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    Predefinito Rif: ENCICLOPEDIA DELLA DESTRA

    tory


    tory s. ingl. (prob. dall'irlandese tóiradhe, propr., predatore, riferito in origine ai partigiani di Carlo II; pl. tories) usato in italiano come sm. Partito politico inglese sorto verso la metà del sec. XVII. È durante la restaurazione di Carlo II Stuart che il Parlamento inglese si diversificò in due forze contrapposte e alternative, con una costante diventata poi tipica: i tories rappresentarono fin dall'inizio le tendenze più conservatrici della società britannica. Ai tempi di Carlo II si distinsero quali strenui sostenitori delle prerogative regie e della Chiesa ufficiale anglicana, mentre i loro avversari whigs, più vicini agli interessi borghesi, abbracciarono la causa dei non-conformisti religiosi e si schierarono a favore di sempre maggiori libertà parlamentari. Agli inizi della loro attività di partito parlamentare i tories non ebbero un numeroso seguito elettorale, ma rialzarono le loro sorti quando si allearono con i whigs per cacciare dal trono l'odiato Giacomo II con la seconda rivoluzione (1688) e chiamarono al suo posto Guglielmo III d'Orange. Dopo alterne vicende che videro di volta in volta i tories al governo e all'opposizione, dal 1760 con l'ascesa al trono di Giorgio III e la prassi da lui instaurata di scegliere il premier al di fuori di ogni schieramento partitico, ma soprattutto a causa dei riflessi interni della politica internazionale (guerra d'indipendenza americana, Rivoluzione francese), il bipolarismo politico inglese subì un affievolimento, culminando nei gabinetti di unità nazionale presieduti da W. Pitt il Giovane (1783-1806). Successivamente, tuttavia, l'esito della guerra contro Napoleone e i conseguenti strepitosi successi politico-diplomatici favorirono un massiccio rilancio dei tories che si mantennero stabili al potere durante tutta l'età della Restaurazione sotto la guida del duca di Wellington e di R. Castlereagh. In quegli anni, superata una prima fase di gretto conservatorismo, il Partito tory assunse atteggiamenti più moderati, arrivando a concedere prudenti riforme al Paese (riforma della polizia, legalizzazione delle trade unions, abolizione del Test Act, riforma elettorale) realizzate dalle correnti più aperte di G. Canning e R. Peel. Nel 1832, contestualmente alla riforma elettorale, il Partito tory adottò il nuovo nome, ancora in uso, di Partito conservatore.

    Bibliografia

    Autori Vari, British Political Parties, Londra-New York, 1955; Sir W. Ivor, Party Politics, Londra, 1960; F. Felicetti, Evoluzione storica del parlamento inglese, Cosenza, 1983.


    SAPERE.it - tory
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  2. #12
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    Burke, Edmund


    Burke, Edmund. - Scrittore politico inglese (Dublino 1729 circa - Beaconsfield 1797); dal 1758 direttore di The Annual Register, rivista di politica e lettere, fu dal 1765 al 1791 la mente direttiva del partito whig (Thoughts on present discontents, 1770, contro il partito tory). Con American taxation (1774) e Conciliation with the colonies (1775) assunse un atteggiamento realisticamente favorevole alle rivendicazioni delle colonie americane pur senza concedere nulla sul terreno dei principî. Provocò (1788) il processo di Warren Hastings; sostenne (1788-89) l'abolizione del commercio degli schiavi. Ma è soprattutto noto per le vigorose Reflections on the Revolution in France scritte (1790) sotto l'impressione dei moti francesi, in difesa della tradizione storica contro il presunto astrattismo "antistorico" dei rivoluzionarî: di fronte alla Francia, "funestata" dall'assassinio dei sovrani, sta - nel quadro di B. - il mito dell'Inghilterra dalle rivoluzioni pacifiche. L'opera, che inaugurava la storiografia sulla Rivoluzione, fu considerata iniziatrice dello storicismo moderno, di uno storicismo, però, caratterizzato nettamente in senso conservatore. Della sua produzione letteraria è importante la Philosophical enquiry into the origin of our ideas of the sublime and beatiful (1757; trad. it. 1945), in cui cerca di dimostrare l'universalità del gusto e del giudizio su di esso fondato, dando ampio spazio al concetto di sublime, in una accezione che sarà poi ripresa da Kant nella Kritik der Urteilskraft.


    http://www.treccani.it/Portale/eleme...A_B_112419.xml
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  3. #13
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    Möser, Justus


    Möser, Justus. - Scrittore (Osnabrück 1720 - ivi 1794). Studiò diritto a Jena e Gottinga; nel 1742 entrò nella vita pubblica della sua città, giungendo alle più alte cariche. Legato da grande amore alla propria terra, mosse di qui per studiarne le tradizioni, in primo luogo nelle istituzioni giuridiche del passato (Osnabrückische Geschichten, 2 voll., 1768). Nel 1766 aveva fondato i Wöchentliche Osnabrückische Intelligenzblätter, in cui venne pubblicando a varie riprese i saggi raccolti poi sotto il programmatico titolo Patriotische Phantasien (1774), destinati, al pari delle Geschichten, a esercitare una solida influenza sull'etica e sulla storiografia dello Sturm und Drang e del romanticismo.


    http://www.treccani.it/Portale/eleme...A_M_146361.xml
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  4. #14
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    Rivarol, Antoine Rivaroli detto le Comte de


    Rivarol, Antoine Rivaroli detto le Comte de. - Letterato francese (Bagnols, Linguadoca, 1753 - Berlino 1801). Figlio di un oste di origine piemontese, studiò in diversi seminarî, dove fu istitutore. Dopo aver tribolato nei mestieri più varî raggiunse il successo a Parigi come avventuriero da salotto, spacciandosi per conte. Polemista scintillante, sensibilissimo nel cogliere ogni aspetto ridicolo della società e della cultura, derise i Jardins di I. Delille in Le Chou et le Navet (1782). Nel Discours sur l'universalité de la langue française (1784) condensò lucidamente, in prossimità dell'epoca romantica, le virtù della lingua consacrate dalla tradizione classicista: la grazia ornata, il buon senso, la chiarezza ("ciò che non è chiaro non è francese"). Nemico di Rousseau, fiducioso nel progresso della ragione, non esitò tuttavia a tradurre per i Francesi (1785) quell'Inferno di Dante che Voltaire aveva già condannato come un museo di assurdità. R. conquistò una fama scandalistica con un'operetta mordente: Petit almanach de nos grands hommes (1788, in collab. con L. de Champcenetz). Scoppiata la Rivoluzione, pose al servizio della monarchia il suo brio di polemista politico in una nuova galleria satirica: Petit dictionnaire des grands hommes de la Révolution (1790). Emigrò al seguito del Conte di Provenza che gli affidò diverse missioni politiche.


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    Maistre, Joseph de


    Maistre, Joseph de. - Pensatore e diplomatico (Chambéry 1753 - Torino 1821). Fu aspramente critico verso la Rivoluzione francese e l'Illuminismo. Rintracciò le radici della mentalità razionalistica e individualistica dei philosophes nel 'libero esame' dei protestanti e interpretò il Terrore come il castigo che la Provvidenza aveva inviato al popolo francese per il suo spirito ateo e fanatico (Considérations sur la France ,1796). L'uomo, creatura debole e corrotta dal peccato originale, non può autogovernarsi: un ordine politico stabile è possibile soltanto se fondato sulle verità della religione.
    - Vita. Di nobile famiglia, fu magistrato e nel 1788 membro del senato sabaudo. Pensando di poter giungere, attraverso l'opera della massoneria, all'instaurazione di un'unica Chiesa, la cattolica, che raccogliesse tutte le confessioni, aderì dapprima alla loggia di rito inglese dei Trois Mortiers, poi a quella di rito scozzese della Sincérité, di cui divenne uno dei capi (1778). Di fronte alla Rivoluzione francese il suo atteggiamento parve dapprima favorevole, ma poi, influenzato dallo storicismo di E. Burke, l'avversò; invasa dai Francesi la Savoia, si rifugiò in Svizzera (1793). Tornato a Torino (1797), ma costretto a lasciare di nuovo la città, fu nominato (1799) reggente della cancelleria di Sardegna; a Cagliari entrò tuttavia in urto col viceré Carlo Felice, e allora fu da Vittorio Emanuele I inviato (1802) come ministro plenipotenziario in Russia, dove lo zar gli offrì di passare al suo servizio. La sua teorizzazione dell'assolutismo pontificio e la sua critica accanita rivolta contro il pensiero liberale determinarono però Alessandro I, allora incline alle idee occidentali di progresso e di libertà, a chiedere il suo richiamo. De M. passò a Torino i suoi ultimi anni.
    - Opere e pensiero. Nelle Considérations sur la France (1796), scritto in Svizzera, dopo aver criticato la dottrina e l'azione rivoluzionarie, finiva per delineare un programma di restaurazione che tenesse conto dei nuovi interessi che la Rivoluzione aveva creati. La sua polemica antirivoluzionaria divenne, dopo il suo ritorno a Torino, polemica antiprotestante: nelle Réflexions sur le protestantisme dans son rapport avec la souveraineté metteva infatti in relazione il libero arbitrio dei riformatori religiosi con lo spirito rivoluzionario. Compose le sue opere maggiori in Russia: le Soirées de Saint-Pétersbourg (post., 1821), in cui, di fronte all'illuminismo mistico, prende una netta posizione critica, e il libro Du pape (1819). Di nuovo a Torino, scrisse la Lettre sur l'état du Christianisme en Europe (1819), in cui riconferma la sua fede nell'avvento di un'unica Chiesa cattolica capace di riunire in sé tutte le Chiese. Nell'Europa della Restaurazione de M. è massimo esponente, con L. de Bonald, di quella corrente teocratica e ultramontanistica che speculativamente s'innesta nel grande moto del Romanticismo europeo, contribuendo ad esso con il concetto della storia (in opposizione all'Illuminismo) come tradizione (nel senso della conservazione eterna dei supremi e trascendenti valori etico-religiosi). Correlativamente, nella politica egli pone a fondamento della vita degli stati il principio di legittimità, sola forza morale capace di rigenerare l'uomo e di restaurare il diritto che la Rivoluzione francese ha calpestato. Tale principio deve realizzarsi in una struttura teocratica dello stato. La pregiudiziale reazionaria di de M. spiega il declino della sua fortuna nella politica e nella cultura di fronte all'affermarsi del pensiero liberale.


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    Bonald, Louis-Gabriel-Ambroise visconte de


    Bonald, Louis-Gabriel-Ambroise visconte de. - Filosofo e scrittore politico (castello di Monna, presso Millau, Aveyron, 1754 - Parigi 1840); nel 1790 membro dell'Assemblea per il dipartimento dell'Aveyron, si dimise l'anno successivo per le sue convinzioni religiose ed emigrò in Germania, per tornare in Francia nel 1797. La sua iniziale simpatia per Napoleone scemò per la politica ecclesiastica dell'imperatore. Dopo il 1815, B. difese la causa dell'assolutismo nel Conservateur e nel Défenseur, da lui fondato col Lamennais. Accademico di Francia dal 1816. Nelle sue opere Théorie du pouvoir politique et religieux dans la société civile (1796), Législation primitive (1802), Démonstration philosophique du principe constitutif des sociétés (1827), deduce da premesse metafisiche il suo sistema politico-religioso: contro il sensismo sostiene la teoria della parola anteriore al pensiero, cioè rivelata da Dio all'uomo e da questo pensata; contro la teoria del contratto sociale afferma, in nome di ciò che egli chiama "volontà generale" (cioè, non quello che tutti vogliono, ma ciò che è voluto in nome di tutti), la necessità naturale della monarchia ereditaria di tipo francese.


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    Gentz, Friedrich von


    Gentz, Friedrich von. - Uomo politico ed economista (Breslavia 1764 - Vienna 1832). Al servizio della Prussia dal 1785 e consigliere militare (1793) fu dapprima ammiratore, ma in seguito avversario della Rivoluzione francese. Tradusse e commentò (1793) le Reflections on the revolution in France di E. Burke (il che gli assicurò una fama europea), fu fautore di un movimento nazionale in appoggio alla politica antifrancese dell'Inghilterra, motivo per il quale dovette abbandonare la Prussia. Nel 1802 passò al servizio dell'Austria, dove divenne consigliere aulico della Segreteria di stato; confidente di Metternich (dal 1812), fu capo del protocollo durante il congresso di Vienna e i congressi successivi, fino a quello di Verona. Negli ultimi anni della sua vita abbandonò in parte le sue idee legittimistiche e prese posizione in favore dei Polacchi contro lo zar, e dei Belgi, ribellatisi, contro gli Olandesi (1830-31). Come economista fu esponente del romanticismo economico: Essai sur l'état de l'administration des finances et de la richesse nationale de la Grande Bretagne (1800). Celebri i suoi Fragmente aus der neuesten Geschichte des politischen Gleichgewichts in Europa (1806).


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    Chateaubriand, François-Auguste-René de


    Chateaubriand, François-Auguste-René de. - Scrittore francese (Saint-Malo 1768 - Parigi 1848). Di nobile famiglia bretone, trascorse la prima infanzia nella cittadina natale, fece gli studî a Dol, Rennes, Dinan, passò lunghi periodi dell'adolescenza nel solitario castello paterno di Combourg con esaltati vagabondaggi nelle foreste circostanti specialmente con la sorella Lucile. Prestissimo intraprese la carriera militare, ma dopo la morte del padre (1786) alla vita di guarnigione preferì quella di Parigi, dove fu ricevuto a corte, frequentò i salotti e il mondo letterario. Scoppiata la rivoluzione, desideroso di avventure, s'imbarcò per l'America (1791) per un viaggio non lungo ma di grande rilievo per l'orientamento della sua sensibilità e della sua opera. Alla notizia dell'arresto del re rientrò in Francia, si sposò e subito raggiunse l'esercito degli emigrati, e combatté e fu ferito all'assedio di Thionville. Attraverso il Belgio si recò in Inghilterra dove doveva restare a lungo (1793-1800), abitando specialmente a Londra, conducendo una vita di stenti, coltivando amicizie durature (Fontanes) e studiando intensamente. Là pubblicò il suo primo libro, Essai sur les Révolutions (1797), d'impronta ancora tutta illuministica. Dopo una profonda crisi e dopo la morte della madre (1798) e della sorella Julie (1799), ritornò alla fede dei padri. Opportunamente interpretando il profondo cambiamento intervenuto nella coscienza collettiva, si mise a scrivere l'apologia della religione, Génie du Christianisme ou Beauté de la religion chrétienne, che pubblicò nel 1802 dopo il rientro in Francia. L'opera, giungendo al momento giusto, ebbe un successo immenso e una grande influenza. Il Génie conteneva due episodî di una sorta di epopea dell'uomo primitivo, Les Natchez (1826), e precisamente Atala, già accolta con favore l'anno prima, e René. René, nuovo Werther, fu il prototipo dell'eroe romantico incarnando il "mal du siècle". Nominato segretario d'ambasciata a Roma, vi soggiornò brevemente (1803-1804), subendo il fascino delle rovine nella campagna romana (Lettre à Fontanes). Ruppe con Napoleone subito dopo l'esecuzione del duca d'Enghien (1804). Preparando l'epopea in prosa Les Martyrs (1809), andò a visitare la Grecia e l'Oriente (1806-1807), rientrando attraverso la Spagna. Eletto all'Accademia francese (1811), non potè esservi ricevuto per il veto di Napoleone. Nel 1814 pubblicò una violenta operetta antinapoleonica, De Buonaparte et des Bourbons. Restando sempre fedele ai Borboni, durante la Restaurazione ebbe alterne fortune nella vita politica: ministro dell'Interno durante i Cento giorni; pari di Francia (1815); in disgrazia per la pubblicazione di De la monarchie selon la Charte (1816), ministro plenipotenziario a Berlino (1821), ambasciatore a Londra e poi rappresentante della Francia al Congresso di Verona (1822); ministro degli Esteri (1823-1824); ambasciatore a Roma (1828-1829). Oppostosi al regime di Louis-Philippe d'Orléans, a partire dal 1830 non partecipò più alla vita politica attiva, tenendosi appartato, affettuosamente e premurosamente assistito da M.me Récamier, completando la stesura del suo capolavoro, i Mémoires d'outre-tombe, cui aveva pensato fin dal 1803, che saranno pubblicati subito dopo la morte. Orgoglioso in vita, volle essere sepolto sullo scoglio del Grand-Bé, davanti a Saint-Malo. Nei Mémoires ci ha lasciato una testimonianza eccezionale, per la maestria della prosa, della sua vita, rivissuta con intensa commozione, e della sua epoca dandoci dei ritratti dei contemporanei tracciati con grande finezza psicologica. Da ricordare anche altre sue opere: Itinéraire de Paris à Jérusalem (1811); Les Aventures du dernier Abencerage (1826); Voyage en Amérique (1827); I oyage en Italie (1827); Études historiques (1831); Essai sur la littérature anglaise e traduzione del Paradis perdu di Milton (1836); Congrès de Vérone (1838); Vie de Rancé (1844). Figura dominante nella letteratura francese del primo Ottocento, le dischiuse vie nuove con la creazione di personaggi inconsueti, con un rinnovato sentimento della natura; pittore di paesaggi, indagatore delle più recondite pieghe del cuore umano, ha creato una prosa senza eguale per armonia e musicalità.


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    Haller, Karl Ludwig von


    Haller, Karl Ludwig von. - Uomo politico e pubblicista (Berna 1768 - Soletta 1854); ricoprì cariche pubbliche e si pose (1798) al servizio dell'Austria; prof. (1806-17) di diritto all'univ. di Berna. Aderì al regime aristocratico, ritornato al potere a Berna dopo il 1814, entrando nel Gran Consiglio della città. Convertito (1820) al cattolicesimo, perdette tale carica e si recò a Parigi, dove (1825) ottenne un posto nel ministero degli Esteri. Ne fu privato dopo la rivoluzione del luglio 1830. Ritornato in Svizzera, si stabilì a Soletta, del cui Gran Consiglio fece parte (1834-37) e dove rimase fino alla morte. La sua opera più importante, Restauration der Staatswissenschaft (6 voll., 1816-25; trad. it. 1963), ebbe grande successo negli ambienti reazionarî europei nel periodo della Restaurazione, soprattutto nell'ambiente prussiano; in essa era giustificato il potere assoluto del monarca con la teoria dello stato patrimoniale: per questa teoria lo stato, che rientra nell'orbita del diritto privato, non è frutto di un "contratto" dei cittadini, ma del possesso del principe che si assume il compito di proteggere un gruppo umano.


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    Scott, Sir Walter


    Scott, Sir Walter. - Poeta e romanziere scozzese (Edimburgo 1771 - Abbotsford 1832). Di antica famiglia scozzese, si dedicò dapprima alla carriera forense con qualche successo, ma presto si rivelò la sua passione letteraria. Dopo alcune traduzioni di ballate tedesche, acquistò notorietà con la sua raccolta delle Border Ballads (2 voll., 1802; vol. 3º, 1803), cui fecero seguito un lungo romanzo in versi, The lay of the last minstrel (1805) e altri poemi nello stesso stile: Marmion (1808); The lady of the lake (1810); The vision of Don Roderik (1811); Rokeby e The bridal of Triermain (1813); The lord of the isles (1815). Poi S. si dedicò (dal 1814) a una serie di romanzi d'ambiente scozzese: Waverley (1814); Guy Mannering (1815); The antiquarian, The black dwarf, Old mortality (tutti 1816); The heart of Midlothian e Rob Roy (1818); The bride of Lammermoor e The legend of Montrose (1819). Fu soltanto in tale anno che S. pubblicò un romanzo destinato ad avere larga risonanza negli ambienti romantici, Ivanhoe, ricostruzione della vita inglese del sec. 12º, l'epoca di Riccardo Cuor di Leone e delle crociate; questo romanzo e Quentin Durward (1823), che ha per sfondo la Francia di Luigi XI, provocarono in Europa la voga del romanzo storico. Altri romanzi di S. si svolgono nella Scozia di Maria Stuarda (The Abbot e The Monastery, 1820), nell'Inghilterra di Elisabetta (Kenilworth, 1821), di Giacomo I (The fortunes of Nigel, 1822), di Carlo II (Peveril of the Peak, 1822), di Cromwell (Woodstock, 1826); The betrothed e The talisman (1825) avevano come titolo generale Tales of the Crusaders; St. Ronan's Well, che uscì nel 1824, l'anno stesso di Redgauntlet, fu l'unico tentativo di S. di svolgere una storia tragica di ambiente contemporaneo. Prima della pubblicazione di Woodstock S. era rimasto coinvolto nel fallimento dei suoi editori; addossatosi per intero l'onere del debito, lavorò a ritmo serrato (Chronicles of the Canongate, 1827; The fair maid of Perth, 1828; Anne of Geierstein, 1829; oltre a una Life of Napoleon in nove volumi, 1827), sottoponendosi a uno sforzo che gli costò la vita; morì poco dopo il ritorno da un viaggio (1831) in Italia. Il romanticismo di S., stimolato dalla lettura delle Reliquies (1765) di Th. Percy e dei poeti tedeschi suoi contemporanei, era una forma di sensibilità per il pittoresco, cercato di preferenza nel passato, che si concretò nell'interesse per le leggende e ballate scozzesi, nella ricostruzione di ambienti cavallereschi e nella descrizione paesaggistica.


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