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Discussione: Conservatori nel mondo

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    Predefinito Conservatori nel mondo

    Modificata la Costituzione Ungherese: radici cristiane e difesa della vita e del matrimonio etero.
    La rifondazione dell’Europa comincia dall’Ungheria?
    di Élizabeth Montfort, su Zenit.org del 25.05.2011
    ROMA, (ZENIT.org).- Una rondine non fa primavera, ma uno Stato europeo, e non dei minori, che si dà una Costituzione eurocompatibile che rispetta sia la Carta europea dei diritti fondamentali sia la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è un esempio da seguire.
    Lunedì 18 aprile 2011, in conformità con gli impegni presi dal primo ministro Viktor Orban quando nell’aprile 2010 vinse in modo eclatante le elezioni politiche (2/3 dei seggi alla Camera dei deputati), la Costituzione ungherese è stata modificata nello spirito e nella lettera. Il testo del 1990, adottato subito dopo la caduta del Muro di Berlino, è stato giudicato troppo liberale e ancora caratterizzato da residui comunisti.
    Il potere è stato ripartito tra i tre principali partiti: La Fidesz, partito di centro destra, i cui rappresentanti nel Parlamento europeo fanno parte del Partito Popolare Europeo; I Socialisti, completamente screditati dopo la gesione disastrosa del Primo ministro Ferenc Gyurcsany che aveva mentito sull’entità del deficit del blancio dello Stato, cosa che nel 2008 lo aveva spinto a chiedere al fondo Monetario Internazionale un aiuto di 20 miliardi di euro per salvare il Paese dalla bancarotta; Il partito Jobbik, di estrema destra, che ha come obiettivo la difesa dei valori e dell’identà dell’Ungheria.
    La nuova Costituzione proposta dal Premier e dalla Fidesz è stata approvata con 262 voti contro 44 e una astensione. Il testo è stato approvato dal Presidente della Repubblica ungherese, Pal Schmitt, il 25 aprile scorso ed entrerà in vigore il 1 gennaio 2012. Durante il dibattito in aula l’opposizione non ha espresso alcuna obiezione. Il che non le ha impedito finora di sostenere gli oppositori a questa nuova legge fondamentale.
    Quali sono i cambiamenti della Costituzione :
    1- Il primo riguarda il riferimento alle radici cristiane dell’Ungheria. Il Preambolo dice infatti che «La Costituzione si inscrive nella continuità della Santa Corona» e ricorda «il ruolo del cristianesimo» nella «sua storia millenaria».
    Ci si stupisce delle reazioni negative a questo testo, dato che al momento della redazione del Trattato costituzionale dell’Unione Europea, tutti i paesi membri hanno approvato il riferimento alla nostra eredità cristiana, tranne la Francia.
    La petizione europea, promossa dalla Fondation de Service politique con qualche deputato europeo aveva ottenuto nel 2004 1,4 milioni di firme ed era stata sostenuta da circa 60 associazioni in rappresentanza di 50 milioni di aderenti. Un primato nella storia europea. Questa petizione era stata registrata dalla Commissione sulle petizioni, ma la Commissione europea non si è degnata di darle corso come avviene di solito quando le petizioni vengono registrate.
    Il riferimento alle radici cristiane non è una questione di opinione, ma una verità storica. Bisogna ricordare che la nazione ungherese si è organizzata a partire dal battesimo di Santo Stefano, incoronato re di Ungheria, al punto che chi detiene la sua corona detiene anche il potere. E’ questo il motivo per cui la Corona di Santo Stefano si trova oggi al Parlamento ungherese, il che gli dà la legittimità di fare le leggi.



    2- La seconda modifica riguarda l’unione tra due persone: «La Costituzione protegge l’istituzione del matrimonio, considerato come l’unione naturale tra un maschio e una femmina e come il fondamento della famiglia».
    Questo riferimento riprende, nel suo spirito, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che, nonostante le pressioni per introdurre l’unione tra due persone dello stesso sesso, rimane un testo di riferimento per tutti gli Stati.
    3- La terza modifica riguarda la vita di tutti gli esseri umani prima della nascita: «Dal momento del concepimento, la vita merita di essere protetta come un diritto umano fondamentale» e «la vita e la dignità sono inviolabili », riprendendo in un certo modo il primo articolo della Carta europea dei diritti fondamentali: «la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e protetta».
    Alcuni si sono indignati di questo ritorno all’ordine morale. Dobbiamo dedurne che l’ordine umano è un ordine amorale?
    La nuova Costituzione ungherese è eurocompatibile? si chiedono gli oppositori. Se non lo fosse, allora vorrebbe dire che tutti i testi di riferimento sono lettera morta, considerato che l’Unione europea si è costruita a partire dal rispetto dei diritti dell’uomo la cui universalità è espressa nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948, riconosciuta come patrimonio comune dell’umanità, e non sui diritti astratti e soggettivi rivendicati senza riferimento ad un patrimonio comune.
    MiL - Messainlatino.it: Modificata la Costituzione Ungherese: radici cristiane e difesa della vita e del matrimonio etero.

    Tutti addosso all’Ungheria: fa riforme troppo di destra
    di Roberto Fabbri
    Il Corriere parla del «no degli ungheresi alle leggi di Orban», rammaricandosi che la reazione dell'Europa al «rischio dittatura» sia troppo blanda; la Repubblica esalta gli «Indignati di Budapest», denunciando «tagli alla cultura, leggi liberticide, censura» e assicurando che «la gente» (tutta, evidentemente) «non ci sta»; la Stampa sancisce che l'Ungheria è «avvelenata da un morbo antico», un autoritarismo antimoderno di stampo fascistoide.
    Ricordando il modo distorto in cui la stampa estera era solita presentare ai suoi lettori i governi presieduti da Silvio Berlusconi, sorge il dubbio che anche in questo caso si stia facendo lo stesso tipo di interessata confusione. Perche´ un conto sono le critiche basate su fatti oggettivi, un conto i pregiudizi a senso unico: per esempio, Berlusconi era il (presunto) maniaco sessuale del bunga-bunga, anche per questo assolutamente «unfit to lead Italy», ma si dimenticavano le (niente affatto presunte) eleganti imprese erotiche di Bill Clinton o François Mitterrand. Per non dire dell'Austria dei tempi di Jörg Haider, che i soloni di Bruxelles arrivarono a suggerire di punire per il suo governo di centrodestra non andandoci più in vacanza: nulla da eccepire invece se un partito comunista (magari amico di quello che fino a pochissimi anni prima faceva sparare addosso alla gente a Berlino) partecipava a un governo europeo.
    Ma cos'ha fatto di così allarmante il signor Orbàn da spingere l'Ue a studiare sanzioni contro il suo Paese? Ha cambiato - in base a una procedura parlamentare perfettamente democratica dopo aver stravinto alle urne nel 2010 - la Costituzione e alcune leggi che regolano le elezioni, i media, la cittadinanza ungherese, l'economia. A Bruxelles (ma anche a Washington, come se fosse affar loro e stessero parlando di una Siria qualsiasi) s'indignano e gridano alla democrazia in pericolo.
    Vogliamo vedere nel dettaglio di cosa stanno parlando?
    Nella Costituzione non si parla più di «Repubblica ungherese», ma di «Ungheria», e i guardiani della libertà ci vedono chissà quali sottintesi espansionistici, comprovati dalla concessione della cittadinanza alle minoranze ungheresi residenti nei Paesi limitrofi: ma quando la Germania di Schröder decise di punto in bianco di far diventare tedesco chiunque fosse nato anche per caso nel Paese, dando la cittadinanza a milioni di turchi o arabi che neppure parlano (per propria scelta) la lingua nazionale, a Bruxelles nessuno s'indignò, e parve sgarbato far osservare che i voti di quei nuovi cittadini servirono al Cancelliere per rivincere di striscio le elezioni del 2002.
    In Ungheria non sarà più possibile il matrimonio tra omosessuali, che non risulta (ancora) essere un obbligo per alcun Paese europeo.
    Viene definita «vita umana» quella che inizia col concepimento, concetto almeno altrettanto rispettabile di quello sostenuto da quanti pretendono che essa cominci più avanti, anche se non sanno dire quando.
    La legge inasprisce il controllo del governo sui media, ma nessuno ricorda che la Germania infligge a chi infrange le sue leggi sui media multe ben più pesanti; o che in Francia e in Italia esiste un ente incaricato di vigilare sui media: proprio come in Ungheria. Ma solo l'Ungheria viene messa sulla graticola europea per «autoritarismo».
    Più condivisibili sono le critiche in ambito economico. Le leggi volute da Orbàn pongono sotto il diretto controllo del governo la Banca Centrale. E sarebbero anche affari interni ungheresi, non fosse che il Trattato dell'Ue prevede l'indipendenza delle banche centrali nazionali. Poi c'è la questione delle politiche economiche di Budapest, che stanno affondando il fiorino. Ma qui semmai è questione di capacità tecnica: e saranno comunque gli ungheresi a decidere chi li deve governare, non la Commissione Europea o la signora Clinton.
    Tutti addosso all’Ungheria: fa riforme troppo di destra - Esteri - ilGiornale.it

    Ungheria: Orban, su Banca centrale aperti a proposte concrete
    Per il premier populista-conservatore ungherese, Viktor Orban, la legge controversa sulla Banca centrale, oggetto di critica da parte dell'Ue e del Fondo monetario internazionale (Fmi), è assolutamente conforme ai Trattati europei, anche se il suo governo è aperto ad ogni modifica, se la Commissione europea indicherà proposte concrete.
    "Finora non hanno detto quali punti o articoli della legge siano incompatibili con il diritto europeo", ha osservato Orban in una intervista all'agenzia di stato Mti. Riferendosi alla trattativa che l'Ungheria intende avviare con il Fmi per un aiuto finanziario, Orban ha sottolineato di essere pronto ad accettare le condizioni del Fondo, sia per quanto riguarda la legge sulla Banca centrale, sia, in generale, per la politica economica del governo, definita non-ortodossa.
    L'Ungheria, secondo gli analisti, ha bisogno di un piano di salvataggio da parte del Fmi e dell'Ue per un ammontare intorno ai 15-20 miliardi di euro. Il fiorino, in forti difficoltà, la settimana scorsa ha toccato il record negativo di 324 unità contro un euro, i titoli di stato ungheresi trovano acquirenti solo al tasso elevatissimo di oltre il 10% per quelli a dieci anni, un prezzo insostenibile per l'economia ungherese.
    Per Orban la caduta del fiorino sarebbe in realtà il risultato di una speculazione internazionale, mentre le agenzie di rating, che hanno declassato il debito sovrano ungherese a spazzatura, sbagliano, e presto correggeranno le loro valutazioni. E alle critiche della stampa internazionale contro il suo regime, instaurato con il varo della nuova Costituzione, Orban ha risposto con un rifiuto totale: le critiche infatti sono a suo avviso il risultato della propaganda dei socialisti all'opposizione.
    Ungheria: Orban, su Banca centrale aperti a proposte concrete - Milano Finanza Interactive Edition

    Viva l’Ungheria libera
    Il governo ungherese di Orban è sotto assedio. I poteri fortissimi, Fondo monetario internazionale e Bruxelles, cercano di assediarlo e di farlo cadere. La colpa dell’Ungheria è quella di avere una nuova costituzione, in difesa della vita e di non accettare diktat dall’esterno: l’Ungheria agli ungheresi. Il grande Fratello mondiale non può accettare queste manifestazioni di libertà. Ieri erano i carri sovietici, a minacciare l’Ungheria, oggi sono i detentori del denaro, i figli di Mammona, a mettere in sacco un paese, cercando di farlo impoverire, per poi controllarlo. Di seguito un articolo del Foglio:
    La marcia di Berlioz su Bruxelles
    L’ungherese Viktor Orban contro l’Ue e il “socialismo gulash”
    “Bruxelles non è Mosca”, ha scandito il premier ungherese Viktor Orban inaugurando una mostra alla Galleria di Budapest. Vi figura un ritratto di Imre Nagy, l’eroe della rivolta contro i carri armati sovietici di cui il primo ministro organizzò il funerale postumo nel 1989. La sfida di Orban è soprattutto all’europeismo ideologico.
    Già leader dei dissidenti antisovietici, Orban propone oggi una “rapsodia capitalistica” contro il “socialismo gulash”, come András Lánczi, teorico liberale ungherese, ha definito le politiche socialdemocratiche che hanno fatto sprofondare il paese nella stagnazione. Persino János Kis, ex dissidente che oggi battaglia con il premier, ha detto che la causa della vittoria di Orban è stata la débâcle della sinistra al potere dal 2002 al 2010. “Nessuno al mondo può dirci come dobbiamo legiferare”, ha risposto Orban, forte di due terzi del Parlamento, al Fondo monetario e al presidente della Commissione europea.
    La rapsodia di Orban è nota come “kuruc”, dall’insurrezione antiasburgica del principe Francesco II Rákóczi che ispirò la “Marcia ungherese” di Berlioz. Nella nuova “Costituzione di Pasqua”, che sostituisce quella d’epoca sovietica, la dicitura “Repubblica d’Ungheria” lascia il posto alla sola “Ungheria”. La Costituzione riduce le denominazioni religiose che godono di benefici pubblici (cattoliche, protestanti, ebraiche e ortodosse), limitando l’espansione della setta Scientology. Orban restituirà alle chiese quel che è stato espropriato in era comunista. Unica in Europa, la Costituzione tutela la “vita dal concepimento”. Fra i leader del Partito popolare europeo, Orban è contro la decisione del Consiglio d’Europa che chiede agli stati membri di “garantire il diritto d’aborto”. Contro il denatalismo post comunista che ha portato l’Ungheria ad avere i tassi di nascita fra i più bassi del mondo, Orban sosterrà la maternità al grido di “Pacem in Utero” (pace nell’utero)…


    La nuova Costituzione Ungherese parla di Dio: riconosciuto ruolo e importanza del Cristianesimo, difesa di famiglia e della vita umana
    Negli anni scorsi dall'Ungheria erano giunte già diverse buone notizie in ambito religioso-liturgico:
    - il pontificale in Rito Antico del Vescovo Ausiliare di Vac presso la Basilica di Mátraverebély-Szentkút (10 aprile 2010);
    - la esemplare decisione dell'episcopato ungherese di obbedire al Papa e di procedere alla correzione del Messale N.O. del pro multis (da "mindenkiért" a "sokakért") (06 ottobre 2011);
    - la celebrazione di SS. Messe in Rito Antico per i militari ungheresi (23 dicembre 2011).
    Ma quella del 1° gennaio 2012 è oltremodo straordinaria, se pur riguarda un fatto politico.
    E' entrata in vigore la nuova Legge Fondamentale dell'Ungheria (equivalente alla nostra Costituzione), con le modifiche "cristiane", che erano state proposte dal Premier V. Orban e dalla Fidesz i mesi scorsi.
    La Costituzione era stata approvata con 262 voti favorevoli, 44 contro e 1 astensione. Il testo era stato poi promulgato dal Presidente della Repubblica ungherese, Pal Schmitt, il 25 aprile 2011 e sarebbe entrato in vigore, appunto, il 1° gennaio 2012.
    Nel nostro post in cui ne davamo notizia illustravamo i cambiamenti di fondo e di principio, e le peculiarità cristiane introdotte.
    Oggi vi proponiamo direttamente il testo di cui parlammo e le modifiche salienti e di nostro maggior interesse.
    Non servono commenti per esprimere la gioia nel leggere che da qualche parte in Europa l'orgoglio Cattolico non è fonte di vergogna o, peggio, bandito, che un popolo si dichiari orgoglioso di essere cristiano cattolico e che invochi la benedizione di Dio.
    Roberto
    "Preambolo (omissis)

    Dio benedica gli ungheresi!
    [...]
    Siamo orgogliosi che il nostro re Santo Stefano abbia costituito lo Stato ungherese su un terreno solido e reso il nostro paese una parte dell'Europa cristiana mille anni fa.
    [...]
    Riconosciamo il ruolo del cristianesimo nel preservare la nazione. Apprezziamo le varie tradizioni religiose del nostro Paese.
    [...]
    Noi non riconosciamo la sospensione della nostra Costituzione storica a causa di occupazioni straniere. [...] Noi non riconosciamo la costituzione comunista del 1949, dato che era la base per il dominio tirannico.

    articolo L
    (1) L'Ungheria proteggere l'istituto del matrimonio come l'unione di un uomo e una donna stabilito dalla decisione volontaria, e la famiglia come base della sopravvivenza della nazione.(2) L'Ungheria incoraggia l'impegno di avere figli.
    [...]

    LIBERTA 'E RESPONSABILITA'
    articolo II
    La dignità umana è inviolabile. Ogni essere umano ha il diritto alla vita e alla dignità umana, la vita embrionale e fetale sono soggette alla protezione dal momento del concepimento."
    MiL - Messainlatino.it: La nuova Costituzione Ungherese parla di Dio: riconosciuto ruolo e importanza del Cristianesimo, difesa di famiglia e della vita umana








  2. #2
    the dark knight's return
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    Predefinito Rif: Conservatori nel mondo

    ottime notizie
    "Cecchi ...Paone ha dichiarato che ci sono due gay in squadra. Prandelli mi ha detto che mi facevate questa domanda. Se ci sono dei froci i problemi sono loro, io spero non ce ne siano".
    Antonio Cassano 99

  3. #3
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    Predefinito Rif: Conservatori nel mondo

    CAMERON: LA TOBIN TAX NON E’ ROBIN HOOD
    di STEFANO MAGNI
    Fareste spegnere un incendio da un piromane? No? E allora perché mai le istituzioni europee dovrebbero poterci salvare dalla crisi, imponendo una nuova tassa?
    Questo è sicuramente quel che deve aver pensato il premier britannico David Cameron, quando è stata ventilata, di nuovo, la proposta europea di una tassa sulle transazioni finanziarie. Oggi come oggi, il Regno Unito è l’unico Paese che rifiuta, per principio, l’idea di una Tobin Tax europea. In caso di scontro, però, sa di avere dalla sua parte anche la Svezia.
    Nicolas Sarkozy, presidente francese, la pensava allo stesso modo. Fino a qualche anno fa. Adesso, invece, assieme ad Angela Merkel è uno dei due sponsor più attivi della nuova tassa. A Cameron, comunque, è bastato sventolare una minaccia di veto per far arretrare di qualche passo la cancelliera tedesca. Berlino appoggerà l’iniziativa solo se tutti e 27 i membri dell’Ue saranno d’accordo.
    Nel 2001, l’anno del disastroso G8 di Genova, la Tobin Tax era la proposta principale dei no-global: sottrarre una percentuale di ogni transazione finanziaria per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Oggi è diventata una meta dell’Unione Europea.
    Perché allora la Svezia e il Regno Unito si oppongono, rischiando un linciaggio morale su scala continentale? Prima di tutto: sanno come funziona realmente la Tobin Tax. La Svezia ha sperimentato una tassa analoga trent’anni fa. E questo è quel che è successo: “Quando la Svezia iniziò a tassare le transazioni finanziarie, negli anni ’80 – ha spiegato il ministro delle Finanze Anders Borg – tra il 90 e il 99% del mercato di bond, equities e derivati è fuggito da Stoccolma a Londra. Ci ha fruttato ben poche entrate fiscali, in compenso ha fatto uscire gran parte dei capitali dal Paese”.
    In questi giorni, il cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, sta ripetendo gli stessi concetti: una Tobin Tax europea farebbe fuggire la finanza dalla City londinese verso altre piazze, quali Zurigo, New York e Hong Kong.
    Seconda ragione: siamo sicuri che sia così “morale”? In caso di incendio, come si diceva all’inizio, si chiamano i pompieri, non il piromane. La crisi europea è stata causata da una spesa pubblica insostenibile. Al punto che Stati come la Grecia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo (in una certa misura, ancora l’Irlanda) rischiano la bancarotta. La Francia, che pure impartisce lezioni di morale, a sua volta non ha i conti in regola. Alla fine dell’anno scorso, le previsioni europee sulla Francia non erano confortanti: il deficit crescerà al 5,3% nel 2012 e calerà al 5,1% nel 2013. Comunque resterà superiore ai parametri consentiti. Il debito pubblico è già ora l’87,6% del Pil, nel prossimo anno aumenterà (secondo lo stesso governo Fillon) di 9,4 punti percentuali avvicinandosi a un allarmante 100%. Per il prossimo anno la Francia potrebbe registrare una crescita del Pil prossima allo zero: 0,9, secondo le previsioni di Parigi. E Nicolas Sarkozy (casualmente?) da oppositore quale era, è diventato un acceso sostenitore della Tobin Tax. La Germania appare più solida. Appare. Ma rischia anch’essa una crisi bancaria.
    Nessuno è realmente sicuro su come i soldi della Tobin Tax verranno usati. Andranno veramente ai “poveri” o a riempire le casse di Paesi europei entrati in crisi?
    “Non è una sorpresa che la Francia e la Germania siano d’accordo su questa tassa – ironizza Nigel Farage, leader del partito euroscettico Uk Independence Party –. Perché mai non dovrebbero esser d’accordo sul razziare il Regno Unito per finanziare i loro fallimenti?”.
    La Tobin Tax è stata, spesso e volentieri, presentata come un salvifico Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Nei primi anni 2000 circolava anche un fumetto “Tobin Hood e Fra’ Tax”, molto in voga nei centri sociali. Ma si dimentica sempre un dettaglio: Robin Hood restituiva ai sudditi le tasse ingiustamente estorte loro dallo sceriffo di Nottingham. Oggi, se fosse vivo, Robin Hood non sarebbe contento di vedersi paragonato a una tassa. Per di più: imposta ai sudditi britannici da sovrani stranieri.
    CAMERON: LA TOBIN TAX NON E’ ROBIN HOOD | L'Indipendenza



    DITTATURA EUROPEA. IN UNGHERIA SONO INIZIATE LE MANOVRE PER ELIMINARE UN GOVERNO VOLUTO DAL POPOLO - di Paolo Deotto
    E la nostra stampa, disciplinatamente, fa la sua piccola e sporca parte
    di Paolo Deotto
    Se qualche anima bella non ha ancora ben chiaro cosa succede in Europa, e cosa è appena successo in casa nostra, dove la burocrazia bancaria e massonica della UE è al comando, tramite il governo killer di Monti, andiamo a guardare cosa sta accadendo in questi giorni in Ungheria.
    È bene premettere che in Ungheria nel 2010 è accaduto un fatto terribile: ci sono state le elezioni politiche e ha vinto, ampiamente, il partito Fidesz, guidato da Viktor Orban, che è così divenuto, per la seconda volta, Primo Ministro.
    Il 18 aprile dello scorso anno il Parlamento ungherese, dove la maggioranza detiene i 2/3 dei seggi, ha approvato il testo della nuova Costituzione dell'Ungheria.
    Fin qui, potremmo dire, che c'è di strano? Uno Stato sovrano – l'Ungheria – porta al Governo, con libere elezioni, chi più gli aggrada. Finché vogliamo continuare a parlare di democrazia, dobbiamo accettare che il popolo possa liberamente decidere il proprio destino.
    Già, ma parlavamo di fatto terribile non a caso. Perché questa fantastica Unione Europea (proprio in questi giorni “celebriamo” il decennale dell'euro, che ci ha premesso di vivere tutti molto peggio di prima...) non si limita ad essere una potente organizzazione bancaria e finanziaria, ma si è anche autonominata custode delle coscienze e insindacabile giudice del Vero e del Falso, del Bene e del Male. La UE insorse già nello scorso aprile, perché la nuova Costituzione ungherese diceva cose terribili e spaventose. A questo proposito pubblicammo un articolo dal titolo “Orrore, orrore. La nuova costituzione ungherese parla di Dio”. In questo articolo facevamo un'elementare previsione: “Non dubitiamo che le forze sane, laiche e democratiche, scenderanno al più presto in lotta. Però, per ora, sono annichilite dall’orrore, vetrificate dallo sdegno”.
    Le novità introdotte in Ungheria dalla nuova Costituzione non rappresentano che il ritorno a una razionalità elementare, nonché il riconoscimento che la Nazione ungherese è una nazione cristiana. In particolare vorremmo sottolineare che in Ungheria viene introdotto (o meglio, ripristinato) il controllo statale sull'attività della Banca Centrale. Attenzione, signor Orban, in questo modo Lei rischia la pelle, perché tocca interessi enormi!
    Ebbene, le forze sane laiche democratiche eccetera hanno iniziato a scendere in campo con manifestazioni di piazza, e col viatico eccellente della signora Clinton, segretario di Stato del Paese guidato dal bombarolo Obama. I commissari europei hanno gridato forte e alto il loro sdegno, e l'Ungheria ora rischia di subire sanzioni.
    Salvo errore, non si è ancora pronunciato il vecchio comunista Napolitano (forse causa le festività natalizie), che in genere rilascia dichiarazioni su tutto per otto giorni alla settimana. Attendiamo, anche perché lui è un esperto su come rimettere in riga gli ungheresi che vogliano essere liberi e indipendenti.
    Vedremo se il signor Orban, che non ha ancora cinquant'anni, verrà a breve accusato di scandalosa vita (pro memoria: attualmente in Europa si parla di scandalo se a un uomo piacciono le donne. Se siete omosessuali, transessuali, chissacosasessuali andate tranquilli, non rischiate nulla). Non sappiamo se Viktor Orban sia ricco o povero, se abbia conflitti di interesse, o che altro. Ma sono dettagli. Le accuse si trovano sempre, basta inventarle. Possiamo solo augurarci, per il bene e la libertà dell'Ungheria, che in quel Paese ci sia una magistratura seria.
    La piazza si agita, e anche un bambino scemo sa che le piazze si agitano quando sono ben organizzate e orchestrate. In casa nostra i mezzi di informazione (fatte sempre le solite debite, ma purtroppo scarse, eccezioni) si accodano disciplinatamente.
    Il Corrierone ci informa che in piazza sono scesi ben 70.000 ungheresi, e forse si fa prendere un po' la mano, visto che un altro foglio di regime, il “Fatto” parla di trentamila. Ma ecco che un altro giornale allineato, L'Unità, ci informa di un fatto terribile, agghiacciante, degno di una cooperativa tra Dario Argento ed Edgar Allan Poe: Viktor Orban è amico di Berlusconi!
    Morale della favola: gli ungheresi si sono dati il Governo che hanno voluto, le elezioni politiche si sono tenute regolarmente, nessuno a suo tempo ha parlato di brogli elettorali, o simili faccende. A questo punto accade che la maggioranza nata dalle elezioni faccia il suo mestiere, ossia pretenda di governare il Paese.
    Ma c'è un particolare: la democrazia in Europa è ormai in fase terminale. La volontà popolare non ha alcun peso. Se un Governo regolarmente eletto adotta una politica che non è ossequiente verso quel mix diabolico di banche, poteri forti, interessi finanziari, in buona parte tra loro legati dal comune grembiulino, quel governo è destinato a morire. Se poi, nel caso specifico dell'Ungheria, quel governo pretende al contempo di ricordare le radici cristiane del Paese e di limitare lo strapotere della grande finanza, riportando sotto il controllo statale l'attività della Banca Centrale, la catastrofe è totale.
    Sono, purtroppo, prevedibili giorni molto duri per l'Ungheria. Il fuoco di artiglieria mediatico è già iniziato. Gli ungheresi, quella gran maggioranza che ha portato Orban al Governo, non i 30 o 70.000 che ora vengono inquadrati in piazza a urlare, saranno attaccati impietosamente, né sappiamo se potranno continuare ad avere il Governo che, lo ripetiamo, hanno liberamente scelto.
    Ma le libere scelte dei popoli, i fatti lo dimostrano, non valgono nulla per il megapotere europeo…
    Dio aiuti l'Ungheria. E anche l'Italia.
    Riscossa Cristiana

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    New York: ragazza 18enne uccide i rapinatori
    New York. «Sono totalmente a favore delle ragazze con la pistola». Così Sarah Palin l'eroina dei Tea Party antitasse ha commentato il gesto di una ragazza di 18 anni dell'Oklahoma, rimasta vedova il giorno di Natale, che il primo dell'anno ha ucciso un uomo armato entrato in casa sua per rapinarla. «Amo quella giovane donna», ha scritto la Palin in una email inviata al National Review Online.







    Sarah McKinley, è stata al centro di una vicenda drammatica. Suo marito è morto per un tumore il giorno di Natale lasciandola con un bambino di tre mesi. È stata subito presa di mira da due balordi che miravano ai potenti antidolorifici di cui aveva piena la casa a causa della malattia del marito. Prima si sono introdotti in casa il giorno del funerale. Poi sono tornati la notte di Capodanno armati di coltello.
    «Sono qui da sola con il mio bambino neonato, ho due armi in mano, posso sparare se entrano?», ha chiesto Sarah al 911 mentre i due uomini tentavano di forzare la porta. «Non posso dirle cosa si può fare, ma deve proteggere il suo bambino», è stata la risposta dell'operatore del pronto intervento.
    Quando Justin Shane Martin, 24 anni, ha sfondato la porta lei ha fatto fuoco uccidendolo. La ragazza non sarà incriminata per l'assassinio, perchè per la polizia ha agito per legittima difesa. Ad essere imputato di omicidio, anche se non ha sparato a nessuno, è stato invece Dustin Louis Stewart, 29 anni, complice del giovane ucciso. Per la legge americana infatti chi partecipa ad un crimine in cui uno dei colpevoli muore, può essere incriminato anche senza aver commesso il fatto.







    Ted Nugent, chitarrista conservatore, lancia linea di munizioni
    Ted Nugent, il chitarrista ultraconservatore statunitense appassionato di caccia, barbeque e fucili, avrà presto anche una bella linea di munizioni. Mentre molti artisti si battono per l'ambiente, si impegnano contro l'Aids, danno una mano a combattere i cambiamenti climatici, il Motor City Madman non ha trovato di meglio che allearsi all'azienda Pierce Munitions per dei proiettili ad hoc. Il musicista di Detroit elenca tra i suoi hobby l'abbattimento di alci e orsi in Canada e di cervi in Wisconsin.
    Ted, fonte di ispirazione per il movimento straight edge, ha riferito che le munizioni saranno disponibili per vari calibri entro la fine del prossimo giugno. Il musicista, che ovviamente è un fautore della liberalizzazione delle armi e da anni sostiene posizioni contro l'uso delle droghe e alcol, ha detto che la linea di munizioni da lui firmata può essere usata anche per pistole, vari fucili e, per chi sentisse il bisogno di un calibro devastante, pure per la Magnum 44.
    Lo scorso 3 gennaio, negli USA, è iniziata la nuova stagione della trasmissione televisiva "Ted Nugent Spirit of the Wild" su Outdoor Channel. Tra le ultime novità dello store del suo sito, il chitarrista propone cubetti di ghiaccio a forma di bombe a mano.
    √ Ted Nugent, chitarrista conservatore, lancia linea di munizioni - Rockol












    L’UE PRONTA AD INVADERE L’UNGHERIA
    STEFANO MAGNI
    L’Unione Europea si prepara a invadere l’Ungheria. Non muoverà i carri armati, come ha fatto l’Urss nel 1956, quando Budapest aveva cercato di insorgere contro il dominio sovietico. Bruxelles userà armi non violente, ma altrettanto efficaci. L’arma economica innanzitutto: viene messo in dubbio il prestito di Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale (fra i 15 e i 20 miliardi di dollari), necessari per salvare lo Stato centro-europeo dal default. L’effetto non si è fatto attendere. E’ bastata la diffusione della notizia della possibilità di un mancato accordo per mandare all’aria l’asta dei buoni del tesoro ungheresi.
    Poi c’è l’arma politica: Bruxelles potrebbe imporre sanzioni. La procedura d’infrazione consiste in: multe salate per ogni giorno di mancata messa in regola. Cosa che darebbe il colpo di grazia a un’economia già debole.
    L’Ungheria si è associata all’Ue nel 2004 dopo un referendum popolare. A cui, però, aveva partecipato il 45% degli aventi diritto: meno della metà della popolazione adulta. Budapest ha le sue responsabilità: se avesse tenuto i conti in ordine, a quest’ora la sua esistenza non dipenderebbe da un prestito miliardario europeo. Tuttavia, questo linciaggio, mediatico, economico e politico ha una marcia in più. L’Ue non si accontenta di comportarsi come un qualsiasi creditore, che diffida giustamente del debitore disonesto. Bruxelles vuol cambiare la testa degli ungheresi, li vuole “moralizzare”. Quel piccolo Paese cattolico sta diventando un banco di prova, un test della capacità di centralizzazione delle nuove istituzioni comunitarie.
    Non è solo un caso che il braccio di ferro fra Bruxelles e Budapest sia iniziato l’estate scorsa, non su una questione economica, bensì su una battaglia etica. Sui manifesti contro l’aborto che il partito di maggioranza Fidesz, di Viktor Orban, aveva affisso per le strade del Paese, usando anche fondi comunitari. “Gli Stati membri dell’Unione Europea non possono usare i fondi comunitari per pubblicità contro l’aborto, aveva intimato Viviane Reding, vicepresidente della Commissione. Per tale motivo, l’esecutivo dell’Unione Europea ha chiesto a Budapest di rimuovere tutti i manifesti, se non vuole incorrere in sanzioni finanziarie”. Vi sarebbe stata altrettanta fermezza se quei manifesti fossero stati pro-aborto? Il contribuente laico ha diritto di indignarsi quando sa di pagare una campagna anti-abortista che non condivide. Ma il contribuente cattolico non avrebbe, a questo punto, altrettanti diritti? Misteri dell’Unione Europea.
    L’altro motivo di indignazione internazionale riguarda la nuove legge costituzionale sulla stampa, vista come l’anticamera di una dittatura. Ora, se noi leggiamo la nuova Costituzione ungherese, entrata in vigore il primo giorno di quest’anno, troviamo questi principi: “L’Ungheria riconosce e difende la libertà di stampa e il suo pluralismo” (Articolo IX, paragrafo 1). Cosa c’è che non va? Il paragrafo 2 recita “Le regole dettagliate per la libertà di stampa e l’organo di supervisione dei media, dei prodotti editoriali e del mercato delle comunicazioni, sarà regolato con una legge fondamentale”, che alla fine si è rivelata restrittiva, perché vieta la pubblicazione di articoli “lesivi dell’interesse pubblico”. Ma questa è una norma promulgata dal governo attualmente in carica, non un principio costituzionale immutabile. C’è bisogno di un intervento europeo? D’altra parte anche la nostra Costituzione recita: “Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni” (Articolo 21, comma 7). Eppure nessuno ha mai proposto sanzioni contro l’Italia.
    Si dice che la nuova legge fondamentale ungherese violi il principio della divisione dei poteri. Strano. Perché all’Articolo C, paragrafo 1, leggiamo: “Il funzionamento dello Stato ungherese si fonda sulla divisione dei poteri”.
    Si dice anche che la nuova costituzione incoraggi l’intervento dell’esecutivo nella politica monetaria della banca centrale (come se gli altri governi europei non fossero mai intervenuti nelle loro, prima dell’introduzione dell’euro…) e incoraggi una gestione sconsiderata dei conti pubblici. Ancora più strano. Perché all’Articolo N, paragrafo 1, troviamo una legge molto severa in proposito: “L’Ungheria deve rispettare i principi del pareggio di bilancio e di una sua gestione trasparente e sostenibile”.
    Cosa c’è che proprio non va nella nuova legge fondamentale dello Stato ungherese? Forse un paio di passaggi del preambolo: “Non riconosciamo la costituzione comunista del 1949, fonte di un governo tirannico” e “Stabiliamo che, dopo decenni di decadenza morale nel Ventesimo Secolo, abbiamo un perenne bisogno di un rinnovo spirituale e intellettuale”.
    Gli ex padroni di Mosca, solo per queste parole, avrebbero invaso l’Ungheria. Molti loro ex amici che siedono a Bruxelles e Strasburgo (e avrebbero accolto a braccia aperte l’Armata Rossa), vorrebbero fare altrettanto. Se solo potessero.
    L’UE PRONTA AD INVADERE L’UNGHERIA Demonstration against Hungary's new constitution

    A Budapest stanno lottando anche per noi
    di Riccardo Cascioli
    Il brutale attacco delle istituzioni europee all’Ungheria e il recente vertice franco-tedesco impongono una domanda sull’Unione Europea: su cosa è adesso, su cosa vuole diventare.
    Da una parte – con il falso pretesto di una deriva autoritaria – si cerca di imporre a un paese membro dell’Unione Europea valori (o disvalori) di riferimento decisi a Bruxelles. Dall’altra abbiamo due paesi – come Francia e Germania - che si autoproclamano la guida dell’Unione, l’asse portante.
    Potrebbe sembrare che si tratti di due fenomeni opposti, ma in realtà non è così, anzi: sono due facce della stessa medaglia, ovvero l’affermarsi di una visione “centralista” della Ue che nega l’identità e la peculiarità di ciascun Stato membro.
    Nel caso dell’Ungheria a dover preoccupare è la campagna denigratoria scatenata contro il governo di centro-destra dai burocrati di Bruxelles e dalla grande stampa europea: con il pretesto di alcune misure discutibili, in realtà nel mirino ci sono i princìpi fondamentali della Costituzione ungherese: la rivendicazione delle radici cristiane, la promozione della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo con una donna, la difesa della vita. Quello che si persegue è perciò una omologazione culturale che ha come punto di riferimento i (dis)valori dominanti nei paesi nordeuropei e propugnati dalle sinistre. Nel secondo caso abbiamo due paesi – per quanto importanti essi siano – che si arrogano il diritto di indicare per tutti quali scelte economiche e politiche adottare; e perfino di decidere la legittimità o meno dei governi di altri Stati membri (il caso dell’Italia è esemplare).
    In altre parole siamo di fronte a un processo di omologazione sia sul piano culturale sia sul piano più strettamente politico ed economico che è la negazione stessa dell’idea originaria di Unione Europea, in cui le differenze e le peculiarità di ogni singolo Stato dovrebbero essere fonte di arricchimento reciproco. E dove l’identità religiosa e culturale di ciascun popolo è il fondamento su cui costruire la casa comune.
    Se le pretese franco-tedesche ostacolano non poco il processo di integrazione europea, è però il caso dell’Ungheria a essere decisivo per il nostro futuro e per la nostra libertà. Forse non ne sono consapevoli neanche loro stessi, ma gli ungheresi – nel difendere la propria identità - stanno combattendo anche per noi. E meritano la nostra solidarietà.
    La Bussola Quotidiana quotidiano cattolico di opinione online: A Budapest stanno lottando anche per noi

  5. #5
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    Predefinito Rif: Conservatori nel mondo

    Orban, costituzione segue tradizione

    'Non ci vergogneremo mai di nostro orgoglio nazionale'


    Il premier ungherese Viktor Orban ha difeso in un'intervista la nuova controversa costituzione del suo Paese: ''E' basata sulle fondamenta della nostra societa' ungherese - ha detto -. Cristianesimo, famiglia, responsablita' personale... l'Ungheria non si vergognera' mai del suo orgoglio nazionale, un sentimento di cui l'Europa avrebbe bisogno... Questi principi di base si sono attirati violenti attacchi dalla sinistra internazionale. Peccato che siano andato cosi' avanti in Europa''.


    Orban, costituzione segue tradizione - Esteri - Virgilio Notizie
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  6. #6
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    Predefinito Rif: Conservatori nel mondo

    le notizie dall'Ungheria e Inghilterra sono ottime la Palin mi sta sulle scatole perchè la ritengo inconsistente e rozza, ignorante della politica estera e degli equilibri del mondo, credo che se fosse al potere sarebbe capace di scatenare una guerra contro l'Iran
    Ultima modifica di FrancoAntonio; 19-01-12 alle 20:45

  7. #7
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    Predefinito Rif: Conservatori nel mondo

    Citazione Originariamente Scritto da Candido Visualizza Messaggio
    la Palin mi sta sulle scatole perchè la ritengo inconsistente
    A me invece sembra consistente……molto consistente…

    http://1.bp.blogspot.com/_fRSUwzBdyB...hPalinTits.jpg



    Pelo e controPalin
    di Gennaro Esposito
    L'ex candidata alla vicepresidenza americana Sarah Palin si scaglia contro il settimanale Newsweek e lo fa attraverso il suo profilo Twitter. All'ex Governatrice dello Stato dell'Alaska non è andato giù che il noto settimanale - che sta cercando di acquisire quote di mercato diventando, dopo un periodo tribolato conclusosi con un sofferto cambio di proprietà, la rivista di riferimento per la sinistra americana - abbia dedicato la copertina ad un articolo di Andrew Sullivan dal titolo " Perché gli oppositori di Obama sono così stupidi?".
    Ma la Palin, paladina della destra americana nonché tra le figure di maggior rilievo del movimento Tea Party, che certamente non può aver gradito unacover-story così apertamente a sostegno dell'attuale Presidente americano, si è in realtà scagliata prevalentemente contro l'autore dell'articolo: quell'Andrew Sullivan con cui la Palin si era già trovata a scontrarsi alcuni anni fa.
    Andrew Sullivan, pioniere del weblogging, è un giornalista e scrittore anglo-americano famosissimo e seguitissimo negli USA soprattutto attraverso il proprio blog "The Dish" nel quale pubblica numerosi articoli di analisi politica. Pur dicendosi conservatore, nel corso della campagna presidenziale del 2008 appoggiò la candidatura di Barack Obama ( che continua a sostenere, come dimostrano gran parte dei suoi articoli). Fu proprio in questa occasione che nacquero i primi contrasti con la Palin.
    Dopo l'annuncio del candidato alle presidenziali del 2008 John McCain di aver scelto proprio la governatrice dell'Alaska quale sua vicepresidente, infatti, Sullivan iniziò a spulciare nella vita pubblica e privata della Palin sostenendo anche le voci infondate secondo cui la rappresentante repubblicana non avrebbe in realtà dato alla luce il suo quinto figlio Trig, nato proprio nel 2008. Affermazione sconcertante che lo stesso Sullivan, qualche giorno dopo, si affrettò a smentire pubblicando alcune foto in cui la Palin era ritratta chiaramente incinta a pochi giorni dal parto.
    Il riferimento a questo articolo è chiaro nel "cinguettio" della Palin la quale, lanciando un messaggio al Newsweek, ha scritto che la vera stupidità è rappresentata dal concedere la copertina all'uomo che insinua che lei non abbia messo al mondo il proprio figlio.
    Uno scontro, quello tra la Palin e Sullivan, che non sembra destinato ad estinguersi e che probabilmente trova la propria ragion d'essere nel fatto che il 48enne giornalista anglo-americano, dichiaratamente omosessuale, non tolleri le posizioni anti-gay dell'ex Governatrice dell'Alaska. Un punto di scontro forte che difficilmente potrà permettere una rappacificazione tra le parti.
    Notapolitica.it - Pelo e controPalin


    A proposito, se Cameron non la pianta di promuovere il matrimonio gay, può andare a fare in culo, e non solo in senso metaforico…


    La guerra dei Tory sulle nozze gay
    di Alessandro Speciale
    Quando lo scorso ottobre il premier britannico David Cameron ha manifestato la sua apertura verso i matrimoni tra omosessuali, in molti, nella platea dall’annuale conferenza dei Tory a Manchester, sono saltati sulla sedia. Poi, passata la sorpresa, hanno cominciato a organizzare la rivolta.
    Cameron ha cambiato il partito conservatore dalle fondamenta.
    Mostrando la sua anima “compassionevole”, aprendolo agli immigrati, sottolineando la sua vocazione sociale ed ecologica. Tutto nuovo, a cominciare dal simbolo scelto appositamente per non incutere timore: un albero verde.
    I successi sono arrivati, anche se parziali, e dal 2010 i Tory governano in una scomoda coalizione con i liberal-democratici, caso rarissimo in Gran Bretagna. Ma certe cose, malgrado il rinnovamento esteriore, non sono cambiate: ancora oggi, a sette anni dall’inizio della “rivoluzione Cameron”, per molti conservatori britannici sentire il proprio leader che difende apertamente il matrimonio gay - e promette di renderlo legale in un Paese in cui le civil partnerships, le unioni civili, sono diventate legge da un decennio - be’, questo, per molti Tory, sembra essere stato davvero troppo.
    Eppure, anche nell’apertura agli omosessuali, il partito conservatore ha provato a rinnovarsi: basta guardare al caso di Alan Duncan, il primo deputato Tory a fare coming out, nel 2002. Dopo averlo sconfitto nella corsa per la leadership del partito, Cameron lo ha nominato sottosegretario allo sviluppo internazionale. E che le cose stiano cambiando anche al livello della base lo testimonia l’elezione a segretario dei conservatori in Scozia, lo scorso novembre, di Ruth Davidson, una donna che non fa mistero del suo essere lesbica.
    Ciò malgrado, secondo il quotidiano The Independent sarebbero oltre cento i parlamentari conservatori pronti a sfidare il loro leader quando la legalizzazione dei matrimoni omosessuali verrà sottoposta al vaglio di Westminster, probabilmente fra qualche mese.
    «Molti dei miei colleghi - ha spiegato il deputato David Burrowes, uno degli organizzatori della rivolta - temono che verrà toccato in modo fondamentale il modo in cui, nel corso della storia, è stato considerato il matrimonio tra un uomo e una donna in questo Paese. Ci sono forti dubbi sulla necessità di scegliere questo percorso. Si aprirebbe un vaso di Pandora per le leggi sulla libertà, la religione e l’eguaglianza, e finiremmo in un campo minato dal punto di vista legale».
    Se i numeri annunciati da Burrowes fossero confermati, sarebbe la più grave rivolta di deputati contro il loro primo ministro, addirittura più grande di quella dello scorso ottobre, quando i deputati Tory si pronunciarono a favore di un referendum contro l’appartenenza della Gran Bretagna all’Unione Europea malgrado l’opposizione del governo. Il dato di fondo rimarrebbe immutato, soprattutto alla luce del fatto che, con il sostegno dei liberal-democratici e dei laburisti, il provvedimento avrebbe la certezza quasi matematica di essere approvato: l’agenda di riforma del partito risulterebbe priva del sostegno della base parlamentare Tory.
    Anche i leader religiosi sono già sul piede di guerra. Dave Landrum, leader della protestante Evangelical Alliance, ha dichiarato al Daily Telegraph: «Quando cerca di ridefinire il matrimonio Cameron forse salva la coalizione, ma ha decretato la fine del conservatorismo. Se uno non riesce a “conservare” il matrimonio, cos’altro può “conservare?».



    LE CHIESE CONTRO OBAMA
    L'alt di 40 leader religiosi alle "nozze" gay
    di Marco Respinti
    «La promozione e la protezione del matrimonio - l’unione di un uomo e di una donna che divengono marito e moglie - è una questione di bene comune e serve il benessere della coppia, dei figli, della società civile e di tutto il popolo. Il significato e il valore del matrimonio precedono e trascendono tutte le società, i governi o le comunità religiose particolari. Il matrimonio è un bene universale ed è l’istituto che fonda ogni società. Esso è tutt’uno con la natura della persona umana in quanto uomo e donna, ed è tutt’uno con quell’essenziale compito che è mettere al mondo i figli e allevarli».
    Inizia così la «lettera aperta dei capi religiosi degli Stati uniti d’America a tutti gli americani» che, intitolata Marriage and Religious Freedom: Fundamental Goods That Stand or Fall Together ("Il matrimonio e la libertà religiosa: bene fondativi che si reggono o che crollano assieme"), è stata diffusa il 12 gennaio da una quarantina tra vescovi e capi delle più diverse confessioni e denominazioni cristiane presenti oggi negli Stati Uniti, nonché di alcune congregazioni dell’ebraismo. Di fatto, le firme che accompagnano il documento esauriscono lo spettro dell’"offerta" cristiana del Paese in tutte le sue sfaccettature e la loro autorevolezza ne impegna formalmente le Chiese e le sinagoghe. Vi sono infatti il cardinale Timothy M. Dolan arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale cattolica statunitense (USCCB)



    il reverendo Leith Anderson presidente dell’Associazione nazionale degli evangelicali, il vescovo John F. Bradosky della Chiesa luterana nordamericana, il vescovo H. David Burton che presiede la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni cioè i mormoni, il vescovo Ronald W. Carpenter sr. che presiede la Chiesa internazionale pentecostale della santità, il rabbino Abba Cohen vicepresidente per gli affari federali nonché direttore della sede di Washington della congregazione Agudath Israel of America, Nathan J. Diament direttore esecutivo per le politiche pubbliche dell’Unione delle congregazioni ebraiche ortodosse degli USA, l’arcivescovo della Chiesa anglicana in America Settentrionale Robert Duncan titolare della diocesi di Pittsburgh, William J. Hamel presidente della Libera Chiesa evangelicale degli USA, Matthew Harrison, presidente della Chiesa luterana-Sinodo del Missouri, e poi numerosi responsabili di Chiese battiste, wesleyane e metodiste, nonché delle Assemblee di Dio e dell’Esercito della salvezza.
    I firmatari si dicono consapevoli delle «gravi conseguenze che derivano dall’alterazione» della definizione di matrimonio che oggi il mondo omosessualista sta cercando di ottenere sovente con la complicità di eminenti organismi internazionali, per esempio le Nazioni Unite, e della politica, segnatamente l’Amministrazione statunitense guidata dal presidente Barack Obama. Perché la difesa del matrimonio eterosessuale monogamico è un bastione della prima di tutte le libertà umane (quello alla vita è il primo dei diritti umani), vale a dire la libertà religiosa.
    Il matrimonio naturale e la libertà religiosa sono il modo più vero della relazione tra Dio e uomo, e impattano fortemente sul piano sociale corrispondendo peculiarmente alla natura stessa del cristianesimo, che è anzitutto e soprattutto la fede nell’Incarnazione.
    Del resto, il documento è anche un supremo manifesto politico. Matrimonio naturale e libertà religiosa sono, dice la "lettera aperta", aspetti della medesimo impegno pubblico per il bene comune, non - come ideologicamente cerca di far passare la cultura relativista che dell’omosessualismo fa oggi una bandiera prediletta - un semplice fatto privato. Gli Stati Uniti stanno vivendo un anno di elezioni cruciali e questo documento giunge dunque con un tempismo perfetto.
    Ma i cattolici hanno un motivo in più per apprezzare in profondità questa iniziativa di sincera "preghiera nell’azione", sanamente ecumenica. La "lettera aperta" ricalca quella Dichiarazione di Manhattan che ormai è un vero e proprio movimento di opinione diffuso in tutto il mondo e che più di 150 leader tra protestanti, cattolici e ortodossi lanciarono il 20 novembre 2009 in difesa della «sacralità della vita, del matrimonio tradizionale e della libertà religiosa». Ma va pure oltre.
    Da quel tardo 2009, infatti, di acqua sotto i ponti ne è passata molta. L’Amministrazione Obama ha compiuto passi da giganti nell’offensiva aperta contro i "princìpi non negoziabili" e oggi è l’ora in cui i suoi avversari politici si contano per trovare l’antagonista più adatto a fermarlo. Il peso specificamente politico della “lettera aperta” è dunque ancora più forte.
    Lo scontro fra la Casa Bianca e la Chiesa cattolica che è negli stati Uniti ha raggiunto infatti vertici mai toccati prima. Fra le righe lo ha ricordato ieri anche il Papa. Mai prima di ora il capo dei vescovi cattolici statunitensi aveva chiesto a un governo americano di annullare immediatamente quanto fatto, anche legislativamente, su questioni eticamente sensibili, come ha fatto mons. Dolan. Mai un capo dei vescovi statunitensi si era visto costretto a istituire ex novo, in promptu e ad hoc un comitato per la difesa della libertà religiosa - minacciata dalla nuova cultura dominante e da precise leggi cattive -, come si è trovato a dover fare mons. Dolan oggi, e non per occuparsi di qualche angolo del mondo dove il terrorismo è all’ordine del giorno, ma della patria delle "democrazia compiuta", gli Stati Uniti.
    L’arcivescovo di New York dice e ripete che mai come ora il rischio di uno scontro frontale fra Stato e Chiesa è negli Stati Uniti prospettiva reale e forse imminente. E proprio queste stesse esatte parole del capo dei vescovi cattolici statunitensi sono quelle usate anche nella "lettera aperta" dove decine di leader religiosi non cattolici si accodano all’ordine del giorno stabilito dal capo dei cattolici americani.
    In tempi di elezioni decisive anche per ciò su cui non è mai possibile mercanteggiare, le Chiese cristiane guidano la controffensiva al relativismo in nome della verità naturale, ma è la Chiesa cattolica il condottiero.
    La Bussola Quotidiana quotidiano cattolico di opinione online: L'alt di 40 leader religiosi alle "nozze" gay

    Benedetto XVI ai vescovi americani: «La Chiesa non può tacere»
    di Massimo Introvigne
    Per chi vota la Chiesa negli Stati Uniti? In tempi di ferventi dibattiti elettorali fra candidati alla presidenza molti se lo chiedono. Ovviamente, la Chiesa non indica candidati ma principi. Come già in occasioni precedenti, Benedetto XVI non ha mancato di fare sentire la sua voce in un particolare momento politico, riflettendo sulle peculiarità dell’esperienza americana in occasione della visita ad Limina dei vescovi delle regioni pastorali IV-VI degli Stati Uniti d’America del 19 gennaio. E la voce del Papa è risuonata con particolare vigore.
    Ricordando il suo viaggio apostolico del 2008, il Pontefice ha detto che «uno degli aspetti più memorabili della mia visita pastorale negli Stati Uniti è stata l’opportunità che mi ha offerto di riflettere sull’esperienza storica americana della libertà religiosa, e specificamente sulla relazione tra religione e cultura». Nel 2008, inserendosi in un dibattito storiografico sulla natura delle carte di fondazione della nazione americana, Benedetto XVI aveva affermato che questi documenti non si ispirano ad alcuna specifica confessione cristiana, ma riconoscono sia il diritto naturale, sia che la garanzia ultima di questo diritto è Dio, autore della natura.
    «Al cuore di ogni cultura, che lo si percepisca o no - ribadisce oggi il Pontefice - c’è un consenso sulla natura della realtà e sul bene morale, e quindi sulle condizioni perché l’umano possa fiorire. In America questo consenso, come si è tradotto nei documenti di fondazione della vostra nazione, si è fondato su una visione del mondo modellata non solo dalla fede, ma dall’impegno verso certi principi etici derivati dalla natura e da Dio, autore della natura». Questo consenso, però, è oggi in pericolo. «Oggi questo consenso è stato eroso significativamente per l’azione di potenti nuove correnti culturali che sono non solo direttamente opposte agli insegnamenti morali fondamentali della tradizione ebraico-cristiana ma sempre più ostili al cristianesimo in quanto tale».
    La Chiesa non deve ritrarsi di fronte a queste correnti. Non solo deve «a tempo opportuno e non opportuno proclamare un Vangelo che propone verità morali che non cambiano», ma - e qui emerge il diretto rilievo politico - deve anche ricordare che queste verità sono «la chiave per la felicità umana e la prosperità sociale». La lotta contro «le correnti culturali odierne che contengono elementi che ostacolano la proclamazione di queste verità» non è solo una questione che riguarda la Chiesa, ma qualche cosa che concerne tutti i cittadini. Infatti, queste correnti «rappresentano una minaccia non solo alla fede cristiana, ma alla stessa umanità». «Quando una cultura cerca di sopprimere la dimensione del mistero ultimo e di chiudere le porte alla verità trascendente, inevitabilmente s’impoverisce e cade preda, come Papa Giovanni Paolo II [1920-2005] aveva visto così chiaramente, di letture riduzioniste e totalitarie della persona umana e della natura della società».
    La Chiesa, dunque, non può tacere. Deve scendere in campo contro chi «promuove nozioni della libertà separata dalla verità morale». E la Chiesa parla a tutti, perché non parla solo «a partire dalla fede, ma da una prospettiva razionale che collega il nostro impegno a costruire una società davvero giusta, umana e prospera alla nostra certezza ultima che l’universo possiede una logica interna accessibile alla ragione umana».
    A tutti, dunque, la Chiesa propone il diritto naturale, come il Papa aveva ricordato nel 2011 nel viaggio in Germania. «La difesa da parte della Chiesa di un ragionamento morale fondato sulla legge naturale parte dalla sua convinzione che questa legge è un “linguaggio” che ci permette di capire noi stessi e la verità del nostro essere, e così di costruire un mondo più giusto e più umano. La Chiesa propone il suo insegnamento morale come un messaggio non di costrizione ma di liberazione, e come base per costruire un futuro sicuro».
    Non si gridi all’ingerenza della Chiesa in questioni politiche. «La testimonianza della Chiesa è per sua natura pubblica; essa cerca di convincere proponendo argomenti razionali nella piazza pubblica. La legittima distinzione tra Chiesa e Stato non può essere interpretata nel senso che la Chiesa dovrebbe tacere su certi temi, né che lo Stato dovrebbe astenersi dal confronto con la voce dei credenti quando sceglie quali valori daranno forma al futuro della nazione»
    Dunque, per i cattolici americani, non è il momento di cedere alle tentazioni di ritirarsi dalla piazza pubblica o dal dibattito politico. Al contrario, «è obbligatorio che tutta la comunità cattolica degli Stati Uniti si renda conto del grave rischio per la testimonianza morale della Chiesa presentato da un secolarismo radicale che trova sempre maggiori espressioni nelle sfere politica e culturale. La gravità di questa minaccia dev’essere chiaramente compresa a tutti i livelli della vita ecclesiale».
    La vera libertà religiosa non si limita a garantire la libertà di pregare, ma garantisce alla Chiesa la possibilità di essere presente sulla piazza pubblica e di dire la sua sul futuro delle nazioni.
    I vescovi degli Stati Uniti, in verità, hanno parlato. Ora tocca ai laici. È necessario, secondo il Pontefice, che si manifesti «un laicato cattolico impegnato, colto e ben formato dotato di un forte senso critico rispetto alla cultura dominante e del coraggio di reagire a un secolarismo riduzionista che tenta di delegittimare la partecipazione della Chiesa al dibattito pubblico sui problemi che stanno determinando il futuro della società americana». La preparazione di una classe dirigente, afferma il Papa, è «una componente essenziale della nuova evangelizzazione».
    L’America si trova di fronte a scelte decisive. Benedetto XVI si è augurato che si comprenda «la necessità di preservare un ordine civile con chiare radici nella tradizione cristiana». La sfida è lanciata.


  8. #8
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    Predefinito Rif: Conservatori nel mondo

    Ungheria: «È il riconoscimento del cristianesimo» a infastidire l'Europa
    Tempi.it ha intervistato il docente ungherese György Domokos e Filippo Farkas, presidente dell’associazione Cdo Hungary. Entrambi sostengono che «parlare di dittatura è assolutamente un errore» e che un governo forte non può che aiutare il paese a risollevarsi dalla crisi. Che non si risolve scrivendo in Costituzione "Dio non esiste"
    Di Chiara Sirianni
    «Noi siamo orgogliosi del fatto che mille anni fa il nostro re, Santo Stefano, abbia fondato lo Stato ungherese su solide fondamenta, e reso il nostro paese parte dell’Europa cristiana. Siamo orgogliosi che la nostra gente per secoli abbia difeso l’Europa in una serie di battaglie e arricchito i valori comuni dell’Europa con il suo talento e la sua diligenza. Riconosciamo il ruolo della Cristianità nella salvaguardia della nazione».
    È questo il preambolo della costituzione ungherese, voluto dal governo di Viktor Orban, che controlla due terzi del parlamento.
    «È soprattutto il riconoscimento del ruolo del cristianesimo a colpire l’attenzione, in assoluta controtendenza rispetto a un'Europa scialba, che ha scelto di dimenticare le sue radici» commenta il professor György Domokos, direttore di italianistica presso Universita Péter Pázmány di Budapest. «Non sono un giurista, ma da un punto di vista culturale si tratta di un comune punto di partenza. Chi conosce le proprie radici, può guardare serenamente agli altri. Chi ama la propria nazione, si apre più volentieri».
    L'Unione Europea, però, si chiede se in Ungheria ci sia una democrazia o una dittatura. «È assolutamente un errore. Un premier che può contare sui due terzi del Parlamento può parlare diversamente: magari usare l’indicativo invece che il condizionale. Ma questo non vuol dire che si tratti di una dittatura, lo trovo un termine assolutamente esagerato. Una maggioranza assoluta è una ricchezza, se ben sfruttata: finalmente abbiamo un governo forte, che può varare riforme rimandate da troppo tempo».
    Al netto dello slancio nazionalista (la dicitura “Repubblica ungherese” è stata sostituita con la più semplice “Ungheria”) la Carta costituzionale subordina la Banca centrale al governo. L’obiettivo era quello di non rientrare nei limiti del tetto al debito pubblico, ragion per cui il pareggio di bilancio è stato inserito nella Costituzione. Ma è quanto il Fondo monetario internazionale e Ue chiedevano a gran voce di non fare. Budapest è così finita nel mirino della speculazione finanziaria, con rendimenti dei titoli di Stato ai minimi storici. Per il premier ungherese la legge controversa è assolutamente conforme ai Trattati europei; si è detto comunque aperto ad ogni modifica, in base alle proposte concrete della Commissione Europea.
    La crisi economica del paese (e non da oggi) è infatti strutturale, irrisolvibile senza l’aiuto esterno. La situazione è molto delicata: «Il debito estero è ingente, ereditato da quando negli anni '70 il Fmi diede fortissimi finanziamenti all’Ungheria comunista» spiega Filippo Farkas, presidente dell’associazione imprenditoriale Cdo Hungary. «Lo sviluppo non c’è stato, a causa della corruzione fortissima del sistema di allora, e il debito non è mai stato cancellato». Ma come viene percepita la situazione dai cittadini ungheresi? La vicenda vista dall’interno è più sfaccettata di come appare sulla stampa europea, almeno stando alle parole di Farkas: «C’è molta delusione, ci sentiamo attaccati. E non capiamo perché proprio ora, che abbiamo un governo che si è dimostrato amico dell’Occidente, lasciandosi andare a esclamazioni atlantiste. La cosa triste è che a livello popolare in questi mesi è andata crescendo l’idea che seguire questa Europa significhi impoverirsi. Essere ora accusati di essere gli affondatori dell’Unione Europea, è francamente un po’ ridicolo».
    Ma perché inserire il pareggio di bilancio in Costituzione? «Perché quello che abbiamo ereditato era un governo in rosso. E si voleva andare a centrare strumenti che erano stati allentati, con conseguenti abusi di potere. Inoltre se si deve decidere una politica finanziaria in un giorno o due, e se non c’è sintonia totale tra Banca centrale e governo, i rischi sono elevati: si possono bruciare miliardi in poche ore». L’eccessivo accentramento non rischia, a sua volta, di scivolare nell’autoritarismo? «L’intento è quello di portare un po’ di ordine nel Paese. Chiamandolo dittatura si fa molto male all’Ungheria, e all’Europa stessa. C’è fretta, questo sì: a volte non c’è preparazione. Ma da qui a chiamarlo fascismo, ce ne passa. Anche perché la destra, quella vera, è fuori dal governo, e cavalca lo scontento. Decidere di affondare deliberatamente chi cerca di creare un po’ di equilibrio è demenziale». E le manifestazioni di piazza? «Una trappola mediatica, creata astutamente dall’opposizione socialista.»
    Per Farkas il sentimento di delusione nei confronti dell’Europa investe anche e soprattutto il Parlamento: «Si tratta di una coalizione di centrodestra, non c’è spazio per partiti xenofobi o ottusamente nazionalisti. Erano convinti che più si fossero ancorati all’Occidente, più si sarebbero salvati dalle radici vetero-comuniste». E con le dichiarazioni di identità, come la mettiamo? «Non bolliamole come bigotte. Non piacciono? Parliamone, creiamo un dibattito. Ma non fingiamo che questo sia un problema. Se l’Ungheria desse disposizioni diverse in tema di aborto, sarebbe più affidabile agli occhi dei mercati? Qualcuno davvero pensa che mettendo mano alla Costituzione, e scrivendo che Dio non esiste, il fiorino recuperi immediatamente?».



    L’Europa ha rifiutato le “radici cristiane” e ora è sotto la dittatura simil-sovietica del “politically correct”, dominata da una tecnocrazia antidemocratica e (economicamente) fallimentare
    Antonio Socci
    Eravamo da sempre il Paese più europeista. Fino a un anno fa. In dodici mesi la fiducia degli italiani nell’Unione europea è precipitata. Secondo l’ultimo rilevamento dell’Ipsos ha perso addirittura 21 punti percentuali (passando dal 74 per cento al 53).
    Un crollo che dovrebbe far riflettere i politici e soprattutto le tecnocrazie europee a cui gli italiani sono sempre più ostili.
    Anche perché il crollo della fiducia degli italiani non è un fatto emotivo passeggero, né uno stato d’animo superficiale. Al contrario. Il loro europeismo era a prova di bomba.
    UN ESPERIMENTO FOLLE
    Hanno accettato di fare sacrifici per entrare nella moneta unica, hanno accettato perfino di farsi spennare da un cambio lira/euro estremamente penalizzante e poi hanno subito – senza fiatare – il sostanziale raddoppio di tutti i prezzi con l’inizio dell’euro (un impoverimento di massa).
    La loro fiducia è crollata solo davanti alla scoperta che la sospirata “moneta unica” – che tanto ci era costata – realizzata in quel modo (senza una banca centrale e un governo come referenti ultimi) era una trovata assurda e fallimentare di tecnocrazie incompetenti e arroganti.
    Grazie a questo incredibile esperimento, l’Italia – un Paese solvibilissimo e che ha la sesta economia del pianeta – sta ora rischiando il fallimento (del tutto ingiustificato visti i suoi fondamentali).
    Quello che gli italiani ignorano è che tale disastro era stato previsto. E pure che la china antidemocratica che l’Ue sta imboccando da venti anni a questa parte era evidente ed era stata denunciata.
    L’affievolimento della democrazia e dei diritti individuali, la dittatura del “politically correct”, è qualcosa a cui purtroppo facciamo meno caso – come si vede in queste settimane in Italia – ma è perfino più grave del fallimento politico ed economico della Ue.
    UNA VOCE PROFETICA
    Una delle voci nel deserto che videro in anticipo è quella di un eroico dissidente russo, Vladimir Bukovsky, uno così temerario e indomabile che già a venti anni era inviso al regime comunista sovietico il quale lo rinchiuse nei manicomi politici e nel gulag, torturandolo (infine – pur di disfarsene – lo cacciò via nel 1976 in cambio della liberazione in Cile del leader comunista Luis Corvalan).
    Ebbene, Bukovsky, in una conferenza nell’ottobre del 2000, riportata di recente su “Italia oggi”, se n’era uscito con affermazioni che sembrarono allora esagerate, che forse lo sono, ma che – alla luce degli ultimi eventi – rischiano di essere semplicemente profetiche.
    Non mi riferisco solo a eventi come il commissariamento dell’Italia e della Grecia e il tentato commissariamento (in corso) dell’Ungheria, ma anche alle cessioni di sovranità dei diversi stati mai sottoposte ai referendum popolari o alle “bocciature” di tali cessioni (nei referendum o nei parlamenti) che sono state sostanzialmente ignorate.
    “Per quasi 50 anni” disse Bukovsky “abbiamo vissuto un grande pericolo sotto dell’Unione Sovietica, un paese aggressore che voleva imporre il suo modello politico a tutto il mondo. Diverse volte nella mia vita ho visto per puro miracolo sventare il sogno dell’Urss. Poi abbiamo visto la bestia contorcersi e morire davanti ai nostri occhi. Ma invece di esserne felici, siamo andati a crearci un altro mostro. Questo nuovo mostro è straordinariamente simile a quello che abbiamo appena seppellito”.
    Si riferiva all’Unione europea. Argomentava:
    “Chi governava l’Urss? Quindici persone, non elette, che si sceglievano fra di loro. Chi governa l’Ue? Venti persone non elette che si scelgono fra di loro”.
    Bisogna riconoscere che oggi abbiamo addirittura governi non eletti (come quello italiano) con un programma dettato dalla Bce.
    Diceva ancora Bukovsky:
    “Come fu creata l’Urss? Soprattutto con la forza militare, ma anche costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria, facendo loro paura economicamente. Come si sta creando l’Ue? Costringendo le repubbliche a unirsi con la minaccia finanziaria, facendo loro paura economicamente. Per la politica ufficiale dell’Urss le nazioni non esistevano, esistevano solo i ‘cittadini sovietici’. L’Ue non vuole le nazioni, vuole solo i cosiddetti ‘europei’. In teoria, ogni repubblica dell’Urss aveva il diritto di secessione. In pratica, non esisteva alcuna procedura che consentisse di uscirne. Nessuno ha mai detto che non si può uscire dall’Europa. Ma se qualcuno dovesse cercare di uscirne, troverà che non è prevista nessuna procedura”.
    Bukovsky arrivava fino a giudizi pesantissimi, sicuramente esagerati, ma chi ha subito ciò che lui ha subito in difesa della libertà di coscienza ha tutto il diritto di essere ipersensibile a ogni violazione della libertà di pensiero e dei diritti individuali:
    “L’Urss aveva i gulag. L’Ue” aggiungeva Bukovsky “non ha dei gulag che si vedono, non c’è una persecuzione tangibile. Ma nonostante l’ideologia della sinistra di oggi sia ‘soft’, l’effetto è lo stesso: ci sono i gulag intellettuali. Gli oppositori sono completamente isolati e marchiati come degli intoccabili sociali. Sono messi a tacere, gli si impedisce di pubblicare, di fare carriera universitaria ecc. Questo è il loro modo di trattare con i dissidenti”.
    Un’esagerazione certamente, ma è la sua stessa vicenda personale a far riflettere sulla libertà del pensiero e della cultura in Europa occidentale.
    DITTATURA POLITICALLY CORRECT
    Quanti in Italia conoscono Vladimir Bukovsky, il leggendario dissidente, l’eroico difensore della libertà di coscienza?
    Eravamo pochissimi isolati che nei primi anni Settanta ne seguivamo le peripezie (nei manicomi politici e nei lager): i miei coetanei – specie quelli che oggi pontificano dai giornali come giornalisti, opinionisti e intellettuali – avevano come loro mito i vari Mao, Fidel Castro e perfino Stalin.
    Oggi molti di loro – dopo essersi autoassolti – impartiscono lezioni di liberaldemocrazia dai mass media, ma senza mai aver fatto un vero “mea culpa”, infatti continuano a cantare in coro. E continuano ad avere in gran dispetto le voci libere come Bukovsky.
    Il motivo semplice. Perché mette sotto accusa le élite culturali europee (e anche quelle politiche). Perché è un uomo che – dopo aver sfidato il Kgb e la cappa di piombo del regime sovietico – ha sfidato la cappa di piombo del conformismo “politically correct” occidentale.
    E’ uno che nei suoi libri scrive: “Il comunismo è una malattia della cultura e dell’intelletto… Le élite occidentali penso non capissero l’universalità di quel male, la sua natura internazionale e quindi il carattere universale della sua pericolosità”.
    La sua ha continuato ad essere una voce scomoda e isolata perché – dopo il crollo delle feroci nomenclature comuniste – non ha chiesto vendetta, ma ha pure rifiutato che si autoassolvessero e restassero al potere.
    Ha scritto in un suo libro: “Noi siamo pronti a perdonare i colpevoli, ma loro non devono assolversi da sé”.
    E’ chiaro perché uno così, in un paese come l’Italia, è sconosciuto e continua ad essere una voce silenziata. Infatti quante volte è stato fatto parlare in tv o sui giornali italiani?
    Parla in Gran Bretagna, in America… Ma in Italia è una voce silenziata. Quali case editrici hanno pubblicato i suoi libri? Prendiamo il volume che ha scritto, dopo il crollo dell’Urss, quando poté tornare a Mosca e pubblicare i documenti degli archivi del Cremlino: chi ha tradotto quel libro in Italia? La piccolissima editrice Spirali.
    Infatti “Gli archivi segreti di Mosca” è pressoché sconosciuto e ben pochi ne han parlato sui giornali. Eppure riguardava anche noi italiani.
    ALLARME
    Voci profetiche come quella di Bukovsky devono far riflettere soprattutto in un Paese come il nostro dove ha sempre scarseggiato la sensibilità per i diritti dell’individuo e ha sempre abbondato il conformismo culturale, la prevaricazione delle nomenklature e quella dello stato.
    L’allarme del dissidente russo sull’Europa ci riguarda e ci deve far riflettere. Oggi più che mai. Ma ancora una volta sono poche le voci sensibili all’allarme sulla libertà.
    L




    UNGHERIA
    "Corteo di pace", migliaia di ungheresi in piazza per Orban
    Migliaia di ungheresi hanno manifestato oggi nel centro di Budapest a favore del governo del premier conservatore Viktor Orban
    BUDAPEST - Migliaia di ungheresi hanno manifestato oggi nel centro di Budapest a favore del governo del premier conservatore Viktor Orban, la cui politica in chiave autoritaria è sott'accusa da parte dell'Unione europea, e contro la crisi finanziaria globale. Per gli organizzatori, a scendere in piazza nella capitale sono stati in centomila.
    Il 'corteo di pace' da parte della destra, secondo gli oratori, intendeva protestare contro quello che è stato definito 'un attacco ingiusto, organizzato dalla stampa internazionale e negli istituti dell'Ue contro l'Ungheria'. Il premier Orban definisce regolarmente le critiche alla politica del suo governo come attacchi contro il paese. Estremisti, presenti nel corteo odierno, hanno chiesto l'uscita dell'Ungheria dalla Ue che 'limita la sovranità nazionale'.

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    Predefinito Re: Conservatori nel mondo

    L’iPhone 4S è conservatore e anti-aborto? Polemica in Usa
    NEW YORK – I-Phone 4S conservatore e anti-aborto? una domanda scaturita a causa della tecnologia 'Siri', che permette ai possessori del nuovo gioiello Apple di chiedere all'apparecchio informazioni e ricevere risposte in voce. Immediata la risposta di Apple: l'azienda e' neutrale, non c'e' stata alcuna presa di posizione. Ad attirare l'attenzione sulle presunte tendenze ''conservatrici'' del comando vocale e' stato il comico Stephen Colbert durante un suo monologo in tv.
    In particolare, ha messo in evidenza, 'Siri' e' in grado di dare risposta ad una vasta gamma di domande di ogni genere (ad esempio dove si trova il piu' vicino ristorante cinese, o i negozi che fanno sconti su una determinata marca, o qual'e' la linea della metropolitana che porta nell'Upper East Side), ma sembra incapace di dare indicazioni a chi chieda dove si trova la piu' vicina clinica per interrompere la gravidanza e, invece, indirizza verso ospedali 'pro-life' che assistono le nascite.
    A sollevare il problema in maniera piu' polemica sono stati alcuni blogger e un gruppo di attiviste in diversi stati americani tra cui la California, il Nord Carolina, il Texas, il Massachusetts, la Virginia, il Maryland e New York.
    ''Non vogliamo offendere nessuno'', ha detto al New York Times una portavoce della casa di Cupertino, Natalie Kerris, smorzando i toni. ''La tecnologia e' in via di perfezionamento, avremo dei risultati nelle prossime settimane. Queste non sono omissioni intenzionali'', ha spiegato.
    http://www.blitzquotidiano.it/scienz...n-usa-1039765/


    Spagna/ Conservatori pronti a riformare legge aborto
    Per vietare aborto a minori senza autorizzazione parentale
    Madrid, 25 gen. (TMNews) - Il governo conservatore spagnolo di Mariano Rajoy si appresta a riformare la legge sull'interruzione volontaria della gravidanza, in particolare nei passaggi che riguardano le minorenni.
    "Alcuni principi già anticipati dal nostro partito, come l'esigenza di un'autorizzazione parentale nel caso di minori, saranno inclusi nel progetto di legge", ha spiegato Alberto Ruiz-Gallardon davanti alla commissione parlamentare. Il ministro non ha precisato se anche altri commi della legge saranno emendati. Il Partito Popolare dispone della maggioranza assoluta in Parlamento.
    Approvata nel 2010 dal precedente governo socialista, la legge attualmente in vigore ha introdotto per la prima volta in Spagna la possibilità di un aborto volontario, che prima era autorizzato solo in caso di stupro, gravi malformazioni o pericolo per la vita della gestante. Oggi in Spagna le donne possono abortire liberamente nel corso delle prime 14 settimane di gravidanza e fino a 22 settimane nel caso di rischio per la salute della madre e/o gravi anomalie del feto.
    Particolarmente contestato il comma che consente alle minori tra i 16 e i 18 anni di abortire senza l'autorizzazione dei genitori.
    http://www.tmnews.it/web/sezioni/est...25_00147.shtml

    Farina: «Abbiamo vinto una grande battaglia: l'Europa ha detto "no" all'eutanasia»
    Leone Grotti
    Il Consiglio d'Europa ha varato un testo dove si afferma che «Deve essere sempre vietata l'eutanasia, nel senso di procedure attive od omissive volte a provocare intenzionalmente la morte». Intervista a Renato Farina (Pdl), uno dei parlamentari che ha contribuito a fare approvare un testo controcorrente per gli standard europei
    «È stata una vera e propria battaglia. E abbiamo vinto. il Consiglio d'Europa ha varato un testo che esprime un netto no all'eutanasia e al suicidio assistito». Renato Farina, parlamentare del Pdl, non nasconde a tempi.it di essere molto soddisfatto perché l'assemblea del Consiglio d'Europa, che riunisce parlamentari di 47 Stati europei, 20 in più dell'Ue, compresi gli ex Stati comunisti, ha varato un testo sulle dichiarazioni anticipate di trattamento dove si afferma: «Deve essere sempre vietata l'eutanasia, nel senso di procedure attive od omissive volte a provocare intenzionalmente la morte».

    Come siete riusciti a fare approvare un testo simile in ambito europeo?
    La proposta di varare un testo su questi temi è nata nella Commissione affari sociali del Consiglio d'Europa. Per evitare contrapposizioni, il lavoro è stato affidato alla guida di Costa, un catalano del gruppo dei liberali. Lui ha affrontato la questione del fine vita in modo intelligente, arrivando a un testo davvero equilibrato, che si distaccava molto da chi voleva che fosse affermata la libertà di scelta fino a permettere l'eutanasia e il suicidio assistito.

    Il testo infatti è molto deciso: il "no" all'eutanasia non lascia spazio a interpretazioni.
    Sì, perché l'abbiamo reso ancora meno ambiguo. Trovando l'appoggio del relatore e di molti paesi anche non cristiani.

    Si aspettava questo risultato?
    Sapevo che sarebbe stato molto difficile perché di solito l'assemblea è in mano al nichilismo nordico. E a volte neanche il Partito popolare europeo svolge bene il suo lavoro. Oggi però, insieme anche a Volontè e Santini, abbiamo fatto un grande lavoro.

    Erano tutti d'accordo con il testo?
    No. In aula c'era una forte tensione e sono venute fuori tutte le posizioni che circolano in Europa. C'è anche chi ha negato esplicitamente il principio secondo cui la vita è un bene indisponibile. In tanti volevano che il testamento biologico diventasse l'anticamera implicita dell'eutanasia. Alla fine si è votato, e abbiamo vinto 30 a 25. Uso queste parole perché è stata una vera battaglia. E noi l'abbiamo vinta, con una convergenza molto bella di culture e partiti diversi.

    Che valore ha questa risoluzione, cambia qualcosa a livello pratico?
    Sì. Queste risoluzioni sono moralmente vincolanti per i Parlamenti europei, ma soprattutto costituiscono la base delle decisioni della Corte europea per i diritti dell'uomo, quella che aveva sentenziato inizialmente contro l'affissione del crocifisso nelle scuole, per intenderci. Se invece avessimo legiferato per l'eutanasia, chissà quanti ricorsi sarebbero fioccati, con la Corte che avrebbe potuto costringere i tribunali nazionali a dare ragione a chi pretende che gli Stati promulghino leggi a favore di eutanasia e suicidio assistito.

    Questa non sembra una notizia da poco, eppure solo Avvenire e il Foglio l'hanno riportata.
    Racconto questo episodio: mi sono sforzato in tutti i modi di far pubblicare la notizia. Ho inviato il mio commento, ad esempio, all'Ansa e loro mi hanno risposto che non potevano pubblicarlo perché la loro corrispondente da Bruxelles non aveva segnalato il fatto come notizia. Non voglio in alcun modo entrare in polemica con l'Ansa, ma se non è una notizia questa...
    http://www.tempi.it/farina-abbiamo-v...o-alleutanasia

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    Predefinito Re: Conservatori nel mondo

    EUROPA UNICA E POPOLI SENZA SOVRANITA’
    di ALBERTO LEMBO
    Orwell aveva sbagliato di poco la sua profezia. Solo poche decine di anni. Non 1984 ma 201…! Individuare con esattezza l’anno è difficile, ma credo che ci siamo molto vicini. L’unica differenza sta nel metodo. Non è più un processo che avviene all’interno di uno Stato ma un progressivo inserimento strisciante e coatto di popoli e nazioni in un contenitore sovranazionale che imbriglia e costringe le diversità culturali dei popoli europei ad accettare usi e leggi a loro completamente estranei. Ci sono i mandanti, sempre oscuri e dietro le quinte, ci sono i registi, più evidenti, operativi a livelli inferiori, ci sono migliaia di “servi sciocchi” e di scherani prezzolati che operano continuamente alla realizzazione del grande progetto mondialista. Difficile, molto difficile pensare che certi avvenimenti siano casuali, che manchi una regìa che dirige operazioni militari, che indirizza scelte politiche, che muove o fa muovere flussi finanziari che sono al di sopra delle possibilità perfino di singoli Stati…
    Con queste affermazioni mi sono già schierato, agli occhi del “democratici” di stretta osservanza, su posizioni “complottiste”… Qualcuno aspetterà già che alla prossima riga io evochi teorie e macchinazioni la cui sola supposizione fa condannare per infrazione del pensiero unico codificato da chi, tra le sue armi, usa abilmente la propaganda e la disinformazione.
    Non lo farò, invece. Inviterò solo a riflettere su fatti di questi giorni, quando l’imperversare di “pagelline” con votacci e bocciature da parte di criminali seminatori di notizie finanziarie studiate a tavolino viene accolta in ginocchio da pusillanimi governanti europei, quando si dovrebbe invece chiedere la loro messa in stato di accusa per procurato turbamento dei mercati finanziari internazionali attraverso una ufficiale azione dei governi europei nei confronti di chi, quanto meno, ospita sul suo territorio simili centrali terroristiche.
    Le uniche reazioni dei vertici europei, invece, sono contro quei popoli che dopo aver provato gli inganni di una Unione Europea serva di poteri ad essa estranei alzano la testa, si ribellano e riprendono la loro libertà di azione. Oggi è il turno dei Magiari, un grande e fiero popolo, lasciato solo nella sanguinosa repressione comunista del 1956, invogliato poi in tutti i modi, per non dire forzato, negli ultimi anni, ad aderire all’Unione Europea e oggi fatto bersaglio di tutte le possibili censure per avere ridisegnato in una libera Costituzione storia e futuro di un popolo millenario.
    L’attacco alla sovranità ungherese parte da una risoluzione del Parlamento europeo, votata il 5 luglio 2011 di monito all’Ungheria relativamente all’entrata in vigore dal 1° gennaio 2012 di una nuova Carta costituzionale, adottata da quella Assemblea nazionale il 18 aprile 2011.
    L’Ungheria è rea di essersi data una nuova Costituzione che, rifuggendo dal relativismo della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, fa riferimento, invece, a ciò che è l’essenza della tradizione e della cultura del popolo magiaro. La nuova Costituzione, questa l’accusa principale, utilizza formulazioni tradizionaliste in ordine a nozioni fondamentali come “famiglia” e “diritto alla vita dal momento del concepimento”. Ciò rischierebbe di creare discriminazione nei confronti di alcune categorie sociali, in particolare le minoranze etniche, religiose e sessuali, le famiglie monoparentali, le persone che vivono in unioni di fatto e le donne.
    Viene presa di mira anche “l’ambigua formulazione del preambolo della nuova Costituzione” con particolare riferimento agli obblighi che lo Stato ungherese si assume volontariamente nei confronti delle minoranze di etnia magiara esistenti fuori degli attuali confini a causa delle punitive mutilazioni subite dallo Stato ungherese nel 1919 in seguito allo scellerato “Trattato del Trianon” del 1920 che in nome del principio di nazionalità (degli altri) scorporò, all’epoca, quasi otto milioni di magiari dalla madrepatria.
    Tutto questo ha portato all’emanazione di ben tre “Procedure di infrazione” a carico dell’Ungheria che, se non si sottoporrà alle intimazioni dell’Unione, potrà essere pesantemente sanzionata. Invece che pensare a forme di cooperazione concrete che portino i nostri popoli a convivere in un’ Europa libera, ognuno con il proprio passato di storia, tradizioni e cultura, si vuole applicare la logica giacobina della “tabula rasa”, l’annullamento di ogni particolarità. Non più “Italia una e indivisibile”, per fare una citazione tanto cara ad un vecchio comunista che ha fatto carriera nell’epoca del post-comunismo, ma “Europa una e indifferenziata”, tomba di ogni cultura e di ogni diversità e, quindi, della libertà!
    EUROPA UNICA E POPOLI SENZA SOVRANITA’ | L'Indipendenza






    Avvenire
    Aborto, la Spagna cancella la legge Zapatero, e annulla la controversa “Educazione alla Cittadinanza”
    MICHELA CORICELLI
    Doppio colpo di spugna del governo di centrodestra contro alcune delle creature legislative più amate dall’ex premier José Luis Rodriguez Zapatero. Oltre a modificare la legge sull’aborto (si ritornerà alle norme pre-Zapatero), Mariano Rajoy ha deciso di eliminare la disciplina scolastica di “Educazione alla Cittadinanza”. Dopo anni di proteste e denunce (tanti i genitori che avevano fatto ricorso all’obiezione di coscienza pur di evitare le lezioni ai figli), il neoministro dell’Educazione, José Ignacio Wert, ha annunciato che Educación para la Ciudadania (EpC) andrà in soffitta. Al suo posto, nel curriculum, arriva “Educazione civica e costituzionale”: un insegnamento «esente da questioni controverse», senza il rischio di «indottrinamento ideologico», ha detto il ministro in Parlamento.
    In teoria l’ex governo socialista aveva presentato la materia come una normale educazione civica, ma i genitori erano allarmati dall’alto grado di politicizzazione, dall’imposizione di una sorta di “morale di Stato” e dal tentativo di ideologizzare l’etica alla lavagna. Il tutto, in aperta contraddizione con i valori di centinaia di migliaia di famiglie. Dalle critiche alla religione (in particolare cattolica) alle rivendicazioni gay, passando per conversazioni su temi sessuali anche in età molto precoce, nel calderone dell’EpC – secondo le denunce emerse – è finito un po’ di tutto. Negli ultimi anni questa materia ha provocato 55.000 obiezioni di coscienza, oltre a 3.000 procedimenti giudiziari e 300 denunce al Tribunale europeo di Strasburgo.
    La scomparsa di Educación para la Ciudadania coincide con un’altra energica spallata di Rajoy ai “pilastri” del governo di Zapatero. Il ministro della Giustizia, Alberto Gallardon, ha confermato ieri che la liberalizzazione dell’aborto entrata in vigore nel 2010 verrà completamente scardinata. Non sarà più permesso l’aborto libero entro le prime 14 settimane: come in passato, chi vorrà abortire dovrà rifarsi ad uno dei casi previsti dalla depenalizzazione.
    «Difendere il diritto alla vita probabilmente è la cosa più progressista che ho fatto nella mia vita politica» ha detto il ministro, rispondendo così al mito (molto diffuso in Spagna) del presunto progressismo del «diritto» di abortire «senza se e senza ma».

 

 
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