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Risultati da 1 a 8 di 8
  1. #1
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    Predefinito Morto il dittatore nord-coreano Kim-Jong-il

    Morto il leader nordcoreano Kim Jong-il


    L'annuncio dei media ufficiali: attacco cardiaco. Dodici giorni di lutto nazionale. Seul, Washington e Tokio in allarme


    Il «caro leader» non c'è più. Così veniva chiamato Kim Jong-il, presidente della Corea del Nord morto sabato a 69 anni per un attacco cardiaco. L'annuncio è stato dato prima dall'agenzia di stampa ufficiale di Pyongyang, la Kcna, e poi dalla televisione di stato da un'annunciatrice vestita di nero che è scoppiata a piangere in diretta. Immediate le ripercussioni in tutta l'area. La Corea del Sud ha messo in allarme le forze armate e il governo giapponese si è immediatamente riunito e ha deciso di tenere contatti «serrati» con Usa, Cina e Corea del Sud, oltre che di avviare ogni preparativo «per fronteggiare» gli scenari possibili. Quanto agli Stati Uniti, tradizionali alleati dei sud coreani, stanno «monitorando la situazione: «Il presidente (Barack Obama) è stato messo al corrente, e siamo in stretto contatto con i nostri alleati in Corea del Sud e in Giappone. Restiamo impegnati alla stabilità nella penisola coreana, e per la libertà e la sicurezza dei nostri alleati», ha affermato il portavoce della Casa Bianca Jay Carney in un breve comunicato. Le borse asiatiche hanno risentito negativamente della notizia, nel timore che la morte del leader nord coreano possa influenzare negativamente la stabilità dell'area: il mercato di Tokio ha ceduto l'1,26%

    L'ANNUNCIO - Kim Jong-il era una delle più elusive personalità della scena internazionale che ha governato per diciassette anni il Paese più isolato al mondo. E anche la notizia della sua morte ha avuto le stesse caratteristiche di elusiva vaghezza. Kim, ha detto la Kcna, «è stato colpito da un grave infarto miocardico unito a un ictus» alle 8,30 del mattino di sabato ora locale, quando in Italia era passata da mezz'ora la mezzanotte del venerdì. Un'autopsia eseguita domenica ha confermato le cause del decesso, avvenuto mentre Kim si trovava in treno per una delle sue misteriose visite in giro per lo Stato asiatico. Il despota nord-coreano era stato colto già nell'agosto 2008 da un attacco cardiaco, che lo aveva lasciato con serie difficoltà di movimento nel braccio e nella gamba sinistri.

    LA SUCCESSIONE - Gli succederà il terzogenito Kim Jong-un, dall'anno scorso promosso generale e asceso ai vertici del Partito Comunista, pur di fatto non essendo praticamente mai comparso nella vita pubblica. Sarà lui a presiedere la commissione incaricata di allestire i solenni funerali di Stato, che si terranno il 28 dicembre prossimo a Pyongyang e ai quali, ha puntualizzato la stessa Kcna, non sarà invitata alcuna delegazione straniera, in armonia con le rigidissime consuetudini del regime. Il lutto nazionale è stato proclamato retroattivamente dal 17 dicembre al 29 del mese.


    Morto il leader nordcoreano Kim Jong-il - Corriere della Sera

  2. #2
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    Predefinito Rif: Morto il dittatore nord-coreano Kim-Jong-il




    Ecco lo schifoso mentre beve champagne alla faccia del popolo nord-coreano affamato e ridotto in schiavitù da più di 60 anni
    Ultima modifica di FalcoConservatore; 19-12-11 alle 12:00

  3. #3
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    Predefinito Rif: Morto il dittatore nord-coreano Kim-Jong-il




    Ecco il pingue erede Kim Jong-un. Neanche trentenne, una palla di lardo che si ingozza mentre milioni di connazionali - suoi futuri sudditi - muoiono di fame
    Ultima modifica di FalcoConservatore; 19-12-11 alle 12:03

  4. #4
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    Predefinito Rif: Morto il dittatore nord-coreano Kim-Jong-il



    Il trota coreano

    di Simone Bressan


    La foto più famosa che lo riguarda lo vede scrutare l'orizzonte con un cannocchiale. Peccato che lo stesse utilizzando al contrario e che larga parte dei futuri sudditi ancora si chieda cosa diavolo stesse guardando. La storia più intrigante che lo vede protagonista racconta, invece, di un giovanotto a cui sono state attribuite un sacco di avventure sentimentali tanto che si dice sia sposato da più di un anno con una ragazza bellissima e molto più intelligente di lui.

    Immaginiamo che la vostra mente corra veloce ad un altro rampollo certamente goffo e con qualche storia sentimentale un po' chiacchierata. State tranquilli, non stiamo parlando di Renzo Bossi. L'identikit è quello del giovane capitano Kim Jong-un, erede designato del "caro leader" Kim Jong-il e oggetto in queste ore di moltissime attenzioni da parte di tutti i media internazionali.

    Il perché è presto detto: di lui si sa pochissimo, tanto che anche la giovane età è avvolta da un alone misterioso. Ha 27 o 28 anni? Figlio dell'ex plenipotenziario coreano e di una ballerina professionista deceduta nel 2004 a causa di un cancro, è rimasto sempre ai margini della vita pubblica del suo paese. Oltre all'età ad essere sostanzialmente ignoto è anche il suo percorso di formazione. In giovane età sparisce in un misterioso collegio svizzero in quel di Berna dove dimostra grande attitudine per le lingue straniere: studia tedesco, francese ed inglese ma inizia ad appassionarsi un po' troppo al mondo occidentale. Tra le manie di grandezza del padre e le grandezze americane sembra preferire queste ultime, tanto da seguire di nascosto la sua vera passione, il basket a stelle e strisce targato Nba.

    A guidarlo nell'ascesa al potere è stato lo zio Jang Song-Taek: prima gli ha presentato la ragazza con cui si sarebbe sposato in gran segreto l'anno scorso, poi gli ha spianato la strada per la successione. Con abilità di marketing degne dei migliori analisti occidentali ha garantito al futuro leader un rapporto privilegiato con l'esercito, segmento indispensabile per una transizione tranquilla, poi lo ha fatto nominare "generale" e infine lo ha issato alla vicepresidenza della Commissione Nazionale di Difesa, vero e proprio braccio armato del potere nordcoreano. Il tutto condito da un'iconografia un po' naif: da circa un anno Kim Jong-un accompagnava il padre nelle uscite pubbliche di secondo livello. Niente parate ufficiale o meeting decisivi per il paese ma un sacco di "vita mondana": fabbriche, fattorie, mercati, incontri con la popolazione. Nessuno l'ha mai sentito parlare ma il giovane erede è passato in poco tempo da oggetto totalmente misterioso ad accompagnatore silenzioso del padre, suscitando da subito un misto di curiosità e preoccupazione.

    Toccherà a lui gestire nei minimi dettagli la transizione, a partire dai funerali del "caro leader". Il primo impegno ufficiale del "giovane capitano" sarà infatti quello di presiedere il comitato che nei prossimi 12 giorni celebrerà la grandezza del defunto Kim Jong-il.

    Solo dopo inizierà la sfida vera e il governo di un paese sempre più isolato e complesso. Sembra non avere la stoffa per reggere l'urto. Ma forse sappiamo così poco di lui da ignorarne anche i pregi.


    Notapolitica.it - Il trota coreano

  5. #5
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    Predefinito Rif: Morto il dittatore nord-coreano Kim-Jong-il



    Il Nord funziona così



    E' morto Kim Jong-Il, viva Kim Jong-Il. Il dittatore nordcoreano si è spento per arresto cardiaco all'età di 69 anni, pare mentre fosse in viaggio in treno. Il Caro Leader odiava prendere l'aereo, tanto che anche le sue trasferte internazionali (Cina e Urss, pardon Russia) le effettuava su un convoglio particolare, preparato in modo minuzioso assecondando le sue richieste. La morte del Caro Leader ha dato inizio a scene di pianto ed isterismo collettivo in tutta la Corea del Nord, cose note a chi ricorda il 1994 con la morte di Kim Il-Sung: una settimana di lutto, scene di depressione collettiva. Marco Ansaldo, in un contributo di qualche mese fa su Limes, ne ricordava l'austerità e la serietà. Ma anche quell'escrescenza marrone dietro la nuca, il tumore che si sarebbe portato via il Grande fondatore. Kim Il-Sung aveva però già individuato in Kim-Jong-Il il proprio successore. Era il primogenito, era stato istruito per tutta la vita a diventare l'erede del padre.

    In Corea del Nord funziona così, per quanto le tempeste interne al Partito possano condizionare le politiche: la successione è dinastica. Come nei migliori regni del periodo dell'assolutismo monarchico, senza le corone e gli scettri, ma con le stesse congiure di palazzo e gli stessi cortigiani. Kim Jong-Il era nato nel 1941 o nel '42, forse in Urss, forse sul monte Paektu in Corea del Nord, a seconda delle fonti più o meno nazionaliste. Negli anni Settanta, giunto alla soglia dei 30, il figlio designato iniziò anch'egli a coltivare il culto della personalità del padre governante. Un culto grottesco, che portò Kim Il-Sung ad essere considerato un semi-dio, con circa venti milioni di sudditi proni al suo cospetto. E' questo l'ambiente in cui è cresciuto Kim Jong-Il, che non ha fatto altro che perpetuarne le linee di fondo. Subentrato nel 1994 alla morte del padre, il Caro Leader ha amplificato tutto ciò: stretto nella morsa post-sovietica, il figlio del Grande fondatore ha così aumentato il culto popolare su sé stesso, aggiungendo ulteriore segretezza sulle sue attività private: non sono di certo mancati lussi, macchine, pranzi esagerati ed harem pieni di concubine alla sua collezione di piaceri personali. Ma soprattutto Kim Jong-Il ha innalzato il tasso di conflittualità della sua Corea: esperimenti nucleari, incidenti di frontiera con l'occidentalizzato Sud, minacce armate. Sempre più isolato nel mondo, il Caro Leader ha esagerato nell'isolamento stesso: più siamo fuori dal mondo globalizzato, più ce ne tiriamo fuori giorno per giorno. La Corea del Nord vive in un non splendido isolamento: la repressione interna è fortissima; è impossibile espatriare; dopo la carestia di metà anni Novanta, la popolazione soffre ancora la fame in vaste aree del paese; internet ed ogni forma di comunicazione esterna sono vietate. La Cina, con il suo web aperto a blocchi, a Pyongyang apparirebbe un paese liberale. Jong-Il si è trovato costretto ad agire così: il suo periodo è stato dominato dalla fine dell'era comunista ed il suo comportamento così ferreo è risultato quindi come l'unica via per mantenere il regime al potere.

    Nonostante le lotte intestine, il Caro Leader è riuscito a designare il suo terzogenito come successore: Kim Jong-Un ha vinto la lotta familiare per il comando del paese. Kim Jong-Nam, il primogenito, risiede attualmente a Macao ed è passato alle cronache per essere stato beccato all'aeroporto di Narita, in Giappone, mentre cercava di viaggiare con un passaporto dominicano: sembrava volesse volare fino a Disneyland. Kim Jong-Chol, il secondogenito, non è mai stato il preferito del padre ed è sempre stato considerato poco virile. Ci si ricorda di lui tra l'altro per una foto in Germania, ad un concerto di Eric Clapton. Jong-Un invece ha già iniziato la carriera militare e sembra ci sia lui dietro le sanguinose purghe dell'ultimo biennio nordcoreano. Risulta essere un personaggio molto colto, al contrario del padre (considerato uno dei leader mondiali più rozzi) ed in questo somiglia al nonno. Ha saputo mostrare durezza nelle decisioni. Erediterà una Corea del Nord in difficoltà, tanto che uno degli ultimi ministri delle Finanze e della Pianificazione, Pak Nam-Gi, è stato fucilato su decisione del governo nordcoreano per aver attentato all'economia nazionale. Sul piano interno proseguirà sulla scia del padre ed anzi si preannuncia come più determinato nell'eliminazione degli oppositori interni. Ma è sugli esteri che si giocherà la partita della Corea del Nord: la Cina è nella posizione più delicata.

    Pechino è da anni il cuscinetto tra Pyongyang e il mondo, con i suoi continui tentativi di mediazione, soprattutto sull'atomica, tra mondo occidentalizzato e regime comunista. Pyongyang non può rinunciare alla minaccia armata: serve sia per mantenere forte la coesione interna, sia per non farsi schiacciare dall'esterno. Il Giappone è visto come un pericolo continuo, data la storia tra le isole nipponiche e la penisola coreana, ed anzi a Tokyo si teme sempre che dalla Corea del Nord possano iniziare piccole scaramucce. Seul vorrebbe andare avanti con la costruzione della pace, ma i sudcoreani non possono muoversi senza l'appoggio occidentale, soprattutto ora che sono ai ferri corti dopo gli incidenti avvenuti negli ultimi due anni. Al momento il mantenimento dello status quo rimane la soluzione meno dannosa: gli Usa manterrebbero vivo uno dei pochi stati canaglia ancora in essere (insieme all'Iran), la Cina manterrebbe il suo ruolo di mediatore unico (essendo uno dei pochi stati accreditati a Pyongyang) che la sta facendo avanzare tra le grandi potenze. Seul vorrebbe conservare il suo status di salvifica frontiera da coccolare ed aiutare nonostante un'economia non più solidissima (e che sarebbe ancor più in crisi con l'eventuale carico di povertà del Nord).

    A Pyongyang sanno che l'unificazione con il Sud, che conta il doppio della popolazione ed un esercito meno numeroso ma più avanzato tecnologicamente, porterebbe ad una liberalizzazione dei costumi e ad uno sgretolamento del regime che farebbe piombare il paese dalla Chu-che (autarchia), alla più totale dipendenza dal mondo industrializzato. Una Corea unita, in questo momento, non fa comodo a nessuno.


    Notapolitica.it - Il Nord funziona così

  6. #6
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    Predefinito Rif: Morto il dittatore nord-coreano Kim-Jong-il



    Non è detto che la morte di Kim Jong Il segni la fine del "regno" dei Kim


    E’ possibile per lo stato-prigione più impenetrabile del mondo listarsi a lutto? Come potranno essere, nei prossimi dieci giorni, i palazzi di Pyongyang ancora più grigi? Come potranno essere i campi di concentramento che punteggiano la Corea del Nord ancora più tetri? Kim Jong Il, l’“Amato Leader”, é morto all’età di 69 anni e una nazione si stringe nel dolore per la perdita del proprio aguzzino.
    Mentre i nordcoreani, vittime del lavaggio del cervello più sistematico mai messo in atto nella storia, vivono con dolore la notizia del decesso, i governi di mezzo mondo reagiscono con paura ed incertezza. La morte di Kim Jong Il apre una transizione di potere che si potrebbe rivelare violenta con il successore designato Kim Jong Un, non ancora in grado di controllare l’immensa architettura militare del regime, e i vertici del Partito Comunista che potrebbero tentare il colpo di stato interno per spezzare la successione familiare. Il tutto mentre l’arsenale atomico e i missili convenzionali nordcoreani restano a disposizione di generali le cui mosse sono imprevedibili.
    Kim Jong Il era succeduto al padre, il “Grande Leader” Kim Il Sung, nel 1994. Anche allora, la morte di un Kim aveva sollevato dubbi e timori riguardo l’ascesa al potere dell’erede. Kim Jong Il aveva fatto il suo ingresso sulla scena pubblica solo un anno prima, ma dimostrò concretezza e spietato senso politico. Pur di mantenere la popolazione sotto il suo soffocante controllo, Kim Jong Il si oppose al progetto di limitate riforme economiche e sociali proposto dal Primo Ministro Kang Song-san, che anzi nel 1997 fu rimosso.
    Proprio nel 1997, mentre una cifra enorme (tra 1 e 2 milioni) di persone moriva letteralmente di fame, Kim Jong Il orchestrava una purga interna, in perfetto stile comunista. Allo stesso tempo l’“Amato Leader” sfidava il mondo con attacchi terroristici, rapimenti di cittadini stranieri (soprattutto sudcoreani e giapponesi), test missilistici e il rilancio del programma nucleare. La minaccia dell’arma atomica é stata costantemente usata da Kim Jong Il per ottenere aiuti umanitari da Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti, mentre combustibili venivano forniti abbondantemente dalla Cina, che dopo il crollo dell’Unione Sovietica si era parzialmente sostituita a Mosca come grande protettore di Pyongyang in sede internazionale.
    Mentre i crimini commessi da Kim Jong Il una volta salito al potere erano sotto gli occhi di tutti, le sue origini erano opache, confuse dai miti che gli organi del Partito Comunista fanno imparare ai nordcoreani sin dall’infanzia. I libri di testo e le televisioni di Pyongyang hanno insegnato che l’“Amato Leader” non sarebbe nato come sembra in Siberia mentre il padre Kim Il Sung era in esilio (durante l’occupazione Giapponese). Kim Jong Il, invece, sarebbe nato in un accampamento segreto di ribelli, sulla montagna sacra chiamata Paektu, legata all’antica mitologia Coreana, con tanto di stella cometa e doppio arcobaleno sopra la tenda.
    Questa bizzarra ricostruzione é solo uno dei tanti esempi che mostrano come la dittatura nordcoreana sia un mix di Marxismo e paganesimo arcaico. Basti pensare che i bollettini ufficiali di Pyongyang riportano numerosissimi episodi soprannaturali che hanno come protagonista l’“Amato Leader”, come il suo potere di far calare nebbie fittissime in modo da passare il confine nemico indisturbato. Ora che questo eroe mitologico é morto, la sua figura continuerà a prendere parte al teatrino degli orrori nordcoreano: infatti, la sua guida sarà considerata perpetua, come quella di suo padre prima di lui. Kim Jong Un potrà anche succedere nella catena di comando, ma lo farà nel segno della continuità familiare, e senza ricoprire le cariche del nonno e del padre, che restano immobili nel tempo e nel mito che si ricrea.
    Questi tratti arcaici del regime socialista più atroce del mondo non sono solo degni di menzione per soddisfare la nostra curiosità. Al contrario, essi sono la base più sostanziosa su cui poggia il potere dei Kim: anche se ci fosse un gruppo di generali pronti a tentare il colpo di stato, essi rischierebbero una vittoria di Pirro, perché nessuno può sostituire legittimamente i Kim nell’immaginario del popolo. I nordcoreani hanno subito sessan’tanni di violenze disumane, persecuzioni e carestie senza fiatare non solo a causa della condizione eremita in cui si trovano, senza avere idea di cosa sia il mondo oltre il confine ed immaginando i “nemici capitalisti” in condizioni peggiori delle loro, ma anche perché si sono orgogliosamente sentiti parte di un destino e di una leggenda comune: quella incarnata dai Kim.
    I libri di testo nordcoreani sono quelli scritti dall’“Amato Leader”; in ogni piazza, ufficio, abitazione campeggiano i ritratti di Kim Il Sung e Kim Jong Il. Non a caso, nel momento più delicato, all’annuncio della morte del dittatore, la TV di stato ha immediatamente precisato che “noi dobbiamo combattere con ancor più convinzione, dietro la guida del compagno Kim Jong Un, per risolvere la crisi odierna ed ottenere un’altra grande vittoria per la rivoluzione”. Del resto, la macchina propagandistica nordcoreana era già all’opera da un paio di anni per inaugurare il terzo culto della personalità nella famiglia Kim. Insomma, nessuno ai vertici del regime può pensare di fare a meno di Kim Jong Un.
    Eppure, questo non significa che i rischi di instabilità non esistano. Per afferrare con decisione il potere e per dare un messaggio di riscossa alla popolazione, Kim Jong Un potrebbe decidere di lanciare una serie di attacchi militari contro gli odiati vicini: la Corea del Sud ed il Giappone. Infatti sia il presidente sudcoreano Lee Myung-bak sia il primo ministro nipponico Yoshihiko Noda hanno presieduto riunioni di emergenza dei rispettivi consigli di sicurezza nazionale subito dopo aver appreso la notizia del decesso di Kim Jong Il. La Corea del Sud, in particolare, ha già pagato un alto prezzo in vite umane negli ultimi due anni a causa dei vigliacchi attacchi nordcoreani (46 soldati uccisi nell’affondamento di una navetta, un soldato ed un civile uccisi nel bombardamento di un’isola, e decine di morti a seguito dell’apertura improvvisa di dighe a nord del confine).
    Anche gli altri componenti del Gruppo dei Sei, il tavolo diplomatico che avrebbe dovuto trovare un accordo per porre fine al programma atomico dello stato comunista, sono in fibrillazione. La Russia e soprattutto la Cina temono che nel caso in cui qualche gerarca del Partito Comunista nordcoreano tenti il colpo di stato il caos ed il collasso del regime che seguirebbero potrebbero portare ondate di profughi a varcare i loro confini. Gli Stati Uniti temono che gli alleati democratici della regione (Sud Corea e Giappone) possano ricevere attacchi militari da schegge impazzite del regime di Pyongyang.
    Mentre tutti i servizi segreti del mondo si danno da fare, la personalità di Kim Jong Un resta un’incognita. Non si conosce nemmeno la data di nascita dell’erede designato, figuriamoci i suoi tratti psicologici, i suoi legami con l’elite del partito, la sua opinione sui campi di concentramento, o le sue idee in tema di riforme. Le poche cose certe sono che Kim Jong Un ha tra i 25 e i 30 anni, che é stato da poco individuato come erede e che solo dal 2010 ha iniziato a seguire il padre nella sua attivita’ di governo. Nel settembre di quell’anno il defunto leader lo aveva nominato generale, dopo il suo rientro da studi universitari all’estero sotto falso nome, probabilmente in Svizzera.
    Secondo alcuni giornali di Seoul, lo zio acquisito Jang Song-Thaek, potente ufficiale nella gerarchia del regime, dovrebbe proteggere l’ascesa al potere del giovane Kim Jong Un. Di sicuro, la morte di Kim Jong Il, avvenuta sabato scorso e tenuta segreta per 36 ore, provocherà almeno riassestamenti nelle alleanze tra generali e nei vari organi amministrativi della Corea del Nord. Addirittura c’é chi ha suggerito che la morte del dittatore non sia avvenuta per cause naturali. A Seoul, alcuni deputati del Grand National Party hanno ipotizzato che alcuni generali nordcoreani caduti in disgrazia e che recentemente avevano dovuto lasciare i propri incarichi in organi di governo avrebbero organizzato una vendetta contro Kim Jong Il.
    Certo é che l’“Amato Leader” aveva già sofferto un infarto nel 2008 e la notizia della sua morte, avvenuta per arresto cardiaco mentre si trovava in viaggio sul suo treno personale, non sembra particolarmente sospetta. Ma la verità nel mondo del socialismo reale nordcoreano é sempre qualcosa di sfuggevole, e ciò che davvero é accaduto, così come ciò che nei prossimi mesi accadrà, resta avvolto nel mistero.


    Non è detto che la morte di Kim Jong Il segni la fine del "regno" dei Kim | l'Occidentale

  7. #7
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    Predefinito Rif: Morto il dittatore nord-coreano Kim-Jong-il

    Gli opposti


    La tragedia dell’uomo moderno non è che conosce meno e meno del significato della sua vita, ma che gli importa meno e meno.
    (Vaclav Havel)


    Non credo di essere stato il solo a notare la curiosa coincidenza di due morti a loro modo opposte.
    A distanza di poche ore hanno cessato di vivere due persone che sarebbe difficile immaginare più diverse per temperamento e storia personale: Vaclav Havel, ex dissidente cecoslovacco, scrittore, filosofo, cattolico, imprigionato più volte dal regime comunista, eletto poi presidente del suo paese; e Kim Jong-il, “amato leader” comunista del popolo nordcoreano, che per tutta la vita non ha fatto altro che regnare su uno dei regimi più chiusi e feroci del pianeta.
    Il Nord Corea è un paese che coincide con l’universo burocratico ed oppressivo che Havel descrive nel suo più famoso libro, “Il potere dei senza potere”. Un regime “ossessionato dal bisogno di legare ogni cosa con un regolamento. La vita in esso è percorsa da una rete di ordinanze, avvisi, direttive, norme disposizioni e regolamenti. (…) L’uomo è solo l’insignificante ingranaggio di un meccanismo gigantesco; il suo valore è limitato alla funzione che in esso svolge…. Tutto deve essere il più possibile delimitato, codificato e controllato.“.
    Ma “non appena l’uomo comincia a considerare se stesso la sorgente del più alto significato nel mondo e la sorgente di ogni cosa, il mondo comincia a perdere la sua dimensione umana, e l’uomo a perdere il controllo di esso“.
    Quando l’uomo rifiuta la trascendenza, e non concepisce niente al di sopra di sè, allora sopra di sè si trova altri uomini. Trova il potere, cioè uomini forti, che possono imporre il loro volere.
    E qual è il modo di imporlo? Tramite leggi e regolamenti che eliminino tutto ciò che può minacciare l’ordine da loro immaginato. Le persone si trovano così a vivere dentro una menzogna: perché quando ti è imposta la visione di altri, la realtà di altri, puoi adeguarti solo mentendo.
    A meno di scegliere l’altra possibilità: vivere senza menzogna.
    Colui che si oppone, che rifiuta la menzogna del potere, che afferma la realtà, può essere senza potere ma ha il potere enorme della verità. Potrà essere punito, emarginato, imprigionato, forse ucciso, ma avrà la libertà perché è la verità a rendere liberi.
    E’ questo che sgretola la morsa sull’uomo, è questo che nessuno ha il potere di impedire. Perché nessuno può niente contro il cuore dell’uomo. “La vita non può essere distrutta per sempre, nè la storia fermata del tutto“.
    Havel fu imprigionato perché scrisse di questo. Poi il regime comunista di menzogna si dissolse. Quando venne eletto Presidente temetti per lui, ma ci dimostrò, dimostrò a tutti, cosa vuol dire avere un potere che nasce dalla vera autorità, dalla coscienza, dalla verità e non dalla menzogna.
    Havel è vissuto da uomo libero perché non confidava nell’uomo. Kim Jong-il è vissuto da prigioniero di se stesso, perché la menzogna ti imprigiona sia quando la dici che quando la imponi.
    Le lacrime che il popolo nordcoreano versa sul feretro dell’”amato leader” non so quanto debbano a quella menzogna. Di una cosa invece sono certo: quelle del popolo cecoslovacco sono tutte sincere.
    Gli opposti

    Ultima modifica di FalcoConservatore; 30-12-11 alle 10:01

  8. #8
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    Predefinito Rif: Morto il dittatore nord-coreano Kim-Jong-il

    La riunificazione tra le due Coree rimane una chimera nonostante tutto



    A seguito della recente morte del dittatore Kim Jong Il, alcuni mass media hanno paventato l’ipotesi di un rapido disgelo nei rapporti tra la Corea del Nord ed il resto della comunità internazionale. C’é stato chi, senza conoscere né la storia né la situazione attuale della Corea del Nord, ha paragonato il nuovo dittatore Kim Jong-Un a Raul Castro, o perfino a Deng Xiaoping.
    La verità è che in Nord Corea esiste dal 1948 il più impenetrabile e terribile stato-prigione marxista mai realizzato, che si regge su un lavaggio del cervello martellante, una repressione violentissima, ed un sistema di campi di concentramento spaventoso. Questi fatti non sono destinati a cambiare nel breve periodo, nemmeno con le turbolenze interne che probabilmente segneranno l’ascesa di Kim Jong-Un.
    Altri mass media si sono lanciati nel sensazionalismo opposto, prevedendo un immediato collasso del regime comunista. Eppure chiunque sia minimamente informato dovrebbe sapere che Pechino lavora da sempre per evitare un evento del genere. Il collasso, se mai avverrà, non sarà questione di settimane, né di mesi. Infatti il giovane erede Kim Jong-Un sta rapidamente prendendo controllo della martellante macchina di propaganda nazionale.
    Fin dall’annuncio della morte di suo padre, l’agenzia Korean Central News, organo televisivo e radiofonico ufficiale di Pyongyang, nomina Kim Jong-Un continuamente, invitando la popolazione a stringersi attorno al nuovo leader della rivoluzione. Sicuramente Kim Jong-Un sta tenendo a bada i militari e afferrando saldamente le redini del regime comunista anche grazie all’aiuto dei fedelissimi di suo padre, tra cui lo zio Jang Song-thaek ed il generale Ri Yong-ho. Non a caso, mercoledì Kim Jong-Un guidava la cerimonia funebre che ha attraversato le vie innevate di Pyongyang tra i pianti di migliaglia di persone.
    A Seoul intanto il presidente conservatore Lee Myung-bak ha giustamente deciso di non esprimere condoglianze ufficiali per la morte di Kim Jong Il, ma allo stesso tempo ha permesso a tutti i messaggi privati di essere recapitati a Pyongyang. Inoltre, Lee ha concesso a due delegazioni familiari, quella dei defunti Kim Dae-jung e Chung Mong-hun (rispettivamente ex presidente della Corea del Sud ed ex presidente del gruppo Hyundai) di recarsi nella capitale nordcoreana per le funzioni funebri.
    Sia Kim Dae-jung sia Chung Mong-hun, nei rispettivi e diversi ruoli da loro ricoperti, avevano tentato una effimera (e nel caso di Dae-jung perfino corrotta) collaborazione col regime comunista. Infine, il presidente Lee Myung-bak ha vietato l’accensione di alberi di Natale lungo il confine in segno di rispetto, ha deciso di non alzare il livello di guardia dell’esercito sudcoreano, e ha convocato i rappresentanti dei maggiori partiti politici di Seoul per concordare una linea comune.
    Insomma, da un lato Lee non ha voluto dimenticare che Kim Jong Il é stato un dittatore sanguinario ed un nemico della Corea del Sud, ma dall’altro ha anche mostrato il suo rispetto per il lutto e la sua disponibilità ad eventuali aperture diplomatiche. Questa linea chiara, accorta e pragmatica allo stesso tempo ha caratterizzato tutta la politica estera di Lee Myung-bak, che però il prossimo anno dovrà lasciare la presidenza, giacché la costituzione sudcoreana non prevede la possibilità di un nuovo mandato.
    Ma mentre a Pyongyang la popolazione osserva inerme come sempre la delicata ascesa al potere di Kim Jong-Un, il cui regime non formulerà grossi cambiamenti nella politica estera a breve, é invece a Seoul che la morte di Kim Jong Il sta causando fermenti politici. Sembra incredibile, ma nel mezzo di una delle tigri asiatiche, mentre godono delle libertà di una democrazia di stampo occidentale, esistono fanatici ammiratori della Corea del Nord.
    Tra questi, alcuni sono addirittura organizati in gruppi ufficiali, come il Korea Solidarity, che ha manifestato nel corso della settimana per protestare contro la decisione di non inviare condoglianze ufficiali ed ha addirittura annunciato di voler costruire un altare in memoria dell’ “amato leader” Kim Jong Il nel centro di Seoul. Ovviamente, la reazione dei gruppi di destra non si é fatta attendere, con minacce di distruggere qualsiasi traccia dell’eventuale altare.
    Anche presso la prestigiosa Seoul National University, alcuni studenti di sinistra hanno espresso l’intenzione di commemorare Kim Jong Il con un altare, ma la maggioranza degli altri iscritti si sono ribellati, ricordando come nella tradizione coreana gli altari funebri siano riservati ad eroi nazionali e figure che hanno lavorato per la pace, mentre Kim Jong Il si é reso responsabile di numerosi attacchi costati la vita a cittadini sudcoreani, per non parlare del suo programma di armamento nucleare o della sua terrificante repressione di dissenso interno.
    Quindi, mentre il regime comunista del Nord si avvia ad una fase di riassestamento interno che probabilmente non porterà a nessuna apertura democratica né ad alcuna fase di disgelo diplomatico, é paradossalmente il Sud a trovarsi lacerato dalle profonde divisioni ideologiche interne. I sudcoreani studiano fin dalla tenera età il concetto di “riunificazione”, e l’estrema sinistra coreana sfrutta continuamente i sentimenti patriottici e fraterni dei sudcoreani per far dimenticare loro l’aggressione orchestrata dal Nord (e da Stalin) nel 1950, i continui attacchi e le minacce del regime comunista, ed i crimimi commessi dalla famiglia Kim.
    A ciò si aggiungono poi i distratti mass media internazionali, che nulla sanno e nulla capiscono della penisola coreana, ma periodicamente alternano la previsione di rosee riforme democratiche nel Nord all’ebete sorpresa quando Pyongyang sferra vigliacchi attacchi militari contro il Sud (come l’affondamento della nave Cheonan lo scorso anno). Purtroppo, le riforme nello stato-prigione nordcoreano non arriveranno mai, perché il regime comunista sa di reggersi su un muro di bugie e violenza che crollerebbe interamente appena tolto il primo mattoncino.
    La Corea del Sud resta disponibile al dialogo, ma non può né abbassare la guardia, né dimenticare che a nord del 38esimo parallelo c’é il parco degli orrori del socialismo reale. Ha dunque fatto bene il governo di Seoul a comprare lunedì scorso due aerei di ricognizione militare francesi: Lee Myung-bak sa che il tirannico regime dei Kim continuerà a lungo le sue provocazioni ed il suo programma nucleare.


    La riunificazione tra le due Coree rimane una chimera nonostante tutto | l'Occidentale
    Ultima modifica di FalcoConservatore; 31-12-11 alle 12:48

 

 

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