessario stabilire un' altra autorità che fosse al di sopra di tutte le autorità umane, un'autorità che fosse organo infallibile di tutti i dogmi, depositaria augusta di tutti i criteri, che fosse a un tempo santa e santificante, parola di Dio incarnata nel mondo, luce di Dio riverberantesi su tutti gli orizzonti, carità divina inondante tutte le anime. Un'autorità che si facesse altissimo e arcano tabernacolo degli infiniti tesori della grazia celeste per poi riversarli sulla terra; un'autorità che fosse ristoro agli stanchi, rifugio ai peccatori, fonte d'acqua viva per gli assetati, pane di vita eterna per gli affamati, sapienza per gli ignoranti, sentiero per i traviati; che fosse ricca di avvisi e di lezioni per i potenti, e d'amore e di misericordia per i poveri. Un'autorità posta in si grande altezza da poter parlare a tutti con imperio e su una roccia la cui solidità potesse validamente resistere alle mareggiate di un mondo senza quiete. Autorità infine stabilita direttamente da Dio e non soggetta alla fugacità delle cose umane; un'autorità sempre nuova e sempre antica, passato e avvenire, assistita da Dio con attenzione particolare.

    Questa autorità altissima, infallibile, stabilita per l'eternità, e nella quale Dio eternamente si compiace, è la santa Chiesa cattolica, apostolica, romana, corpo mistico del Signore, sposa fortunata del Verbo, che insegna al mondo quello che le suggerisce lo Spirito Santo. Essa, posta come regione intermedia fra cielo e terra, ripaga le preghiere con i doni, e offre perpetuamente al Padre, per la salvezza del mondo, il sangue preziosissimo del Figlio in sacrificio perpetuo e in perfettissimo olocausto.

    Poiché Dio ha creato tutte le cose con estrema compiutezza e perfezione, non sarebbe stato concepibile che nella sua infinita sapienza, dopo aver dato la verità al mondo, rientrasse nella sua perfetta quiete, lasciando la verità stessa esposta alle ingiurie del tempo, vano oggetto delle dispute umane. Per questo concepì da tutta l'eternità la sua Chiesa, che risplendette nel mondo nella pienezza dei tempi con quella sovrana bellezza e quell'unica perfezione che sempre ebbe nell'intendimento divino.

    Da allora, per noi che navighiamo per i mari del mondo agitati dalle tempeste, la Chiesa è faro luminoso su alta rupe. Essa conosce tutto quel che ci salva e quel che ci danna, la nostra origine prima e il nostro fine ultimo, in che cosa consiste la salvezza e la condanna, ed è sola a saperlo. Essa sola, e non altri, governa le anime; essa, ed essa sola, illumina gli intelletti, dirige le volontà, purifica e desta gli affetti; essa, ed essa sola, con la grazia dello Spirito Santo, muove i cuori. In essa non c'è peccato né errore, né debolezza; la sua tunica è senza macchie; per lei i travagli sono trionfi, venti e uragani la spingono in porto.

    Tutto nella Chiesa è spirituale, soprannaturale e miracoloso: è spirituale perché il suo governo investe gli intelletti e perché le armi con cui si difende e uccide sono armi spirituali; è soprannaturale perché ordina tutto secondo un fine spirituale e perché ha come missione di essere santa e di santificare soprannaturalmente gli uomini; tutto nella Chiesa è miracoloso, perché tutti i grandi misteri trovano una logica nella sua miracolosa istituzione e perché la sua esistenza, il suo perdurare, le sue conquiste sono un continuo prodigio. Il Padre manda il Figlio in terra, il Figlio manda i suoi apostoli per il mondo e ai suoi apostoli manda lo Spirito Santo: talché all'inizio dei tempi come nella loro pienezza, nell'istituzione della Chiesa come già nella creazione universale, hanno parte contemporaneamente il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

    Dodici pescatori pronunziano le parole che hanno sentito misteriosamente risuonare nelle loro orecchie, e subitamente ne viene scossa la terra: un fuoco insolito pervade le vene della terra, un turbine si abbatte sulle nazioni, strappa le genti alla loro norma quotidiana, sovverte gli imperi, confonde le razze; il genere umano trasuda sangue sotto la pressione divina: e da tutto questo sangue, da tutta questa confusione di razze, nazioni e genti, da questo turbine impetuoso, dal fuoco che pervade tutte le vene della terra, il mondo esce radioso e purificato, ai piedi della Chiesa di nostro Signor Gesù Cristo.

    Questa mistica città di Dio ha porte che guardano verso ogni direzione, a significare la chiamata universale: «Unam omnium rempublicam agnoscimus mundum», dice Tertulliano. Per la Chiesa non esistono né barbari né greci, né giudei né pagani. Vi trovano posto lo scita e il romano, il persiano e il macedone, chi viene dall'Oriente e chi viene dall'Occidente, chi dalle parti del Settentrione e chi dal Mezzogiorno. Le competono il santo ministero dell'insegnamento e della dottrina, l'imperio universale e l'universale sacerdozio; suoi cittadini sono re e imperatori, i suoi eroi sono i martiri e i santi. Il suo invincibile esercito è formato da quei valorosi che vinsero in se stessi tutti gli appetiti della carne con le sue pazze bramosie. Lo stesso Dio guida i suoi austeri consessi e illumina i suoi concili santissimi. Quando i suoi pontefici parlano alla terra, la loro parola infallibile è stata già trascritta da Dio stesso nei cieli.

    Questa Chiesa, posta nel mondo senza fondamenta umane, dopo averlo tratto da un abisso di corruzione lo trasse pure dalle tenebre della barbarie. Essa ha sempre combattuto le guerre del Signore; sempre assalita, sempre è uscita vittoriosa. Gli eretici negano la sua dottrina ed essa trionfa sugli eretici; tutte le passioni umane si ribellano contro il suo dominio ed essa trionfa su tutte le passioni umane. Il paganesimo combatte contro di lei le sue ultime battaglie ed essa lo vince. È perseguitata da re e da imperatori, ma la ferocia dei loro carnefici è sconfitta dalla tenacia dei suoi martiri. Combatte solo per la sua santa libertà e il mondo le si offre come impero.

    Sotto il suo imperio fecondo sono fiorite le scienze, si sono purificati i costumi, sono state perfezionate le leggi e sono cresciute in ricca e spontanea fioritura tutte le grandi istituzioni familiari, politiche e sociali. I suoi anatemi si sono abbattuti soltanto sugli empi, sui popoli ribelli, sui re tiranni. Ha difeso la libertà contro quei re che aspirarono a trasformare il potere in dispotismo, ma ha difeso l'autorità contro i popoli che aspiravano a una emancipazione assoluta. Contro tutti ha saputo difendere i diritti di Dio e la inviolabilità dei suoi santi comandamenti.

    Non c'è verità che la Chiesa non abbia proclamato, non c'è errore che non abbia condannato. Per lei la libertà nella verità è santa, la libertà nell'errore è abominevole. Agli occhi della Chiesa l'errore nasce e vive senza diritti: per questa ragione è andata a cercarlo, lo ha incalzato con l'intento di sradicarlo dal più segreto dell'intelletto umano. Tale perpetua illegittimità, tale perpetua nudità dell'errore così come è diventata un dogma religioso, è diventata pure un dogma politico, proclamato sempre e ovunque da tutte le autorità del mondo. Tutte hanno messo fuori discussione il principio che le sorregge, tutte hanno chiamato errore il principio opposto e lo hanno privato di ogni legittimità e di ogni diritto. Tutte si sono dichiarate infallibili in codesta suprema capacità di giudizio; e se non hanno condannato tutti gli errori politici, ciò non si deve al fatto che la coscienza umana riconosce come legittimo un certo errore, ma al fatto che essa non ha mai ravvisato nelle potestà esclusivamente umane il privilegio dell'infallibilità nel configurare l'errore.

    Da questa incapacità radicale delle potestà umane a designare l'errore è nato il principio della libertà di discussione, fondamento delle costituzioni moderne. Questo principio non presuppone, come potrebbe sembrare a prima vista, una colpevole e in spiegabile imparzialità davanti alla verità e all'errore. Esso si fonda piuttosto su altre due supposizioni, delle quali una è vera mentre l'altra è falsa: la prima è che i governi non siano infallibili, il che è evidente; la seconda è che la discussione sia infallibile, il che è sempre falso sotto qualunque punto di vista. L'infallibilità non può sorgere dalla discussione, se prima già non esiste in coloro che discutono, e non può trovarsi in questi ultimi senza trovarsi contemporaneamente in chi governa. Se l'infallibilità è un attributo della natura umana, essa deve necessariamente trovarsi nei primi come nei secondi, e se non è attributo della natura umana, essa non starà né presso gli uni né presso gli altri: o tutti fallibili o tutti infallibili. Il problema si riduce in definitiva a verificare se la natura umana sia fallibile o infallibile e si risolve di conseguenza in un nuovo problema, e cioè: se la natura dell'uomo sia sana oppure degradata e inferma.

    Nel primo caso, l'infallibilità, attributo essenziale del sano intendimento, è il primo e più grande di tutti gli attributi della natura umana. Da questo principio discendono naturalmente queste logiche conseguenze: se l'intelletto dell'uomo è infallibile perché sano, non è soggetto a errore, perché è infallibile; se non è soggetto a errore perché infallibile, la verità risiede in tutti gli uomini, sia individualmente, sia collettivamente. Ora, se la verità risiede in tutti gli uomini, tutte le loro affermazioni e tutte le loro negazioni devono essere necessariamente identiche. Ma in tal modo la discussione diventa inconcepibile e assurda.

    Nel secondo caso, la fallibilità, malattia dell'intelletto infermo, è la prima e più grande disgrazia dell'uomo. Da questo principio derivano precise conseguenze: se l'intelletto dell'uomo è fallibile perché malato, non potrà mai esser certo della verità, perché è fallibile; se non può mai esser certo della verità perché fallibile, tale incertezza si trova essenzialmente in tutti gli uomini, individui o popoli. Se questa incertezza colpisce in essenza tutti gli uomini, tutte le loro affermazioni e tutte le loro negazioni si rivelano come contraddizioni in termini, inficiate come sono dall'incertezza congenita. Ma se tutte le loro affermazioni e le loro negazioni sono incerte, ogni discussione è inconcepibile e assurda.

    Solo il cattolicesimo ha dato a questo problema particolarmente arduo una soluzione soddisfacente e legittima, come tutte le sue soluzioni. Ecco che cosa insegna il cattolicesimo: l'uomo viene da Dio, il peccato dall'uomo; l'ignoranza e l'errore, il dolore e la morte vengono dal peccato; la fallibilità viene dall'ignoranza, e dalla fallibilità viene l'assurdo delle discussioni. Ma aggiunge dopo: l'uomo è stato redento, il che, se non significa che l'uomo attraverso l'atto della redenzione (nel quale non ebbe parte attiva) sia uscito dalla schiavitù del peccato, significa perlomeno che la redenzione gli diede la capacità di rompere le sue catene e di trasformare l'ignoranza, l'errore, il dolore e la morte in strumenti di santificazione, con il buon uso della sua libertà, nobilitata e restaurata. A questo scopo Dio volle la sua Chiesa immortale, impeccabile e infallibile. La Chiesa rappresenta la natura umana senza peccato, così come uscì dalle mani di Dio, colma di giustizia originale e di grazia santificante: per questo è infallibile e non è soggetta alla morte. Dio la volle sulla terra affinché l'uomo, con l'ausilio della grazia - che a nessuno è rifiutata -, possa rendersi degno del sangue versato per lui sul Calvario, con la sua libera sottomissione alle ispirazioni divine. Con la fede l'uomo potrà vincere la propria ignoranza; con la pazienza, il dolore, e con la rassegnazione, la morte. Morte, dolore, ignoranza non esistono che per essere sconfitti dalla fede, dalla rassegnazione e dalla pazienza.

    Ne segue che solo la Chiesa ha diritto di affermare e negare e che al di fuori di essa non esiste diritto di affermare ciò che essa nega o di negare ciò che essa afferma. Il giorno in cui la società, dimentica delle sue decisioni dottrinali, ha domandato che cosa sia verità ed errore alla stampa e ai parlamenti, ai giornalisti e alle assemblee, in quel giorno errore e verità si sono confusi in tutti gli intelletti e la società è caduta nella regione delle ombre e sotto l'imperio dei sofismi. Sentendo in sé, da una parte, un'imperiosa necessità a sottomettersi alla verità e a sottrarsi all'errore, ed essendogli d'altra parte impossibile verificare che cosa sia l'errore e che cosa la verità, il nostro tempo ha compilato un catalogo di verità convenzionali e arbitrarie e un altro di supposti errori, e si è detto: «Adorerò le prime e condannerò i secondi», ignorando, tale è la sua cecità, che mentre adora le une e condanna gli altri esso non adora né condanna nulla, o che condannando o adorando qualcosa, adora e condanna se stesso.

    L'intolleranza dottrinale della Chiesa ha salvato il mondo dal caos. La sua intolleranza dottrinale ha messo fuori questione la verità politica, la verità familiare, la verità sociale e quella religiosa; verità primarie e sante che non sono soggette a discussione, in quanto sono fondamento di ogni discussione; verità che non possono essere messe in dubbio per un solo momento, senza che in quel momento stesso non vacilli l'intelletto, dubbioso tra verità ed errore, o che si appanni lo specchio tersissimo della ragione umana. Ciò spiega come mai la civiltà emancipata dalla Chiesa non abbia fatto che perdere tempo in dispute sterili e fatue che, partendo da uno scetticismo assoluto, non possono sortire che il risultato di uno scetticismo totale, mentre la Chiesa, e solo essa, conservava il santo privilegio delle discussioni fruttuose e feconde.

    La teoria cartesiana secondo la quale la verità esce dal dubbio come Minerva dalla testa di Giove è contraria a quella legge divina che presiede sia alla generazione dei corpi sia alla nascita delle idee, in virtù della quale i principi contrari sono condannati a escludersi reciprocamente, mentre i simili tendono a produrre i simili. In virtù di codesta legge il dubbio nasce perennemente dal dubbio, lo scetticismo dallo scetticismo, la verità dalla fede, e la scienza dalla verità.

    Alla profonda comprensione di questa legge della generazione intellettuale si devono le meraviglie della civiltà cattolica. A questa portentosa civiltà si deve tutto quel che ammiriamo e tutto quel che vediamo. I suoi teologi, pur considerati sotto un profilo esclusivamente umano, umiliano i filosofi di ogni tempo; i suoi dottori impongono rispetto per la loro vastissima scienza; i suoi storici sono superiori a quelli antichi per la vastità e la capacità di comprensione del loro sguardo. La Città di Dio di sant'Agostino è ancor oggi il libro più profondo che il genio cattolico abbia offerto agli occhi attoniti degli uomini. Gli atti dei concili, astraendo qui dall'ispirazione divina, sono il più compiuto monumento della prudenza umana. Le leggi canoniche si sono rivelate più provvide di quelle romane e di quelle feudali. Chi ha superato in scienza san Tommaso, in genialità sant'Agostino, in nobiltà Bossuet, in forza san Paolo? Chi è più poeta di Dante, chi ha saputo raggiungere Shakespeare o superare Calderon? Chi, come Raffaello, ha saputo mettere insieme nelle sue opere ispirazione e vita?

    Al cospetto delle piramidi d'Egitto si dirà: «Qui è passata una civiltà maestosa e barbarica». Davanti alle statue e ai templi di Grecia si osserverà: «Qui è passata una civiltà elegante, effimera e raffinata». Davanti a un monumento romano sarà necessario esclamare: «Queste sono le tracce di un grande popolo». Ma dinanzi a una cattedrale, dinanzi a tanta maestà unita a tanta bellezza, tanta grandezza unita a tanto gusto, davanti a una si severa unità in una si ricca varietà, davanti al combinarsi della misura con l'audacia, davanti alla morbidezza della pietra, alla gentilezza degli ornamenti, all'armonia indicibile fra silenzio e luce, tra ombre e colori, non si potrà che dire: «Questa è opera del popolo più grande della storia e della più prodigiosa fra le civiltà; qui sono presenti la maestà degli Egizi, lo splendore dei Greci, la forza dei Romani. Ma sulla forza, sullo splendore e sulla maestà prevale qualcosa di più alto: l'immortale e il perfetto».

    Se si passa dalle scienze, dalle lettere e dalle arti allo studio delle istituzioni che la Chiesa ha vivificato con il suo soffio, ha alimentato con la sua sostanza, con il suo spirito e la sua scienza si incontreranno nuove mirabili realtà. Il cattolicesimo che tutto riferisce e ordina a Dio, trasformando così la suprema libertà in elemento costitutivo dell'ordine supremo e la infinita molteplicità in elemento costitutivo dell'infinita unità si presenta come la religione delle associazioni vigorose, insieme coerenti per affinità di intenti. Nel cattolicesimo l'uomo non è mai solo: per trovare un uomo tristemente solitario - personificazione somma dell'egoismo e dell'orgoglio - è necessario uscire dai confini cattolici. All'interno dell'immenso cerchio di questi confini gli uomini vivono uniti fra di loro, obbedendo all'impulso delle più nobili attrattive. Gli stessi gruppi si compenetrano tra loro, inseriti tutti in un gruppo più universale e comprensivo che permette loro di muoversi con agio nell'obbedienza a una sovrana armonia. Il figlio nasce e vive nell'associazione della famiglia, fondamento divino di ogni umana associazione. Le famiglie si uniscono fra loro secondo la legge della loro origine, e cosi unite formano quei gruppi più vasti che si chiamano classi. Le diverse classi si distinguono per le funzioni alle quali si consacrano: alcune coltivano le arti della pace, altre le mansioni della guerra, chi conquista la gloria, chi amministra la giustizia, chi si dedica all'industria. All'interno di questi gruppi naturali, altri se ne formano in modo spontaneo: quelli, per esempio, che operano per la gloria seguendo uno stesso sentiero, quelli che si dedicano allo stesso ramo dell'industria, quelli che professano una medesima arte; tutti questi gruppi ordinati in classi, e tutte le classi fra sé gerarchicamente disposte, formano insieme la compagine dello Stato, ampia associazione nella quale si muovono liberamente tutte le altre.

    Questo dal punto di vista sociale. Dal punto di vista politico, le famiglie tendono ad associarsi in gruppi di tipo diverso: ogni gruppo di famiglie va a costituire un municipio e questo è l'organo in cui si manifesta la partecipazione in comune al diritto di rendere culto al proprio Dio, di amministrarsi in maniera autonoma, di dar pane ai vivi e sepoltura ai morti. Ogni municipio perciò ha un tempio, simbolo della sua unità religiosa; una sede municipale, simbolo dell'unità amministrativa; un territorio, simbolo della sua unità giurisdizionale e civile; un cimitero, simbolo del suo diritto alla sepoltura. Queste differenti unità costituiscono l'unità municipale, che ha pure il suo simbolo nel diritto a imbracciare le armi e a spiegare al vento la sua bandiera. Dalla varietà dei municipi si forma l'unità nazionale, che a sua volta è simboleggiata da un trono e personificata da un re.

    Al di sopra di tutti questi mirabili sodalizi si trova il sodalizio di tutte le nazioni cattoliche, con i loro prìncipi fraternamente raggruppati nel seno della Chiesa. Tale perfetta e suprema associazione è unità nel suo culmine e varietà nei suoi membri: è varietà nei fedeli sparsi per il mondo e unità nella cattedra santa che splende in Roma, circondata da divini fulgori. Questa cattedra è il centro del inondo, che è rappresentato, in quanto varietà, dai concili generali, e in quanto unità, da colui che è sulla terra unico padre dei fedeli e vicario di Cristo.

    Tutto ciò è varietà suprema, unità somma, società perfettissima. Tutti gli elementi che stridono disordinatamente nelle altre forme di società, si muovono in quella cattolica in modo organico. Il pontefice è re per diritto divino e per diritto umano: l'aspetto divino si vede soprattutto nell'istituzione, quello umano si manifesta soprattutto nella designazione della sua persona fisica: colui che viene designato al pontificato dagli uomini è creato pontefice da Dio. E così come accorda la sanzione umana con quella divina, presenta pure i vantaggi delle monarchie elettive e di quelle ereditarie; delle prime ha la devozione popolare, delle seconde l'inviolabilità e il prestigio. A somiglianza delle prime, la monarchia pontificia è limitata da ogni parte, a somiglianza delle seconde, le sue limitazioni non vengono dal di fuori ma dall'interno, non dalla volontà altrui ma dalla propria; il fondamento delle sue limitazioni è costituito dalla sua carità ardente, dalla sua prodigiosa umiltà e dalla infinita sua prudenza.

    In questa monarchia il re, pur essendo eletto, è venerato e pur essendo aperta a tutti l'ascesa al trono, questa monarchia riesce a restare eternamente in piedi senza che l'insidia delle discordie civili e delle guerre interne possa intaccarne la forza; in questa monarchia il re sceglie i propri elettori, giacché tutti sono eletti ed elettori. È certamente questo un grande e profondo mistero: l'unità genera perpetuamente il molteplice e il molteplice costituisce in perpetuo la propria unità. Come non vedere in ciò un simbolo dell'universale confluenza di tutte le cose? Come non avvertire che questa singolare monarchia è la rappresentazione terrena di Colui che, essendo vero Dio e vero uomo, è a un tempo divinità e umanità, unità e diversità?

    L'occulta legge che presiede alla generazione dell'uno e del molteplice dev'essere la più alta, la più universale, la più perfetta e la più misteriosa di tutte, giacché Dio ha voluto subordinare a questa legge tutte le cose, umane e divine, create e increate, visibili e invisibili. Una nella sua essenza, è infinita nelle sue espressioni; tutto ciò che esiste non sembra aver altro scopo che quello di manifestarla, e ognuna delle cose che sono al mondo la manifesta in modo diverso: in un modo è in Dio, in un altro nel Dio fatto uomo, in un altro ancora nella Chiesa, e poi nella famiglia e nell'universo. Ma è in tutto e in ognuna delle parti del tutto; qui è un mistero invisibile e impenetrabile, lì, pur restando mistero, è un fenomeno visibile e un fatto concreto.

    Accanto al re, il cui ufficio è quello di regnare con una sovranità indipendente e di governare con potestà assoluta, sta un senato perpetuo, composto da prìncipi che ricevono da Dio il loro mandato. Questo senato perpetuo e divino ha funzioni di governo, ma queste non ostacolano, né diminuiscono, né oscurano la suprema potestà del monarca. La Chiesa è la sola monarchia che abbia conservato intatta la pienezza del diritto, restando in continuo contatto con una oligarchia potentissima, ed è pure l'unica oligarchia che, pur soggetta a un monarca assoluto, non abbia conosciuto ribellioni e turbolenze. Come i prìncipi seguono il re, dietro i prìncipi vengono i sacerdoti, investiti di un ministero santissimo. In questa società prodigiosa tutto succede in modo diametralmente opposto a quel che succede nelle associazioni umane. In queste la distanza fra coloro che stanno alla base e coloro che occupano il vertice della gerarchia sociale è così grande che i primi sono tentati di ribellione e i secondi di tirannia.

    Nella Chiesa le cose sono ordinate in modo tale che sono impossibili sia le tirannie sia le ribellioni. La dignità del suddito è così piena che la dignità del prelato consiste in ciò che ha di comune con quella del suddito, piuttosto che in ciò che di speciale comporta la sua figura gerarchica. La maggiore dignità dei vescovi non deriva dal loro essere prìncipi, come quella del Pontefice non deriva dalla sua dignità di re: deriva dal fatto che tanto i primi quanto il secondo sono sacerdoti come i loro sudditi. La loro prerogativa altissima e incomunicabile non risiede nell'esercizio del governo bensì nella potestà di rendere il Figlio di Dio schiavo della loro voce; risiede nell'offrire il Figlio al Padre in sacrificio incruento per i delitti del mondo, nell'essere i tramiti per i quali scende la grazia, nel possesso del sommo e incomunicabile diritto di perdonare e di ritenere i peccati. La loro più alta dignità, per dirla più semplicemente, non sta in ciò che sono tutti ma in ciò che sono soltanto alcuni: non sta nell'apostolato o nel pontificato ma nel sacerdozio.

    Se consideriamo da sola la dignità del pontefice, la Chiesa ci appare come una monarchia assoluta. Se la consideriamo nella sua struttura apostolica ci appare come una potentissima oligarchia. Se osserviamo da una parte la dignità propria a prelati e sacerdoti e dall'altra l'abisso esistente fra il sacerdozio e il popolo, la Chiesa assume i contorni di immensa casta aristocratica. Ma quando si posa lo sguardo sulle moltitudini di fedeli sparsi per il mondo, e si vede che apostolato, pontificato e sacerdozio sono alloro servizio e che nulla in questa società prodigiosa è stabilito in favore di chi comanda ma tutto è per la salvezza di chi obbedisce; quando si riflette sul dogma consolante dell'uguaglianza delle anime, quando si pensa che il Salvatore degli uomini soffrì le ingiurie della croce per tutti e per ciascuno degli uomini; quando si proclama che il buon pastore deve morire per le sue pecore; quando si pensa che fine ultimo dell'azione di tutti i diversi ministeri è la riunione di tutti i fedeli, la Chiesa appare come una democrazia immensa, nell'accezione nobile di questa parola, o, almeno, una società istituita per un fine essenzialmente popolare e democratico. E la cosa più singolare è che la Chiesa è realmente ciò che dà a vedere all'esterno.

    Negli altri ordinamenti queste diverse forme di governo sarebbero fra esse incompatibili, e se per avventura si uniscono in uno stesso Stato, possono farlo solo a condizione di perdere molte delle loro caratteristiche essenziali. La monarchia non può vivere accanto all'oligarchia e all'aristocrazia: la monarchia perderebbe quel che ha di naturalmente assoluto, le seconde quel che hanno di potenza. D'altra parte la monarchia, l'oligarchia e l'aristocrazia non possono convivere con la democrazia senza che questa perda il suo carattere invadente ed esclusivo, né senza che le prime vedano oscurarsi le loro speciali caratteristiche. Esperimenti di questo genere si risolverebbero in un reciproco annullamento.

    Nella Chiesa invece, società sovraterrena, possono combinarsi queste forme di governo, senza nulla perdere della loro originaria purezza e della loro grandezza primitiva. Questo pacifico amalgama di forze tra loro contrarie e di governi la cui unica legge, umanamente parlando, è la guerra, è lo spettacolo più mirabile negli annali del mondo. Se fosse possibile dare una definizione del governo della Chiesa, si potrebbe dire che è un'immensa aristocrazia, diretta da un potere oligarchico posto in mano a un re assoluto il cui ufficio è quello di offrirsi in perpetuo olocausto per la salvezza del popolo. Questa definizione sarebbe il capolavoro delle definizioni, così come la cosa definita è il capolavoro più grande realizzato nella storia.

    Riassumendo quanto fin qui s'è detto, possiamo affermare, senza tema di essere smentiti dai fatti, che il cattolicesimo ha messo ordine e armonia in tutte le cose umane. Codesto ordine, codesta armonia, per quanto concerne l'uomo, stanno a significare che grazie al cattolicesimo il corpo è rimasto soggetto alla volontà, la volontà all'intelletto, l'intelletto alla ragione, la ragione alla fede, e il tutto alla carità che ha la virtù di trasformare l'uomo in Dio, reso puro da un amore senza fine. Per quanto concerne la famiglia, codesto ordine, codesta armonia vogliono dire che grazie al cattolicesimo si è potuto verificare la costituzione delle tre persone costitutive della famiglia, tenute insieme da un medesimo legame amoroso. Circa i governi, stanno a significare che grazie al cattolicesimo sono state santificate l'autorità e l'obbedienza, e si è avuta la condanna sia della tirannia, sia delle rivoluzioni. Circa la società può dirsi che il cattolicesimo pose fine alla guerra fra le caste e diede inizio all'armonia fra tutti i gruppi sociali; che uno spirito di feconda associazione prevalse sull'egoismo e sull'isolamento, e l'imperio dell'amore su quello dell'orgoglio. Circa le scienze, le lettere e le arti, con il cattolicesimo l'uomo poté entrare in possesso della verità e della bellezza, del vero Dio e dei suoi splendori.

    Da quanto detto fin qui risulta infine che con il cattolicesimo apparve nel mondo una società soprannaturale, eccellente e perfetta, fondata da Dio, mantenuta da Dio, assistita da Dio. Tale società è il deposito perpetuo dell'eterna parola di Lui, distribuisce al mondo il pane della vita; non può ingannare né ingannarsi; insegna alle genti ciò che apprende dal suo divino Maestro. In essa si riflettono le divine perfezioni, ed è sublime modello alle società umane.

    Nei capitoli che seguono si dimostrerà che né il cristianesimo né la Chiesa cattolica, che è la sua espressione assoluta, avrebbero potuto operare cose sì grandi, prodigi e mutamenti tanto mirabili, senza l'intervento costante e soprannaturale di Dio, che governa i popoli con la sua provvidenza e l'uomo con la sua grazia.
    SADNESS IS REBELLION

  2. #2
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    Felice di constatare che la pubblicazione di Cortes prosegue.
    “Pray as thougheverything depended on God. Work as though everything depended on you.”

  3. #3
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    Predefinito Rif: LEGGERE INSIEME DONOSO CORTES / 3

    Citazione Originariamente Scritto da UgoDePayens Visualizza Messaggio
    Felice di constatare che la pubblicazione di Cortes prosegue.
    Certo che sì. Anche l'Enciclopedia della Destra prosegue, polemiche permettendo.
    SADNESS IS REBELLION

  4. #4
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    Predefinito Rif: LEGGERE INSIEME DONOSO CORTES / 3

    Facciamo in modo che le chiacchere passino in secondo piano, Florian.
    I contenuti del forum non sono mai stati tanto ricchi.
    “Pray as thougheverything depended on God. Work as though everything depended on you.”

  5. #5
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    Predefinito Rif: LEGGERE INSIEME DONOSO CORTES / 3

    Ancora non ho terminato la lettura di questa settimana, ma una cosa appare oltremodo chiara in queste prime pagine: il legame che lega Cortes alla Chiesa è quanto di più orte esista, e plasma per intero il suo pensiero.

    Questo legame è fatto di un amore viscerale, che porta il nostro autore ad avere per la Chiesa parole stupende, piene di ammirazione e di stupore mistico. Quante volte noi, invece, siamo portati alla critica negativa e distruttiva della Chiesa? E non solo: se provassimo a trasportare il discorso sul piano non più religioso, ma civile, quanti di noi Conservatori realmente criticano la situazione odierna per AMORE della tradizione, per AMORE della propria terra, per AMORE dell'uomo stesso e del creato?

    A volte rischiamo di cadere nel pessimismo semplicemente perché sopraffatti dal negativo.
    Ma ricordiamoci (e Goldwater ce lo insegna benissimo) che prima di tutto noi dobbiamo amare la nostra libertà e la nostra gente, e da questo legame trarre tutta la nostra verve, la nostra forza che ci indirizza alla lotta.
    “Pray as thougheverything depended on God. Work as though everything depended on you.”

  6. #6
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    Predefinito Rif: LEGGERE INSIEME DONOSO CORTES / 3

    Citazione Originariamente Scritto da Florian Visualizza Messaggio
    Dodici pescatori pronunziano le parole che hanno sentito misteriosamente risuonare nelle loro orecchie, e subitamente ne viene scossa la terra: un fuoco insolito pervade le vene della terra, un turbine si abbatte sulle nazioni, strappa le genti alla loro norma quotidiana, sovverte gli imperi, confonde le razze; il genere umano trasuda sangue sotto la pressione divina: e da tutto questo sangue, da tutta questa confusione di razze, nazioni e genti, da questo turbine impetuoso, dal fuoco che pervade tutte le vene della terra, il mondo esce radioso e purificato, ai piedi della Chiesa di nostro Signor Gesù Cristo.

    Questa mistica città di Dio ha porte che guardano verso ogni direzione, a significare la chiamata universale: «Unam omnium rempublicam agnoscimus mundum», dice Tertulliano. Per la Chiesa non esistono né barbari né greci, né giudei né pagani. Vi trovano posto lo scita e il romano, il persiano e il macedone, chi viene dall'Oriente e chi viene dall'Occidente, chi dalle parti del Settentrione e chi dal Mezzogiorno.
    Penso che sia molto istruttivo riflettere su questo brano. Dodici pescatori hanno parlato "parole misteriose" e "subitaneamente ne viene scossa la terra". E' una rivoluzione. La Parola di Cristo "sovverte gli Imperi, confonde le razze". Le umane gerarchie non valgono più, come non valgono più le etnie, le nazioni. La Chiesa è cattolica e ha dunque missione universale, si rivolge ai giudei e ai greci, ai bianchi e ai neri, e travalica le frontiere geografiche stabilendone di nuove, spirituali.

    Questo concetto è fondamentale per comprendere come un cattolico non possa essere al tempo stesso un razzista, perchè Cristo non ha privilegiato una nazione o un popolo, ma ha chiamato a sè tutte le genti.

    Noi di destra siamo abituati ad avere un atteggiamento ostile verso l'universalismo, perchè lo associamo istintivamente al globalismo burocratico socialista. Dunque predilegiamo il particolare, il locale, e ci chiudiamo nelle singole culture.

    Tuttavia il locale e il globale non è detto che debbano necessariamente confliggere. La Chiesa infatti sta in Roma e in tutto il mondo, ha dato radici all'Europa ma la sua azione va molto al di là di questo continente, abbracciando l'America Latina e l'Africa.

    Questa consapevolezza mi porta ad una riflessione sul conservatorismo. Dopo la Rivoluzione francese i conservatori, in opposizione al Bonaparte, difesero il particolare contro l'universale opponendosi all'illuminismo e abbracciando il romanticismo. Lasciando all'Austria-Ungheria la difesa dell'ideale sacro e imperiale.

    Ancor oggi la destra, specie quella più estrema, è protezionista, nazionalista, gelosa delle proprie radici e dei propri steccati.

    Dal dopoguerra ha preso piede però un conservatorismo di tipo nuovo, un conservatorismo liberale, che supera le antiche contraddizioni associando la difesa della tradizione (particolare) con il bisogno di libertà (universale). Dunque niente più vincoli nazionalisti, ma un patriottismo egualitario che guarda al trionfo della libertà presso tutti i popoli. Una posizione questa che lo mette in stretta relazione col cattolicesimo, in quanto la prima, più importante libertà, è la libertà religiosa.

    Ecco dunque che mentre il vecchio conservatorismo antiliberale e paganeggiante agonizza, il cattolicesimo scopre di avere un alleato nel nuovo conservatorismo liberale nell'eterna lotta contro il socialismo laicista. Uno sviluppo delle idee politiche che Donoso Cortes non riuscì a prevedere, ma che Tocqueville invece colse nei suoi studi sull'America democratica, liberale e al tempo stesso fortemente religiosa.
    Ultima modifica di Florian; 18-11-09 alle 20:13
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  7. #7
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    Predefinito Rif: LEGGERE INSIEME DONOSO CORTES / 3

    Ci troviamo di fronte ad un ragionamento complesso ma allo stesso tempo assai semplice ed auto-evidente: la libertà non può che stare nella Verità. Uno dei frutti dell'Illuminismo - che lo si consideri positivo o deleterio - è la libertà di errare, di negare la verità proclamata dalla Chiesa, e di ottenere il pieno diritto di poter diffondere, tramite i giornali, le discussioni pubbliche e i Parlamenti, le proprie personali convinzioni. Il mondo contemporaneo è permeato fin nel profondo da questo "frutto"; la nostra forma mentis si discosta quindi notevolmente dalla visione di Donoso Cortes. Una visione che resta comunque coerente e perfetta in se stessa: come è possibile consentire alla libera diffusione dell'errore? Perchè consegnare ai Parlamenti e alle maggioranze la cosa pubblica, ponendola quindi sotto il giogo del dubbio, della divisione, della volontà satanica?

    E' questo senza dubbio l'annoso problema che ancora oggi non trova soluzione fra chi accetta di convivere con la democrazia e chi, invece, rifiuta integralmente e sdegnosamente la condizione di inferiorità della Verità proclamata dalla Chiesa sposa di Cristo, soggetta ai capricci delle mode e delle opinioni pubbliche, nonchè alle decisioni dello Stato relativista, che mette sullo stesso piano tutte le convinzioni e le posizioni, per far infine prevalere quella maggioritaria, per il solo fatto di esser tale. E' insomma la "dittatura della maggioranza" invisa anche da Edmund Burke, assai critico nei confronti dell'Assemblea rivoluzionaria francese, diretta conseguenza e applicazione delle teorie dei filosofi illuministi.

    Donoso Cortes - e non poteva essere altrimenti - risolve immediatamente la questione, scegliendo senza tentennamenti la via della Verità che non può ammettere libertà fuori da essa. L'autorità del mondo, nelle sue varie forme, si riassume e si distilla nell'autorità di origine divina della Chiesa, suprema custode di ogni conoscenza umana e della teologia. Ma Donoso Cortes non poteva sapere che, nel XX secolo, la stessa Chiesa avrebbe riformato la sua ferrea posizione, ma senza perdere di coerenza e di perfezione. L'appello agli "uomini di buona volontà", l'apertura al mondo contemporaneo, l'abbandono degli strumenti di imposizione coatta, sono stati decisi e approvati proprio dalla Chiesa infallibile immune dall'errore, fonte di Verità. Noi non possiamo che rispettare questi nuovi insegnamenti ed inchinarci ad essi, nella consapevolezza che la Verità non si perde anche se dall'altra parte continua a sussistere l'errore. In se essa continua a rimanere perfetta come fonte di vita e di libertà. Basta solo saperla cogliere, anche se giornali, opinionisti e Parlamenti talvolta cadono nell'errore.

 

 

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